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Autore: Elgas    17/02/2022    3 recensioni
[Lettura da PC]
« Andrai a Shurima… », annunciò in un breve spruzzo di coraggio, « … abbiamo preso
accordo coi Khan a nord del Grande Sai. Incontrerai Atem Thoth nella sua città, Kenethet.
Risolvi il loro problema Jhin… in cambio avremo dieci reliquie, reliquie appartenenti all’antico
ordine delle Sentinelle della Luce. »
Genere: Angst, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jhin
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 6

L'Assolutore non era mai stato così pesante, sporco. A ogni passo si sentiva trascinato più
in basso, come se la notte volesse imprigionarlo nelle sue tetre profondità; ogni passo il
sangue del Khan si conficcava nelle insenature dell'arma, veleno a deturparla.
Se ancora resisteva, lo doveva a quella strana, malsana euforia; una linea a correr frenetica
lungo la spina dorsale, vibrava dolce rendendo il corpo leggero, intorpidendo ogni pensiero,
qualsivoglia timore.
Era stato facile introdursi nel palazzo, eludere le guardie, ammazzare il bastardo, un
bastardo armato di pistola. Finalmente l'aveva visto, quando il boomerang aveva aperto
uno squarcio nel collo; sangue... uno spruzzo vermiglio a imbrattare tendaggi di seta e
pavimenti intarsiati di marmi.

L'avresti trovato magnifico Jhin...

Come sempre però era stato l'Assolutore a ucciderlo, dissipando le lievi tracce di Nebbia
Oscura, miraggio della Mietitura, un male lontano in un mondo distante. Nel proiettile,
nel rombo, nella scia, Akshan aveva percepito ogni cosa; il colpo farsi strada nella carne,
arrivare al cuore, il dolore nella morte... eppure qualcosa non andava, nonostante gli
sforzi, la perfezione.
Se chiudeva gli occhi poteva vederli, attorno all'Assolutore, i fili delle anime Khan allungarsi
verso il Reame spirituale; fili dorati, bellissimi, se solo non fossero stati forgiati nella
crudeltà, forgiati attraverso schiavi e innocenti. Quei fili non erano collegati a nulla,
nonostante tutto... nonostante tutto Shadya rimaneva distante.

Perché non torni?
Mi manchi...
O forse non...

Pensieri schiusi, a lungo rinnegati... eccoli a tormentarlo, a trascinarlo verso abissi oscuri.
No... non doveva, non poteva. Allontanarli, concentrarsi su quella dolce sensazione. Era
dunque questa l'estasi dopo l'uccisione? Non aveva tremato, non aveva tremato...
immaginò la felicità di Jhin, la voce a sussurrargli parole proibite, le mani, la bocca a
donargli piacere...
Non bastò, i passi si fecero più incerti, paure e insicurezze si mischiarono in un groviglio
senza fine. Tremò... e gioia non fu più fugace alla vista del cavalcasabbia. Tremò... era
riuscito a tornare senza farsi scoprire, del resto nessuno lì si sarebbe immischiato con
sconosciuti, nessuno avrebbe rischiato una retata delle guardie. Del resto a modo suo
anche la povertà generava indifferenza e malvagità; una cornice perfetta, Luxo giaceva
nel silenzio, una massa scura dove soltanto il palazzo del Signore della Guerra e
pochi altri svettavano fra sfavillanti luci. In fretta preparò il cavalcasabbia, scappare da
un incubo travestito da sogno. Nient’altro. Tornare da Jhin. Nient’altro. Veloce saettò
nell'ultima notte. Alle spalle la città si tramutò in una linea scura, anonima, confusa nel
resto del paesaggio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Tre giorni, solo tre giorni erano bastati a cambiare la grotta. Persino dall'esterno si
respirava un'aria diversa. Jhin l'aveva mutata, resa un luogo buio e ostile... vedendolo,
mosso da una perversa curiosità, l’uomo avrebbe scavato, rivelato ogni fragilità dell'anima,
ogni errore del cuore. In un modo o nell'altro sarebbe successo, non importava se con frasi
argute o facendolo godere. Askan ormai sapeva, come sapeva di non potersi sottrarre... e
se il gioco valeva la candela meglio farlo nel piacere, sentendo le sue mani indicare la pelle,
la bocca a muoversi su di lui.
Entrò, gli ultimi raggi del sole vennero inghiottiti dalla terra.
Jhin era lì, seduto sul letto...
« Oh... bentornato! Non potevo dipingere epilogo migliore per noi due, piccolo Akshan. »
Era lì, il disegno, la lettera di Shadya gettati sul materasso. Un'istante... e nulla rimase se
non una sterile, cieca rabbia. Jhin l'avrebbe distrutto, annichilito con quanto aveva di più
caro, solo per gioire della sua inutilità, della sua debolezza.
« Tu… come hai osato? »
« Ah... sei più banale di quanto immaginassi. »
« Dammeli… subito... »
Il corpo di mosse feroce e incontrollato, contro chi del controllo aveva fatto una maschera
perfetta. La bocca si riempì di sangue, ma in qualche modo riuscì a colpirlo sotto le costole.
Caos. Il caos invase la stanza, lo percepì nel tavolino spaccato, nei vasi rotti, in fitte sempre
più crescenti. Eppure alla fine si ritrovò così, immerso un caos calmo. Lo teneva bloccato a
terra, le gambe premute attorno ai fianchi, le braccia contro il petto, gli occhi a specchiarsi
nei suoi. In essi l'ira si calmò un poco, rendendolo una bestia stanca ma ancora furente.
« Perché... perché l'hai fatto?! »
Lo vide sorridere, un rivolo scarlatto lungo il mento, la voce fuoriuscire simile a vino
avvelenato, una melodia maledetta.
« Ti ho scopato un paio di volte... credevi bastasse a tenermi così? Buono buono ad aspettarti?
A leccarti le ferite? Compatirti nell'ennesimo fallimento? Pensavi un pezzetto di me ti
avrebbe aiutato a esser meno patetico? No... per quanto ci provi, non riuscirai mai a
incastrarli. L'amore ci ha forgiato… ma questi amori non potrebbero essere più diversi. »
E Akshan sorrise di rimando; un'ancora costruita nel dolore, in dubbi urlati in quel giorno
lontano e poi seppelliti.
« Non... non puoi capire... uccisa a suon di botte... proprio come me. Così fecero gli stronzi. La
presi... la seppellì… era irriconoscibile, una maschera di sangue. Shadya... come può averlo
accettato? Se solo fossi rimasto, se solo... e poi… amore? Ah! Non farmi ridere! Un sporco
assassino come te non »
Lo schiaffo arrivò, più forte di un pugno, più assordante di un proiettile. Lo rivede in una
nuova strana e storta prospettiva, a scrutarlo duro e impassibile. Il silenzio a dargli forza,
a ferirlo, a stritolare ogni impeto, ogni resistenza, ogni convinzione. Il tempo si dilatò,
indefinito, confuso, finché nei respiri quieti la voce di Jhin si costruì nella medesima
durezza, nelle uniche parole rimaste.
« Lei non tornerà, Akshan. »
Le uniche di cui il cuore aveva bisogno, nel buio, nell'abisso in cui era precipitato. Tremò...
qualcosa resisteva nonostante tutto; rivide il viso di Shadya, sorridente gentile; lo rivede
tumefatto nel sangue; sentì le braccia pesanti, proprio come allora mentre la seppelliva;
risentì la propria voce a recitare i canti e preghiere dell'Ordine.
E infine le lacrime, allora come nel presente.
« Come fai a dirlo? Come fai? »
« ...Lascia che ti racconti una storia. »
Nello stupore tornò a guardarlo. Jhin era rimasto sdraiato, le braccia a celare gli occhi.



Angolo Autrice:

Questo capitolo è breve lo so, ma per quello che deve raccontare credo vada bene così. Jhin e Akshan si sono scontrati e Jhin… ben avrete capito cosa sta andando a fare. Spero di aver reso bene il passato di entrambi, specie di un personaggio estremante complesso come Jhin. A piccola curiosità che mi sono dimenticata di elencare nel Capitolo precedente; il piccolo Jhin cucina i ravioli (a vapore) con sua mamma… e nella lore ufficiale il suo piatto preferito sono i ravioli, meglio se serviti in porzioni da quattro. <3

Mese prossimo si finisce questo breve viaggio, che però ha appassionato una piccola parte di silenti lettori. Nel suo piccolo ha avuto un successo inaspettato, grazie del vostro supporto. Davvero. <3

Elgas
   
 
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