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Autore: comet91    20/02/2022    19 recensioni
Strawberry Momomiya frequenta l'ultimo anno di liceo e la sua vita scolastica non è delle migliori. Non capisce nulla di fisica e detesta profondamente la sua professoressa. Ma se arrivasse un nuovo professore? Magari biondo e dagli occhi di ghiaccio? E se questo professore le complicasse la vita ancora più del previsto? L'amore non è tutto rose e fiori e la nostra Strawberry lo scoprirà presto, aiutata dalla migliore amica Lory e da un pasticcere sempre pronto a consigliarla. Una commedia scolastica incentrata sulla coppia Strawberry x Ryan :)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 28 – Buon compleanno, Ryan!
 



Strawberry si stiracchiò sulla sedia, sbadigliando sonoramente. Quando Ryan le aveva proposto – o, per meglio dire, imposto – di vedersi per un ulteriore lezione di recupero di inglese, aveva accettato senza pensarci troppo, entusiasta di poter studiare insieme al suo ormai ragazzo. Adesso però le sembrava che Ryan avesse preso la cosa fin troppo seriamente. Certo, imparare quanti più vocaboli possibili non le avrebbe fatto male visto quanto era pessimo il suo inglese, ma in fondo in fondo sperava di poter passare del tempo con lui che non contemplasse solo libri e studio. Insomma, la vicinanza di Ryan le aveva sempre fatto un certo effetto, inutile nasconderlo oramai, ma da quando le cose tra loro si erano fatte più serie quell’effetto sembrava triplicato. E anche se le allusioni e lo scherzetto che le aveva giocato Katherine la facevano sentire tutt’altro che tranquilla, quando Ryan si trovava nei paraggi non poteva fare a meno di desiderare di sentirlo più vicino.
Pensa a studiare, Straw, si ammonì, scuotendo il capo per scacciare quei pensieri. Tornò a concentrarsi sull’esercizio di completamento che Ryan le aveva assegnato perché non stesse con le mani in mano mentre lui cercava un dizionario in camera sua.
“Agli ordini” aveva replicato lei, alzando gli occhi al cielo. Poi Ryan era sparito in cima alle scale e la testa di Strawberry aveva iniziato a vagare, e tanti saluti al compito.
Stava giusto tentando di capire dove inserire un vocabolo che non ricordava di aver mai sentito prima, quando il suo insegnante ricomparve con in mano l’oggetto della sua ricerca.
“Come va?” le chiese, mentre si avvicinava.
“Mmm” mugolò Strawberry. “Non so cosa significa questa parola”
“Fa’ vedere”. Ryan posò il dizionario e aggirò il tavolo, avvicinandosi a Strawberry. Si fermò dietro di lei, sporgendosi sopra la sua spalla e intrappolandola tra le proprie braccia, le mani appoggiate sul tavolo ai suoi lati.
Colta alla sprovvista, Strawberry si irrigidì all’istante. Lui sembrò non fare caso alla sua agitazione e si limitò a scrutare il libro.
“Tempesta” le disse.
“C-cosa?” Strawberry si voltò verso di lui imbarazzata, perché la sua vicinanza le aveva creato un momentaneo scompenso impedendole di capire cosa le aveva detto. Pessima idea, perché così il viso di Ryan si trovava davvero troppo vicino.
“La parola che mi hai chiesto. Storm significa tempesta” spiegò Ryan con calma, apparentemente non consapevole della tempesta che si stava a tutti gli effetti scatenando in Strawberry.
“Ah ok. G-grazie. Me lo appunto subito” mormorò, afferrando la matita per iniziare a scrivere.
Ma la mano di Ryan la fermò, posandosi sulla sua e facendole perdere un battito.
Strawberry tornò a guardarlo, sorpresa. “Che fai?”
“Temo che oggi tu sia un pochino distratta” constatò mentre le toglieva la matita dalla mano.
Strawberry deglutì, ma si accorse che la salivazione le si era azzerata. Avere gli occhi di Ryan così vicino era qualcosa a cui ancora non era riuscita ad abituarsi e che ogni volta le faceva lo stesso maledettissimo effetto, mandandole il cervello in tilt.
“Si, hai ragione” ammise.
Inaspettatamente, Ryan le posò un bacio tra i capelli, soffermandosi ad inspirarne il profumo di shampoo.
“Ma così non mi aiuti” si lamentò debolmente Strawberry.
Ryan rise. “Credo di poterti concedere una piccola pausa” le sussurrò, quasi sulle labbra.
Strawberry non oppose resistenza, aspettando con ansia di sentire la sua bocca sulla propria. E quando finalmente lui la baciò, sentì un brivido percorrerle interamente la schiena mentre si chiedeva come potesse un semplice bacio a fior di labbra farla sentire così.
Ryan le sfiorò la bocca con la propria diverse volte, giocando con le sue labbra e facendole agognare un contatto più profondo che non tardò ad arrivare. Schiuse le labbra e Strawberry si alzò di conseguenza per avvicinarsi maggiormente a lui, consentendogli di approfondire quel bacio che già le stava facendo girare la testa.
Si trovò con la schiena appoggiata contro il bordo del tavolo, nuovamente intrappolata tra le braccia di Ryan, mentre con una mano si reggeva al tavolo e con l’altra stringeva il tessuto della maglietta bianca che lui indossava.
Si lasciò baciare, consentendo alla sua lingua di incontrare la propria e perdendosi completamente in quel momento. Ryan portò istintivamente le mani a stringerle i fianchi e la fece sedere sul tavolo, di fronte a sé, facendo cadere a terra i libri nell’impeto del momento, ma nessuno dei due vi badò. Quel gesto gli fece balenare nella mente il ricordo ancora nitido di quanto era accaduto la sera della festa al campo estivo, quando una Strawberry priva di freni inibitori aveva cercato di spogliarlo senza vergogna, e gli venne da sorridere.
La baciò con foga e quando i suoi, di freni inibitori, stavano per cedere, si accorse però che Strawberry si era irrigidita, sebbene impercettibilmente. Così abbandonò i suoi fianchi e riportò le mani sul tavolo, limitandosi al contatto tra le loro bocche.
Strawberry allora si rilassò perché lo sapeva che lui era sempre attento alle sue reazioni e che anche questa volta aveva capito che non era preparata al vortice di sensazioni in cui la stava trascinando. Posò le proprie mani su quelle di Ryan, e lui intrecciò le dita alle sue, senza interrompere il contatto tra le loro labbra.
Fu Strawberry a staccarsi ad un certo punto. Senza fiato, lasciò cadere la testa sulla spalla di Ryan emettendo una sorta di mugolio.
“Che c’è?” le domandò lui, sorpreso.
“Credo che non riuscirò mai più a studiare su questo tavolo” si lamentò, con la faccia nascosta contro il suo petto.
Ryan rise e le depositò un bacio sulla testa, concedendole che per quel pomeriggio avevano studiato a sufficienza.
 
 
“What are you doing, dear?”
La voce di Katherine la fece sobbalzare e per poco la scodella che teneva tra le mani non cadde rovinosamente a terra. Strawberry si ricompose e sospirò, grata di essere riuscita a salvare il lavoro delle ultime due ore. E il pavimento di Kyle.
“Katherine, mi hai spaventata!”
La madre di Ryan le mostrò un sorriso di scuse e si sporse oltre la sua spalla per sbirciare il contenuto della ciotola. “Allora? Cosa stai facendo?”
“Cucino”
Katherine inarcò un sopracciglio in un modo che a Strawberry ricordò fin troppo un biondino di sua conoscenza. “Lo vedo, dear. And what are you cooking, di preciso?”
“Biscotti”, si limitò a rispondere, mentre prendeva a mescolare l’impasto che aveva davanti.
“Biscotti” ripeté Katherine.
“Al caffè”
“Mh-mh”, annuì. “Al caffè”. Rimase per un attimo in silenzio, con le braccia incrociate al petto, poi i suoi occhi si illuminarono. “Oooh!” esclamò. “You are cooking for Ryan!”
Strawberry si bloccò e arrossì, dando a Katherine conferma della sua intuizione.
“Oooh, ho indovinato, right?”
“Ecco… so che a Ryan i dolci non piacciono, però va matto per il caffè. Così ho pensato che magari dei biscotti dal gusto amaro gli sarebbero piaciuti” confessò, guardandosi i piedi poco convinta.
Già si immaginava l’espressione contrariata di Ryan, conoscendolo c’era anche il rischio che si rifiutasse di assaggiare i suoi biscotti, e così addio al frutto di tanta fatica. D’altronde, nonostante avesse girato mezza città con Katherine in cerca di un regalo adatto per il suo insegnante, non era riuscita a farsi venire in mente nulla che lui avrebbe potuto considerare quantomeno decente. E, alla fine, quello dei biscotti al caffè le era sembrato un buon compromesso. Almeno sul momento, perché adesso il silenzio enigmatico di Katherine stava iniziando a farle venire qualche dubbio.
“Ti… ti sembra un’idea stupida?” si azzardò a chiederle.
In un attimo si sentì travolgere e si ritrovò stritolata nell’abbraccio dell’americana. “Oh no, absolutely not! E’ una grandissima idea, dear! Very good!”
“Dici davvero?” chiese, poco convinta. Ecco un’altra cosa in cui Katherine assomigliava in modo incredibile a suo figlio: non si capiva mai quando era seria e quando, invece, ti prendeva in giro. Certo, Ryan restava comunque il campione imbattuto della categoria.
“Yes, hai avuto davvero una great idea! Forse sarà la volta buona che riusciremo a far assaggiare un dolce a quell’antipatico di mio figlio!”
“Cosa state facendo?” Kyle comparve sulla soglia della cucina, con un sorriso divertito in volto.
“Strawberry sta preparando un dolce for my beloved soon”.
Kyle si avvicinò al tavolo e diede un’occhiata al lavoro della rossa. “Mi sembra prosegua bene”.
“Wait a moment! Perché lui lo sapeva e io no??”
“Ehm… Kyle mi sta aiutando nella preparazione. Stiamo facendo delle prove” si giustificò Strawberry, facendo spallucce.
Katherine la scrutò poco convinta. “But avrei potuto aiutarti anche io, dear!”
“Kat, devo ricordarti come hai ridotto la mia cucina l’ultima volta che ci hai messo piede?” intervenne Kyle, salvando Strawberry da una discussione potenzialmente infinita. “E, a tal proposito, non ricordo che il divieto di entrarci sia decaduto negli ultimi dieci minuti”.
La donna sbuffò sonoramente, facendo smuovere i ciuffi biondi sulla fronte e lamentandosi di come Kyle stesse diventando peggio di suo figlio, facendo ridere gli altri due.
“Mi sono distratto un attimo e ne ha approfittato per entrare in cucina. Mi farà diventare matto un giorno” sospirò Kyle, una volta rimasto solo con Strawberry.
Le rise. “Però in fondo le vuoi bene”
“Sì, esatto. In fondo” precisò. Ma era evidente che scherzava. L’affetto che legava Kyle a Katherine era chiaro come il sole e Strawberry aveva iniziato a sospettare che il pasticcere in realtà si divertisse parecchio a confabulare con lei.
“Senti Kyle… pensi davvero che Ryan apprezzerà?”
“Non saprei dirti” rispose. Poi, vedendo il panico sulla faccia di Strawberry, si affrettò a continuare. “Forse i dolci continueranno a non piacergli affatto, ma sono sicuro che apprezzerà il tuo gesto. Ovviamente non lo darà mai a vedere”.
Dell’ultima parte Strawberry era assolutamente certa.
“O forse ci stupirà. Negli ultimi tempi Ryan mi è sembrato piuttosto cambiato, sorride di più ed è molto più rilassato. Ho visto uscire dei lati di lui che non vedevo da tempo, alcuni forse non li avevo addirittura mai visti prima. E mi piace pensare che tu abbia giocato un ruolo non indifferente in questo cambiamento” concluse, facendola arrossire.
Kyle era sempre estremamente gentile nei suoi confronti, e Strawberry non poté fare a meno di sentirsi un pochino in colpa per non aver condiviso con lui gli ultimi sviluppi del suo rapporto con Ryan.
“Ti chiedo scusa Kyle, ultimamente sono successe molte cose di cui non ti ho parlato…”
“Non preoccuparti.” La interruppe. “Non sei tenuta a parlarne finché non vi sentirete di farlo. A me basta vedere che per la prima volta dopo tanto tempo Ryan riesca a sorridere senza che il senso di colpa lo divori. Perciò qualunque cosa ci sia tra voi, Strawberry, sono davvero contento.”
Il solito Kyle, aveva capito tutto senza bisogno di parole. Gli sorrise, grata di averle risparmiato un’imbarazzante confessione.
“Ma se dovesse farti soffrire, vieni subito da me. Ci penso io a sistemarlo. D’accordo?” aggiunse, allargando le braccia.
Strawberry vi si tuffò ridendo, godendosi il suo abbraccio rassicurante. “D’accordo. Promesso”.
 
 
Il giorno del compleanno di Ryan, era tutto pronto. O quasi. Quella mattina Strawberry si era alzata molto presto e aveva raggiunto il locale di Kyle per preparare, dopo tante prove, i biscotti che avrebbe fatto assaggiare a Ryan. Nel pomeriggio la pasticceria sarebbe stata chiusa alla clientela, così da consentire loro di allestire gli spazi come pianificato da Katherine.
Il compito di tenere Ryan lontano dal locale per tutto il tempo necessario fu assegnato a Strawberry.
“Eh? Ma perché io?”
“Are you or not his girlfriend?” ribatté Katherine con un gran sorriso.
Strawberry la guardò senza capire. “Cos…?”
“Niente, principessa” intervenne il pasticcere, scoccando un’occhiata di rimprovero all’americana. “Noi non possiamo allontanarci dal locale e Ryan capirebbe subito che c’è sotto qualcosa. Inoltre, non credo che Katherine riuscirebbe a mantenere il segreto”. L’ultima parte la aggiunse in un sussurro, facendo ridere Strawberry.
“E va bene. Allora me ne occuperò io. Mi inventerò qualcosa”.
“Strawberry, dear!” la fermò Katherine mentre usciva dal locale. “Cosa indosserai stasera per il grande evento?”
Si vedeva che era su di giri per la festa, e questo confermò a Strawberry che di feste di compleanno a casa di Ryan non ce ne erano mai state molte.
“Ehm… non lo so. Niente di particolare”
“Oh yes, un look acqua e sapone is the best way”
Strawberry sorrise e annuì, fingendo di aver capito qualcosa.
“D’accordo, allora ci vediamo oggi pomeriggio” salutò.
“E… Strawberry?” la fermò nuovamente Katherine. “Mi raccomando, don’t forget di indossare il nostro regalino per Ryan!” sorrise ammiccante.
Strawberry ci pensò un secondo, poi arrossì fino alla punta dei capelli. “Katherine!”.
 
 
Arrivò a scuola che ancora non era riuscita a togliersi dalla testa le parole della madre di Ryan. Ma insomma, che razza di madre dà dei consigli del genere ad una allieva del figlio?!
Sbuffò tra sé e sé, pensando a quello stupido completino intimo che Katherine le aveva fatto comprare e che adesso giaceva in un angolo ben nascosto del suo cassetto della biancheria. Ci mancava che sua madre lo trovasse per caso e le ponesse qualche domanda imbarazzante.
Doveva ammettere di aver provato ad indossarlo una sera, in camera sua. Si era messa in piedi davanti allo specchio e aveva scrutato la propria immagine riflessa senza riuscire ad impedirsi di arrossire. Tutto quel pizzo nero la faceva sentire tremendamente in imbarazzo, figuriamoci se avrebbe mai potuto presentarsi davanti a Ryan con addosso qualcosa del genere. C’era addirittura il rischio che lui la prendesse in giro.
Già se lo immaginava con quel suo sorrisino irritante mentre le diceva “Non sapevo che le ragazzine indossassero cose così provocanti”.
Avvampò nuovamente. No, non avrebbe mai potuto indossarlo con Ryan. E poi sicuramente lui avrebbe saputo che lo indossava apposta per lui, e non voleva dargli una strana immagine di sé.
Basta, doveva smettere di pensarci o sarebbe impazzita.
Scosse la testa e sospirò. Doveva anche trovare una scusa decente per tenere il suo insegnante il più lontano possibile dal locale.
Aprì la porta dell’aula proprio mentre qualcuno stava uscendo, e sentì chiaramente la propria testa sbattere contro quella dell’altra persona.
Alzò lo sguardo massaggiandosi la fronte, pronta a scusarsi, ma si bloccò quando si accorse che la persona con cui si era scontrata non era altri che Lory. La stessa Lory con cui non parlava da settimane e che non aveva fatto nemmeno un piccolo misero tentativo di contatto con lei da quando avevano parlato sulla barca.
Sicura che anche questa volta non sarebbe andata diversamente, Strawberry si scusò e fece per raggiungere il suo posto. Invece, inaspettatamente, Lory la fermò.
“Straw…”
La rossa incrociò i suoi occhi, incredula. Si guardarono per qualche attimo in cui fu evidente che Lory stesse facendo una fatica tremenda a sostenere lo sguardo di quella che era stata la sua migliore amica prima che Mark piombasse tra di loro come un macigno. Poi finalmente Lory si decise a parlare.
“Straw, io…”
“Ehi ragazzi! Sta arrivando Shirogane!” annunciò un compagno entrando in classe trafelato.
Si creò il caos generale mentre tutti correvano ad occupare i propri posti prima che il professore facesse capolino sulla porta dell’aula. Strawberry guardò Lory, che ormai aveva abbassato lo sguardo e perso tutto il coraggio che aveva trovato poco prima. Capendo che non avrebbe più tentato di dire nulla, le passò accanto e raggiunse anche lei il suo banco.
Si lasciò cadere sulla sedia e aspettò che Ryan facesse il suo ingresso in classe, non totalmente a suo agio. Quel piccolo tentativo di interazione da parte di Lory l’aveva decisamente scombussolata, e il fatto che ora l’amica si fosse seduta al suo posto, accanto a lei, chiudendosi nel suo solito snervante silenzio le generò un moto di rabbia inaspettato.
“Parlami, accidenti!”, avrebbe voluto urlarle. E invece Lory non faceva nulla se non rimanere ostinatamente a testa bassa, come se quell’aria colpevole potesse per magia far arrivare a Strawberry tutto quello che lei non aveva il coraggio di dirle a voce. E sarebbe stato bello se fosse stato tutto così facile, se fosse bastato restare in silenzio e aspettare che il tempo sistemasse le cose, finché un giorno si sarebbe svegliata e non avrebbe più sentito quella rabbia e quella delusione, e avrebbe sorriso a Lory dimenticandosi di Mark e di tutto il resto. Sarebbe stato davvero bello, ma come poteva quello che era accaduto risolversi così, semplicemente aspettando?
Avrebbe voluto che Lory si alzasse e la trascinasse fuori dall’aula per parlare, che prendesse in mano la situazione perché, accidenti, era lei che l’aveva ferita. Era lei che le aveva permesso di continuare a sperare in qualcosa con Mark quando sarebbe bastato dire la verità. Straw, mi sono innamorata di Mark anche io. E lei avrebbe capito, perché Lory era la sua preziosa amica e, se avesse dovuto scegliere tra i due, non ci sarebbe stata partita, Mark avrebbe perso dieci a zero. E adesso non si aspettava delle scuse, né che lei la pregasse in ginocchio di perdonarla, e non voleva nemmeno che rinunciasse a Mark. Quello che più l’aveva ferita era che, per Lory, tra il dieci e lo zero, lei era stata lo zero.
Nel frattempo Ryan aveva posato la borsa con i libri sulla cattedra e aveva rivolto uno sguardo generale alla classe, apparentemente senza notare lo stato in cui si trovava la sua allieva. Estrasse una pila di fogli e annunciò alla classe che quella mattina sarebbe stata dedicata a degli esercizi di ripasso in vista del compito in classe alla lezione successiva.
Poi il suo sguardo cadde su Strawberry.
“Momomiya”, la chiamò, ma lei parve assorta in altri pensieri. “Momomiya” riprovò, avvicinandosi al suo banco.
Lei allora alzò lo sguardo su di lui e sobbalzò. “S-scusi, io…”
“Se hai finito di dormire, consegna queste schede ai tuoi compagni” tagliò corto lui, allungandole i fogli per poi tornare alla cattedra.
Qualcuno ridacchiò e Strawberry si morse la lingua per trattenersi dal ribattere. C’era proprio bisogno di essere così antipatico?! Ma la sua rabbia si spense subito quando notò che in cima ai fogli che aveva afferrato faceva capolino un post-it scritto a matita in una grafia elegante che ben conosceva:

Sessione di studio oggi pomeriggio alle 16. Non tardare”.

Lo staccò e senza farsi notare lo infilò in tasca, nascondendo un sorriso. Mentre distribuiva le schede al resto della classe, pensò che aveva appena trovato la scusa perfetta che cercava per tenere Ryan lontano dal locale di Kyle fino a sera.
Al termine delle lezioni, raccolse le sue cose a gran velocità e corse fuori in direzione della pasticceria. Si sentiva elettrizzata all’idea della festa e non vedeva l’ora di scoprire come avrebbe reagito Ryan. Sarebbe stato contento? O sarebbe rimasto indifferente come sempre?
Si scrollò di dosso quei pensieri ed entrò nel locale.
“Welcome, dear!” la salutò Katherine, da dietro una pila di scatoloni.
Strawberry lasciò la cartella su uno degli sgabelli al bancone e si avvicinò per aiutarla ad aprirli. Dentro c’erano addobbi di ogni genere.
“Ho provato a fermarla, ma quando si mette in testa qualcosa Katherine non dà più retta a nessuno” commentò Kyle, comparendo dalla cucina.
Strawberry rise. “A proposito, per oggi pomeriggio siamo coperti, alle 16 vado… ehm… da Shirogane. Mi dà una mano a studiare per la verifica di fisica”.
“Bel colpo, dear!” esclamò Katherine, mostrandole il pollice in su. Strawberry evitò di spiegare che l’idea non era stata sua, meglio buttarla lì senza darvi troppo preso per non dare adito a pensieri o battutine. Ovviamente non ci sperava più di tanto, e il sorriso sornione che comparve sul viso della madre di Ryan gliene diede conferma. “A studiare, eh?”
“Ehm... comunque… come facciamo invece se Shirogane dovesse passare di qui nel frattempo?”
“Non preoccuparti. So che doveva passare al laboratorio di ricerca per risolvere un paio di questioni dopo la scuola, quindi dubito che avrà il tempo di venire qui prima del vostro appuntamento” le rispose Kyle, ignorando la risatina di Katherine alla parola appuntamento.
“Capisco. Bene, allora… mettiamoci al lavoro!” esclamò Strawberry.
Presero a svuotare gli scatoloni, mentre Kyle spostava i tavoli seguendo le istruzioni dell’americana.
Katherine era a dir poco entusiasta, sembrava una bambina mentre appendeva uno striscione bianco su cui aveva scritto a caratteri cubitali – in una grafia elegante al pari di quella del figlio - “Happy birthday, Ryan!”.
“Sembra molto felice” commentò Strawberry, mentre aiutava Kyle a stendere la tovaglia su uno dei tavoli.
“Oh, lo è.” Kyle si voltò a guardare la donna, che intanto fischiettava allegramente un motivetto. “Katherine ha passato davvero poco tempo con suo figlio negli ultimi due anni. Credo che senta in qualche modo il bisogno di recuperare.”
“Recuperare?”
Il pasticcere le rivolse un sorriso triste. “La morte di mia sorella, le circostanze in cui è avvenuta… è stato devastante per tutti noi, ma per Ryan più di tutti. Penso che Katherine si incolpi di non essergli stata abbastanza vicino. D’altronde, era dall’altre parte del mondo, come poteva?”
Strawberry si guardò le scarpe per un attimo, indecisa se fare o meno quella domanda che più volte le era venuta in mente da quando aveva conosciuto la madre di Ryan.
“Ti stai chiedendo perché ero dall’altre parte del mondo anziché qui accanto a mio figlio?”
La rossa sobbalzò. Katherine era scesa dalla scala su cui era salita per appendere lo striscione e si era avvicinata.
“A volte anche le madri fanno degli errori” disse, stendendo un’altra tovaglia su uno dei tavolini. “Kari era a tutti gli effetti come una figlia per me e quando lei è morta il dolore è stato… straziante. Sono fuggita il più lontano possibile. Ma non è solo questo”.
Kyle le rivolse uno sguardo interrogativo, ma non disse nulla, attendendo che la madre di Ryan continuasse.
“Per tutta la vita” esordì Katherine, “Ryan è stato considerato diverso. Già da bambino tutti lo trattavano come un piccolo adulto…. E se tutti ti trattano così, credo sia normale che tu finisca per sentirtici davvero. A volte capitava che facesse dei discorsi tanto intelligenti da far impallidire adulti ben istruiti.”
Ridacchiò a quel ricordo, e Strawberry non ebbe alcuna difficoltà ad immaginare un piccolo Ryan spiegare agli adulti attorno a lui la banalità di un qualcosa che non erano in grado di fare e che a lui sembrava così semplice e ovvio. Ma la sua mente non poté fare a meno di volare alle parole che Ryan le aveva rivolto quel giorno a scuola, quando si era inaspettatamente aperto con lei, raccontandole della sua infanzia.
Non ho mai avuto particolare interesse per i giochi che facevano gli altri bambini o forse, più semplicemente, non sono mai riuscito a farmi accettare.
Katherine le sorrise dolcemente, poi prese a sistemare un’ultima tovaglia, dando le spalle agli altri due. “Ryan non ha mai detto di sentirsi solo, non è mai stato bravo ad esprimere le sue emozioni. Se provavo a spingerlo a passare del tempo con i suoi compagni, diceva che non gli interessava avere amici e che non gli importava nulla delle feste di compleanno, e per un po’ io ci ho creduto. Ma ad un certo punto mi sono resa conto che il suo sguardo, perennemente rivolto ai libri, a volte sfuggiva e si posava su dei bambini che correvano al parco o che giocavano a palla. E in quei momenti quello che gridavano i suoi occhi, di solito imperscrutabili, era così chiaro, così evidente, che mi chiesi come avessi potuto non accorgermene prima. Allora ho cercato di rimediare, ma a quel punto Ryan si era già molto chiuso in se stesso.”
Kyle le mise una mano sulla spalla, e Katherine la strinse. “Fortunatamente, quando è arrivato Kyle le cose sono molto migliorate. Ryan non lo ammetterebbe mai, ma credo che tu lo abbia sempre capito più di chiunque altro. Anche più di Kari.”
Quando tornò a guardarli, dal suo volto era sparita ogni traccia di malinconia. “Almeno fino ad ora”, aggiunse facendo l’occhiolino a Strawberry e ottenendo il solito effetto.
La rossa stava per ribattere, ma Katherine scosse il capo energicamente, come per scacciare via i pensieri, e tornò ad essere la solita Katherine. “So, questa festa dovrà essere assolutamente P-E-R-F-E-T-T-A! Voglio vedere lo stupore sulla faccia di my beloved son!”
E questa volta né Strawberry né Kyle ebbero alcuna intenzione di opporsi. Almeno finché l’allestimento non fu terminato e tutti e tre si ritrovarono a contemplare il risultato delle loro fatiche.
“I palloncini sono davvero troppi” commentò Kyle. “Non sono certo che Ryan apprezzerà”.
“Va bene così” rispose Strawberry, guardando la sala davanti a sé. “Non sono i palloncini che Ryan dovrà guardare”. Perché se così fosse stato, allora eccome se avrebbe avuto da ridire.
Sorrise. Ogni angolo del locale era intriso d’affetto. Lo stesso affetto che lei e Katherine, con l’aiuto di Kyle, avevano impiegato per preparare quella piccola sorpresa. Non importava che ci fossero troppi palloncini, troppi colori, troppo tutto. Voleva solo che anche Ryan potesse respirare quell’atmosfera e sentirsi a casa, esattamente come si sentiva lei in quel luogo.
“Oh, dear, Ryan non avrà occhi che per te, don’t worry!”
“N-non è questo che intendevo!”
“Ah no?”
“No! Intendevo che spero che Ryan si accorga del bene che gli vogliono le persone che ha attorno e che non si senta più solo!” esclamò di getto, senza riuscire a celare l’imbarazzo.
Katherine le accarezzò una guancia dolcemente. “Sono felice che tu sia accanto a mio figlio” le disse, facendola arrossire ancora di più.
Strawberry si domandò se quella frase fosse stata detta in generale o se Katherine invece avesse capito tutto da un bel po’, ma non se ne curò più di tanto. In fondo, l’aveva resa felice.
 
 
Se hai finito di dormire, consegna queste schede ai tuoi compagni. Davvero molto simpatico!” commentò Strawberry, mentre entrava in casa di Ryan.
Il biondo si scostò dalla soglia per lasciarla passare e ridacchiò. “Non puoi pretendere un trattamento di favore, Momomiya”.
Chiuse la porta e la raggiunse in salotto, dove Strawberry stava già iniziando a tirare fuori i libri dallo zaino, mentre continuava a far valere i suoi diritti.
“Beh, potresti almeno trattarmi al pari degli altri! Insomma, se ti accanisci su di me sarà ancora più evidente che hai qualcosa da nascond-“
Non riuscì a finire la frase perché mentre si voltava si accorse che Ryan si era avvicinato. Si trovò bloccata tra il suo corpo e il tavolo, esattamente com’era accaduto qualche giorno prima, e improvvisamente dimenticò il motivo per cui si stava lamentando.
“Quindi stai dicendo che vuoi essere trattata come tutti i tuoi compagni?” le chiese, mentre fingeva di giocare distrattamente con una sua ciocca rossa.
Strawberry deglutì. Accidenti a lui e all’effetto che le faceva ogni stramaledetta volta.
“Io…” mormorò, cercando inutilmente di riacquistare un minimo di autocontrollo.
Ryan lasciò perdere i suoi capelli e la guardò dritta negli occhi. “Non ho capito bene.”
Il sorrisetto compiaciuto del biondo fu sufficiente a farla tornare in sé, perché come al solito lui si stava divertendo alle sue spalle.
“Sì, voglio che mi tratti come gli altri!” esclamò.
Vide il viso di Ryan avvicinarsi, finché i loro nasi non si sfiorarono e di nuovo dovette dire addio ad ogni tentativo di mantenere la calma. Finiva sempre così con lui.
Eh no, così non vale.
“E va bene” disse all’improvviso Ryan, scostandosi all’ultimo e allontanandosi verso la cucina.
Strawberry sbatté le palpebre più volte, confusa. “Ma cosa…?”
“Hai detto che devo trattarti come gli altri, no?” fece lui innocente. “Devi sapere che di solito non vado in giro a baciare i miei studenti”.
“Ma Ryan, io intendevo…”
Lui sorrise sornione. “Troppo tardi… Momomiya”, disse, chiamandola apposta per cognome come faceva con gli altri. Dopodiché sparì in cucina.
Strawberry strinse i pugni e prese a sistemare il suo materiale sul tavolo, borbottando tra sé e sé qualcosa su quanto Ryan fosse antipatico e su come lei si facesse sempre fregare come una stupida.
Quando lui tornò con due bicchieri d’acqua tra le mani, Strawberry, già seduta al tavolo, lo guardò di traverso.
“Beh? Offri da bere a tutti i tuoi studenti?”
Ryan rise. “Non posso certo farli morire di sete”
“No, certo che no” constatò lei, alzando gli occhi al cielo. “Davvero gentile da parte tua”.
“Attenta Momomiya, non costringermi a metterti una nota come farei con tutti gli altri”.
“Sei odioso” borbottò lei. “D’accordo, mettiamoci a studiare allora. Non vorrei che tu ti sentissi troppo in colpa nel mettermi 4 nella verifica, sapendo di esserne la causa”.
Ryan scosse il capo ridendo, mentre le diceva che questo non sarebbe mai potuto accadere, e Strawberry cercò con tutta se stessa di trattenersi dal sorridere, perché voleva darsi un tono e mantenere la sua posizione. Ma la verità era che a punzecchiarsi con Ryan si divertiva più di quanto avrebbe mai potuto ammettere. E vederlo ridere così liberamente, soprattutto dopo il discorso di Katherine, la faceva sentire davvero sollevata e contenta.
Studiarono per tutto il pomeriggio e, come sempre, le spiegazioni di Ryan furono semplici e chiare, questa volta anche senza bisogno di esempi pratici. Ma Strawberry non era sicura che Ryan non l’avesse fatto apposta per portare avanti quello stupido giochino del trattarla come tutti gli altri.
Estrasse dallo zaino il cellulare che aveva appena suonato.
“Un messaggio di Kyle”, commentò, aprendolo per leggerlo. “Mi chiede se posso passare al minimarket a comprare farina e lievito. Pare stia finendo le scorte”.
Ryan inarcò un sopracciglio. “Perché non ci manda mia madre?”
“Credo… sì, aveva un impegno oggi! Me ne ha parlato l’altro giorno!” inventò su due piedi, sperando che lui non facesse altre domande. “Comunque non mi costa nulla fare un salto al minimarket prima di tornare a casa”, aggiunse sbirciando Ryan di sottecchi.
Il biondo guardò fuori dalla finestra per un attimo, poi tornò a rivolgersi a Strawberry.  “E’ quasi buio, non è il caso che tu vada in giro da sola. Ti accompagno”.
Bingo.
“Professore, non le sembra un po’ fuori luogo questo?” lo prese in giro lei, cercando di assumere un’aria saccente che proprio non le riusciva bene come a Ryan.
Ryan si alzò e si stiracchiò, poi avvicinò il viso a quello di Strawerry e le mostrò un sorrisetto. “Credo di avertelo già detto una volta, l’incolumità degli studenti fa parte dei miei doveri”.
Inevitabilmente Strawberry arrossì e per un attimo lo sguardo di Ryan si spostò impercettibilmente sulle sue labbra. Lei dovette accorgersene, perché Ryan riuscì a sentire distintamente il battito del suo cuore accelerare e improvvisamente si rese conto di quanto gli fosse costato mantenere le distanze per tutto il pomeriggio.
Con sua sorpresa, questa volta fu Strawberry a scostarsi. “Allora vogliamo andare, professore?”, gli chiese, stemperando la tensione del momento.
Ryan la lasciò passare e sorrise tra sé e sé. Prese le chiavi della macchina e seguì Strawberry nel vialetto di casa.
Parcheggiarono in una vietta laterale al minimarket. Quando Ryan spense l’auto, Srawberry lo guardò pensierosa per qualche secondo.
“Forse… è il caso che entri da sola. E’ rischioso farci vedere insieme in un posto così”.
Ryan annuì. “Lo so. Vuoi che ci pensi io?”
La rossa fece di no con la testa. “Non preoccuparti, faccio in un attimo. Aspettami qui”.
Ryan la guardò scendere dalla macchina e dirigersi di corsa verso l’entrata. Sapeva per certo che stava combinando qualcosa in combutta con Kyle e sua madre, ma aveva preferito non immischiarsi e lasciarli fare.
Passati una ventina di minuti, Strawberry ancora non si vedeva. Ryan aspettò altri cinque minuti, poi scese dall’auto e diede una sbirciata all’interno del minimarket. C’erano pochissime persone, e praticamente nessuna fila alla cassa.
Ma dove si è cacciata? Non è che si è persa perfino in un posto così piccolo?
Tornò alla macchina e prese la felpa che aveva buttato sul sedile posteriore quando erano usciti. Fortunatamente ci aveva pensato, per ogni evenienza. La infilò e si tirò il cappuccio sulla testa, curandosi di nascondere il più possibile i capelli, ed entrò nel negozio.
Passò varie corsie, finché non la vide. Strawerry era in fondo alla corsia, di spalle e stava cercando di allungarsi per prendere un pacco di farina dall’ultimo ripiano, mentre con un braccio sorreggeva altri tre pacchi che dovevano essere stati più a portata di mano. Alla fine riuscì a raggiungerlo, ma il pacco doveva essere chiuso male perché quando lo prese un po’ di farina uscì e le finì sui capelli e sulle spalle. Strawberry lasciò andare la presa, ma perse l’equilibro per la sorpresa, facendo cadere i pacchetti che già aveva preso.
“Accidenti a voi!” esclamò, abbassandosi a raccoglierli.
Ryan rise. Era un vero disastro e si rese conto di trovarla attraente anche in quel momento.
La raggiunse, mentre ancora stava sulle punte dei piedi per cercare di prendere il pacco di farina. Le si fermò alle spalle e si allungò su di lei, mentre finalmente raggiungeva il pacchetto. Posò la mano sulla sua e Strawberry si bloccò di colpo.
“Ryan!” esclamò, voltando il viso verso di lui.
“Sssh” le sussurrò lui, prendendo il pacco di farina e porgendoglielo. 
Strawberry si mise le mani sulla bocca e riportò i talloni a terra, potendo finalmente sciogliere i muscoli di braccia e gambe, tesi nello sforzo di allungarsi. “Che ci fai qui?! E quella felpa?” gli chiese, abbassando la voce.
“Sono venuto a cercarti. Ho pensato che tu avresti potuto perderti anche in un posto del genere” la prese in giro, aspettandosi una reazione.
Strawberry invece si limitò ad arrossire e distogliere lo sguardo.
Ryan spalancò gli occhi. “Non dirmi che ti sei persa davvero!”
“Mi sono persa, sì! E allora? Non trovavo quella stupida farina! Ho chiesto a una commessa ma mi ha mandato dalla parte sbagliata!” sussurrò indispettita, sempre più rossa in viso. “Non ridere!” aggiunse, vedendo l’espressione di Ryan.
Lui non se lo fece ripetere due volte, e si lasciò andare ad una leggera risata, appoggiando le mani sullo scaffale ai lati del viso di Strawberry. “Ah Momomiya, sei proprio senza speranze”.
Le scostò la frangetta dalla fronte, togliendo della farina che era rimasta tra le ciocche e soffermandosi con la mano un po’ più del dovuto. La guardò per un attimo negli occhi, mentre una voce metallica avvisava la clientela che il minimarket era in chiusura, ma Ryan non se ne curò.
Guardò pensieroso alla sua sinistra. La corsia era deserta.
“E’ tardi, sarà meglio andare” gli disse Strawberry. Fece per scostarsi, ma Ryan non si mosse, impedendole il passaggio.
“Ryan, cosa…?”
La fissava dritta negli occhi, e Strawberry si sentì mancare il fiato.
“Mi sono dovuto trattenere tutto il pomeriggio per colpa tua che volevi essere trattata come gli altri studenti. Adesso basta”, le sussurrò, con un filo di voce.
Strawberry non ebbe quasi il tempo di sorprendersi per l’inaspettata sincerità di Ryan, perché lui tirò il cappuccio della felpa in avanti con entrambe le mani a coprire il viso di tutti e due e la baciò.
Quando si staccarono, Ryan si costrinse a distogliere lo sguardo perché se l’avesse guardata di nuovo negli occhi non sarebbe riuscito a trattenersi dal riprendere a baciarla. E non era il caso. Aveva già corso un bel rischio così.
Dov’è finito il tuo autocontrollo?, si domandò indispettito.
Strawberry lo sbirciò, notando quel rossore sulle guance che il biondo stava cercando di nascondere. Appoggiò la testa contro la sua spalla, godendosi per un attimo quel contatto.
Poi lo sentì ridere. “Sei piena di farina”
“Si beh, prima mi è caduta addosso perché…” cercò di spiegare, ma poi si rese conto del sorriso divertito di Ryan e si bloccò. “Tu hai visto tutto!” esclamò, avvampando.
“Ovviamente”.
Prima che lei potesse aggiungere altro, Ryan le prese di mano i pacchi di farina e si incamminò. “Vogliamo andare?”
Strawberry fece per ribattere, ma poi lasciò perdere. Sorrise.
Mi sono dovuto trattenere tutto il pomeriggio per colpa tua che volevi essere trattata come gli altri studenti. Adesso basta.
Era la prima volta che Ryan esprimeva così apertamente il suo dissenso per non esserle potuto stare vicino. E la cosa non le dispiaceva affatto.
 
Raggiunsero il locale di Kyle in perfetto orario. Il pasticcere li aspettava sull’ingresso e quando Ryan parcheggiò andò prontamente loro incontro.
“Oh Ryan, ci sei anche tu” esordì, fingendosi sorpreso.
Il biondo lo guardò poco convinto. “Così pare”.
“Già che ci sei, mi daresti una mano a scaricare questi pacchi e portarli nel retro?”
“Allora io… ehm… ne approfitto per andare a darmi una sistemata, ho ancora dei residui di farina tra i capelli!” esclamò Strawberry, dirigendosi a gran velocità verso l’ingresso principale del locale.
Kyle la seguì con lo sguardo, finché non la vide sparire dentro alla pasticceria. “Ma cosa le è successo?”
“Si è rovesciata della farina addosso” ridacchiò Ryan, ripensando alla scena di poco prima. “Che c’è?” aggiunse, sentendo gli occhi dell’amico su di sé.
“Sei di buon umore, vedo”. E il suo sorriso compiaciuto la diceva lunga.
“Lasciami in pace, Kyle”.
Nel frattempo Strawberry entrò in tutta fretta, passando accanto a Katherine che stava aggiustando gli ultimi addobbi.
“Fai in fretta, dear!” la incitò la madre di Ryan.
Strawberry arrivò al piano di sopra ed entrò nella stanza in cui aveva lasciato la borsa con i vestiti che aveva preparato per la serata. Per fortuna, visto che non aveva previsto di presentarsi coperta di farina.
Estrasse dalla borsa la gonna rossa e il top bianco senza maniche che aveva scelto con cura e poi restò per un attimo a fissare ciò che restava sul fondo. Arrossì.
Ci aveva pensato e ripensato, mentre guardava combattuta il completo intimo che Katherine le aveva fatto comprare a tradimento.  Non lo metterò mai, si era detta. Poi però era tornata a pensarci e alla fine, in un moto di stizza, lo aveva infilato in fondo alla borsa, sotto a tutto il resto.
Adesso però cominciava a pentirsi della sua scelta. Sospirò e provò ad indossarlo, guardandosi allo specchio e scoprendosi ancora una volta estremamente in imbarazzo.
Stava per rinunciare quando Katherine bussò alla porta. “Sbrigati dear, Kyle e Ryan saranno qui a momenti!”
Oh, al diavolo!, pensò Strawberry. Tanto Ryan non dovrà vederlo.
Indossò i vestiti, si accertò di aver eliminato tutta la farina dai capelli e scese velocemente al piano inferiore.
Katherine la guardò con un gran sorriso e le mostrò i pollici in su. “You’re so beautiful!”
“Grazie”.
La madre di Ryan le si accostò all’orecchio. “E… che mi dici di quel regalo?”
Nuovamente, Strawberry avvampò, maledicendosi ancora per aver indossato davvero quello stupido completo.
“N…non l’ho indossato!” mentì, coprendosi istintivamente con le braccia.
L’americana la guardò poco convinta. “Peccato” commentò infine, con un sorriso divertito.
Sentirono all’improvviso delle voci dall’esterno, segno che Ryan e Kyle avevano terminato con la spesa e stavano per entrare.
“Ci siamo!” esclamò Katherine, esaltata.
Strawberry fissò la porta in attesa, chiedendosi come avrebbe reagito Ryan. Non vedeva l’ora di scoprirlo.
Poi la porta si aprì e la faccia che fece Ryan quando tutti insieme gridarono “Buon compleanno!” – e Katherine, nella sua solita esagerazione, sparò dei coriandoli in aria – fece scivolare via tutte le sue ansie.
Il biondo se ne stava sulla soglia, con gli occhi sgranati. Non sembrava arrabbiato, solo sorpreso. E un tantino confuso.
“Ma cosa…?” mormorò.
Kyle lo spinse dentro, chiudendo la porta alle sue spalle, e prima che Ryan potesse dire altro Katherine gli si buttò addosso e lo abbracciò stretto.
“Happy birthday, honey!”
Ripresosi dal momento di sorpresa, Ryan si voltò verso Kyle, mentre sua madre non accennava a lasciarlo andare. “E’ stata una tua idea?” lo rimproverò, mal celando il leggero imbarazzo che lo tradiva.
Il pasticcere scosse il capo. “Io sono solo un mero esecutore. Hanno fatto tutto loro due”.
Ryan lo fissò torvo. Poi guardò Strawberry che stava a qualche passo di distanza e gli sorrideva senza accennare ad avvicinarsi.
“Well! Vado a prendere i bicchieri per brindare!” esclamò Katherine, lasciando andare il figlio e sparendo in cucina.
“Sembra che la sorpresa sia riuscita” commentò Kyle.
Ryan sbuffò. “Avevo intuito che steste combinando qualcosa. Ma ammetto che non mi aspettavo… tutto questo” disse, facendo ridere l’amico.
“Sai com’è fatta tua madre. Le piace esagerare”.
“Decisamente”.
“Però ci teneva molto che fosse tutto perfetto per te. E anche Strawberry si è data davvero tanto da fare. Volevano vederti sorridere. Quindi sii gentile.” aggiunse Kyle, dandogli una leggera gomitata amichevole. “Ora, a proposito di Katherine, se non ti dispiace, vado a controllare cosa sta combinando. Non vorrei trovare la mia cucina nelle condizioni dell’ultima volta”.
Una volta che Kyle si fu allontanato, Ryan ne approfittò per raggiungere Strawberry che nell’attesa stava giocherellando col filo di un palloncino.
“Ciao” gli disse lei, quando lo vide avvicinarsi. Sembrava piuttosto tesa.
Ryan le diede una leggera spinta con l’indice sulla fronte. “Avevi programmato tutto”.
“Scusa” si giustificò, sorridendogli. “Sei arrabbiato?”
Lui esitò un attimo. “No” rispose infine. “In realtà non mi sarei mai aspettato che riuscissi a mantenere una cosa come questa segreta, senza combinare guai fino alla fine. Sono colpito” la prese in giro, come al solito.
Strawberry gonfiò le guance, pronta a ribattere, ma Ryan la precedette.
“Cosa nascondi lì dietro?” le chiese.
La rossa sbatté le palpebre, poi sbuffò. “Il tuo regalo. Ma prima di vederlo devi promettermi una cosa”
“Che cosa?”
“Che non giudicherai e non dirai nulla quando lo vedrai”.
Ryan la guardò interrogativo.
“Prometti e basta” ripetè Strawberry categorica.
“Va bene, d’accordo, Strawberry”.
Allora lei si decise finalmente a mostrargli il sacchettino marrone che teneva nascosto dietro la schiena. Era chiuso con un nastro azzurro, allacciato in un fiocco non proprio perfetto, orientato in verticale anziché in orizzontale, che ricordò a Ryan il modo in cui Strawberry era solita allacciare anche le scarpe.  Il pensiero lo fece sorridere.
“Posso aprire?” domandò.
Strawberry annuì, prendendo a torturarsi le mani. Era terrorizzata all’idea che Ryan potesse non apprezzare.
Quando aprì il pacchetto e vide dei biscotti scuri, di svariate forme, il biondo inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Hai promesso di non dire niente!” gli ricordò Strawberry. “Assaggia e basta”
Ryan la guardò poco convinto, poi senza dire nulla estrasse un biscotto dal pacchettino. “Allora assaggerò quello a forma di fragola” commentò, facendola avvampare per l’allusione. Lo scrutò per un attimo, poi si fermò appena prima di portarlo alle labbra e la sbirciò di sottecchi.
“Non è che vuoi avvelenarmi?” scherzò.
“Dovrai correre il rischio” ribatté lei, incrociando le braccia al petto.
Finalmente Ryan diede un morso al biscotto. Strawberry lo osservò masticare lentamente, senza tradire nessuna espressione, finché a un certo punto lo vide spalancare gli occhi.
“Ma sono…”
“Biscotti al caffè” lo interruppe lei, con un gran sorriso. “So che i dolci non ti piacciono, ma in compenso bevi un sacco di caffè. Allora ho voluto provare a mettere insieme le due cose, così magari avresti assaggiato un dolce diverso e avresti scoperto… che ti piace” spiegò, evitando di guardarlo negli occhi. “In verità, ho girato mezza città per cercarti un regalo, ma non sapevo davvero cosa prenderti, così alla fine ho pensato che potesse essere una buona idea regalarti qualcosa fatto da me”.
“Li hai fatti tu?” chiese lui, cercando di non apparire troppo sorpreso.
Strawberry annuì energicamente. “Allora? Come sono?”
Ryan la lasciò sulle spine qualche secondo, osservandola mentre si mordeva il labbro inferiore. Si costrinse a distogliere lo sguardo dalla sua bocca, perché gli aveva risvegliato pensieri decisamente non adatti in quella situazione. “Non mi dispiacciono” ammise infine.
“Davvero?” gli chiese lei, sgranando gli occhi.
Ryan rise. “Davvero, Strawberry”.
Strawberry lo vide prendere un altro biscotto e mangiarlo senza battere ciglio. Allora sorrise, sollevata.
“Ryan?” lo chiamò.
“Mh?”
“Buon compleanno”.
Lui portò una mano a sfiorarle la guancia, per poi giocherellare con i ciuffi che le ricadevano ai lati del viso.
In quel momento, Kyle e Katherine ricomparvero dalla cucina, portando bottiglia, bicchieri e la torta preparata da Katherine.
Ryan si affrettò ad allontanare la mano dal viso di Strawberry e fece un passo indietro, fingendo di guardare altrove.
“We’re ready!” esclamò la madre di Ryan, correndo loro incontro. Consegnò un bicchiere ad entrambi e versò loro da bere, poi li trascinò accanto al tavolo dove Kyle aveva posato la torta.
Quando furono tutti e quattro riuniti, Katherine sollevò il bicchiere verso Ryan. “E adesso… ognuno di noi farà il suo brindisi di auguri for my son!”
“Non ce n’è bisogno, mamma” protestò Ryan.
“Well, comincerò io!” lo ignorò lei.
Strawberry lo osservò passarsi una mano tra i ciuffi biondi esasperato, e rise perché a quanto pare nemmeno l’imperturbabile Ryan Shirogane era in grado di tenere testa a sua madre.
“Vorrei iniziare chiedendoti scusa, tesoro” disse Katherine, assumendo un’espressione malinconica e materna che raramente si vedeva sul suo volto. E Ryan, che si era voltato e stava per allontanarsi, si bloccò di colpo.
“Non sono stata una madre esemplare negli ultimi anni, e ci sono stata per te meno di quanto avrei voluto. A volte sembri tanto adulto che ho commesso l’errore di pensare che tu potessi gestire da solo cose che erano più grandi di te. Anch’io, come tanti altri, per un po’ ho dimenticato che sei solo un ragazzo. Ma adesso sono qui e voglio prometterti che ci sarò sempre per te. So, happy 22nd birthday, honey”.
Quando Katherine smise di parlare, ci fu un lungo momento di silenzio. Nessuno sapeva bene cosa dire di fronte a quel discorso inaspettato. Ryan era rimasto di spalle e la sua postura non tradiva alcuna emozione e per qualche secondo nessuno si mosse. Poi, come di consueto, fu Katherine a stemperare la tensione.
“Beh, brindiamo!” esclamò, avvolgendo un braccio attorno al collo di Ryan e costringendolo a voltarsi, guancia a guancia con lei, mentre cercava invano di protestare.
La donna alzò il bicchiere e Strawberry e Kyle la imitarono ridendo, perché l’espressione di Ryan diceva già tutto.
“Sembra che sia il mio turno”, commentò quindi Kyle.
“Kyle, non ti ci mettere anche tu” brontolò il biondo, ancora bloccato nella stretta della madre.
Il pasticcere rise. “Sarò breve, non preoccuparti” gli promise. “Brindo ad un amico testardo, che non ammetterebbe neanche sotto tortura che questa festa gli fa piacere e che mi richiede sempre una buona dose di pazienza. Ma che, nonostante non assaggi mai i miei dolci, penso continuerò a sopportare con piacere. Auguri”.
Appena Kyle terminò la frase, Ryan si liberò bruscamente dalla stretta della madre e si allontanò di qualche passo, dando nuovamente loro le spalle.
“Beh, non dici nulla?” lo pungolò Kyle, con espressione innocente.
Ryan esitò un attimo. “Quanto siete rumorosi” borbottò infine.
Kyle si lasciò andare ad una risata e alzò il calice verso l’amico di spalle. “Non c’è di che, Ryan”.
La situazione era decisamente paradossale e Strawberry non si sarebbe mai aspettata che quei due potessero davvero far vacillare così facilmente la maschera di impassibilità di Ryan, che per la prima volta sembrava seriamente al limite di sopportazione dell’imbarazzo. Ma era sicura che non fosse nemmeno così tanto infastidito come voleva far credere. In fondo, il carattere solare ed estroverso di Katherine e i modi schietti ma gentili di Kyle compensavano perfettamente l’atteggiamento chiuso e fintamente distaccato di Ryan.
“Tocca a te, dear” le disse a quel punto Katherine, con un sorriso incoraggiante.
Strawberry spalancò gli occhi. “Eh? A me?” chiese, incredula.
“Yes, dear. Manchi solo tu!”
Oddio, doveva davvero dire qualcosa? Improvvisamente si trovò perfettamente d’accordo con Ryan, non c’era alcun bisogno di quel brindisi.
“Coraggio, sono sicura che troverai le parole… in your heart” la incitò Katherine, sempre più sorridente.
“Ehm… io…”
Lanciò un’occhiata a Ryan che aveva voltato leggermente il viso indietro e la guardava di traverso, con una nota contrariata mista a imbarazzo. Strawberry abbassò immediatamente lo sguardo, perché proprio no, non era in grado di incrociare i suoi occhi in quel momento. Sentiva gli sguardi di tutti su di sé. Cosa accidenti doveva dire così, su due piedi, e per di più davanti alla madre e al migliore amico di Ryan?
“Io…ecco… AUGURI!” gridò infine, alzando il bicchiere al cielo e chiudendo gli occhi, mentre sentiva le sue guance avvampare.
Ci fu un momento di silenzio in cui sperò di sprofondare per la vergogna. Poi sentì la leggera risata di Ryan e allora aprì gli occhi, trovandoselo inaspettatamente vicino.
“Sei un vero disastro, Momomiya” la prese in giro.
Alla sua risata si unirono anche Kyle e Katherine, e in un attimo l’atmosfera si rifece leggera e scanzonata come al solito. Tagliarono la torta e Strawerry osservò divertita Katherine cercare di convincere Ryan ad assaggiarla, mentre Kyle, alle sue spalle, gli faceva segno di non fidarsi. Vide Ryan ridere spensierato e rimase incantata per un po’ di fronte a quella scena, rendendosi conto che non avrebbe potuto desiderare di più.
Ad un certo punto, mentre tagliava la torta rimasta, Kyle le chiese gentilmente di andare a prendere dei piccoli contenitori al piano di sopra, così avrebbe diviso il cibo avanzato da far portare loro a casa.
Strawberry raggiunse la stanza indicatale dal pasticciere, la stessa in cui aveva lasciato i suoi vestiti appena arrivata e si guardò attorno, con il bicchiere ancora in mano. Lo posò sulla scrivania e cominciò ad aprire le varie ante del mobile, in cerca dei contenitori di Kyle.
“Non ricordo di preciso dove, ma li trovi sicuramente in uno degli scomparti dell’armadio”, le aveva detto.
“Mmm… qui non c’è proprio niente” sospirò, mentre richiudeva l’ennesimo sportello.
Si voltò di scatto quando sentì la porta aprirsi, e vide Ryan fare capolino sulla soglia.
“Ryan… che ci fai qui?”
Il biondo entrò e si chiuse la porta alle spalle. “Sono scappato”, le disse con una tale serietà da farla sorridere.
“Ti ha mandato Kyle?” ipotizzò lei, intuendo che probabilmente non avrebbe trovato un bel niente in quella stanza. E l’espressione di Ryan fu abbastanza eloquente da non dover aggiungere altro. Kyle e Katherine erano tremendi quando ci si mettevano.
“Allora… cosa stiamo fingendo di cercare?” scherzò, facendola ridere.
“Dei contenitori per il cibo” rispose Strawberry, ancora accovacciata davanti allo sportello del mobile.
Ryan alzò gli occhi al cielo. “Geniale, devo dire”.
“Allora… ehm… come ti sembra la festa?” gli chiese, chiudendo l’anta e rialzandosi.
“Ci sono troppi palloncini”.
Lei ridacchiò. “Lo immaginavo”.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui Strawberry perse tempo fingendo di controllare un altro ripiano. Poi sentì una parola pronunciata chiaramente da Ryan e si bloccò.
“Grazie”.
Allora chiuse lo sportello e si voltò a guardarlo, non certa di aver sentito bene.
Sul suo viso doveva essere scritto chiaramente ciò che stava pensando, perché si vide restituire uno sguardo contrariato. “Non guardarmi come se fosse strano che io possa ringraziare”.
“Ma ti guardo così proprio perché è strano!” confermò.
“Ma sentitela, questa ragazzina…” borbottò Ryan, scompigliandole i capelli.
“Aaah, dai Ryan!” rise lei, cercando di difendersi. “Ah, a proposito!” esclamò all’improvviso, correndo a prendere il bicchiere che aveva lasciato sulla scrivania. “Penso di doverti un brindisi migliore di quello di prima”.
Ryan le mostrò un sorrisetto. “Ah sì?”
“Beh, insomma… mi sembravi già piuttosto in imbarazzo in quella situazione, non volevo infierire” lo prese in giro, giocherellando col bicchiere.
“Senti chi parla”.
Strawberry gli mostrò la lingua, poi si sedette sul bordo del letto. “Volevo ringraziarti” disse, trovando il coraggio di sostenere il suo sguardo. “Perché, anche se mi prendi sempre in giro e ti diverti a vedermi imbarazzata, poi ci sei sempre per me. Mi sei stato accanto in un momento in cui pensavo che sarei sprofondata, e se non è successo è solo grazie a te, Ryan. Mi hai letteralmente salvata in quei giorni”.
Ryan fece per avvicinarsi, ma Strawberry lo fermò.
“No, aspetta! Stai lì. Altrimenti non sarò in grado di continuare!” gli intimò, distogliendo lo sguardo.
Lui rise, disarmato da quell’inaspettata sincerità, e si riappoggiò all’armadio. “Va bene”.
“Mi sono sentita capita da te e, anche se all’inizio ho cercato di negarlo, a un certo punto ho iniziato a pensare a te più di quanto volessi ammettere. Insomma, quello che voglio dirti è che sono davvero felice che tu ci sia. E che… ecco… spero che passeremo tanti altri compleanni insieme” concluse, riprendendo fiato.
E che io sono innamorata di te. Non era riuscita a dirlo, ma sperò ardentemente che Ryan riuscisse a leggere tra le righe e capisse.
Questa volta lui la raggiunse e si accovacciò davanti a lei. Le prese il viso tra le mani e la costrinse piano ad alzarlo.
“Guardami” le chiese.
Strawberry esitò, poi spostò lentamente lo sguardo fino ad incrociare quegli oceani di ghiaccio che erano gli occhi di Ryan, e il suo cuore vacillò.
Ryan sorrise. Strawberry aveva le guance più rosse che mai e gli occhi lucidi, e lui la trovò bellissima.
“Volevo vedere quest’espressione” ammise.
Si allungò verso di lei e si fermò a un millimetro dalla sua bocca, senza smettere di guardarla negli occhi. La vide socchiudere i suoi e mentre finalmente sfiorava le sue labbra pensò che se c’era qualcuno ad essere stato salvato, quello era lui. Perché dopo due anni il suo cuore aveva ripreso a battere e l’aveva fatto senza costringerlo a sprofondare in quell’abisso di dolore che una volta avrebbe sperato lo travolgesse. Perché con lei riusciva ad abbassare tutte le barriere e ad essere quello che davvero era, semplicemente un ragazzo di ventidue anni di fronte ad una ragazza che gli piaceva più di quanto lui stesso riusciva a credere.
La baciò ardentemente, immergendo le mani tra i suoi capelli e sentendola aggrapparsi alla sua schiena e ricambiare. Si sporse verso di lei, facendola finire con la schiena contro lo stipite del letto senza staccarsi dalle sue labbra.
Strawberry lo baciò come avrebbe voluto fare da quando erano usciti dal minimarket, quando quel breve momento di intimità con Ryan le aveva fatto tremare le gambe e schizzare il cuore nel petto. E anche ora lo sentiva battere ad una velocità tale che temette di morire.
Tu-tum.
Ryan abbandonò le sue labbra e le depositò un bacio sul collo, poi un altro. Strawberry si morse il labbro.
Tu-tum.
Avvertì le mani di Ryan sui suoi fianchi, mentre appoggiava la fronte contro la sua per concedersi un attimo di respiro. Poi Strawberry cercò un altro bacio, e Ryan non la fece attendere. Riprese a baciarla, accarezzandole una guancia e lasciando che lei passasse le dita tra i suoi capelli, scompigliandoli.
Tu-tum.
Mentre si stringeva a Ryan, una spallina di pizzo nera le scivolo giù dalla spalla e Strawberry si irrigì per un attimo quando lui se ne accorse e prese a giocherellarci, concentrandosi su quel piccolo lembo di stoffa.
Ti darà un altro genere di lezioni.
Le parole di Katherine le rimbombarono nella mente, ma cercò di non darvi peso.
Assaporò un altro bacio, schiudendo le labbra e infilando le mani sotto la maglietta di Ryan per accarezzargli la schiena. Lo sentì sussultare e subito dopo baciarla più profondamente.
Le mani di Ryan tornarono sui suoi fianchi e piano iniziarono a salire, portando con se la stoffa del top.
Ti darà un altro genere di lezioni.
Di nuovo le parole di Katherine.
Tu-tum. Tu-tum.
Un altro battito.
Un bacio.
Ti darà un altro genere di lezioni.
E mentre Ryan continuava a salire, superando l’ombelico e facendole mancare il respiro, a Strawberry iniziò a girare la testa.









Ebbene sì, è tutto vero, non state sognando! Ho davvero pubblicato il capitolo 28 dopo anni e anni di attesa.
Devo ringraziare una ragazza che mi ha lasciato una recensione qualche settimana fa. Ho ricevuto la mail da Efp dopo parecchio tempo che non mi capitava, e leggere che qualcuno ancora aspettava il seguito della mia storia mi ha smosso qualcosa.
Perchè in fondo non ho mai smesso di pensare a Private Lessons in questi anni. Mi è dispiaciuto lasciare la storia di Ryan e Strawberry in sospeso, ma poi la routine, gli impegni, il lavoro hanno assorbito tutto il mio tempo, e quello che mi restava per dedicarmi alla scrittura era praticamente inesistente.
Poi ho letto questa recensione e mi è venuta una voglia matta di scrivere. Così eccomi qui.
Ora non posso promettere che non impiegherò anni a dar vita ad un nuovo capitolo. Magari arriverà tra qualche settimana, magari mese, magari anno. Ma sicuramente prima o poi questa storia continuerà.
Spero che qualcuno abbia ancora voglia di leggerla e appassionarsi alle vicende di PL dopo tanto tempo. Se così fosse, lo ringrazio dal profondo del cuore.
Buona lettura e a presto.
Con affetto,
Comet
  
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