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Autore: _Lightning_    20/02/2022    1 recensioni
«Non è lontano» lo rassicura.
Din non risponde, osservando le ombre che si fanno più dense attorno a loro con ogni passo. Ruusaan ha il visore dell’elmo a renderle meno spaventose, mentre Din fa schizzare qua e là le pupille, con la mano vicina al fodero della vibrolama.
Normalmente, una madre prenderebbe un bambino di undici anni per mano e lo guiderebbe nell’oscurità. Ma lei non è più una vera madre e Din non è più un bambino: sono entrambi Mandaloriani ed entrambi guerrieri. Sa che Din non le perdonerebbe un gesto simile, non più.
Così continua a guidarlo verso la Forgia, dove lo aspetta, forse, la promessa di una nuova casa.

[pre-The Mandalorian // Kid!Din // Kid!Paz // spin-off di "Vode An" // Missing moments]
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Din Djarin, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I

“Ge’yaim”




Nevarro, 20 BBY ca.

Nevarro li accoglie con le sue distese laviche, simili a ferro cangiante sotto il cielo cupo che assedia di nubi l’orizzonte. 

Piove raramente, su Nevarro, perlopiù violenti temporali dovuti alle costanti eruzioni e fumate vulcaniche. Sulle cime più alte, l’acqua in eccesso provoca devastanti lahar che inghiottono il paesaggio e ogni cosa sul loro cammino, rimodellando pianure, scolpendo nuove colline e scavando crepacci aperti dai terremoti. Le prime, timide gocce si abbattono sull’elmo di Ruusaan e sul cappuccio di Din quando imboccano la strada maestra di Gyra, la città principale.

«Sembra un po’ Aq Vetina» mormora Din, circospetto.

Ruusaan non capisce se lo dica in modo contento o meno.

«Siamo quasi arrivati» evita di rispondere.

Lo guida attraverso le bancarelle fatiscenti di un mercato. Din scruta le merci in vendita da sotto il cappuccio rosso, osservando ortaggi ed esseri più o meno noti sui banchi traballanti. Un mercante Weequay dal tipico volto raggrinzito come cuoio lo trapassa con lo sguardo; vi aggiunge un mezzo ringhio, forse scambiandolo per un ladruncolo, quando lui si sofferma troppo a lungo a osservare un mazzo di chuba essiccati che pende dalla sua tenda.

«Cheespa bo coopa!1» sibila in Huttese, rendendo chiaro l’invito a girare alla larga col tono, più che con le parole.

Din nemmeno sobbalza, limitandosi a ricambiare con un’occhiata altrettanto ostile. Sembra intenzionato a rispondere per le rime. Quando Ruusaan si ferma lì accanto, lasciando intuire che viaggia con lui, il Weequay sgrana leggermente gli occhi alla vista dell’armatura della Ronda e si affretta a impegnarsi nel retrobottega. Din fa una smorfia, come se fosse deluso.

«Non attirare l’attenzione» intima Ruusaan, rimbrottandolo. «As woor

Come il vento. Din scrolla le spalle, annuisce e concentra gli occhi sulla strada davanti a sé. Ruusaan non aggiunge altro, ma pensa che gli addestramenti di Azi l’abbiano reso troppo spavaldo. Spera che la Tribù sappia smussare quel difetto prima che lo metta nei guai con qualcuno o qualcosa di più pericoloso di un Weequay.

Arrivano all’ingresso del Rifugio senza ulteriori imprevisti e imboccano le scale che si addentrano sottoterra. Percepisce Din esitare sul primo gradino, restio a seguirla. Ruusaan si volta a guardarlo, con l’improvvisa realizzazione che, per un bambino sopravvissuto chiuso dentro una cantina a un bombardamento, quello potrebbe non essere un luogo che ispira un senso di sicurezza.

Sta per incoraggiarlo, per poi vederlo deglutire con forza e scendere i gradini. È teso, questo è evidente, ma avanza senza tentennare. La paura di essere un codardo è più forte della paura stessa. Anche per questo deve “ringraziare” Azi. Ruusaan sospira senza farsi sentire. A volte ha l'impressione di vedere un adulto in miniatura, sotto quel cappuccio che si calca sempre in testa.

«Non è lontano» lo rassicura.

Lui non risponde, osservando le ombre che si fanno più dense attorno a loro con ogni passo. Lei ha il visore dell’elmo a renderle meno spaventose, mentre Din fa schizzare qua e là le pupille, con la mano vicina al fodero della vibrolama.

Normalmente, una madre prenderebbe un bambino di undici anni per mano e lo guiderebbe nell’oscurità. Ma lei non è più una vera madre e Din non è più un bambino: sono entrambi Mandaloriani ed entrambi guerrieri. Sa che Din non le perdonerebbe un gesto simile, non più.

Così continua a guidarlo verso la Forgia, dove lo aspetta, forse, la promessa di una nuova casa.

 

 

A Din questa

A Din questa “nuova casa” non piace neanche un po’.

È buia, fredda e piena di ombre e vicoli ciechi. Non sa nemmeno se ci sia qualcuno, là dentro, perché potrebbe benissimo nascondersi dietro un angolo, invisibile. Invidia l’elmo di Ruu, che le permette di vedere come un lothcat al buio. La tallona da vicino, ma non troppo, per non far vedere quanto gli metta ansia quel posto sotterraneo, così simile alla cantina. È quasi convinto di sentire le bombe che cadono sopra di loro, sganciate dai droidi.

Dopo pochi minuti di cammino, si rende conto che non sta immaginando quel suono: solo, è molto più cadenzato e acuto di un bombardamento. Sembra metallico. Si distrae per un istante dai suoi timori, cercando di capire cosa sia, mentre Ruu sembra guidarlo proprio in quella direzione.

Giungono infine a un ingresso ad arco, poco dopo una svolta particolarmente buia. Al di sopra, è appeso un teschio di mitosauro in beskar. Din percepisce il suo ciondolo, dalle fattezze simili, che gli preme contro le clavicole. A volte si dimentica anche di indossarlo.

Una luce più intensa si propaga fin lì dall’apertura, calda e di un vivo color arancio.

«Eccoci, ad’ika» annuncia Ruu. «Siamo arrivati. Ora lascia parlare me e, quando sarà il momento, ringrazia come ti ho insegnato. Ti ricordi la formula?»

«Vor entye par ge’yaim» ripete Din, distratto dai colpi ora vicinissimi e con gli occhi fissi dietro di lei, verso la luce. «Grazie per l’ospitalità» aggiunge, a confermare di non star ripetendo tutto come un paroot ammaestrato.

Ruu annuisce e, senza preavviso, allunga due nocche per dargli un buffetto sotto il mento, come non faceva ormai da tanto tempo – odia quando lo fa, come se lui fosse un bambino. E poi, lo sta lasciando indietro, invece di portarlo a combattere con sé. È troppo interdetto per protestare e Ruu si è già avviata verso l’ingresso della stanza.

La segue dappresso, entrando in un ampio ambiente circolare. Non capisce cosa stia guardando: al centro c’è una specie di piattaforma rialzata da cui scaturiscono alte fiamme verticali di un blu acceso, disposte a circolo. Sulle pareti vi sono miriadi di attrezzi, a molti dei quali non saprebbe dare un nome. Vede tenaglie, seghetti, martelli di ogni forma e dimensione e, dall’altro lato, un assortimento di armature lucide e brillanti... perde il conto quando si rende conto che la stanza non è vuota.

Una figura piuttosto minuta armeggia attorno al pozzo di fuoco con un paio di lunghe tenaglie, gettando pezzi di metallo al suo interno con rapidità, dove si liquefanno rapidamente. Din capisce solo in quel momento, nel notare l’incudine lì accanto, che è una forgia.

Nel vederli, la figura posa l’attrezzo ed emerge da dietro lo schermo blu delle fiamme. Din sgrana gli occhi nel trovarsi di fronte il Mandaloriano più strano che abbia mai visto. Ha l’armatura color oro, dalla cui corazza pende quella che sembra una specie di tunica rinforzata che le arriva sopra il ginocchio, e una corta stola di pelliccia bruna le scende dalle spalle. Ma il dettaglio più bizzarro è l’elmo dorato, con un visore che non è perfettamente a T, ma ha degli occhi sagomati che sembrano scrutarlo. Una fila di piccole spine emerge sopra la calotta, quasi a renderlo più minaccioso.

«Olarom, Ruusaan Motir, bal ad’ika.2»

Quando parla, Din si rende conto che è una donna.

«Vor entye, Maarva Gasurr3» ringrazia Ruu, con un cenno dell’elmo.

Din la imita, senza però parlare. Quella Mandaloriana lo mette in soggezione.

«Non uso più quel nome, ner vod» replica lei, scendendo dal gradino. «D’ora in poi puoi chiamarmi Bes, semplicemente, come il beskar che forgio.»

«Cin vhetin totale?» commenta Ruu, in modo incomprensibile.

«A volte dobbiamo crearci un nostro “campo bianco”. Come stai facendo tu, d’altronde, anche se non più per te stessa.» Fa una breve pausa, prima di continuare: «Tu devi essere Din Djarin.»

La Mandaloriana punta il visore verso di lui, facendolo quasi sobbalzare quando pronuncia il suo nome. Din deglutisce, cercando di capire il senso di quelle parole. È in parte sollevato che non stiano parlando in Mando’a, come facevano Azi e Ruu – lo fa sentire più in controllo della situazione.

«Cos’è un cin vhetin?» si arrischia a chiedere, spingendo la guerriera a inclinare il suo insolito elmo.

Stringe un poco i pugni senza sapere se verrà zittito o riceverà risposta.

«È quando un Mandaloriano ricomincia la propria vita, seppellendo i suoi errori sotto uno strato di neve immacolato. Sono ancora lì, ma invisibili a occhi estranei, che vedono solo un “campo bianco”» spiega la Mandaloriana, in tono molto più gentile di quanto si aspettava.

Din annuisce, abbastanza sicuro di aver capito. Anche se non sa se sia una cosa buona – sta per lasciare la Ronda, questo è certo, ma cosa vuol dire davvero? Quali errori ha commesso?

«Bes, non abbiamo molto tempo» interviene Ruu. «La Ronda ha indetto il ba’slan shev’la4, ma devo essere pronta al richiamo d’adunata.»

Bes annuisce in modo grave.

«Lo so. So anche che Pre Vizsla è morto, che un dar’jetii5 siede sul trono di Mandalore impugnando la Darksaber e che Bo-Katan Kryze ha rinnegato la Ronda. Prevedo tempi bui, per noi Mando’ade

«Mandalore non è ancora perduta, ner vod. Io e Kryze, la legittima erede, abbiamo...»

«Non esistono eredi» obietta duramente Bes. «Esiste solo chi si dimostra degno di impugnare la Ne’tra’kad

«Non è così semplice, stavolta. Un aruetii6 non era mai riuscito a...»

«E non ci sarebbe mai riuscito, se Pre Vizsla si fosse dimostrato degno e meno assetato di sangue e potere. È anche per questo, che le Tribù lo hanno rinnegato e hanno abbandonato le forge di beskar su Concordia.»

«Azi non sarà meglio di Pre. Potrebbe addirittura essere peggio e per questo va fermato.»

Bes scuote la testa all’ultima affermazione di Ruu, per poi fissare di nuovo lui, come rendendosi conto solo ora che è ancora lì. Din si acciglia: certe cose sono ancora uguali e, se prima si fidava poco, adesso si fida ancor meno, nonostante l’apparente gentilezza di Bes.

Ha seguito quello scambio serrato con la confusione a rimbalzargli in testa. Sa che la Ronda è in difficoltà, altrimenti Ruu non l’avrebbe mai portato via, ma non sa chi sia quel “traditore” o “estraneo” di cui parlano e che siede sul trono – lui non sapeva nemmeno che ci fosse un trono – né cosa sia la “lama buia” che sembra così importante per loro. Non riesce a capire cosa c’entra lui, in tutto questo – o meglio, perché non gli viene permesso di capire.

È un guerriero della Ronda e, che ne faccia ancora parte o meno, se c’è una guerra in arrivo vuole essere al fianco di Ruu, non rintanato in un rifugio sottoterra come ad Aq Vetina. La Mandaloriana, però, lo ignora e scambia un cenno con Ruu, poi si avvia verso l’uscita e si sporge oltre la soglia.

«Paz! K’olar!7» chiama a gran voce, che rimbomba e riecheggia nei sotterranei del Rifugio.

Uno scalpiccio di passi accompagna quel richiamo e, poco dopo, un altro Mandaloriano fa il suo ingresso nella forgia.

«Me’copaani?8»

Din si sorprende nuovamente nel vedere come anche la sua armatura sia molto diversa da quella della Ronda, seppur blu come la loro. A indossarla non è un adulto, a giudicare dall’altezza e dalla voce ancora acuta, anche se non quanto la propria. La Mandaloriana non risponde alla domanda, facendo invece un gesto verso lui e Ruu. Il ragazzo trattiene in modo udibile il fiato, in un moto di sorpresa.

«Su’cuy9, ba’vodu!» esordisce allegro, facendosi incontro a Ruu con inaspettata energia.

«Su’cuy, Paz’ika» risponde lei, in modo altrettanto caloroso.

Din si incupisce nel sentirle rivolgere quel termine affettuoso a un perfetto sconosciuto. Sconosciuto per lui, realizza poi, non per Ruu. Squadra con sospetto il ragazzino, “Paz”, non riuscendo a decifrarne con chiarezza l’età. È sicuramente più grande di almeno un paio d’anni. Indossa già l’elmo: tozzo, squadrato e di un blu stinto, con una sottile riga argentea in rilievo a dividerne a metà la calotta. Sembra di beskar.

«Su’cuy, ner vod» Paz si rivolge a lui, tendendogli una mano. «Jate kar’tayl gar

Din fa istintivamente mezzo passo indietro, nonostante quelle siano parole amichevoli – fin troppo. Fratello? Piacere di conoscerti? Lui non ha mai visto quel ragazzo in vita sua. Al suo silenzio, lui inclina l’elmo di lato.

«Ah, non sai ancora il Mando’a?»

Din coglie un lieve rimprovero in quella domanda, ma non reagisce. Fissa la sua mano guantata, in un chiaro invito a ritrarla. Lui, al contrario, la allunga per stringergli il polso.

«Dopo tutto questo tempo, pensavo che Ruu ti avesse già...»

«Ne shab’rud’ni10» sbotta Din, sottraendosi al gesto prima che possa serrare la presa.

«Din!»

Lo scappellotto di Ruu lo raggiunge sull’orecchio, più forte di quanto si aspettasse – e se lo aspettava, dopo aver parlato in quel modo volgare. Avvampa, sentendosi addosso gli occhi del ragazzo che, lo potrebbe giurare, sta sogghignando sotto l’elmo alla scena.

«Mostra rispetto per chi ti ospiterà.»

Din le lancia un’occhiata risentita. Non vuole essere “ospitato”: vuole ripartire con lei e combattere al suo fianco, che sia con o contro Azi. Serra però le labbra, rimangiandosi ogni protesta. Riporta lo sguardo sull’altra Mandaloriana. È così immobile che sembra una statua, ma intuisce che lo sta scrutando, in attesa.

«Vor entye par ge’yaim» pronuncia infine, scandendo la formula che gli ha insegnato Ruu.

Non porge la mano a Paz e gli scocca una fulminea occhiata a Paz: certo, che sa il Mando’a.

«Olarom, ad’ika» replica la guerriera come di rito, con un lento movimento dell’elmo spinato e accogliendolo di fatto nella Tribù.

Fa poi un cenno al ragazzo, che subito si avvicina ancora. Din gli arriva alla spalla.

«Paz’ika, fagli da guida. Mostragli il Rifugio, gli alloggiamenti e le vie d’uscita, poi aspettateci nella sala comune. Noi arriviamo.»

«Sì, buir11

Din sposta lo sguardo tra i due e poi su Ruu. Tu non vieni?, vorrebbe chiedere, ma si rimangia la domanda e annuisce, fingendo tranquillità. Non si fida di Paz, non si fida della nuova alor12 e non si fida nemmeno di Ruu, in questo momento.

Si accoda a Paz, senza un solo cenno di saluto a Ruu.


 

A Din questa

 


Note&Glossario:

Cari Lettori, scusate per la quantità enorme di note... come vi dicevo, su Wattpad la lettura è molto più scorrevole perché ho la possibilità di metterle direttamente accanto al testo.
Vale anche per i capitoli successivi: la comprensione esatta di ciò che viene detto in Mando'a/altre lingue è solo un "plus", perché tutto ciò che è fondamentale alla comprensione della storia viene esplicitato nel testo, tramite commenti o pensieri di Din, o direttamente dai personaggi, come nel caso del "campo bianco" o della formula di ospitalità.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate ♥

-Light-


0. Ge'yaim: lett. "quasi-casa", quindi per estensione "ospitalità".
1. Cheespa bo coopa: stai attento/attento a te.
2. Olarom, Ruusaan Motir, bal ad’ika: benvenuti, Ruusaan Motir e figlio/bambino.
3. Vor entye, Marva Gasurr: grazie, Marva Gasurr.
4. ba'slan shev'la
"tacito addio" o "partenza silenziosa", una tecnica di scioglimento e ricongiungimento dei ranghi in uso tra i Mandaloriani.
5. dar'jetii: lett. "non-Jedi", di conseguenza un Sith. È un riferimento a Darth Maul, che dopo aver ucciso il comandante della Ronda conquista la Darksaber diventando sovrano di Mandalore.
6. aruetii: estraneo/traditore; in generale, non-Mandaloriano.
7. k'olar: vieni
8. me'copaani: cosa vuoi?
9. su'cuy: ciao, lett. "sei ancora vivo". Ba'vodu non è tradotto volutamente, si spiegherà nel prossimo capitolo.
10. ne shab'rud'ni: "non rompermi le palle/sta' alla larga", espresso in modo più volgare.
11. buir: madre/padre (il Mando'a è privo di genere).
12. alor: capo, comandante, guida.


 

   
 
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