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Autore: _Atlas_    20/02/2022    2 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XII
 


 
 
 
«Axel??»
Darryl lo chiamò di nuovo, questa volta sicuro che davanti a sé non ci fosse alcun fantasma. Sgranò gli occhi, lucidi di gioia, e allargò le braccia verso di lui.
«Che cavolo ci fai qui?!»
Axel non riuscì a trattenere il sorriso e avanzò nella sua direzione prima di lasciarsi stringere in un abbraccio goffo e soffocante.
«Sei un disgraziato, vuoi farmi venire un infarto?!»
«Non era in programma…» provò a giustificarsi senza però riuscire a frenare l’entusiasmo dell’uomo, che adesso aveva preso a tastargli le braccia come per accertarsi che fosse davvero lui.
«Hai la barba…!» disse poi, dandogli un pizzicotto sulla guancia «E sei anche alto, sei…sei…» lo guardò da capo a piedi, prendendo familiarità con il suo nuovo aspetto. «Sei cresciuto» mormorò infine «Sei proprio come ti si vede sui giornali.»
Axel sorrise ancora e non poté fare a meno di notare, invece, quanto lui fosse invecchiato. Per un attimo lo aveva visto robusto, fiero e in forza come diciotto anni prima, ma le rughe che aveva sul volto e i suoi capelli grigi raccontavano un’altra storia.
«Vieni, ci beviamo qualcosa» gli disse accompagnandolo nel locale.
 
Oltre al suo seminterrato destinato alle feste e ai concerti, ricordava il Lenox Blues con un bancone che occupava gran parte della stanza, una parete su cui erano appesi vinili e vecchie fotografie e una decina di tavoli destinati ai clienti, con i centro tavola in acciaio e i sedili foderati con stoffa color mattone. Axel non si aspettava di trovare tutto come allora, anche se prima di varcare la soglia ci aveva sperato con tutto il cuore; eppure era tutto lì, come lo aveva lasciato quella sera di metà giugno a un passo dall’estate. La stoffa dei sedili, i centro tavola, persino le tende sembravano le stesse di allora. Con la coda dell’occhio intravide una parete tappezzata di fotografie, ma si obbligò a spostare lo sguardo.
«Dov’è Margaret?» chiese tornando bruscamente alla realtà.
Darryl lo fece accomodare a un tavolo e prese posto davanti a lui, guardandolo esitante per qualche secondo con un sorriso spento sulle labbra.
«È morta» rivelò poi senza giri di parole «Tre anni fa, ormai.»
Axel incassò il colpo in silenzio, ma tutta la razionalità che si era imposto per un attimo vacillò, ricomponendosi poi con lentezza sfiancante. Ci fu solo lo spazio di un ricordo lontano, una carezza tra i suoi capelli e un bacio leggero sulla guancia.
«Mi dispiace» mormorò «Com’è successo?»
«Cancro al seno. Ce ne siamo accorti troppo tardi.»
Axel annuì, prendendo atto di quanto quella perdita dovesse rappresentare per l’uomo. Lui e Margaret erano stati una coppia affiatata e complice, con il Lenox Blues non avevano solo sostenuto le band emergenti della città, dando spazio e voce ai più giovani, ma erano anche riusciti a coinvolgere in quel successo gran parte della comunità afroamericana di Mismar, rompendo le barriere di odio e pregiudizio che qualcuno a volte provava a ricostruire. In questo Margaret era sempre stata determinata, Darryl, al contrario, si abbandonava più spesso alla frustrazione.
«Allora, che ci fai da queste parti?»
Darryl lo guardava con sincera curiosità, bilanciando una rassegnata malinconia con il desiderio e la speranza di stupirsi ancora.
«Lavoro. Ho degli impegni con la C.A.M.»
«Ah, quindi ti hanno costretto» incalzò l’uomo con un sorriso, come se avesse colto i sottintesi della sua risposta.
«Già, sono stato incastrato» confermò Axel adocchiando il menù delle bevande. Percepiva lo sguardo dell’uomo su di sé ma si sforzò di non ricambiarlo, concentrandosi piuttosto sul listino delle birre e sperando che non indagasse oltre.
Darryl, sulla scia del professor Layton ma in maniera meno delicata, si era sempre intromesso nelle sue questioni intime senza porsi troppi scrupoli e Axel, pur trovandosi spesso con le spalle al muro davanti alla sua schiettezza, aveva sempre riconosciuto e apprezzato la sua perspicacia.
«Beh, non mi aspettavo di rivederti, devo essere sincero» ammise l’uomo «Sembra ieri che ve ne stavate qui a rimpinzarvi di schifezze e a disegnare quei fumetti. Non doveva finire in quel modo…» mormorò poi, sovrappensiero e con un velo di rabbia che gli scurì appena il volto, alzandosi e andando poi a trafficare dietro al bancone.
Axel deglutì a vuoto, iniziando suo malgrado a percepire un vago disagio e il fiato un po’ corto. Non si era aspettato di certo la fiera della serenità varcando la soglia del Lenox Blues, ma forse aveva ostentato più temerarietà di quella che effettivamente aveva ed era stato uno stupido a pensare che Darryl non volesse alludere al passato.
«Bud Light, come ai vecchi tempi» annunciò poco dopo mettendogli sotto al naso un boccale di birra.
«Non so se riuscirò a berla tutta.»
«Un tempo te ne saresti scolati due di questi, Axel. E me ne avresti chiesto anche un terzo.»
«Allora sono proprio invecchiato. Mi sforzerò di finirlo.»
«Bravo, sforzati» marcò Darryl facendo tintinnare insieme i loro boccali.
 
Continuarono a parlare e per più di un momento l’idea di abbandonare Darryl al tavolo e fuggire dal locale solleticò la sua mente senza tuttavia concretizzarsi. Da quando era arrivato a Mismar il suo unico obiettivo era quello di tenere ingabbiata ogni emozione, respingerla, sminuirla  o al massimo condirla con un po’ di sarcasmo inappropriato se mai ce ne fosse stato bisogno. Aveva retto piuttosto bene, ma parlare con Darryl lo aveva messo a dura prova e il suo autocontrollo adesso iniziava a vacillare. Inoltre era stanco e anche la birra stava abbassando la sua lucidità.
«Insomma, non organizziamo più le serate di un tempo,» stava spiegando Darryl addentando una fetta di torta al cioccolato «ogni tanto passa qualche musicista di strada o un paio di band emergenti al mese, niente di entusiasmante ma almeno ci provano. Il Lenox Blues non è più un luogo di aggregazione, Axel, qui al massimo vengono a comprarsi due birre e a fumarsi uno spinello nello scantinato» concluse con amarezza.
«Anche noi lo facevamo» gli fece notare Axel.
«Era diverso, voi eravate diversi. Con voi c’era un dialogo, con questi ragazzi è impossibile, non te lo permettono. Ho provato ad avvicinarmi a qualcuno di loro ed è meglio che non ti dica com’è andata a finire.»
«Come? Qualcuno ha deciso di ammazzarsi?» domandò d’impeto.
Non avrebbe voluto né dovuto chiederlo, ma la domanda gli era sfuggita dalle labbra all’improvviso e solo quando tra loro calò il silenzio realizzò l’errore.
«No,» mormorò Darryl, serio in volto «non si è ammazzato nessuno. Mi hanno solo ridotto in frantumi la vetrata d’ingresso.»
«Scusa, mi è uscita male…non intendevo…»
«Ho capito cosa intendevi» gli venne incontro l’uomo, e Axel sperò che avesse capito davvero «Mi porterò sempre il peso di essere stata l’ultima persona ad aver parlato con Jake. O credi che lo abbia dimenticato?»
«Non l’ho mai pensato.»
Axel abbassò lo sguardo, giocando con pigrizia con la sua fetta di torta.
«Temo che possa succedere ancora» disse a un tratto Darryl «affezionarmi a qualcuno di loro, credere di averlo sistemato e poi ritrovarmelo con la faccia sfracellata a un angolo della strada. Non è vero che eravate diversi, hai ragione, è questo a terrorizzarmi.»
La confessione di Darryl lo ammutolì, lasciando le sue emozioni in equilibrio precario, come se stesse camminando senza protezioni su una fune sottilissima a migliaia di metri di altezza. Non riuscì a dire nulla e non gli rimase altro che prendere atto di quelle parole.
«Non volevo rattristarti, mi dispiace» spezzò il silenzio Darryl «Ti piace la torta? L’ha fatta Richie, è una specie di genio della pasticceria» disse indicando un ragazzo altissimo che trafficava dietro al bancone.
Un fracasso di vetri proveniente dalla porta d’ingresso attirò poi la loro attenzione. Qualcuno aveva accidentalmente fatto cadere uno scatolone che a occhio e croce conteneva qualcosa di delicato all’interno.
«Merda!» esclamò un ragazzo, forse appena maggiorenne.
«Oh no» gli fece eco l’altro che era con lui.
«Cavolo…» mormorò Darryl alzando gli occhi al cielo, evidentemente riconoscendo i due ragazzi fermi sulla soglia. Axel fu pronto a intervenire, ma a quel punto successero molte cose e lo sguardo che gli rivolse Darryl per un momento lo raggelò.
«Merda? Merda?! Sul serio?» una voce femminile parecchio arrabbiata si levò a pochi passi dall’ingresso e prima che potesse raggiungerli i due ragazzi scapparono a gambe levate abbandonando a terra lo scatolone.
«Siete due stronzi! Non fatevi più vedere!» gli gridò dietro, buttando a terra un ombrello rotto.
Entrò nel locale fradicia di pioggia, con lo sguardo imbronciato e i capelli arruffati, appena un po’ lunghi e con sfumature rosse.
«Abbiamo appena perso duecento dollari di bicchieri, sia messo agli atti» disse controllando quel che era rimasto nello scatolone.
Axel smise di respirare non appena la riconobbe, perdendo contatto con la realtà preda di una vertigine fortissima che per poco non lo fece svenire. Sentì addosso lo sguardo di Darryl, che forse non si aspettava il suo arrivo, ma non riuscì a sostenerlo. Rimase immobile al suo posto, con le gambe rigide e la bocca serrata, lottando contro i battiti del cuore impazziti.
«Lascia stare, Jenna, li ricompriamo…» mormorò Darryl dando una forchettata alla torta che aveva ancora nel piatto.
«La prossima volta che vogliono dare una mano mettiamoli a lavare il pavimento, ti prego» disse, e Axel la vide avvicinarsi pericolosamente al loro tavolo.
«Cosa diavolo stai mangiando? Ma sei impazzito?» chiese poi scrutando Darryl con aria sconvolta mentre lui si ripuliva la bocca sporca di cioccolato e alzava gli occhi al cielo.
«Ho fatto uno sgarro, ma sono giustificato.»
«Davvero? E cos’è che ti giustifica?»
Axel si sentì morire quando Darryl lo indicò con la mano.
«Lui.»
Non lo riconobbe subito, o almeno così gli parve. O forse aveva capito e si stava semplicemente chiedendo cosa ci facesse lì, seduto a un tavolo del Lenox Blues con lo sguardo teso di chi era stato colto in fallo e desiderava trovarsi dall’altra parte dell’emisfero.
Rimase in silenzio per molti secondi senza nascondere il suo stupore e lo shock di quella visita inaspettata, poi, dopo un lungo sospiro, provò a dire qualcosa senza però riuscirci.
«Ciao Jenna.»
Si costrinse a fare il primo passo solo perché quell’attesa lo stava logorando. Fu un saluto spento, colpevole, di certo non colmo di cordialità, e lo stesso fu il suo quando rispose.
«Axel…»
«Hai visto che sorpresa? È venuto a trovarmi questo pomeriggio» si intromise Darryl, volendo forse sciogliere il ghiaccio.
Axel abbassò lo sguardo e questa volta desiderò davvero alzarsi e scappare via, lontano da lì, magari a casa, magari a New York.
 Incontrare il professor Layton era stato difficile, così come rivedere Darryl e parlare di nuovo con lui, ma in qualche modo aveva trovato il modo di affrontare tutto e a parte qualche scivolone le cose si erano risolte abbastanza bene; la presenza inaspettata di Jenna andava però oltre quello che si era concesso di sopportare, non aveva neanche provato a immaginare di poterla rivedere, sebbene tante volte, più o meno consapevolmente, si era chiesto che fine avesse fatto e dove si trovasse adesso. Se stesse bene, che ricordo avesse di lui, o se fosse felice.
«Sì, una vera sorpresa» confermò lei. Per un attimo i suoi occhi gli erano sembrati lucidi, ma il tono duro con cui aveva pronunciato quelle parole cancellarono all’istante qualsiasi altra emozione presente.
«Non dovresti mangiarla, questa» aggiunse poi afferrando il piatto di Darryl e posandolo sul bancone, «io vado a cambiarmi.»
Axel mantenne lo sguardo basso, vedendola sparire con la coda dell’occhio verso la toilette.
«Scusa, avrei dovuto avvertirti» mormorò Darryl a quel punto «Rivederti qui mi ha distratto e se Lion e Mike non avessero rotto quei bicchieri non avrei badato ad altro.»
«Non fa niente» si sforzò di dire «Lei lavora qui?»
«Da quindici anni. Io e Margaret avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse con il locale e così le abbiamo proposto un lavoro. Doveva essere una cosa momentanea, lei voleva andarsene da Mismar. Poi si è sposata con quel David…Dylan…non mi ricordo nemmeno…»
Axel accolse la notizia con una fitta al centro del petto, chiedendosi perché mai si stesse ostinando a rimanere lì.
«È sposata…?» chiese invece.
«Lo era. Suo marito è morto, sempre se vogliamo chiamarlo marito.»
«Non ti seguo.»
Darryl si strofinò gli occhi con le dita e si passò una mano tra i capelli corti.
«Ha avuto una vita difficile, Axel, e non ha neanche quarant’anni. Non è più la ragazza dolce con cui ti sbaciucchiavi nel tuo sottotetto. Io le devo molto, se non ci fosse lei qui sarei crollato da un pezzo, fisicamente ed economicamente, ma le cose non sono più quelle di un tempo.»
Le parole di Darryl lo ammutolirono, non era pronto a riceverle.
Ora capiva di essersi spinto oltre quel pomeriggio e che aveva davvero sopravvalutato la sua capacità di affrontare una situazione simile facendo affidamento sulla razionalità. Certo, non aveva immaginato di rivedere Jenna, ma a quel punto non era solo lei il problema.
Tornare a Mismar era stato un errore, e forse, pensò in un impeto di rabbia, era ancora in tempo per tornare indietro.

 

 
__________
 



 
NdA
Buonasssera!
Sono tutta esagitata perché immagino questo capitolo da una vita e mezzo e vederlo finalmente nero su bianco e pubblicato qui è un’emozione non da poco.
Parentesi euforica a parte, da qui in avanti presente e passato inizieranno ad intrecciarsi in modo inevitabile e non saranno più divisi in maniera netta, anche se manterrò comunque l’escamotage dei flashbacks in alcune occasioni.
Fatemi sapere se ci sono cose che non tornano e discorsi poco lineari, ogni commento/opinione è sempre ben accetto.
 
Nel frattempo ringrazio Leila91 e _Lightning_ per le recensioni che mi hanno lasciato (invio cuori a distanza) e tutti voi che passate a leggere.
 
A presto,
 
_Atlas_
   
 
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