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Autore: Mnemosine__    22/02/2022    2 recensioni
"Al papà non piacciono molto le medicine." Mugugnò Morgan. "Starà bene anche senza?"
Peter sospirò. "Temo di no ma... sai – potremmo mascherarle – possiamo infilare le pastiglie e gli sciroppi dove... dove non se li aspetterebbe mai, che dici?" cercò di sorridere.
"Mettiamoli nei ghiacciol... – ouch!" Morgan strinse entrambi i cordoncini della felpa con le mani, tirandoli davanti al viso e stringendo il cappuccio intorno alla testa, scompigliandosi i capelli.
Peter sorrise, stringendo le labbra per non ridacchiare e si affrettò ad aprire il cappuccio e riposizionarlo sulla schiena della bambina, cercando poi di appiattire e sistemarle i capelli sulla testa. "Direi che è un'ottima idea, così lo inganneremo di sicuro."
Missing moments di "Di ritorni ed attacchi di panico"
[What if post endgame]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Famiglia'
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Coniglio!

Peter si perse nelle pozze marroni che erano gli occhi della piccola Morgan Stark, così ricolmi di aspettativa. Probabilmente prometterle che Tony si sarebbe ripreso non era stata una delle sue idee migliori quel giorno, visto che il mentore era appeso alla vita con un filo.
Ma cos’altro avrebbe potuto fare, per tranquillizzarla? Certamente non avrebbe potuto ripetere quello che aveva sentito uscire dalle labbra del dottor Banner o condividere con lei il turbinio dei propri pensieri.
Oddiooddiooddio.

Peter cercò di bloccare un respiro tremolante mentre portava lo sguardo verso Hulk che avvertiva Pepper che il dottor Strange era insieme alla principessa Shuri. Il chirurgo avrebbe supervisionato l’intera operazione non potendo, però, aiutarli manualmente.
Vide Pepper annuire, le guance rigate di lacrime, mentre il dottor Bruce si voltava per raggiungere il laboratorio.
Riportò lo sguardo su Morgan e unì le labbra, allungando la propria mano per stringere quella della figlia di Tony. Anche Morgan, come lui, aveva lo sguardo fisso su Bruce Banner ma, a differenza sua, non aveva idea di cosa stesse accadendo.

“Ma…” balbettò, alternando lo sguardo tra Rhody e Pepper, che stavano discutendo animatamente con le lacrime agli occhi dall’altra parte della stanza.
“Starà bene.” Ripeté Peter, molleggiando sulle proprie caviglie per scacciare la tensione. Gli adulti terrorizzati presenti in quella stanza non aiutavano. Non si era sentito in grado di dirle nessun’altra cosa, mentre guardava il viso impaurito della bambina.
“Perché non gli danno la medicina?” Morgan si guardò i piedi, scuotendo la testa. Peter si affrettò a spostarle una ciocca di capelli che le era scivolata sul viso dietro un orecchio. Sussultò, fissando la propria mano che si era mossa in modo involontario verso il viso della bambina.
È la figlia di Tony.

Si appoggiò con entrambe le mani a terra, le nocche sul pavimento, cercando di stabilizzare quella posizione che, grazie a tutto il tempo passato come Spider-man, non gli creava alcun incomodo. Riportò le mani sulle proprie ginocchia ed ingobbì la schiena, facendo saettare lo sguardo tra Morgan e Pepper.
Forse non era suo compito dare alla piccola la notizia. Lui chi era, per lei? Uno sconosciuto. Lo stagista di Tony Stark.
“Tony – il tuo… il tuo papà, lui – ha – ha avuto un…” Scosse la testa, socchiudendo gli occhi per un paio di secondi. Come poteva spiegare cos’era successo ad una bambina di cinque anni che nemmeno conosceva?
Lui non era nessuno, per lei.
Bugia.
Strinse gli occhi. Le orecchie fischiavano ed aveva una sensazione di vuoto alla base del collo. A volte il senso di ragno era fin troppo preciso.
Deglutì, cercando di dare fine a quel fischio infernale. Automaticamente girò la testa verso l’altro lato della sala, dove era sicuro si trovasse anche Tony.
Fratellone?”

Peter sobbalzò sul posto, mentre un’ondata di nausea si faceva largo dal suo stomaco fino alla base della gola, minacciando di far uscire qualunque cosa avesse mangiato prima di salire sull’astronave di Thanos.
Deglutì, aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte, prima di tornare a guardare gli occhi imploranti di Morgan.
Era la seconda volta che la bambina lo chiamava in quel modo. E la prima, mentre gli mostrava i disegni, Peter credeva di averla solo immaginata.
Morgan lo chiamava fratello. La figlia di Tony lo chiamava fratello. Cosa voleva dire?
“Non credo che basti la medicina, questa volta.” Soffiò piano Peter, alzando gli occhi per poter incrociare quelli di Morgan. Si morse un labbro, cercando le parole giuste.
Probabilmente la piccola era sveglia quanto i propri genitori, e dirle una bugia sarebbe stato inutile, ma avrebbe comunque potuto alleggerire la verità.
“Lui…” Si interruppe, vedendo Morgan stringere le mani, carica di aspettativa. Peter espirò rumorosamente, cercando di mettere in fila le parole giuste. “Ha utilizzato il potere più grande dell’universo, ci ha salvati tutti. Ha salvato te.” Le toccò il petto con l’indice, per poi indicare con il mento gli adulti. “La tua mamma, il signor Rhods, Happy…”
“E ti ha riportato qui.” Concluse la bambina. “Lo aveva promesso.”
Peter la guardò, interdetto. Cosa le aveva raccontato il signor Stark?

“In – in realtà, credo sia stato il signor Bruce.” Balbettò Spider-man. “Anche lui aveva il braccio fasciato, hai visto?” chiese.
“Mhm.” Morgan prese tra le dita uno dei due cordoncini della felpa, quelli che le permettevano di stringere il cappuccio, ed iniziò ad attorcigliarselo attorno all’indice.
“Ci vorrà del tempo e… e anche molte medicine, ma sono sicuro che il tuo papà si rimetterà.” Sussurrò Peter, mordicchiando l’interno della guancia. Tornò a guardare Pepper che, insieme a May, si era seduta su una delle poltroncine ai lati della porta che dava sul laboratorio, il più vicino possibile al signor Stark.
“Al papà non piacciono molto le medicine.” Mugugnò la piccola. “Starà bene anche senza?”
Peter sospirò. “Temo di no ma… sai – potremmo mascherarle – possiamo infilare le pastiglie e gli sciroppi dove… dove non se li aspetterebbe mai, che dici?” cercò di sorridere.

“Mettiamoli nei ghiacciol… – ouch!” Morgan strinse entrambi i cordoncini della felpa con le mani, tirandoli davanti al viso e stringendo il cappuccio intorno alla testa, scompigliandosi i capelli.
Peter sorrise, stringendo le labbra per non ridacchiare e si affrettò ad aprire il cappuccio e riposizionarlo sulla schiena della bambina, cercando poi di appiattire e sistemarle i capelli sulla testa. “Direi che è un’ottima idea, così lo inganneremo di sicuro.”
Morgan sorrise alzando il mento, orgogliosa della propria trovata.

“Mamma!” chiamò, voltandosi verso la donna.
Il viso di Peter scattò immediatamente verso la rossa, preso in contropiede. Pepper alzò lo sguardo, cercando di passarsi una mano sul viso per asciugare le lacrime. “Si?”
May le mise una mano sulla spalla, provando a sorriderle.
“Non essere triste. Petey ha detto che papà prenderà le medicine e starà bene.” Disse, saltellando sul posto. “E se non le vuole le nascondiamo nei ghiaccioli! Così non si accorge.”
Peter sentì un’ondata di gelo sulle spalle. Cristo, e se Tony non fosse sopravvissuto all’operazione?
Cercò di sostenere lo sguardo di Pepper e Rhody, che lo guardavano, insicuri.

“Sapete, quando ero piccolo Loki si trasformò in un serpente – lui sa – sapeva quanto mi piacciono i serpenti– e zang! Mi pugnalò con uno dei suoi coltelli.” Intervenne Thor mimando il gesto con la bottiglia ormai vuota che teneva stretta tra le dita. “Madre ha nascosto quell’orrendo e nauseabondo intruglio di guarigione nell’idromele.” Raccontò. “Lei disse che era una ricetta speciale, ma io – io scoprii l’inganno.” Annuì, allisciandosi la barba.
Peter ruotò la testa e strinse gli occhi, mentre Rhody li alzava al cielo. “Thor…”
Il dio appoggiò la bottiglia a terra. “Ora riconosco tutti gli imbrogli.” Asserì. “Sicuramente imparerà anche Stark.”
Happy schioccò la lingua sul palato, scuotendo la testa.
Peter vide Morgan rabbuiarsi ed incurvare le spalle, sospirò cercando di fulminare il dio del tuono con lo sguardo, sempre che fosse possibile fulminare il dio dei fulmini.

“Lo sai che stai bevendo birra analcolica da quando siamo arrivati, vero?” chiese Rhody, notando lo sguardo di Morgan.
Thor rise, scuotendo la testa ed alzando le mani. “No, no… so cogliere la differenza. Io ho un intelletto superiore.” Ridacchiò. “Oh, ecco, ecco… vediamo...” borbottò chinandosi per raccogliere la bottiglia ai suoi piedi “Mhmm dove – oh sì. Dice birra cento per cento an…” si bloccò.
Peter ridacchiò, notando le spalle di Morgan singhiozzare su e già mentre cercava di premersi le mani sulla bocca per mascherare la risata.
Thor scattò in piedi e attraversò con ampie falcate la stanza fino a raggiungere il cestino dove erano impilate una decina di altre bottiglie vuote. “Impossibile.”
“Intelletto superiore, eh?” chiese Happy.

“Per gli dei! Che ignominia. Perché nessuno di voli mi ha avvisato?” Thor si voltò verso i diretti interessati, con un paio di bottiglie per mano, gesticolando come per mostrare un disastro di qualche tipo.
“Le ha lasciate Rocket la settimana scorsa.” Aggiunse Pepper, distendendo il viso.
“Coniglio…” ringhiò Thor, guardando il cestino con rabbia.
“Ehi, Morgan.” Peter sorrise, notando come l’espressione della bambina fosse più serena. “Se il grande Thor non capisce la differenza tra le birre, che conosce benissimo, il tuo papà non si accorgerà delle medicine. Le nasconderemo.” Garantì.
“Papà è super intelligente.” Morgan strinse le labbra.
“Anche noi e siamo due contro uno.” Le mostrò il pugno, che la bambina si affrettò a colpire con il proprio, ridacchiando.
Peter si alzò in piedi, cercando di distogliere lo sguardo dal dio norreno che continuava a borbottare insulti contro un certo coniglio. Non sapeva chi fosse Rocket, ma finché Morgan era distratta, non sarebbe stato un problema.
 

Il senso di ragno impazzì all’improvviso. Sentì le orecchie fischiare e d’istinto fece un passo davanti a Morgan. Certo, scalzo e in pigiama non si sentiva molto minaccioso, ma era comunque più forte e agile di qualsiasi cattivo.
Il campanello dell’ascensore trillò e le porte si aprirono proprio mentre Peter poggiava il primo piede davanti alla bambina.
“Dov’è Tony?” Captain America fece il proprio ingresso, seguito da James Barnes e Sam Wilson. Steve Rogers era a capo scoperto, il casco in una mano e Mjöllnir nell’altra, ed indossava ancora la tuta da combattimento. Insieme, i tre camminarono spediti verso Pepper, superando Peter e Morgan, che si trovavano ancora nell’angolo più nascosto della sala.

Alle loro spalle, Wanda Maximoff scivolò, silenziosa, sulla poltrona più vicina all’uscita. Peter si soffermò per un secondo sul suo viso, notando gli occhi gonfi ed il grosso taglio sulla fronte. Doveva essere stravolta, pensò, notando come si fosse rannicchiata tra i cuscini, portandosi le ginocchia al petto e chiudendo gli occhi.
“Con mia sorella, lo stregone ha portato la nostra tecnologia nel laboratorio.” Rispose l’uomo vestito da gatto nero con cui Peter aveva combattuto due anni prima, in Germania.

“Rhody, come sta andando?” Chiese una donna – ragazza – aliena… ragazza dalla pelle interamente blu, rivolta a War Machine.
“Quell’uomo non è un pirata né un angelo, probabilmente non sopravvivrà.” Stabilì con voce profonda uno degli strani alleati con cui Peter aveva combattuto su Titano, ma di cui non ricordava il nome.
“Drax!” Lo sgridò la ragazza insetto.
“Se quell’egomaniaco morirà mi dichiaro il più intelligente di questo pianet… Groot, per l’amor del cielo, posa quell’affare!” Peter abbassò lo sguardo e cercò di non aprire la bocca in un grande OH, mentre fissava con occhi sgranati un procione – sì, quello era indubbiamente un procione – strappare di mano un game boy ad un… ragazzo-albero?

“Io sono Groot!” borbottò l’albero. Peter scosse la testa, interdetto. L’albero aveva appena fatto il verso al procione?
Droga. Probabilmente durante i controlli fatti dai due infermieri qualcuno gli aveva somministrato della droga così potente da inibire anche la sua guarigione potenziata.
“Woo! Modera i termini, ragazzino!” Lo sgridò il signor Lord, puntandogli contro il dito e guardandolo male.

“Guarda, Groot, ci sono due ragazzini. Vai a fare le cose da ragazzini.” Bofonchiò il procione, sospirando ed indicando Peter e Morgan con una mano.
I borbottii presenti in quella stanza si bloccarono di colpo e Peter si sentì improvvisamente osservato. Non gli piaceva stare al centro dell’attenzione o, almeno, quando non aveva la maschera. Senza costume era solo Peter Parker, Peter Parker che veniva fissato da tutti e non poteva nascondersi.
Tutti gli occhi dei nuovi arrivati lo stavano fissando, interdetti.
“Ehm…” Peter guardò, Rhody, in cerca di una via d’uscita da quella situazione.
Non riuscì nemmeno a razionalizzare il movimento, ma Steve Rogers lasciò cadere a terra il casco ed il martello e con tre lunghe falcate lo raggiunse. Peter non capì esattamente come, ma si ritrovò stretto nell’abbraccio di Captain America.

“Ragazzino.” Sussurrò, mentre Spider-man cercava di non assumere una colorazione degna del proprio costume.
Peter sentì le braccia di Steve allentare la stretta e in pochi secondi gli occhi azzurri del capitano lo stavano squadrando da capo a piedi, emozionati. “Tony… Tony ha sofferto molto per averti perso, si è preso la colpa ma… era anche nostra. Eri una responsabilità della squadra – sei… fai parte della squadra.”
Peter aveva le guance in fiamme. Probabilmente aveva assunto il colore della sua tuta, in quel momento.
“Io…” Balbettò, non sapendo esattamente cosa dire. “È un – capitano, si… io.”  Risucchiò un respiro tremolante cercando di non pensare al fatto che il grande Captain America lo aveva appena abbracciato lì, davanti a tutti.

“Dio, è così bello poterti rivedere Peter.” Sospirò Steve.
“Io – Signore – “ Peter si passò le mani sudate sui pantaloni, rendendosi conto solo in quel momento di essere davanti a tutti quegli eroi mentre, scalzo e spettinato, indossava un pigiama ispirato al proprio alter ego: la maglietta rossa con al centro un ragnetto simile a Drony, il suo ragno-drone, ed i pantaloni blu ricoperti da sottili ragnatele.
“Aspetta.” Sam Wilson alzò una mano, indicandoli e spostando l’attenzione degli atri su di lui. “Chi è il ragazzino?” incrociò le braccia. “Anzi, chi sono i ragazzini.” Aggiunse, spostando lo sguardo su Morgan, stretta alla gamba di Peter.
Spider-man aprì la bocca un paio di volte, guardando Steve Rogers, e allungando una mano verso Morgan.
Il Capitano si voltò verso Sam e Bucky che, come il re di Wakanda e lo strano procione, si erano appena resi conto di essere in compagnia di due semplici ragazzini.

“Peter e Morgan.” Li presentò Pepper, facendo voltare gli eroi verso di lei. “Morgan è nostra figlia… mia e di Tony. Peter è…” Guardò May ed Happy, seduti al suo fianco.
“Suo fratello. È – lei è sua zia, May – è complicato ma… sì. Peter è suo fratello.” La bloccò Rhody guardando deciso i tre adulti al suo fianco, mentre poggiava una mano sulla spalla di May.
Di nuovo, Peter si impietrì sul posto, sentendo il proprio cuore battere all’impazzata.
Cosa diamine era successo durante quei cinque anni? Lui era stato via pochi secondi. Ricordava come Tony e Pepper lo tenessero a distanza, prima, Rhody lo aveva incontrato solo un paio di volte e gli aveva sempre dato del lei. Ma ora, ora anche Rhody lo chiamava fratello di Morgan.
Avrebbe voluto fare tante domande, in quel momento. Magari negare quell’appellativo. Lui non era nessuno. Era solo un amichevole Spider-man di quartiere.
La mano tremolante della bambina che stringeva i suoi pantaloni fu l’unica cosa che lo fece riscuotere.
Non poteva cedere, in quel momento, non ancora.

“Stark si è dato da fare.” Commentò Sam, mentre l’angolo della sua bocca si alzava per accennare un sorriso.
Il signor Barnes, a differenza sua, continuava a rimanere a braccia conserte, lo sguardo sulla bambina, seminascosta dietro la gamba di Peter.
Peter non capiva quale fosse il problema, ma il Soldato d’Inverno iniziava a farlo sentire nervoso. L’uomo sembrava avvolto nei propri pensieri,
“Ehi, Morgan.” Si voltò verso la bambina, piegando le ginocchia e rimanendo in equilibrio sulle punte dei piedi, per poter essere alla stessa altezza della piccola. “Non aver paura, loro sono gli Avengers.”
“Mhmm.” Mugugnò la bambina a bassa voce, avvicinandosi ancora di più a Peter.

Peter si guardò intorno, non sapendo esattamente cosa fare. Effettivamente essere circondati da super soldati, alieni e persone dalle abilità speciali non doveva essere facile, soprattutto se si trattava di sconosciuti. A pensarci bene, essere in una stanza con il signor Barnes e Wanda Maximoff non rendeva tranquillo nemmeno lui. Sapeva che cosa avevano fatto a Tony. Certo, il Soldato d’Inverno non aveva agito di sua volontà e la strega scarlatta era stata fuorviata dalle parole dell’Hydra, ma questo non li rendeva meno pericolosi per Morgan.

“Ti va se prendiamo i cheeseburger?” chiese Peter, indicandole con il pollice i sacchetti che lei ed Happy avevano portato.
Il viso della bambina si illuminò ed annuì.
Peter sorrise, sollevato, e ruotò leggermente il busto per puntare con il braccio il sacchetto più vicino.
Dopo aver fatto la doccia e finito i controlli, ormai quattro ore prima, aveva insistito per indossare gli spara-ragnatele. Avrebbe potuto di nuovo averne bisogno, per qualunque evenienza. Indossarli lo faceva sentire più sicuro.
Schiacciò il palmo con medio e anulare e tirò la busta di carta verso di sé.

“Ma che diavolo?” vide Sam Wilson saltare sul posto, mentre passava l’involucro di un panino a Morgan, che lo scartò il più veloce possibile e lo addentò entusiasticamente.
“Quello cos’era?” continuò Falcon, indicando Peter ancora accovacciato.
“Una ragnatela.” Rispose Bucky, alzando le sopracciglia. “Credo sia il tipo che non la smetteva di parlare in Germania.”
“Il ragazzino?” Sam Wilson si voltò verso il capitano “Vuoi dire che ci siamo fatti fare il culo da un quindicenne?”
Steve strinse le labbra, reprimendo un sorriso. “Beh, se la metti così…”
“Ho diciassette anni, ora.” Lo corresse Peter, mentre scartava il proprio panino. “Cheeseburger?” chiese, stringendo un altro involucro tra le mani e guardando gli altri, in attesa.
“Io ne gradirei uno, ragazzo-ragno.” Annuì Thor, prendendo al volo il doppio hamburger che Peter gli aveva lanciato. “Sempre che ci siano birre alcoliche, da qualche parte.” Aggiunse, scoccando un’occhiataccia al procione.
“Non so di cosa tu stia parlando. Lancia qui, ragazzo.” Sghignazzò Rocket, ricevendo prontamente altri due panini, mentre anche gli altri iniziarono ad allungarsi verso i sacchetti rimasti sul pavimento.
 

Ben presto, tutti avevano tra le mani cheeseburger e patatine.
Peter rimase con Morgan e il ragazzo-albero, felice di aver trovato qualcun altro di giovane con cui giocare ai videogiochi. Scoprì in pochi minuti che si chiamava Groot e che parlava l’Io sono Groot, una lingua aliena che utilizzava quei semplici tre vocaboli e intonazioni diverse per comporre frasi complesse.
Stava addentando una patatina quando Pepper, rimasta a parlare con Steve Rogers e la strana aliena blu, Nebula, riguardo le condizioni di Tony scoccò un’occhiata all’orologio.
“Morgan Stark!” Peter saltò sul posto, così come ogni altro super eroe presente in quella stanza.
Morgan, al suo fianco, si fece piccola piccola.
Pepper si alzò in piedi, le braccia incrociate e l’espressione severa. “Sai che ore sono?”
“Presto.” Rispose la bambina, accartocciando il contenitore delle patatine.
“È mezzanotte passata, signorinella. Solo perché mi sono distratta non significa che tu possa rimanere sveglia.” Intimò.
“Ma mamma!” Morgan strinse le mani a pugno, arricciando il labbro. “Voglio sapere quando si sveglia papà.”
Pepper addolcì lo sguardo, fermandosi di fronte ai tre più giovani. “Ti prometto che se papà si sveglierà verrò subito a chiamarti. Ma ora è tempo di andare a dormire.”
“Ma Pete e Groot non vanno a dormire. Non è giusto.” Mugugnò Morgan, stringendo il braccio di Peter.
“Ehm…” Peter tentennò davanti allo sguardo della signora Stark. “Noi siamo un po’ più grandi di te…”
“Oh no. Anche Groot andrà a dormire, vero Groot?” lo bloccò Rocket.
“Io sono Groot.” Borbottò il giovane alieno.
“E dammi quel gioco maledetto, ti si bruceranno gli occhi prima o poi.” Aggiunse il procione allungando la mano.
“Vedi?” disse Pepper alla figlia, mentre Groot si alzava borbottando per andare a poggiare il game boy sul palmo di Rocket. “Dai la buona notte a Peter.”
Morgan gonfiò le guance, sconfitta.
“Notte, Morgan.” Salutò Peter, sorridendole.
Pepper aprì le braccia verso Morgan e Groot. “Andiamo, ragazzi.”
“Non è giusto.” Ripetè la bambina, gridando un buona notte rivolto a tutti gli eroi e pestando i piedi ad ogni passo mentre seguiva la madre fuori dal salottino insieme al suo nuovo amico.
“Ehi, ehi, ehi. Aspettate un momento! Groot! Dammi anche l’altro!” Scattò Peter Quill verso la porta.
Peter strinse le labbra, cercando di non ridere mentre Star Lord inciampava su una delle bottiglie vuote di Thor.

“Credo che…” Per la prima volta quella sera Peter sentì la voce di Wanda. La ragazza non aveva toccato cibo, era rimasta sulla poltrona a piangere in silenzio tutto il tempo. Si alzò, incerta delle proprie gambe, cercando di sistemarsi i capelli. “Credo che andrò anch’io.” Disse con voce roca.
Non aspettò una risposta. Velocemente sparì oltre la porta.
I Guardiani della Galassia che erano spariti con lo schiocco di Thanos la seguirono poco dopo, così come il signor Barnes e Sam Wilson.

“May, forse dovresti andare anche tu.” Commentò Rhody notando lo sbadiglio trattenuto della donna, quando Thor cominciò a russare sul proprio divano.
“È stata una giornataccia e meriti un paio di buone ore di sonno.” La bloccò Happy, quando lei aprì la bocca per ribattere.
Peter si alzò in piedi, annuendo alle parole di Happy. “Sto bene, zia May. Vai.”
May era la donna dal carattere più forte che avesse mai conosciuto, insieme a Pepper e MJ. Come lui, ne aveva passate tante. E Peter si domandava ancora, dopo più di due anni, come facesse a cercare di sorridere dopo aver perso Ben.

Ora, May aveva perso la propria casa, era stata catapultata in un mondo di super eroi di cui, prima, aveva solo sentito parlare al telegiornale o dai racconti di Peter.
“Ma…” Peter le prese la mano e la attirò tra le proprie braccia, respirando a pieni polmoni il suo profumo che sapeva così tanto di casa. “Ti chiamo per qualsiasi cosa. Te lo prometto.”
Non ci volle molto tempo per convincere la donna che, sfinita, dopo aver fatto promettere a tutti di svegliarla entro un paio d’ore, si diresse verso le scale.
 
Peter sospirò, stringendo le braccia al petto. Si guardò intorno, prima di camminare rapidamente verso uno dei divanetti ancora liberi e lasciarcisi scivolare sopra.
Era rimasto insieme a Rhody ed Happy, sul divano vicino alla porta del laboratorio, Steve e T’challa, seduti su due poltrone sul lato lungo della sala e Thor che, probabilmente, era svenuto per la quantità di cibo e birra ingurgitati in quelle ultime quattro ore.
Sentì il sollievo dei suoi muscoli, stanchi di stare sul pavimento o in posizioni statiche per troppo tempo.

“Queens.” Lo chiamò il Capitano.
Alzò lo sguardo, incrociando degli occhi azzurri.
“Prova a chiudere gli occhi anche tu.” Suggerì, notando le mani tremolati di Peter.
Spider-man scosse la testa, deciso a rimanere lì, vigile, per qualunque evenienza. “No se – se il signor Stark avesse bisogno… o se qualche cattivo dovesse entrare – devo…”
“I poteri non ci rendono invincibili, ragazzo.” Lo interruppe il re del Wakanda. “Hai solo diciassette anni.”
Peter portò le mani sui propri spara-ragnatele. In effetti, anche se si fosse addormentato, il Peter-prurito lo avrebbe avvertito di qualunque minaccia. Forse avrebbe potuto chiudere gli occhi per un paio di minuti così, giusto per recuperare un po’ le forze.
“Cinque minuti.” Annuì, dopo qualche minuto passato a riflettere. “E per qualunque cosa…”

“Sarai il primo ad essere svegliato.” Aggiunse Pepper, appoggiata allo stipite della porta con la spalla.
Ottimo, pensò Peter. Non l’aveva sentita arrivare. Forse i sensi di ragno erano difettosi.
“Mhmm. Cinque minuti.” Ripetè, prima di piegare le gambe ed appoggiare la testa sul bracciolo del divano.
“Contaci.” Assicurò Rhody.
Solo cinque minuti. Sarebbero bastati, pensò. Chiuse gli occhi, ed in pochi secondi tutto si fece buio.  


Ehi!
Come avevo promesso, eccomi qui con una raccoltina per ampliare ciò che è successo tra i capitoli 2 e 3 della storia principale. Credo sia facile da capire ma preferisco esplicitarlo anche qui, i capitoli saranno in ordine cronologico e racconteranno cosa succede esattamente dalla fine del cap. 2 fino alla doccia di Peter nel cap. 3, tre mesi dopo (Peter nella doccia sembra qualcosa di scandaloso, detto così, ma vabbè ahaha voi sapete a cosa mi riferisco.
Prima che lo chiediate, sì, sono stata veloce perchè questa settimana sono in vacanza, quindi ho avuto tempo di scrivere. 
L'idea principale è quella di aggiornare ogni martedì - non la prossima settimana perchè ho in programma di pubblicare una nuova one shot (sempre nell'MCU, sempre con Peter e Morgan) che devo finire di sistemare - ma non prometto nulla perchè sono impagnata anche con un'altra storia nel fandom di Percy Jackson. 
Sì, questa settimana non ho avuto proprio nient'altro da fare se non mettermi a scrivere cose varie. 
Quindi, diciamo che i buoni propositi per stare nei tempi stabiliti ci sono tutti, l'effettivo riuscire ad aggiornare una volta a settimana... probabilmente non ci riuscirò, ma speriamo di sì, dai. Bisogna pensare in positivo. 
Grazie per essere arrivati fin qui, ci vediamo tra due settimane! 

 
   
 
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