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Autore: Eternal_Rome    23/02/2022    0 recensioni
26 ottobre 2016. Il successo della rapina della Zecca di Stato diventò un motivo serio per dare caccia ad Andrés De Fonollosa, noto come "Berlino". L'elusivo ladro sfuggì alla polizia e all'Interpol ancora una volta, lasciando alle spalle la falsaria Ágata Jiménez, alias "Nairobi", e una serie di strani indizi. Per prendere il famoso ladro, l'investigatore Santiago López dovrà avere a che fare con il genio di De Fonollosa... e con una donna...
(Nota: L'autore della storia non e' madrelingua. Possibili errori di grammatica e lessico)
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berlino, Bogotà, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I rischi del mestiere

Nel corso dei quarant'anni della sua vita, Santiago aveva imparato tante lezioni e aveva visto troppo sudiciume per meravigliarsi della crudele realtà di questo mondo. E il suo fedele lavoro nel Centro Nacional de Inteligencia, ormai, gli sembrava una lotta, una vera e propria ribellione contro una piccola parte di questa realtà. Da bambino dovette superare la morte del padre, in gioventù perse molti amici che gli sono stati portati via dalla seducente euforia della cocaina colombiana... E un paio di anni prima, stava quasi per perdersi nell'ebrezza dell'alcool dopo il divorzio con la moglie, stanca di dormire sola, mentre lui cercava dei figli di puttana di vario genere per tutta la Spagna e l'America Latina.

In altre parole, prima del 27 ottobre 2016, aveva visto il tradimento in quasi tutte le sue forme... Quasi in tutte...

– Mi stai forse dicendo... che questa cazzo di lettera con l'indirizzo della posizione esatta di Cortés si è stampata da sola ieri, alle nove del mattino?

Ancora incredulo, López rilesse il testo del foglio bianco, contenuto nel file trasparente, e diede una breve occhiata alla mappa della città. Una solitaria bandierina rossa segnava proprio quel punto, indicato nella lettera anonima, in cui era stato arrestato Aníbal Cortés:

"verso le 21:22, Calle de Menorca, 13, 28009, Madrid"

– Lo so, suona strano, ma temo che sia così, Tiago. L'autore della nota ha deciso di rimanere anonimo al cento per cento e ce lo ha inviato via fax. Niente calligrafia, niente impronte delle dita... I ragazzi del reparto informatico stanno cercando di rintracciare l'indirizzo del mittente, ma, a quanto pare, niente da fare per ora, – Martín alzò le spalle e passò al collega una tazza di caffè. – Il messaggio è stato sicuramente inviato tramite un firewall sicuro. Sembra che ci sia ancora un hacker a lavorare per la banda.

– L'avido De Fonollosa non ha voluto condividere il bottino con due hacker e ce ne ha consegnato uno. Che figlio di puttana... – Santiago sogghignò, e, una volta riletto il testo, continuò a riflettere ad alta voce. – L'ingenuo Cortés, fregato come un babbeo, viene sulla via indicata e finisce proprio nelle nostre mani... Troppo facile, non lo trovi strano?

– No, per niente. Guarda che le coordinate dei delinquenti le ricevo via fax ogni giorno, – Berrote fece una battuta, e il suo collega non potè contenere una risata. – Ma, sul serio, non ci trovo nulla di strano. De Fonollosa ha semplicemente deciso di non sporcarsi le mani e si è sbarazzato di un aspirante alla parte del denaro. Anche se, pensa come avrebbe dovuto complicarsi la vita se fossero sopravvissuti anche Mosca, Helsinki, Oslo e Tokyo.

– Sì, ma ancora non riesco a capire perché aveva fissato un appuntamento con Cortés esattamente lì e a quell'ora... – López, pensieroso, si passò la mano sul mento. – Perché proprio alle vent'uno e ventidue, e sulla calle de Menorca?.. E perchè informarci per farlo arrestare e correre i rischi?..

Ignorando la sua ultima domanda, Martín si chinò sulla mappa, esaminò attentamente la zona, attraversata dalla strada che portava il nome di una delle isole Baleari... Ed ebbe un'epifania.

– Aspetta un attimo... – puntò, con l'indice, la bandierina rossa. – Questi fan di Salvador Dalí si sono presi i nomi delle città per nascondere l'identità, giusto?

Santiago stava per confermare l'informazione, ma, sorpreso, rimase in silenzio ad osservare il collega. In quell'istante Martín gli sembrò di essere al settimo cielo per una ragione, nota solo a lui, e i suoi occhi grigio-azzurri scintillavano, spalancati, come se quel giorno, alle ore otto e cinquantanove del mattino, l'uomo avesse trovato un vero tesoro.

– Ci sono! – esclamò, attirando lo sguardo di López ancora più perplesso, e corse verso la vecchia mappa della Spagna, appesa sul muro.

Santiago pensò che il collega fosse impazzito. Quel calmo e ragionevole investigatore Berrote, che di solito preferiva condurre le indagini e interrogare i sospettati a mente fredda, correva caoticamente per tutto l'ufficio e frugava in ogni cassetto in cerca di qualcosa, con un felice sorriso sul volto. I raggi del sole illuminavano il suo viso e gli occhi luccicanti sembravano di riflettere la luce solare, come se fossero due piccoli specchi, mentre l'ombra dell'uomo saltellava sulle pareti dell'ufficio.

L'entusiasmo, che Martín irradiava in quei secondi ci si poteva aspettare da chiunque in quel comissariato, ma non da lui.

Afferrato il primo indelebile che gli era capitato, tornò al suo posto, prendendo anche le fotografie dei sospettati principali.

– Tiago, ho capito tutto! C'è un motivo per cui De Fonollosa ha scelto questo indirizzo!

– Mi vuoi dire di che si tratta? – chiese López, con un'impazienza estrema, mentre Martín cercava la mappa delle isole spagnole sull'Internet e si mormorava sottovoce una frase, diventata per lui una specie di mantra.

– No-o, fratello, no-o... Aspetta, altrimenti mi perdo qualche dettaglio... – mormorò lui, alzando l'indice e continuando a sorridere per la sua scoperta. – I dettagli fanno la perfezione... E la perfezione non è un dettaglio...

Nei momenti in cui, durante le indagini, i colleghi giungevano alle conclusioni senza tenere conto di tutte le prove e i minimi dettagli del caso, Martín era solito a pronunciare quelle sagge parole, una volta dette da Leonardo da Vinci. Berrote citava il genio dell'ingegneria e dell'arte del Rinascimento, come se fosse una preghiera, e, grazie alla logica, arrivava alla verità. I colleghi conoscevano il suo motto meglio di qualsiasi filastrocca dall'infanzia, ma Berrote restava l'unico a seguirlo religiosamente.

Dispose sul tavolo tutto il materiale necessario nell'ordine giusto e iniziò a spiegare la sua teoria, ricordando a Santiago di ascoltare con attenzione e di non perdersi nulla.

– Tutti i membri della banda si sono presi dei toponimi da soprannomi, mentre la via su cui De Fonollosa ha fissato un appuntamento per Cortés porta il nome della terza delle isole Baleari, la Minorca. A Madrid ci sono altre due vie con i nomi simili: calle de Mallorca – si trova nella zona vicina, e la via parallela a calle de Menorca – calle de Ibiza. Entrambe si trovano nei pressi dell'hangar sulla calle de Alcantara, dove finisce il tunnel che hanno scavato nella zecca. Fratello, credimi, i due ladri sono ancora a Madrid, e De Fonollosa ci consegnerà anche loro!

Dispose le vecchie fotografie dei tre Dalí fuggiti sulla mappa e tracciò tre linee per collegarli alle menzionate strade di Madrid, a volte distraendosi per il sorriso sorpreso di Santiago.

López ancora non riusciva a credere che dietro un indirizzo comune ci fosse nascosto qualcos'altro. E tantomeno riusciva a capire che cosa lo sorprendeva di più: l'astuto piano di "Berlino" per togliersi di mezzo gli ex-compagni, o il fatto che Martín sia stato in grado di capirlo in un baleno. Ma una cosa in tutta quella storia gli era certa.

Avevano sottovalutato la furbizia di De Fonollosa ancora una volta...

– Siccome Cortés è stato arrestato a "de Menorca", Jiménez e Ramos verranno alla calle de Mallorca e calle de Ibiza. Ci manca solo l'o...

Non appena Berrote finí di parlare, il vecchio fax, come per magia, si fece sentire di nuovo. Alle nove in punto, proprio come ventiquattro ore prima, il dispositivo, eseguendo il comando dell'investigatore, stampò un nuovo messaggio, ancora una volta composto da un solo indirizzo e l'ora dell'appuntamento:

"verso le 16:18-16:19, Calle de Mallorca, 23"

– Sei sicuro che non sia una trappola? – prendendo il foglio dalle mani del collega e mettendolo in un fascicolo trasparente, chiese Santiago, sospettoso. – E se fosse una pista falsa?

A questo punto il secondo investigatore, ancora raggiante per la propria idea, si limitò ad alzare le spalle:

– Beh, non ci resta altro che scoprirlo.

– Allora sei un fottuto genio, Martín... – mormorò López, con un sorriso, e tra i colleghi sorse la speranza che l'attenzione ai minimi dettagli li avrebbe portati alla vittoria anche quella volta.

***

Quando Raquel entrò di corsa nella sala conferenze, attirando l'attenzione dei suoi colleghi, l'orologio sul muro segnò esattamente le sedici e mezzo.

– Hanno appena arrestato un altro membro dei Dali e un ostaggio sulla calle de Mallorca! Sono arrivati ​​all'indirizzo esattamente alle sedici e diciotto! – informò i presenti d'un fiato e appoggiò sul tavolo un fascicolo personale, consegnato dal dipartimento del personale della Zecca di Stato. – Sono Daniel Ramos "Denver" e Mónica Gaztambide, la segretaria del señor Román.
 
– Perfetto! Un rapinatore e una complice - almeno è già qualcosa! Ci rimane solo De Fonollosa!

Come al solito, Tamayo prese la cattura dei criminali per una sua piccola vittoria e battè forte le mani, attirando gli sguardi scontenti degli investigatori e dell'ispettore al capo dell'operazione. Ma l'uomo, ossessionato dall'idea di dare l'ergastolo al ladro scaltro, non ci aveva fatto caso.
 
Gli agenti si dimenticarono del vanto del colonnello subito dopo. L'interrogatorio dell'arrestato "Denver" e di Mónica Gaztambide diventò subito una priorità per i tre colleghi. Ma Tamayo decise di affidare il lavoro agli uomini, insistitendo sui metodi duri di Berrote e sulla "grande esperienza con le donne" di cui López non andava mai fiero.

Era necessario servirsi dei peccati più luridi di entrambi gli agenti in modo che i criminali fornissero le informazioni necessarie per catturare De Fonollosa senza alcuna partecipazione di Raquel. Troppo credito per un'ispettore-negoziatrice...

Appena i giovani fuggiti raggiunsero il comissariato, Berrote, senza perdere tempo, si mise subito al lavoro. L'arrestato Daniel Ramos si rivelò troppo violento ed apparve nella stanza degli interrogatori con le manette sui polsi, accompagnato da due poliziotti, le cui madri aveva già bestemmiato, come minimo, dieci volte. E mentre Martín si preparava ad una dura conversazione con "Denver", che il direttore della zecca gli aveva descritto con un'ira impensabile, Santiago osservava l'intera scena dietro la vetrata a specchio.

Assistì all'interrogatorio e alle buffonate aggressive del giovane rapinatore con indifferenza. Ormai aveva visto troppa gente comportarsi in questo modo per esserne sorpreso oppure reagire alle provocazioni degli interrogati. Santiago si ricordava dei "muti" che non avevano intenzione di parlare senza un avvocato, delle persone spaventate a morte, che non riuscivano a dire più di due parole per la paura, e anche dei "ribelli" estremamente aggressivi...

Ed era solo una piccola parte di coloro con cui gli era capitato di parlare faccia-a-faccia.

L'ordine di interrogare ua donna incinta, che per colpa di una sola parola errata poteva diventare una complice dei ladri, non lo impressionò affatto - un'esperienza tale López l'aveva già alle spalle. L'unica cosa che riuscì a suscitare in lui un briciolo di emozioni, tutt'altro che positive, era la ragione, priva di tatto, per cui Tamayo aveva affidato questo compito proprio a lui.

"Figlio di puttana..." – pensò Santiago, ricordandosi dello sgradevole sorriso con cui il colonnello lodava la sua capacità di "andare d'accordo" con le donne.

La storia del suo divorzio, accaduto tre anni prima, sembrava di essere stata dimenticata da tutti, tranne Tamayo. I colleghi e gli amici cercavano pure di non nominare l'ex-señora López, mentre il colonnello spesso si divertiva a ricordare all'agente il tradimento della moglie. E lo faceva sempre con tale malizia e confidenza, come se il colonnello stesso potesse giurare la fedeltà assoluta della sua dolce metà, che di certo avrebbe dato qualunque cosa per avere nel letto un giovane amante invece di quel demente di suo marito...

Fu distratto dai suoi pensieri da Martín, che lasciò la stanza degli interrogatori e dopo un po' lo raggiunse dietro la vetrata. Il suo volto cupo non prometteva buone notizie...

– Lo terrò nell'isolamento finché non parla, – brontolò Berrote e passò al collega il protocollo dell'interrogazione, fissando il giovane, portato via dagli poliziotti. – Ti presento la nostra "Mallorca" - Daniel Ramos. Venticinque anni, atti vandalici, risse, furti, spaccio di droga... Il figlio di Augustin Ramos, alias "Mosca"... Insomma, tutto proprio come avevi detto tu. Tale padre, Tiago...

– Tale figlio... – sospirò Lopez, giocando con il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni. – Povero illuso... Avrebbe potuto investire tutte le forze in un buon affare, e invece ha preso la scorciatoia di suo padre per farsi i soldi facili... Ora prova a pensare e conta quanti anni gli danno per una rapina a mano armata con degli ostaggi, falsificazione e furto di un miliardo di euro. Tutta la vita mandata a puttane...

Martín, invece, ridacchiò senza alcuna compassione.

– Il giudice e il procuratore gli ricorderanno anche il suo silenzio, fratello. Mi ha rivelato solo un paio di dettagli, ma non appena ha sentito parlare di De Fonollosa - silenzio... Beh, l'hai sentito anche tu.
 
– Visto, sentito e ripreso... – mormorò Santiago, estraendo dalla porta USB la chiavetta con la registrazione. – Tienilo nella cella provvisoria per un paio di giorni. Forse ci pensa e parlerà.

Berrote incrociò le braccia sul petto e fissò lo stesso punto invisibile dietro il vetro che fissava il suo compagno. Poi rivolse lo sguardo di nuovo su López.

– Devo ammettere che il ragazzo resiste per bene. Scommetto che era pronto a questo esito della rapina e, credimi, nelle prossime quarant'otto ore non parlerà lo stesso per guadagnare il tempo per De Fonollosa... Cerca di far parlare la señorita Gaztambide, – consigliò Martin, commettendo, involontariamente, lo stesso errore del colonnello. – Tamayo è un gran bastardo, ma ha ragione. Tra tutti gli agenti in questo fottuto commissariato, tu sei l'unico con cui una donna parlerà senza problemi.

Le labbra di Santiago formarono un sorriso ironico.

– Già, chissà perchè allora mia moglie non ha voluto parlarmi prima di chiedere il divorzio, – disse con sarcasmo. – Berrote, è meglio che tu faccia l'investigatore che il pubblicitario. 

– In che senso?

– Nel senso che la tua lode sulla mia bravura fa proprio cagare.

Dopo aver esaminato quei pochi dettagli della rapina, dati da Daniel Ramos, l'uomo tornò nel suo ufficio, chiedendo in anticipo di portare lì anche l'ex-ostaggio.

La carta da parati, color grigio caldo, e i mobili beige rendevano l'atmosfera dell'ufficio più favorevole alla conversazione rispetto all'opprimente bianco della stanza degli interrogatori. E per una giovane donna incinta e spaventata, questo tipo di pressione psicologica avrebbe potuto essere una buona ragione per il ricovero in ospedale.

La deposizione nelle circostanze più pacifiche fu allora la scelta migliore. Tuttavia, il cambio del locale non ispirò la giovane donna a stare tranquilla e a testimoniare senza alcun panico.

Seduta su una sedia di fronte all'interrogante, Mónica Gaztambide continuava a respirare in modo irrequieto e a sistemarsi nervosamente i vestiti, che le stavano addosso come se fossero della taglia troppo grande. Le ginocchia le tremavano e lo sguardo dei suoi occhi castano chiaro saettava sui mobili e sugli oggetti intorno a lei, come se la poverina stesse cercando un rifugio dalle domande di Santiago.

Ridotta in quello stato, la segretaria, fuggita con i rapinatori, sembrava di essere più una vittima che una complice.

– Vorrebbe dell'acqua?

Sentita la domanda di Santiago, che non aveva nulla a che fare con la rapina, la giovane alzò la testa, incontrando lo sguardo serio di lui. Nonostante le aspettative di Mónica e quel tono di voce, gentile e profondo, gli occhi marroni dell'interrogante non esprimevano nulla che potesse richiamarla alla calma.

– S-sì... Señor... – mormorò, guardando in basso e sentendo le lacrime bruciarle le palpebre. Poco dopo prese con cautela il bicchiere di plastica che López le offrì senza proferire una parola. – L-la ringrazio...

L'investigatore, invece, non le rispose e si diresse al suo posto al tavolo. Seguendolo con lo sguardo impaurito, Mónica si sentì un piccolo roditore, circondato da un avvoltoio affamato. Quella fu la sua impressione su López, creatasi per l'altezza di quasi due metri e per i lineamenti severi, anche se le parole o le azioni di lui non sembravano per niente ostili.

Fece un sorso dal suo bicchiere e tacque, invitando l'uomo a fare la sua mossa.

– Señorita Gaztambide, mi creda, non ho alcuna intenzione di torturarla o di farle del male in qualsiasi altro modo. Non ho neanche un motivo e, tantomeno, la voglia di rovinare la vita a lei e al suo bambino, – iniziò Santiago, con un tono più dolce, sedendosi sulla sedia e cercando di stabilire un contatto visivo con la giovane, mentre lei beveva freneticamente l'acqua. – Non sono un procuratore o un giudice, e il mio compito è quello di trovare i colpevoli e proteggere gli innocenti. E, a mio avviso, lei non assomiglia affatto a coloro che di solito cerco in questo ufficio o nella stanza degli interrogatori.

Lei annuì in silenzio, come se fosse d'accordo con lui, e López riprese il discorso, scegliendo le parole giuste con la massima cura.

– Per questo vorrei aiutarla. Ma non posso farlo se lei non mi aiuta a ricostruire la catena di eventi, avvenuti all'interno della Zecca Reale. La sua testimonianza aiuterà sia lei che quelle persone innocenti che, purtroppo, senza le prove necessarie, possono diventare complici del crimine.

Non appena l'interrogante menzionò gli altri ostaggi, finiti in una situazione simile, gli occhi di Gaztambide si accesero di paura. Il suo silenzio avrebbe potuto costare anni di prigione ai suoi colleghi, costretti a fare tutto il lavoro sporco sotto la minaccia delle armi. E così sarebbe potuta andare avanti anche la sua di vita, se non avesse cercato di giustificarsi.

Quel pensiero orribile la amareggiò ancora di più, e Santiago si rese conto di aver fatto il centro.

– È pronta ad aiutare se stessa e i suoi colleghi? – ancora discreto e cauto, chiese López, con un chiaro invito di agire, tenendo pronta la penna.

La Gaztambide sospirò e annuì di nuovo, per la prima volta osando di guardare negli occhi di Santiago, ma senza il panico di prima.

"È pronta", – pensò l'uomo, soddisfatto, e nel giro di un'ora tutte le informazioni necessarie furono registrate nel protocollo della donna.

Verso la fine della giornata, Santiago fu costretto ad indicare nel caso di Daniel Ramos un altro reato, che decisamente peggiorava la situazione del giovane agli occhi del giudice. Il rapimento. 

La señorita Gaztambide decise di non nascondere nulla, e, senza un minimo di vergogna, rivelò all'investigatore tutto ciò che si ricordava. Così, involontariamente, garantì la condanna a Ramos e la libertà sia a se stessa che agli altri ostaggi, le cui versioni di quanto accaduto coincidevano quasi del tutto con la testimonianza di lei.

E, anche se nel profondo del cuore Santiago era in pena per il giovane rapinatore, speranzoso di scappare dalla povertà, capì che, in primis, doveva stare dalla parte della legge e dalla parte delle vittime.

La mancanza di empatia risultò di essere uno dei rischi del mestiere che López non riusciva ad accettare. Non riguardava solo la simpatia per i criminali, ma anche il metodo per ottenere le informazioni all'interrogatorio. Tutta la testimonianza di Mónica Gaztambide fu il dolce frutto di una manipolazione, riuscita con solo un paio di frasi cliché nello stile del "buono poliziotto", grazie alla quale Santiago invitò la donna a testimoniare. E la giovane segretaria, incinta e impaurita, gli raccontò tutto, proprio come se lui fosse il suo confessore.

Era bastata solo una conversazione per confermare alcune parole di Arturo Román, il futuro padre, buono a nulla, e per condannare l'amante, appena conosciuto, ad una lunghissima reclusione.

Se lui non fosse stato al centro delle indagini, Santiago avrebbe pensato che la storia di Mónica Gaztambide, come la maggior parte degli eventi della rapina del secolo, faceva parte di qualche fiction brasiliana. Tuttavia, il messaggio che aveva ricevuto via fax alle nove esatte del mattino del giorno successivo, dimostrò ancora una volta che l'accaduto era uno brutto scherzo del destino:

"01:35. civico 33"

 

   
 
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