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Autore: Autumn Wind    23/02/2022    0 recensioni
La guerra è finita: Voldemort è stato sconfitto, con l’inaspettata sopravvivenza di Piton e Lupin. Hogwarts rinasce dalle sue ceneri come un’eburnea fenice, mentre Harry, Ron ed Hermione percorrono le strade che hanno sempre pensato appartenere loro, anche se si sono rivelate molto diverse da quanto sperato. Agli occhi di Harry c’è, tuttavia, qualcosa di profondamente sbagliato nell’andare avanti pur avendo perso tutto, pur avendo permesso che così tante persone morissero per lui.
E proprio sulla scia di questi pensieri, alla commemorazione della Battaglia di Hogwarts, il bambino che è sopravvissuto e la strega più brillante della sua età si troveranno, grazie ad un misterioso libro sepolto nella biblioteca della scuola, a riportare inconsapevolmente indietro i perduti ed i dimenticati, sconvolgendo completamente il sentiero sinora già perfettamente tracciato dal destino, separando e congiungendo anime indissolubilmente legate, come quelle della tenace Hermione e dello sfuggente Severus Piton. Perché l’amore spinge tutti noi a compiere azioni a volte folli, a volte irrazionali, ma, nonostante tutto, è la cosa più preziosa che abbiamo …
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo Uno
Occhi dal Passato

Nonostante gli anni trascorsi in quel luogo che più di tutti gli altri aveva imparato a chiamare ‘casa’, Harry Potter non avrebbe mai smesso di stupirsi di quanto meraviglioso fosse ammirare il calare della sera su Hogwarts. Il sole, lentamente, andava scomparendo oltre la placida ed imponente figura del castello che, con le sue torri e le sue guglie, si stagliava tra gli altipiani smeraldini e sul cielo rosato che si mescolava all’aranciato e, in lontananza, all’indaco della notte spruzzata delle prime stelle che si fondeva con il nero della Foresta Proibita, già divorata dalle ombre. La volta si specchiava sulle acque del Lago Nero, stranamente immobili e talmente lisce e perfette da sembrare un vetro levigato.
In quella perfetta serata di fine primavera, sarebbe parso quasi impossibile credere che, solo due anni prima, in quello stesso prato ora illuminato da lanterne e candele sospese, dove ora centinaia di sedie foderate di broccato rosso si rannicchiavano attorno ad un palco improvvisato, si era combattuta una battaglia, che proprio lì decine e decine di persone avessero perso la vita.
A quel pensiero, un brivido percorse la schiena di Harry, facendogli distogliere l’attenzione dalle sgargianti vesti turchesi di Kingsley Shackelbolt, Ministro della Magia, che si agitavano al suo accorato discorso. Si portò meccanicamente un dito al colletto della camicia, allentandolo per cercare di respirare un po’ mentre si dava dello sciocco: Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, l’eroe del mondo magico che era andato incontro alla morte ed aveva sconfitto il mago più temuto di tutti tempi, sopravvivendo, al contempo, alla cucina da reggimento di Molly ed alle angherie di zia Petunia e zio Vernon, nonché di suo cugino Dudley, del viziato ed odioso Draco Malfoy e del temutissimo professor Severus Piton, aveva la gola secca perché, molto semplicemente, aveva una tremenda paura del pubblico.
Ruotò di poco la testa, quel tanto che bastava per sbirciare oltre il bizzarro completo rosso da mago di Ron e vedere la platea: praticamente tutti si erano recati ad Hogwarts per assistere all’annuale commemorazione della battaglia. E, al vedere quelle centinaia di maghi e streghe, quell’atroce stretta che gli attanagliava lo stomaco da quel mattino si ripresentò, infida ed acida come una serpe nell’erba.
Si mosse leggermente sulla sedia, sentendo su di sé lo sguardo incantato di tutti i presenti. Harry osservò i jeans scoloriti ed i bordi della giacca, chiedendosi quale strana fattura gli fosse stata fatta per suggerirgli quell’abbigliamento per il secondo anniversario della commemorazione della battaglia: era un evento importante, per Merlino, avrebbe potuto darsi un po’ di contegno!
Deglutendo, sollevò lo sguardo, incontrando il cipiglio severo della professoressa McGranitt, in piedi accanto a Shackelbolt, che, a quanto pareva, stava pensando la stessa cosa. Minerva, preside di Hogwarts da oramai due anni, infatti, annuiva nell’elegante veste color malva, applaudiva e sorrideva e, a guardare il suo sguardo opaco, si sarebbe detto che era invecchiata. Tuttavia, quando rivolgeva a qualche studente una delle sue occhiate piene di disapprovazione, ci si rendeva conto che non era affatto cambiata in quanto a rigore, anzi.
Sentendo il sudore colargli lungo la schiena all’ennesima pronuncia del suo nome, Harry decise di concentrarsi sulla platea: gli studenti, in abiti comuni e piuttosto eleganti, stavano stretti gli uni agli altri, ascoltando in religioso silenzio. Si sarebbe potuto sospettare che fossero stati affatturati, tanto erano tranquilli …
Volgendosi verso le prime file, incontrò lo sguardo perplesso di Vitious, seduto su tre cuscini, quello orgoglioso della Sprite e quello entusiasta di Lumacorno e di nuovo la salivazione sembrò mancargli totalmente. Si concentrò più indietro, nella zona centrale e distinse con sorpresa Draco Malfoy, attorniato da altri Serpeverde, stringere convulsamente la mano di sua madre, nella sua perfetta piega e nell’elegante completo smeraldino accanto ad un altrettanto impeccabile Lucius, gli occhi bassi ed un’aria vagamente mesta e colpevole. Sentendosi evidentemente osservato, Draco sollevò lo sguardo, incontrando quello di Harry e gli rivolse un cenno, che il Grifondoro ricambiò: il fatto che avesse testimoniato dinanzi al Wizengamot a favore di Draco e Narcissa e che fosse persino riuscito a stabilire una sorta di silenziosa tregua con il suo vecchio nemico di scuola aveva stupito innanzitutto Harry stesso e secondariamente l’intera famiglia Weasley. Si concentrò una figura meno familiare, seduta elegantemente accanto a Narcissa: Andromeda Tonks, i capelli color cioccolato stretti in un elegante chignon alto, ascoltava in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto, mentre, accanto a lei, Remus Lupin, i capelli straordinariamente ordinati ed un completo beige, teneva tra le braccia Teddy, che agitava le manine e cambiava continuamente colore dei capelli. Lo stomaco di Harry si strinse in una morsa: non riusciva neanche ad immaginare come doveva essere per loro trovarsi lì, dinanzi a tutte quelle persone, a piangere Ninfadora, con un bambino identico a lei tra le braccia che rappresentava tutto il loro futuro. In quei mesi, entrambi, anche litigando, sovente, considerato il caratterino non facile di Andromeda, si erano solo ed esclusivamente presi cura del bambino, cercando di non pensare a nient’altro. Harry andava spesso a trovarli, portava decine e decine di regali a Teddy, di cui era il padrino, ma non riusciva ad ignorare le pesanti occhiaie di Remus ed i suoi mal di testa continui, chiari segni che bevesse più del necessario, come non mancava mai di sottolineare Andromeda quando, nelle loro tante litigate, minacciava di tenersi Teddy e sbatterlo fuori casa, accusandolo di non essere presente. Remus non ribatteva mai a quelle illazioni, ma Harry sapeva bene quanto lo ferissero, così come quanto fossero false: oramai da due anni, Lupin era ritornato ad insegnare Difesa contro le Arti Oscure, con estrema gioia degli studenti di Hogwarts e faceva su e giù tra le lezioni e casa solo per addormentare Teddy o fargli il bagnetto, finendo inevitabilmente per sfinirsi … eppure, ad Andromeda sembrava non bastare. 
A quel pensiero, Harry spostò istintivamente gli occhi su una macchia di teste rosse abbarbicata attorno all’imponente figura stranamente ben vestita e pettinata di Hagrid: nei loro abiti migliori, Molly ed Arthur sedevano attorniati da figli, nuore e dalla nipotina Victoire, lo sguardo fisso e l’espressione vacua. Harry sentì nuovamente lo stomaco contrarsi: non era un giorno facile per loro e vedere i loro visi non faceva che ricordarglielo. Cercò gli occhi di Ginny e si sentì sollevato vedendo che la giovane, seppur avvolta in un completo nero che mal le si addiceva, riuscì comunque a sorridergli brevemente: sarebbe stato perso senza di lei … non avrebbe neanche scritto il suo discorso, probabilmente.
A quel pensiero, saltò sulla sedia, iniziando a giocherellare convulsamente con la giacca: il discorso! Era stato così stupido da credere di poter ricordare tutto senza alcun aiuto …
“Harry, ma che diamine ti succede?” bofonchiò Ron al suo fianco, lisciandosi l’assurdo completo che sfoggiava con orgoglio, ma che non gli donava affatto. “Niente …” rispose lui, sospirando.
Cercò disperatamente di ricordare che cosa avesse deciso di dire, ma le parole sembravano averlo abbandonato. Forse avrebbe dovuto solo esprimere ciò che sentiva …
A quel pensiero, un sorriso vagamente beffardo gli attraversò il volto: vuoto. Non riusciva a sentire nient’altro che vuoto da ben due anni, oramai. Eppure, avrebbe dovuto sentirsi ispirato da quel luogo: quel castello che, negli anni, era diventato la sua casa splendeva di nuova vita sotto la calda luce della sera. Nell’aria immobile, regnava una calma innaturale, una quiete che mai si sarebbe aspettato di conoscere: aveva sempre pensato che non sarebbe sopravvissuto alla guerra, dopotutto, che il suo destino fosse quello di morire con Voldemort, non certo di essere il primo del corso per diventare auror. Si era rassegnato a tal punto che aveva completamente scordato cosa volesse dire vivere … e, invece, era sopravvissuto. Di nuovo. Sorrise amaramente al pensiero: anche Piton (‘il professor Piton, Harry!’, si autocorresse mentalmente) gliel’aveva detto. “Sembra essere il tuo destino, Potter: sconvolgere tutte le statistiche e sopravvivere anche in assenza della minima chance per tormentarmi l’esistenza.” aveva borbottato con il solito tono annoiato e la voce più bassa e gracchiante di prima dal letto del San Mugo dov’era rimasto ricoverato per cinque mesi, ringhiando, per quanto possibile, ai fiori recapitati di continuo da tutto il mondo magico ed alle visite di Harry e Minerva, gli unici che non erano stati cacciati istantaneamente. Harry aveva adorato andarlo a trovare: dopotutto, sentire che Piton, nonostante tutto, non era affatto cambiato e sentirsi insultare da lui gli dava uno strano senso di normalità che credeva di aver perso. L’unica volta che lo aveva lasciato senza parole era stato al suo risveglio, quando gli aveva comunicato di aver visto i suoi ricordi … ma quella era un’altra storia. 
Sentendo un applauso accogliere il discorso della McGranitt, trattenne il fiato: era lì solo per dovere, per non dover restare rintanato nella sua solita vita, una vita in cui tutti non facevano che dimenticare. Il problema del discorso che non sembrava tornargli in mente, in fondo, era quello: tutti volevano soltanto andare avanti e scordare. Osservò le figure di Molly ed Arthur in fondo, ben vestiti e così concentrati sulla nipotina Victoire da sembrare quasi dimenticare che erano lì anche per l’orecchio di George, le ferite di Bill e l’assenza di Fred.
Ron gli tirò l’ennesima gomitata, facendolo sobbalzare mentre il fotografo scattava per la Gazzetta del Profeta. “E sorridi, dai!” lo esortò. “Scusa se non trovo alcun buon motivo per essere allegro ad una commemorazione!” ribatté, sbuffando: Ron, che, dopo un fallimentare tentativo di fare l’auror, si era impegnato a sistemare il negozio Tiri Vispi con George, sembrava godere della fama di eroe di guerra molto più facilmente di lui. In fondo, aveva sempre avuto un po’ la sindrome del secondo e la gloria non sembrava dispiacergli, come non mancava mai di fargli notare Hermione con un tono vagamente seccato.
Sbuffò, agitato: poteva quasi immaginare la scena che si sarebbe presto svolta in quel prato. Un’orda di studenti avrebbe applaudito ad un Harry Potter in jeans, dipinto come l’eroe del mondo magico, Hagrid avrebbe fischiato, la McGranitt, schiarendosi la voce, avrebbe tentato disperatamente di riportare l’ordine e Shackelbolt che non avrebbe fatto che lodarlo e congratularsi. Poi, sarebbe salito su quel palco, avrebbe detto qualche parola di circostanza e, dopo uno scroscio di applausi, avrebbe salutato e si sarebbe rintanato ad assistere al personale show di Ron, che preparava il suo discorso da mesi.
“Harry, sei sicuro che vada tutto bene?” gli chiese la voce di Hermione alla sua sinistra. Si volse appena, incontrando i brillanti occhi nocciola dell’amica. Hermione Granger, in quell’anno, era cambiata così tanto che a stento la si sarebbe potuto riconoscere: i capelli castani che, nella luce della sera, apparivano quasi rossicci, un tempo ricci e cespugliosi, erano sempre indomabili, ma ora erano ondulati e ben scalati con una riga laterale che le donava. Il suo abbigliamento erano sensibilmente mutato, scurendosi leggermente e divenendo decisamente più elegante e femminile di quanto non fosse ai tempi di Hogwarts ed abbinandosi a gioielli fini e raffinati. Quella sera, con il completo giacca gonna viola scura ed i pendenti di ametista abbinati ad un anello, era innegabilmente una vera bellezza e chiunque non la vedesse dall’anno precedentemente non aveva potuto ignorarlo ... Ron compreso.
Harry sospirò nuovamente: aveva dovuto sedersi in mezzo a loro per garantire lo svolgimento pacifico della commemorazione. Da dopo la battaglia di Hogwarts, ovvero da quando Hermione aveva chiesto a Ron un po’ di tempo per riflettere su quel bacio e sulla vera natura del loro rapporto e Ron stesso aveva reagito consolandosi fin troppo presto con una più che disposta Lavanda, Harry si era ridotto a fare da cuscinetto per evitare i terribili litigi tra i due, più devastanti di un uragano. Non si era mai schierato, ovviamente: teneva troppo all’amicizia di entrambi. Nel profondo, però, non poteva che simpatizzare con Hermione: come lui, era confusa dopo tanti anni di battaglie e voleva solo prendersi del tempo per capire se stessa … tempo che il frettoloso Ron non solo non le aveva concesso, ma che le aveva addirittura sbattuto in faccia passandolo con la sua vecchia fiamma. E se, dopo quasi due anni, oramai era palese che Hermione non provasse nulla per lui, proprio come aveva sospettato, lo stesso non poteva dirsi del rosso …
“Sto bene, Hermione, non preoccuparti.” le rispose, sospirando. L’amica annuì, abbozzando un sorriso. “Non hai dormito molto, vero?”
“Non ho dormito affatto … e, se ti conosco bene, neanche tu.”
“Beh, non è facile dormire con il caldo che fa al Paiolo Magico!” sorrise lei per sdrammatizzare, con il solo risultato di far rabbuiare ancor di più Harry: per una qualche assurda maledizione che doveva essere inclusa nel pacchetto che Voldemort gli aveva scagliato contro quel maledetto 31 ottobre del 1981, si sentiva in colpa per tutto, anche per cose che non dipendevano da lui, come la vita stravolta di Hermione Granger. Dopo essersi lasciata con Ron, non aveva voluto accettare l’ospitalità dei Weasley, non ritenendolo opportuno e, testarda com’era, non aveva neanche preso i soldi offerti dal Ministero: aveva completato gli studi sostenuto brillantemente i M.A.G.O. ottenendo il massimo dei risultati in tutte le materie e, da settembre, lavorava come commessa al Ghirigoro per pagarsi la stanza che aveva affittato al Paiolo Magico, in attesa di capire quale fosse la sua strada … lei, che avrebbe potuto fare tutto. Harry non avrebbe mai pensato di vedere una cosa del genere.
“Harry … Harry, dai, tocca a te!” lo richiamò Ron, spintonandolo tanto che quasi lo fece cadere addosso ad Hermione e, di conseguenza, a Neville e Luna, seduti lì accanto ed altrettanto belli ed impeccabili. “Ahi!” sospirò il ragazzo, fissando il completo di Neville: era di suo padre, lo sapeva perché gliel’aveva riferito lui stesso. Voleva che in qualche modo fosse lì con lui, a vederlo premiato e felice come aspirante docente di erbologia. E, di nuovo, quella fitta si fece prepotentemente strada nel suo stomaco …
“Ron, vedi di fare più attenzione, o ci farai cadere tutti!” sbottò Hermione, sbuffando. “Oh, mi scusi, ‘signorina Perfettini’ ... non tutti sono aggraziati come Lei!" ribatté l’altro. Lo sguardo dell’amica divenne fuoco. “Quanto puoi essere infantile per comportarti in questo modo proprio oggi, dinanzi a tutte queste persone?”
“Infantile, io? Io so cosa voglio, contrariamente a te!”
“Sai cosa vuoi, ma non sai ottenerlo, dunque ti crogioli in una fama che non è solo tua! Cresci una buona volta, Ron!”
“Io dovrei crescere?”
La sudorazione di Harry aumentò in quell’esatto istante, a quelle precise parole: il cuore iniziò a palpitargli vigorosamente nel petto, scandito dai suoi respiri sempre più affannati. La testa iniziò a girargli vorticosamente, tanto che, dopo un po’, non riuscì a distinguere niente, né un’immagine, né, tantomeno, un suono. Un dolore al petto lo colse, improvviso ed acuto, con il retrogusto del passato. E, mentre, la McGranitt si apprestava a lasciargli la parola, rivide gli occhi fieri di Sirius, quelli burloni di Fred, quelli felici di James e Lily, quelli coraggiosi di Dobby e persino quelli acuti di Edvige, così vivi come sarebbero stati se non fossero tutti morti, sepolti sotto metri di terra solo ed esclusivamente per lui. Si era ripromesso di non piangere, ma il singhiozzo strozzato che gli uscì fu troppo anche per lui: spaventato ed atterrito, si alzò e corse via, sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti. Il silenzio calò sulla radura, rotto solo dallo sbuffare di Ron, che, con cipiglio imbronciato, apostrofò Hermione: “Visto? Ti avevo detto che lo stavi facendo innervosire!”

Angolo Autrice:
Benvenuti/e!
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto: è la prima storia che pubblico dopo una lunga assenza e, in un certo senso, mi ha permesso di fare pace con la scrittura, dunque vi sono molto legata. Mi auguro che questa introduzione, che voleva essere un'esposizione del contesto in cui si svolgerà la vicenda, vi abbia incuriosito e spinto a leggerne il seguito, che pubblicherò a breve!
Qualunque commento o suggerimento sono sempre graditi, naturalmente!
Alla prossima
E. 



 
  
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