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Autore: Gargent    25/02/2022    2 recensioni
Ciao Amicx, questa storia nasce da una notte di delirio (nel senso che avevo 38 di febbre amen) e mi è tornata in mente una vecchia FF, quindi partendo da quell'idea ho pensato a questa cosa. Quindi se qualcuno conoscesse l'altra FF me lo faccia sapere che qua i freebooters non sono accettati.
Ambientata durante l'ep Mummy on the Orient Express, ho aggiunto qualcosina. Ovviamente il finale è triste. Andate in pace. SPOILER EP 8x07-8x08
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un ultimo viaggio. Un’ultima avventura. Era quello l’accordo che i due compagni avevano stipulato.

Poche ore prima, Clara era uscita dal Tardis, sbattendo la porta, con le lacrime agli occhi ed era corsa via, nella sua aula alla Coal Hill. L’aveva raggiunta Danny poco dopo e in qualche modo le aveva fatto cambiare idea. Non sul non smettere di viaggiare, ma sul modo in cui smettere. “Non puoi chiudere con qualcuno se sei arrabbiato” aveva detto semplicemente.

Clara sapeva che il ragazzo aveva ragione, sapeva che finché avesse odiato il Dottore non avrebbe mai chiuso veramente la porta su quell’aspetto della sua vita. Era tornata indietro, lo aveva chiamato e gli aveva parlato e lui per una volta era stato zitto. Non aveva detto nulla, l’aveva semplicemente ascoltata. Cos’altro avrebbe potuto fare se non ascoltarla? Sapeva di essere in torto, sapeva di aver sbagliato. Sapeva di aver messo in pericolo la vita di una bambina e di tutti i posti in cui poteva accadere era successo nel 2049, sulla Luna. Così era stato zitto, osservando i tratti del suo viso, osservando le sue labbra che non stavano ferme un secondo, gli occhi che puntavano in terra come se non avesse il coraggio di digli “basta” guardandolo in faccia, le braccia incrociate al petto. Era stato solo dopo che ella aveva finito di esporre tutti i punti della lista (Ne aveva ignorati un paio, ma nella testa gli rimasero ben scolpiti “l’altro te… era diverso” “menti, menti sempre e fai mentire anche me” “mi stai chiedendo troppo”) che aveva tirato in ballo l’ultimo viaggio. Un ultimo viaggio senza litigi, un ultimo viaggio senza bugie, un ultimo viaggio solo per ricordare i tempi passati insieme. Un ultimo brindisi a tutte le loro avventure. La ragazza era stata in silenzio per qualche secondo, poi finalmente aveva alzato gli occhi verso la sua faccia, la prima volta durante l’intera conversazione. Aveva sospirato e aveva annuito. Un ultimo viaggio, a tutti i viaggi. Cosa mai sarebbe potuto andare storto?

Ora era lì, nello spazio, su un treno chiamato “Oriente Express”. “Molti treni hanno portato questo nome” le aveva spiegato il Dottore. Ma quello era diverso. Certo le ambientazioni erano identiche all’originale, con l’unica differenza che guardando fuori dal finestrino non si sarebbero visti i tipici paesaggi terrestri, ma stelle, pianeti, buchi neri, intere galassie e tanto altro. Ora era lì, mentre stringeva il braccio di lui in silenzio, mentre lo ascoltava parlare di pianeti. “Non ti odio” gli aveva detto “Non potrei mai farlo, ma non posso continuare tutto… questo”.

Lui aveva capito e aveva parlato di pianeti. E lei lo aveva ascoltato. Avrebbe potuto ascoltarlo tutto il giorno, avrebbe potuto perdersi nella sua voce per sempre. Profonda, calma, la r troppo marcata. Lo avrebbe ascoltato parlare di qualunque cosa, lo avrebbe ascoltato pure se avesse letto la lista della spesa. Quel momento era suo, quel momento era loro. Il Dottore non si era nemmeno spostato quando aveva afferrato il braccio e vi si era raggomitolata contro. Certo, le aveva lanciato un’occhiataccia, ma aveva lasciato correre, come se sapesse che non ce ne sarebbero stati altri di momenti così. Come se anche lui avesse voluto raccogliere ogni singolo attimo di quel prezioso momento con la sua ragazza impossibile.

Erano nei corridoi, calici di champagne in mano. Si guardarono per un secondo. “Sembra che tu voglia che ci sia qualcosa” le aveva detto, riferito al caso della mummia. Lei aveva sorriso e aveva negato l’evidenza, aveva negato che avrebbe dato qualunque cosa per un’ultima avventura, un’ultima scarica di adrenalina. Ma lo aveva negato. “Se tu dici che non c’è niente di strano non sarò certo io a contraddirti”. Lui aveva annuito, poi aveva alzato il calice. “Al nostro addio allora”. La ragazza a quelle parole si era fermata e lo aveva guardato con le labbra leggermente socchiuse, gli occhi che parlavano per lei. Non pensava che sarebbe stato un vero addio. Non voleva lo fosse, lei voleva smettere di viaggiare, voleva vivere la sua vita sulla terra, non dire addio a quell’uomo misterioso che le aveva mostrato tutte le meraviglie dell’universo. “Come addio? Questo non vuol dire che non ti rivedrò ancora?”. L’uomo l’aveva guardata con uno sguardo triste, reggendo il suo calice con entrambe le mani. “Non è così?”. Clara imitandolo nel gesto sussurrò un lo è? Quasi impercettibile. “Credevo che volessi questo.” A quelle parole gli si avvicinò velocemente, guardandolo negli occhi azzurri. “No… Io pensavo saresti venuto a cena o roba simile… lo fai no? Tu vai a casa delle persone a cena”. L’ultima frase, l’affermazione che doveva essere tale, in realtà non lo era. Era stata detta più che altro per convincere sé stessa che lo avrebbe rivisto, che avrebbe rivisto quell’uomo impossibile. Lui continuava a guardala, incrociando costantemente i loro sguardi. “Certo. Perché non dovrei?” “Non lo so, magari lo trovi noioso” “E’ noioso?” “No...”

Clara lo guardò ancora. Lui era lì, davanti a lei, immobile ad osservarla. Erano così vicini, poteva sentire il suo respiro, poteva sentire il suo profumo, vedeva ogni tratto del suo volto. Non era la prima volta che lo osservava, che cercava di memorizzarne ogni lineamento, ogni espressione, ogni minimo cambiamento.  E lui forse lo sapeva, forse aveva fatto lo stesso. Forse anche lui si era fermato ad osservarla. Non lo sapeva, forse non lo avrebbe mai saputo.

“Un ultimo sguardo” disse a sé stessa, solo uno, nient’altro. Eppure, non fu così. Senza capire il motivo di quel gesto, afferrò con delicatezza il colletto bianco della camicia, trascinandolo verso di lei, facendo in modo che le loro labbra si incontrassero.  Quel momento non durò più di pochi secondi, il Dottore si era infatti staccato praticamente subito, con uno sguardo sorpreso, ma era comunque rimasto a pochi centimetri dal suo viso, con il volto piegato su di lei, come se stesse pensando alla reazione più consona per l’accaduto. Clara non fece in tempo a sospirare né a dire una parola, perché in un attimo sentì nuovamente le labbra sottili dell’altro sulle sue. Quel gesto del tutto inaspettato, la fece arretrare leggermente, ma subito strinse nuovamente il suo colletto, portando anche l’altro braccio intorno al suo collo, sempre reggendo il bicchiere. Poté sentire la mano libera di lui sulla schiena nuda, l’altro braccio che la stringeva sui fianchi, poté sentirlo sorridere sulle sue labbra e non poté che fare lo stesso. Lasciò cadere il bicchiere, passandogli la mano nei capelli corti, lo sentì appoggiare la schiena a una delle pareti in legno del corridoio e lei si appoggiò a lui. In quel momento non le importava di Danny, non le importava della terra, non le importava nulla al di fuori di quello che stava accadendo in quel preciso istante. Poteva sentire il gusto dolce dello spumante sulle labbra del compagno, poteva respirare il suo profumo come se fosse direttamente sulla sua pelle. Non sapeva se le stelle o l’universo avessero un profumo, ma era certa che se la risposta a quel quesito fosse stata affermativa, allora avrebbero avuto quello del Dottore. “Ancora un minuto, solo un minuto tra le tue braccia, sulle tue labbra” pensò, ma non voleva fosse solo un minuto, non voleva fosse solo un attimo. “Ancora un minuto, dammi ancora un minuto”.

Una mano le scosse gentilmente la spalla, gli occhi di ghiaccio dell’uomo erano ancora fissi su di lei, senti qualcosa di freddo in mano. Il bicchiere di vetro era ancora lì, perfettamente integro. Il Dottore la guardò con uno sguardo interrogativo, come per chiedersi se fosse ancora lì con lui o se la sua mente fosse volata da qualche altra parte. Clara sorrise amaramente. Sapeva che non avrebbe avuto un’altra occasione, fece per alzare la mano libera, ma si fermò. Nella sua testa era così perfetto, nella sua testa era tutto così… bello. E se poi non lo fosse più stato? Clara sapeva molte cose, sapeva che le storie hanno la fine che gli vuoi dare, sa che le storie sono plasmabili, almeno finché non accadono nella realtà. Dopo che si dà una conclusione reale ad esse si perde il privilegio di poterle immaginare diversamente. Alzò il bicchiere. “Al nostro addio”. Lo disse semplicemente, senza interrompere quel gioco di sguardi, sentendo il rumore dei cristalli collidere.

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Ciao Rega, 
Spero che questa brevissima ff sia stata di vostro gradimento. Se avete letto anche le altre ormai vi sarà chiaro che purtroppo in questa casa di cose allegre non ne vogliamo (per il momento). 

Come sempre, commenti e critiche costruttive sono ben accette, 
and for the very first time
un bacino da River :) 


 
   
 
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