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Autore: _Lightning_    06/03/2022    1 recensioni
«Non è lontano» lo rassicura.
Din non risponde, osservando le ombre che si fanno più dense attorno a loro con ogni passo. Ruusaan ha il visore dell’elmo a renderle meno spaventose, mentre Din fa schizzare qua e là le pupille, con la mano vicina al fodero della vibrolama.
Normalmente, una madre prenderebbe un bambino di undici anni per mano e lo guiderebbe nell’oscurità. Ma lei non è più una vera madre e Din non è più un bambino: sono entrambi Mandaloriani ed entrambi guerrieri. Sa che Din non le perdonerebbe un gesto simile, non più.
Così continua a guidarlo verso la Forgia, dove lo aspetta, forse, la promessa di una nuova casa.

[pre-The Mandalorian // Kid!Din // Kid!Paz // spin-off di "Vode An" // Missing moments]
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Din Djarin, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II

“Aliit”

A Din questa


 

 

 

Nevarro, 20 BBY ca.

Più esplora il Rifugio, più Din vorrebbe tornare alla luce del sole, anche se su quel pianeta è grigio e stinto. 

Il labirinto di tunnel sembra non finire mai, eppure Paz gli fa da guida senza mai esitare a nessuna svolta. Di tanto in tanto, gli indica questo o quell'ingresso, dicendogli che è l'armeria, o i bagni, o l'alloggio di un Mandaloriano. Una parte del rifugio sembra scavata nella roccia a mani nude, l'altra è invece più regolare, con compatte pareti in permacrete. Non capisce cosa sia venuto prima – il Rifugio o i Mandaloriani della Tribù.

«Quello è una via di fuga d'emergenza» gli spiega in quel momento Paz, indicandogli una pesante grata rotonda a un paio di metri da terra. «Sbuca nella cantina.»

Din annuisce, trattenendo però uno sbuffo: perché un Mandaloriano dovrebbe fuggire? Ripensa con irritazione ad appena due giorni fa, quando Ruu l'ha obbligato a scappare come un codardo prima dell'attacco. Non gli importa della Ronda, né di Azi, né della maggior parte dei compagni d'addestramento: gli importa solo di non essersi comportato da Mandaloriano.

Poteva guadagnarsi l'elmo, con quella battaglia. Invece è bloccato in una "nuova casa" che si era dimenticato di aver chiesto. Scocca un'occhiata intrisa d'invidia a Paz, che può già vantare un elmo e un'armatura e parla di vie di fuga come se fosse normale.

Il ragazzo non gli presta attenzione, anche se gli sembra che parli con lui in un modo un po' impacciato. Forse è per via del modo scostante in cui si sono presentati, o perché risponde alle sue spiegazioni sul Rifugio con semplici cenni del capo o "sì" stringati, ma non gli importa molto. Cerca solo di capire cosa sta facendo Ruu adesso, di cosa stia parlando con Bes – di lui, lo sa, e vorrebbe essere lì. E continua a vorticargli in testa la stessa domanda.

«Come hai chiamato Ruu, prima?» sbotta infine, facendo quasi sobbalzare Paz, che gli fa strada un paio di passi più avanti.

«Ba'vodu» risponde poi, voltandosi. «Vuol dire "zia". Non di sangue, ovviamente.»

Ovviamente. Din aggrotta le sopracciglia, squadrandolo dal basso. Da quanto si conoscono?

«La zia è la sorella di un...»

«So cos'è una zia» lo interrompe Din. «L'alor1 è tua madre?»

«Non è l'alor. È la Naur'alor2, l'Armaiola. E sì, è la mia buir

«È comunque il capo» conclude Din, tagliando corto. «Sai se ci farà rimanere?»

«Tu sei un Trovatello, quindi sicuramente sì.»

Din arriccia le labbra nel sentire quel nome e gli scocca un'occhiata ostile. Non è un "trovatello", ma un Figlio della Ronda. Non lo contraddice, però, perché Paz è più alto e più grosso e anche più vecchio, quindi più esperto. Non è sicuro di poter avere la meglio su di lui, anche se Azi gli diceva sempre che era abile nel corpo a corpo.

«Non so per tua madre, però» aggiunge il ragazzo, guidandolo oltre una biforcazione del tunnel senza voltarsi verso di lui.

«Non è mia madre. È la mia cabur3» obietta stavolta Din, seccamente.

Paz sembra sorpreso, dal modo in cui si ferma e inclina l'elmo in avanti.

«A maggior ragione, allora. Qui accogliamo solo aliit

Din non replica a quell'affermazione. Lui e Ruu non sono un clan, né una famiglia, perché lei non l'ha mai adottato. Inizia a sentire un formicolio nello stomaco – paura, la riconosce. La ricaccia dentro di sé, nello scantinato in cui ha imparato a rinchiuderla. Alla sua assenza di reazioni, Paz sospira e riprende ad avanzare nel dedalo di cunicoli.

Din cerca di ricordare la strada percorsa, ma non riesce a trovare punti di riferimento e non è certo che saprebbe ritrovare i propri passi da solo. Non c'è nemmeno un filo di luce dall'esterno, solo fiaccole al plasma appese alle pareti che spandono un tenue alone giallastro, ma nessun calore.

«Sei nato qui?» chiede Din, dopo un po'.

«Sì.»

Quella risposta laconica non ha seguito e rimane appesa fra loro. Din non insiste.

«Tu di dove sei?»

«Aq Vetina» risponde altrettanto lapidario Din, fissandolo schivo ed evitando di rivelare il suo pianeta.

Come prevedeva, Paz non conosce quel nome, perché scrolla le spalle larghe senza un commento. Din, però, continua a sentire mille domande che gli pungono le labbra.

Vuole saperne di più su Paz, sul Rifugio, sulla Tribù, se davvero finirà per viverci. Se davvero Ruu non rimarrà con lui, come ha già detto di non potergli promettere, quel giorno lontanissimo in cui è diventato un Mandaloriano. Non si arrischia a fare domande, preferendo aspettare di sapere per certo se rimarrà qui o meno.

La conversazione muore di nuovo, persa nei gocciolii umidi dei cunicoli e nel fischio sottile del vento nelle tubature.

Il silenzio viene pian piano riempito da un mormorio distante. In fondo al tunnel scorge un chiarore più naturale: luce grigia filtra da alcune grate in alto, a livello della strada, e vi è quello che sembra un ingresso simile a quello da cui sono entrati lui e Ruu. Sotto le grate, un gruppetto di Mandaloriani è riunito attorno a quelli che sembrano tavoli da gioco, parlottando a voce contenuta.

Alcuni si voltano a guardarlo, uno lo indica apertamente. Din ringrazia il cappuccio che gli copre in parte il volto. Paz svolta a destra, verso un'apertura che non aveva notato. 

Oltre vede quella che deve essere la sala comune, al momento occupata solo da un paio di guerrieri, di cui uno apparentemente addormentato su un giaciglio nell'angolo. L'altro è intento a intagliare un pezzo di legno, seduto vicino alle braci rosseggianti del grande fuoco centrale. Canticchia qualcosa a mezza voce, di cui Din coglie solo un verso confuso in Mando'a:

Kandosii sa ka'rta, Vode an5.

Quel ritmo ha un che di familiare, rassicurante. Si chiede se l'ha già sentita da qualche parte, ma non ha tempo di rifletterci.

«Ecco, questa è la sala comune, la karyai. Il "cuore del Rifugio"» lo riscuote infatti Paz, con un ampio gesto verso di essa. «Siediamoci lì, staremo più al caldo» aggiunge poi, indicando i rozzi sedili più vicini al focolare.

Din non sa come abbia fatto a intuire che avesse freddo, perché non se n'è accorto nemmeno lui finora, ma accetta volentieri e si siede sulla pietra tiepida. L'umidità del sottosuolo gli è entrata nelle ossa. Ormai è troppo abituato a pianeti caldi.

Paz si lascia cadere accanto a lui, con uno sbuffo che, Din non ne è certo, ha forse camuffato un "kriff" a denti stretti. "Dank farrik", vorrebbe replicare lui, ora che è fuori portata da Ruu. Neanche lui è entusiasta di essere bloccato con una compagnia poco gradita. Rimane in silenzio, con le mani gelide tese verso il fuoco che crepita e fa abbastanza rumore da non richiedere una conversazione. Paz però si agita all'improvviso, raddrizzando la schiena.

«Ti va un po' di uj'alayi?»

Din si volta a guardarlo, perplesso.

«Di cosa?» solleva le sopracciglia, incuriosito, suscitando un verso incredulo di Paz.

«Di torta uj. Non l'hai mai mangiata?» Din scuote la testa. «Aspetta qui.»

Paz si rimette in piedi e si avvicina al Mandaloriano che continua a canticchiare e intagliare il legno, seduto nei pressi di una rientranza nella parete seminascosta da un tendaggio. Smette di armeggiare con il coltello, rivolgendo il visore verso di lui. Paz prende a confabulare brevemente e sembra che stia tentando di convincerlo, dal modo in cui gesticola.

L'altro Mandaloriano, un guerriero dall'armatura viola in cattive condizioni, sbotta a ridere sonoramente, rivelando la voce rauca e un po' sfiatata di un vecchio. Poi scosta la tenda e invita Paz a frugare tra gli scaffali stipati di contenitori – la dispensa comune, evidentemente.

Il vecchio si volta d'un tratto verso di lui, rivolgendogli un cenno con l'elmo al di là del fuoco. Din ricambia esitante, sentendosi d'un tratto nudo, senza nulla a coprirgli la testa, anche se non ha ancora mai indossato un buy'ce.  Il vecchio però non dice una parola, limitandosi a mostrargli la figurina che sta sagomando – Din distingue quello che sembra un falco urlatore in picchiata, simbolo della Ronda – per poi tornare al suo lavoro e alla sua canzone.

«Vor entye6, Tal'kyc!» esclama Paz in quel momento.

«Non vi ingozzate!» intima il vecchio in Basico, assestandogli una pacca sull'armatura quando gli passa accanto con il bottino.

Paz si siede di nuovo accanto a lui. Apre il contenitore metallico e gli offre entusiasta un pezzo di quello che, più che una torta, sembra un impasto piatto, caramelloso e un po' bruciacchiato, in cui Din distingue quelle che sembrano noci warra.

Lo accetta, sentendolo appiccicoso sotto le dita, ma aspetta che sia Paz a mangiare per primo. È curioso di sapere che faccia abbia sotto l'elmo, ma con sua sorpresa non lo toglie. Si limita ad alzare appena il bordo così da poter addentare il dolce, per poi farlo scivolare a coprire di nuovo la bocca. Din coglie solo un accenno di pelle chiara e, forse, una ciocca bionda che sfugge sotto la mandibola.

«Guarda che non è sleemo7» commenta Paz, masticando.

Din si rende conto di averlo fissato con troppa insistenza e si affretta a dare un morso, tanto per farlo contento – è abituato a non chiedersi nemmeno più cosa stia mangiando, finché placa la fame.

Si blocca, registrando il sapore dolcissimo e speziato dell'uj, totalmente sconosciuto. Una nota piccante gli brucia la lingua, ma si ritrova a prenderne un altro boccone, più convinto, rischiando di slogarsi una mascella sulle noci warra e di staccarsi un paio di denti mentre mastica in fretta il composto colloso.

«Buono, eh?» ridacchia Paz compiaciuto.

Din esita, facendo sparire l'ultimo morso dell'uj che gli ha già impiastricciato le mani, senza poter negare che ne mangerebbe un altro camtono. Potrebbe rimanere in silenzio e lasciare Paz col dubbio, nonostante la sua reazione vorace abbia già detto tutto.

«Sì» si lascia sfuggire alla fine, assieme a un sorriso minuscolo.

Paz in tutta risposta gli offre di nuovo il contenitore e Din accetta, goloso come quando rubava le frittelle di kisiwa a sua madre prima che arrivassero in tavola.

«Non farti vedere da Tal'kyc. Ci tiene, al suo uj» scherza, prendendone anche lui un'altra porzione.

Din lo fissa per un momento nel visore, sentendo un'improvvisa morsa allo stomaco che non ha nulla a che vedere con la fame. L'ha trattato malissimo, se ne rende conto. I suoi genitori si vergognerebbero di lui: non è questo, che gli hanno insegnato. Nemmeno Ruu gli ha insegnato questo, anche se in modo diverso – gli ha insegnato che tra guerrieri c'è sempre rispetto, che siano alleati o meno.

Fissa il pezzo di torta uj, la cosa più buona che ha mangiato negli ultimi due anni, poi fissa l'elmo di Paz, segno che è un guerriero come lui – forse anche migliore di lui. Ripensa alle parole di Ruu e prende un grosso respiro, poi si volta verso Paz. Gli tende la mano, fissandolo serio dove sa che sono i suoi occhi, anche se non li ha mai visti.

«Din Djarin. Jate kar'tayl gar7

Paz lo fissa interdetto per un attimo, a metà di un morso piuttosto ingordo. Poi scuote il capo, si riassesta l'elmo e gli stringe il polso con una presa salda, subito ricambiata.

«Paz Vizsla. Olarom

Benvenuto. Stavolta, Din quella parola la sente davvero, non solo con le orecchie.

Continuano a mangiare fianco a fianco, con il fuoco che crepita a tempo delle note mormorate dal vecchio – Manda'yaim a'den mhi, Vode an – e si fonde nel suo cuore, finalmente più calmo. Quando arrivano al fondo del contenitore e si ritrova a sorridere scaltro a Paz, con la pancia piena e il petto caldo dopo non sa più nemmeno quanto, pensa che magari quella non è la casa che si aspettava, ma potrebbe diventarlo, almeno per un po'.

 

Note dell'Autrice:

 


Note dell'Autrice:

Ta-daaa, eccoci qua! Non volevo far passare secoli prima di pubblicarla, ma è successo ahahah
Alla fine mi sono lasciata prendere la mano, quindi continuerò a esplorare questa fase della vita di Din, cioè il passaggio tra la Ronda e la Tribù. Potrete ritrovare qualcosa in Vode An, ma vedremo cosa salterà fuori...
Per ora, godetevi un Paz tredicenne-quattordicenne che cerca di fare l'adulto e non ci riesce – per i contrasti veri e propri, tranquilli, che arriveranno :P

Grazie a chi ha letto e commentato/aggiunto alle liste la storia ♥

-Light-


0. Aliit: Tribù, ma anche "famiglia", "clan".
1. alor: capo, comandante.
2. Naur'alor: titolo onorifico per l'Armaiola, mio neologismo (da nau'ur, forgiare, e alor, capo).
3. cabur: guardiano, tutore
4. 
Kandosii sa kar'ta, Vode an: verso del canto "Vode An", che dà il titolo alla storia ♥
5. vor entye: grazie
6. sleemo: "schifezza" in Huttese.
7. jate kar'tayl gar: "piacere di conoscerti"
NB. Tal'kyc viene nominato in Vode An ed è il Mandaloriano catturato assieme a Paz dagli schiavisti Zygerriani. Quella parte di storia verrà ovviamente approfondita in futuro ;)

A Din questa
   
 
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