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Autore: evelyn80    17/03/2022    2 recensioni
Nel vedere una lunga fila di soldati accedere al Purgatorio, Terry inizia a preoccuparsi. Cosa sta succedendo, adesso, sulla Terra? Laudir de Oliveira lo informa che è scoppiata una nuova guerra tra Russia e Ucraina.
Incuriosito, e anche un po' preoccupato, il chitarrista si affaccia "sull'aldiqua" per osservare la situazione, e ciò che vede lo spinge a prendere provvedimenti, anche se un po'... anticonvenzionali.
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Laudir de Oliveira, Terry Kath
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Voci dall'aldilà'
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Anche al più furbo caddero le braghe

 


 

 

Secchio e ramazza in mano – quella mattina, secondo la lista delle sue buone azioni quotidiane, era di corvée nei bagni – Terry osservò sfilare di fronte a sé una lunga fila di anime appena arrivate, la maggior parte delle quali con indosso uniformi da soldato, che si guardavano attorno spaesate.
Il ragazzone aggrottò le sopracciglia, seguendo con lo sguardo gli ultimi della colonna che si inoltravano all'interno del Purgatorio, scortati da alcuni guardiani. Perché molti di quei tizi indossavano l'uniforme? Non bastava il COVID 19 a mietere vittime? *1)
«Cos'è, è ricominciata la guerra del Vietnam?», si chiese a voce alta, grattandosi la fronte con la mano che stringeva il manico della ramazza, rischiando di sbatterselo in testa. *2)
«No, amigo, questa è la guerra dell'Ucraina».
La voce di Laudir de Oliveira lo fece trasalire. Il brasiliano gli si era accostato mentre la colonna di nuove anime sfilava, e Terry era stato talmente impegnato a guardarle che non se ne era nemmeno accorto.
«Gesù! Mi hai fatto prendere un accidente!».
Laudir scosse la testa ridacchiando. «Non sono Jesus. Non me riconosci nemmeno più?».
Terry grugnì. «Lo sai che è solo un modo di dire». Scosse la testa per poi tornare sull'argomento precedente: «Guerra dell'Ucraina, hai detto?».
«Sim, amigo. È scoppiata qualche giorno fa: la Russia ha attaccato l'Ucraina, anche se non ho ben capito per quale motivo. Non hai seguito le últimas notícias?».

«No, non sono mai stato molto attento ai notiziari», rispose il ragazzone scuotendo il capo.
«Beh, comunque sia, è tutta colpa di Putin, amigo».
Terry, che era tornato con lo sguardo a cercare le sagome degli ultimi soldati che sparivano in lontananza, si voltò di nuovo verso Laudir, le sopracciglia inarcate. «Metti dentro?! Cos'è che dovrei mettere dentro? Oggi devo pulire i cessi, non vedi?», disse sbatacchiando il secchio e rovesciando un po' dell'acqua saponata che conteneva.
Laudir scosse la testa e si sbatté una mano sulla fronte. «Ho detto Putin, amigo, non put in. È il presidente della Russia. Va a dare un'occhiata dalla tua janela, quando hai finito». *3)
Il ragazzone annuì. «Sì, credo proprio che lo farò. Ci vediamo, amigo!». E, con un cenno del capo, salutò il brasiliano per poi avviarsi verso la prima delle toilette da pulire.



La corvée nei bagni lo tenne impegnato per quasi tutta la giornata. Dopo aver sbrigato le ultime faccende, Terry si diresse infine al suo affaccio sull'aldiquà e, per la prima volta da un bel po' di tempo, non si occupò di vedere cosa stessero facendo i suoi vecchi amici e compagni di band ma si dedicò all'osservazione di questo dannato “Metti dentro”, di cui lui aveva ignorato totalmente l'esistenza fino a quel giorno.
Subito, nel vano gli apparve un uomo dai corti e radi capelli biondastri, vestito in giacca e cravatta nere e camicia bianca, seduto su un seggiolone con stucchi dorati simile a un trono e davanti a un grosso tavolo dalla lucida superficie in legno.
«Ma tu guarda che faccia da schiaffi», commentò non appena lo vide.
L'uomo stava parlando in russo in tono piatto, leggendo di tanto in tanto su un foglio che teneva tra le mani.
«Ma che cazzo sta dicendo? Dovrò chiedere che mettano la traduzione universale simultanea!».
Comunque, anche se non riuscì a capire assolutamente nulla di quello che il presidente russo stava dicendo, a Terry non piacque né la sua espressione da pesce lesso, né l'intonazione della sua voce.
«A me, questo “Metti dentro” sta già sul cazzo anche se non lo conosco», commentò, prima di rivolgere lo sguardo verso l'Ucraina.
Quello che vide gli gelò il sangue nelle vene. Città distrutte dai bombardamenti, colonne di mezzi d'assalto lungo le strade, civili piangenti, coperti di polvere e sangue, che si allontanavano correndo per trovare riparo. Com'era possibile che, nel 2022, si potesse ancora assistere a scene di questo tipo? Il genere umano non aveva imparato proprio un bel niente dai suoi sbagli nel passato?
Guardò ancora, cambiando rapidamente zona di osservazione, e si imbatté in una fila di sacchi neri che, molto verosimilmente, contenevano cadaveri. Rabbrividì. Qualche anno prima, su sua richiesta, Laudir gli aveva raccontato che lui stesso era stato messo in un sacco molto simile, quando era morto, e che i suoi enormi stivali da cow-boy spuntavano fuori dalla cerniera. Involontariamente portò le dita alla tempia destra e si toccò la cicatrice circolare che marcava il punto di ingresso del proiettile che lo aveva ucciso, e si chiese se anche i soldati che aveva visto sfilare quella mattina ne avessero di simili, in qualche parte del loro corpo.
Terry chiuse gli occhi per un istante e scosse il capo, come per scacciare un brutto ricordo, per poi tornare a guardare fuori della sua finestra. All'improvviso notò un bambino piccolo, forse non tanto più grande della sua Michelle quando l'aveva lasciata, prendere a pugni l'elmetto del padre che partiva per il fronte mentre la madre era costretta a fuggire con lui per salvarsi la pelle. Allora, proprio non ci vide più. Doveva fare qualcosa, e subito! *4)
Corse più veloce che poté verso l'Ufficio per l'assegnazione delle buone azioni, appena in tempo per beccare il responsabile che ne usciva al termine del turno di lavoro, una cartelletta di pelle gonfia di documenti sotto al braccio sinistro.
«Mi scusi, signore!», esclamò per richiamarlo prima che svoltasse l'angolo.
L'arcangelo si voltò e, non appena lo riconobbe, gli si avvicinò.
«Buonasera signor Kath. Non mi dica che non ha terminato i suoi incarichi giornalieri e che vuole chiedermi una proroga!».
«Nossignore, ho finito tutti i miei compiti. Solo che volevo chiederle un favore».
«A quest'ora?», chiese l'arcangelo, osservando l'orologio. «Sono quasi le nove di sera!».
Terry annuì vigorosamente. «È molto urgente, signore».
L'arcangelo sospirò, immaginando chissà quali macchinazioni da parte del ragazzone, e gli fece cenno di seguirlo, per poi riaprire la porta dell'ufficio e farlo accomodare su una delle poltroncine davanti alla scrivania.
«Allora, mi dica signor Kath. Cosa c'è di tanto urgente?».
«Si tratta della guerra in Ucraina, signore».
A quelle parole, il responsabile delle buone azioni drizzò la schiena e si fece subito attento. «Continui».
«Ecco... mi sono appena affacciato alla mia finestra sull'aldiqua e ho visto un po' di cose che mi hanno fatto star male da morire».
L'arcangelo annuì, sorvolando sul fatto che Terry fosse già morto e che quindi il termine da lui usato non fosse tecnicamente esatto.
«E quindi mi chiedevo», continuò il ragazzone dopo aver preso fiato, «se fosse possibile andare laggiù come volontario ad aiutare quella povera gente a non finire ammazzata».
Il volto del responsabile si fece ancora più serio.
«Vede, signor Kath, non è così semplice come potrebbe sembrare», attaccò a dire, passandosi una mano sulla faccia. «Non si tratta semplicemente di sporgersi da una finestra e tirare un parrucchino fino a staccarlo fingendo che sia stato il vento. In questo caso dovrebbe recarsi fisicamente sul posto per aiutare quelle persone, e senza potersi far vedere, ovviamente. Come pensa che reagirebbe, la gente, nel sentirsi tirare fuori dalle macerie senza vedere nessuno vicino a loro?». *5)
Terry annuì, lo sguardo triste. Non aveva pensato a tutte quelle implicazioni. Lui con il cuore era già in mezzo a loro, a salvare donne e bambini dai calcinacci che cadevano e a scansare soldati dalle traiettorie dei proiettili.
«Certo, signore, capisco. Quindi non si può fare proprio nulla?».
L'arcangelo si prese qualche istante prima di rispondere. «Non ho detto questo. È solo che, per organizzare un intervento del genere, ci vuole molto tempo. E ovviamente non basterebbe lei da solo, bisognerebbe organizzare un'intera squadra di anime. Ma questo non credo che sarebbe un problema: una buona azione del genere comporterebbe uno sconto di pena notevole, a cui credo in pochi sarebbero disposti a rinunciare, lei per primo. Non è vero?».
Terry scosse la testa vigorosamente, facendo ondeggiare i lunghi capelli castani.
«Non lo faccio per farmi ridurre la pena. Non mi è nemmeno passato per l'anticamera del cervello, quel pensiero, sa? Io vorrei farlo per salvare quella povera gente, per non vederla finire chiusa dentro un sacco mortuario come è successo a me».
Il responsabile lo fissò dritto negli occhi e vide che era sincero. «Le credo, signor Kath. E per questo le prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per organizzare questa missione di salvataggio, e che lei sarà il primo a partire. Nel frattempo, dato che ci vorrà un po' di tempo, magari potrebbe... divertirsi... in un altro modo».
Il ragazzone inarcò le sopracciglia. «Cioè?».
L'arcangelo si concesse un breve sorriso. «Magari potrebbe mollare qualche scapaccione, oppure fare qualche sgambetto a qualcuno che, al momento, le sta particolarmente antipatico. Capisce cosa intendo?».
La bocca di Terry si aprì nel suo enorme sorriso equino.
«Oh, certo. Ho capito perfettamente!».
Il responsabile delle buone azioni si alzò dalla sua poltrona e Terry lo imitò.
«Bene, signor Kath. Ci vediamo domani mattina per la sua razione quotidiana di buone azioni».
«Sissignore, a domani signore!». Il ragazzone fece il saluto militare, esasperando l'arcangelo, e gli voltò le spalle per tornare di corsa alla sua finestra. Aveva ancora una cosa da fare, prima di andare a dormire.



Il presidente russo “Metti dentro” aveva smesso di ciarlare, e ora si trovava in quella che sembrava una sorta di palestra per le arti marziali, visto che stava in piedi, al centro di un tatami, con indosso un kimono bianco. L'uomo si mise a fare delle mosse di riscaldamento, facendo sghignazzare Terry. *6)
«Ih ih, sembra un pollo! Adesso mi voglio proprio divertire...».
Si sporse dalla finestra, appoggiandosi al davanzale, e gli tirò un lembo della casacca del kimono, facendolo sbilanciare. L'uomo si raddrizzò, scosse le falde della casacca e riprese le sue mosse. Terry gli fece perdere nuovamente l'equilibrio, questa volta strattonandogli i pantaloni.
A quel punto il presidente si guardò attorno con ira, come per cercare di capire chi fosse a fargli quegli stupidi scherzi.
«Sì, sì, guarda pure quanto ti pare, tanto non mi vedrai mai», commentò il ragazzone.
Quando, per la terza volta, l'uomo si accinse a compiere nuovamente le sue migliori mosse di judo, Terry si allungò ancora sul davanzale e, afferrategli entrambe le gambe dei pantaloni, glieli calò fino alle caviglie, lasciandolo in mutande.
«Tié, beccati questo “Metti dentro”! Non ti meriti niente di meglio!».
E mentre l'uomo prendeva a sbraitare pesantemente in russo, i pantaloni arrotolati attorno ai piedi, Terry chiuse la finestra e se ne andò a dormire.

 

 

Spazio autrice.

Non so a voi, ma questa guerra a me proprio non va giù. Non ho la più pallida idea di cosa l'abbia scatenata, quali siano i motivi di fondo, ma sono del parere che qualsiasi guerra sia ingiusta e inutile e quindi dovevo fare qualcosa per punire quello che ritengo essere l'unico responsabile di questo dramma.
E chi meglio di Terry poteva intervenire, prendendo bellamente per i fondelli l'uomo in questione?
In realtà il ragazzone sarebbe disposto pure a tornare sulla terra sotto forma di “angelo custode”, per salvare delle vite umane, ma visto che organizzare un intervento del genere richiede tempo e lunga burocrazia, nel frattempo si diverte come può.
Chiedo scusa per aver toccato argomenti così delicati, e spero di non aver offeso nessuno.
Infine, il titolo è l'adattamento di un proverbio che ho sempre sentito dire dalle mie parti, e che in dialetto sarebbe “anco al più furbo gli cascòn le brache”. In poche parole vuol dire che anche a chi si crede più furbo degli altri, prima o poi va a finire male.
Vi lascio ora alle note numerate.
*1) Ho deciso di far arrivare i soldati (sia dell'una che dell'altra fazione) in Purgatorio invece che mandarli all'Inferno, semplicemente perché i militari sono costretti a obbedire a degli ordini imposti dai più alti in grado, che non vanno di certo in prima linea con loro. Sono del parere che, se potessero, i soldati rifiuterebbero di eseguire molti degli ordini che gli vengono affibbiati.
*2) La guerra del Vietnam è terminata il 30 aprile 1975, quindi pochi anni prima della morte di Terry.
*3) “Put in” può essere tradotto, in italiano, come “metti dentro”. Alcune persone, sui social, utilizzano questo modo per riferirsi, sarcasticamente, al presidente russo. “Janela” in brasiliano significa “finestra”.
*4) L'immagine del bambino che “picchia” il padre sull'elmetto è tratta da questo video straziante:

https://www.ilmessaggero.it/video/mondo/ucraina_padre_saluta_figlio_lacrime_separazione_ultime_notizie_oggi-6550753.html
*5) Il riferimento al parrucchino di Danny compare anche nella mia storia "Together again, my friend" . In occasione di un concerto tenuto nel bel mezzo di un fortunale, i Chicago si salvarono fortunosamente dalla caduta di una trave di sostegno delle luci perché Danny, il parrucchino mezzo staccato dal vento, corse via dalla batteria prima di vederlo volare in mezzo al pubblico, dato che nessuno sapeva che lui portava il parrucchino. Nella mia storia ho immaginato che fosse stato Terry a staccarglielo, per salvar loro la vita.
*6) Il presidente russo è un amante e praticante delle arti marziali.
Grazie per aver letto.

  
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