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Autore: LilithMichaelis    17/03/2022    0 recensioni
Tu mi ricordi una poesia che non riesco a ricordare
una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato.
(Efraim Medina Reyes)
____________________________________
Una raccolta di One shots, senza pretese. Persone diverse, tempi diversi, luoghi diversi, la musica come unico denominatore.
1. Broken - Johnlock
2. No Time To Die - Sherlock Version
3. No Time To Die - John Version
4. The Only - Mystrade
5. I will go to you like the first snow - Mystrade
6. Melted - Eurus
7. All I Want - Johnlock
8. My Flower - Johnlock (angst)
9. Demons - Johnlock
10. Orbit_ - Parentlock
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Song: Oribit_ - Onewe
traduzione:
https://www.youtube.com/watch?v=szM-y7O53Os
acoustic: https://www.youtube.com/watch?v=G7Rm43XIb-I

 

«Dada mi racconti qualcosa?» la voce di Rosie arrivò squillante alle orecchie di Sherlock, che alzò lo sguardo dal violino che aveva tra le braccia. Era ormai giunta sera, e Rosie era pronta per andare a dormire. 

Quando era piccola era stato consigliato a John e Sherlock di creare una routine, affinché la bambina riuscisse ad avere degli elementi saldi nonostante le vite eclettiche dei genitori e, anche ora che Rosie aveva compiuto otto anni, la giornata si scandiva su una struttura predefinita. Sherlock non lo ammetteva ad alta voce, ma si era affezionato a quella routine che gli regalava dei momenti a tu per tu con quella che, in tutto e per tutto, era sua figlia.

Rosie era già seduta sullo sgabellino che avevano comprato anni prima, un pigiama pulito indosso, i capelli puliti e asciutti dopo il bagno, che oscillavano pigramente, sciolti sulle sue spalle. Aveva ereditato la sfumatura biondo cenere di John, dettaglio che Sherlock registrava sempre con un pizzico di soddisfazione, ora che i capelli sulla testa del compagno erano virati quasi del tutto al grigio.

«Dada?» chiamò di nuovo Rosie, scuotendo la spazzola che aveva in mano per attirare l’attenzione di Sherlock, che le sorrise. Rosie sapeva che Sherlock non si era dimenticato di lei - era sempre fiera di ricordare al mondo come Sherlock si scordasse di tutto tranne che di lei - ma si era abituata a controllare che l’uomo non fosse troppo immerso in qualunque cosa stesse facendo.

Sherlock si sedette sulla sua poltrona, e la bambina si voltò a dargli le spalle, passandogli la spazzola. L’uomo osservò il manico d’argento, percorrendo col dito gli intricati decori di madreperla che decoravano la spazzola. Al centro, l’incisione “RWH” ne indicava la proprietà. 

 

Era stato Mycroft a regalargliela, dopo averla fatta confezionare su misura in uno dei suoi frequenti viaggi d’affari. La bambina si era innamorata della spazzola e dello specchietto abbinati, divertendosi a giocare ad essere una principessa, ma aveva immediatamente messo il broncio alla vista dell’incisione. Sherlock non seppe capire perchè, finchè quella sera, molto tempo dopo il suo orario della buonanotte, non aveva raggiunto i due Holmes e John in salotto, la spazzola in una mano, il suo coniglietto di peluche nell’altra. Aveva quattro anni, ma sapeva già esprimere i suoi pensieri in maniera così adulta da fare spesso ridere John.
Sgambettando e sbandando un po’ per il sonno, aveva raggiunto in fretta il più grande degli Holmes.

«Zio Mycroft…» aveva biascicato, ancora insicura della pronuncia del nome dello zio. Sebbene la sua eloquenza fosse elevata - merito degli sforzi di Sherlock - ancora impastava le sillabe finali, con un suono più simile a un “Mycroff”. Mycroft non si era mai dato da fare per correggerla e, in segreto, aveva raccontato a Gregory di trovare quel difetto di pronuncia adorabile.

L’uomo aveva preso in braccio la bambina, e se l’era seduta sulle ginocchia «Sì, Rosamund?» aveva chiesto. Era l’unico al mondo che poteva usare il nome completo di Rosie senza che quest’ultima manifestasse ad alta voce il proprio disappunto «Ti piace il regalo?»
Rosie aveva annuito, gli angoli delle labbra all'ingiù «Sì, però…» aveva tirato un po’ su col naso, come se stesse cercando di non piangere «Perchè c’è solo RW? Non hai detto che sono una Holmes anche io?» gli occhi le si erano già fatti lucidi.

John dovette uscire dalla stanza, e persino Sherlock aveva iniziato a fissare insistentemente la lampada sul tavolino accanto a sé, mordendosi l’interno delle guance.

«Oh! Sciocco me!» aveva esclamato Mycroft, fingendo sorpresa «Non mi sono accorto dell’errore! L’artigiano deve averlo lasciato a metà. È un errore imperdonabile dalla mia parte… Questo povero vecchio zio sta perdendo colpi…» Mycroft aveva esagerato il tono, facendo ridere Rosie. «Certo che sei una Holmes, Rosamund. La migliore degli Holmes, se posso dirlo»

Più tardi quella sera, Mycroft si era avvicinato a John, cullando una Rosie ormai addormentata, per chiedere il permesso di fare sistemare la spazzola. John quasi gli aveva tirato una teiera in testa «Ovvio che hai il mio permesso, Mycroft» aveva detto, indicando con la testa Sherlock, che gli cingeva i fianchi con un braccio.

 

Sherlock iniziò a spazzolare le punte dei capelli di Rosie - di nascosto a John aveva guardato decine di video su Youtube e conservava tutto quel materiale in un’apposita stanza del suo palazzo mentale - pensando a cosa raccontare quella sera. Di solito John osservava la scena dalla sua poltrona, una tazza di tè in mano, scoccando sguardi ammonitori quando i discorsi si facevano troppo violenti per una bambina di otto anni, ma quella sera era dovuto restare al St. Barts, dove aveva trovato impiego come medico legale, al fianco di Molly. Un’improvvisa impennata di crimini violenti aveva portato un carico troppo pesante per la sola Molly, ma Sherlock sospettava che avrebbe offerto lavoro a John anche se ci fosse stato un solo cadavere ogni sei mesi.

 
«Allora, mia cara Watson» Sherlock adorava ricordare come la piccola fosse effettivamente figlia di John, e Rosie era semplicemente contenta di avere le attenzioni di Sherlock tutte per sé. John spesso scherzava su come la piccola avesse una preferenza spudorata verso il padre adottivo, e di solito concludeva con un “non posso certo biasimarla” sussurrato a mezza voce «Di cosa parliamo questa sera?»

Rosie ci pensò un po’ su. Era iniziato per caso, una sera in cui Rosie sembrava inconsolabile, Sherlock aveva iniziato a parlare della decomposizione cadaverica. John era pronto a rimproverarlo, ma la bimba aveva sollevato la testa dall’incavo del collo del padre biologico, per fissare con i suoi grandi occhioni il detective. Sherlock si era zittito, sorpreso, ma John gli aveva fatto cenno, anche abbastanza irruentemente, di continuare. 

Da quel giorno parte della loro routine comprendeva racconti di Sherlock su qualsiasi cosa. Conoscenze generali, misteri matematici, persino i casi che lui e John affrontavano - anche se riservavano l’osservare le fotografie della scena del crimine a quando il dottore non era a casa.

«Mi parli delle stelle?» chiese Rosie all’improvviso.

 

Sometimes you call me a dreamer

Because I tell you stories that make no sense

But the truth is that I have a secret

I'll share it only with you from now on

 

«Mia cara Watson…» esclamò Sherlock dopo un breve silenzio sorpreso «Ci sono così tante storie… Ti ho mai raccontato quella del cioccolataio cannibale? Anche se tuo padre avrebbe dovuto trovare un titolo migliore per quella lì…»
Rosie scosse la testa, un broncio divertito sul viso «No, voglio sentire parlare delle stelle!»

Sherlock si immaginò John che lo prendeva in giro su come aveva eliminato l’intera esistenza del sistema solare dalla sua memoria. Si rese conto di essere a disagio, non voleva ammettere di non conoscere qualcosa, specie di fronte a Rosie, che lo ammirava da sempre, ma non voleva neanche risultare una statua granitica, come tanti lo avevano descritto negli anni. Non voleva che Rosie, la sua Rosie, si allontanasse da lui perché troppo freddo o irraggiungibile.
Ci pensò su, prima di ricordare ciò che stare con John gli aveva insegnato. Anche lui, dopotutto, era umano.

«Rosie» le sussurrò «Sei brava a mantenere i segreti?»
Rosie ridacchiò «Sì!» rispose, coprendosi la bocca con le mani. Sherlock sapeva che ogni cosa pronunciata sarebbe stata riferita a John - comportamento che i due segretamente rinforzavano, per sicurezza - ma voleva che la bimba continuasse a essere una bimba, innamorata del suo papà. 

«Non lo dire a papà, mi raccomando… » continuò a sussurrarle nell’orecchio «Ma io non conosco nulla delle stelle»
«Dada!» Rosie rideva sguaiatamente.

«Davvero! Avevo bisogno di spazio nel palazzo mentale…»
«Ma dai! Anche i bambini sanno cosa sono le stelle!»
«Ti andrebbe di insegnarmi?» Sherlock sapeva che Rosie amava essere presa in considerazione. Tutto ciò che la bambina faceva aveva come scopo quello di ottenere complimenti e commenti da parte di Sherlock, che non ne lesinava mai. Non voleva essere tanto distante da costringere Rosie a fare l’impossibile. Non voleva che Rosie crescesse con la freddezza con cui lui stesso era cresciuto.

 

My world surely turned for me

Ever since I met you, the destiny's trajectory changed

Just like the stars that you see will be there tomorrow too

Whenever I look over at you, you're always there

 

«Allora» cominciò la bambina «Noi viviamo sulla Terra, che è un pianeta» Sherlock aveva finito di intrecciarle i capelli per la notte, perciò ora Rosie gli sedeva sulle ginocchia e si voltava spesso per incrociare lo sguardo incoraggiante dell’uomo. «La Terra ruota intorno al Sole, che è una stella gigaaaaaaaante» per enfatizzare il concetto, allargò le braccia fino al massimo della loro estensione, perdendo lievemente l’equilibrio.

«Interessante» esortò Sherlock «E poi?»
«Poi c’è la Luna, che gira intorno alla Terra» Rosie fece una pausa «Sai, Dada, la Terra e la Luna mi ricordano tu e papà»

«Davvero?» Sherlock non dovette fingere sorpresa «E perchè?»

«Perché lui ti gira sempre intorno, come la Luna… E tutti e due girate sempre intorno ai crimini… come il Sole»
«Interessante osservazione, piccola Watson…»
«Watson-Holmes» corresse la bimba, puntualizzando la provenienza delle sue capacità di osservazione.

«Ma certo, mia piccola Watson-Holmes» Sherlock non riuscì a impedirsi di sorridere «E come ti fa sentire questa cosa?» 

Non poteva impedirsi di essere spaventato dai sentimenti di Rosie. Sebbene avesse sempre saputo chi fosse Mary e cosa le fosse successo - una versione edulcorata e semplificata, su volere di John che preferiva minimizzare il coinvolgimento di Sherlock nella morte della moglie, almeno finchè Rosie non fosse stata grande abbastanza da capire - era da poco che la bambina aveva iniziato a comprendere in cosa la sua situazione familiare si differenziasse da quella dei suoi compagni. Sapeva che Rosie gli voleva bene, lei lo dimostrava e lo ripeteva in ogni occasione, ma nel profondo aveva il terrore che, un giorno, quella creaturina senza la quale non poteva più vivere, lo avrebbe guardato e avrebbe visto il mostro che lo aveva privato di un genitore e ne aveva preso il posto.

«Mi piace» rispose lei, senza pensarci troppo «Papà è sempre felice quando siete insieme. E anche tu sei felice quando siete insieme»

«E tu? Sei felice?»
«Io sono felice taaaaaaaanto così» allargò di nuovo le braccia «Però solo se promettete di restare sempre con me»

«Te lo prometto, Rosie. Come le stelle che sono sempre nel cielo»

Rosie lo abbracciò.

 

The night sky that I've been seeing in the meantime

Switches constellations three times and calls out to me

I'll only stay on your orbit for the rest of my life

Please, keep being that figure

 

«Dada» chiamò Rosie dopo un po’ «Perchè tu e papà non siete sposati?»

Sherlock sussultò «Come mai questa domanda?»

«È che ci pensavo… Zio Mickey e zio Greg sono sposati… Anche i papà di Timothy e le mamme di Andrea… Ma tu e papà no» Rosie sospirò, improvvisamente triste «Non volete stare insieme per sempre?»

«Ma certo, Rosie… Certo che vogliamo stare insieme per sempre» Sherlock corse a rassicurare la bambina «È complicato»

«Per la mamma?» 

Sherlock esitò. «Anche… Papà…Ha passato tante cose. Ho sempre pensato che chiederglielo fosse troppo» Inspirò. «E poi, non volevo che tu pensassi…»

«Oh ma io voglio che vi sposiate. Gliel’ho detto a zia Molly, ma lei pensava che tu non sei pronto…»

«Fossi pronto» corresse Sherlock, automaticamente «E così lo hai detto prima a zia Molly eh, piccola brigantella» solleticò la bambina per alleggerire l’atmosfera.

«Te l’ho detto che sono brava a tenere i segreti!» esclamò col fiato mozzo per le risate.

 

Passarono alcuni minuti prima che si riprendesse, ma la stanchezza stava iniziando ad avere la meglio sulla piccola, che sbadigliò, accoccolata sul petto del padre.

«Andiamo a dormire?» le chiese Sherlock.
«No, voglio ancora…» uno sbadiglio le mangiò la fine della frase.

«Dai, monella, è ora di andare» le disse dolcemente Sherlock, aiutandola a mettersi in piedi.

L’accompagnò verso quella che era stata la sua camera, ma che adesso era la stanzetta di Rosie - anche se molto spesso, durante la notte, evadeva dal suo letto, per infilarsi in quello dei genitori - e la aiutò a mettersi a letto, rimboccando le coperte.

«Dada?»

«Si, Rosie?»

«Secondo te la mamma è una stella?» farfugliò «Cioè, so che è un cadavere, ma…»

«Sì, Rosie, secondo me è una stella» A volte, si disse, una favola non fa del male a nessuno.

«E la signora Hudson?»

«Lei è la stella più bella di tutte» Sherlock le accarezzò i capelli «Ti manca?» la bimba annuì «Manca anche a me»

Passarono del tempo in silenzio e quando Sherlock pensò che Rosie si fosse addormentata, le posò un bacio delicato sulla fronte.

«Buonanotte, piccola Watson» sussurrò.

«Dada…» ormai esausta, non riusciva a tenere gli occhi aperti «Puoi chiedere a papà di sposarti se vuoi. Io non mi arrabbio» biascicò.

 

My world surely turned for me

Ever since I met you, the destiny's trajectory changed

Just like the stars that you see will be there tomorrow too

Whenever I look over at you, you're always there

John tornò a casa, trovando Sherlock sulla poltrona, pensieroso. Entrò cercando di fare silenzio, e posò un bacio sulla guancia dell’Holmes, prima di sparire verso la camera della figlia.

Dopo poco, si diresse verso la cucina, a preparare una tazza di tè per sé e il compagno.

«Rosie dorme come un sasso» comunicò a Sherlock, sedendosi sulla poltrona «Di cosa avete parlato per stancarla così tanto?»

«Mi ha chiesto di parlarle delle stelle»

«Oh, argomento spinoso» John sorseggiò dalla tazza, divertito «E che le hai risposto?»

«Le ho detto che non ne so nulla. Ah, e le ho detto che tu non ne sai nulla, quindi se te lo dice, non umiliarmi»

«Le mie labbra sono cucite» John rise «Le hai detto che è un segreto?»

«Me ne sono già pentito»
«Oddio, domani la strada per scuola sarà un inferno. Il suo papà preferito che non conosce qualcosa. Un oltraggio, dico io, un oltraggio!»

«Ha detto che sono il suo papà preferito?»

«Lo sai che non te lo confermerò mai, se anche fosse» disse John, piccato «E quindi? Com’è andata a finire?»

«Ha parlato lei del sole, della Terra e della luna. Dice che io sono la Terra, tu la Luna che mi giri sempre intorno e il crimine è il Sole»

«Ehi! Non è vero che ti giro sempre intorno, sono un pianeta anche io!» ribatté John, punto sul vivo.

«Tua figlia non la pensa allo stesso modo» Sherlock rise della reazione del compagno.

«Domani mi sente, la signorinella…»

Sherlock prese un sorso di tè, non sapendo come introdurre l’argomento. John se ne accorse, perché smise di fumare dalle orecchie, per scoccargli uno sguardo di fuoco.

«Che c’è?»

«Nulla, nulla…»

«Sherlock, hai la faccia di quando devi dirmi che c’è un piede decomposto nel frigo accanto al parmigiano, ti prego…»

«Pare che Rosie… Sia interessata al nostro status di coppia»

«In che senso?»

«Vuole che ci sposiamo, John»

John si coprì il viso con la mano «Fammi indovinare… Lo ha detto a Molly?»

«Già»

Per un minuto ci fu silenzio, rotto solo dal gracchiare dei cucchiaini nelle tazzine.

«John…» iniziò Sherlock, subito interrotto dall’altro.

«Tu che ne pensi?»

«Cosa?»

«Del matrimonio… cosa ne pensi?»

«Continuo a pensare che sia un impegno inutile, una firma su dei documenti che rendono due persone, che già convivono e che torneranno a dormire nello stesso letto immediatamente dopo la breve cerimonia, legalmente responsabili delle finanze l’una dell’altra…» John annuì, sospirando, ma Sherlock non aveva ancora finito «… ma se mi chiedi se ti sposerei nonostante questo, la risposta è sì»

«Cosa?!» John rischiò di gettarsi il tè sulla camicia buona.

«John, non è mistero che da quando sei arrivato la mia vita si è ribaltata. Sei l’uomo più responsabile, buono e saggio che io conosca, e non so bene cosa la gente definisca con la parola “amore”, ma se è simile a quello che provo per te, allora…»

«Okay» John si sentiva morire, non abituato alle parole che uscivano ora dalla bocca di Sherlock «Okay sposiamoci»

«Non devi farlo per Rosie, se non vuoi farlo…»

«Non lo faccio per Rosie, pezzo di cretino» John era pronto a tirargli una scarpa addosso «Cioè, anche, ma non solo. Ti rendi conto da quanti anni stiamo insieme? Ecco, penso di aver deciso di sposarti il giorno che l’ho chiesto a Mary» cambiò tono, per aggiungere «O forse era la voglia di tirarti un pugno, a volte sono istinti molto simili» fulminò Sherlock con uno sguardo «Il punto è che, Sherlock, stiamo insieme da un secolo. Viviamo insieme. Cazzo, abbiamo persino una figlia… E per alcuni di noi il matrimonio ha anche un significato sentimentale, oltre che economico» fece una pausa per riprendere fiato «Perciò, okay, Sherlock, sposiamoci»

 

My orbit is surely heading towards my path

Your particularly blue figure is beautiful

I was inevitably attracted to you

Ever since then, you were my star

 

Non potevano saperlo, tanto erano persi a guardarsi negli occhi, presi dalla gioia dell’essersi, in modo alquanto sbilenco, dichiarati amore eterno, ma, se fossero stati poco più attenti, avrebbero probabilmente sentito lo scalpiccio dei piedi nudi di una bimba, che si affrettava a tornare a letto, coprendosi con le mani il grande sorriso che le illuminava il viso.

***
Note dell'Autrice:
Looks like I'm not dead.
Era da un po' che avevo l'idea di ricominciare ad aggiornare, ma mi mancava, se non l'ispirazione, il coraggio di scrivere. Ora, come voi che mi conoscete sapete bene, io non scrivo fluff, quindi sapete anche che la prossima mazzata è dietro l'angolo.
Però, dai, ogni tanto mi sento buona anche io.
Detto questo, se il capitolo vi è piaciuto fatemelo sapere... E ci vediamo al prossimo.

PS: Un ringraziamento a Paola, che mi ha fatto ricominciare, così poi quando scrivo le cose tristi sapete con chi prendervela, tanto mi odia anche lei.

Al prossimo capitolo!
Lilith

 

   
 
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