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Autore: _Lightning_    18/03/2022    1 recensioni
Ellie e Nathan sarebbero stati adolescenti particolari anche in un mondo non sconvolto dall'Apocalisse – in un mondo in cui era ancora possibile sognare di raggiungere le stelle più lontane o scoprire leggendarie città perdute.
Un mondo in cui Joel e Sully non sarebbero stati costretti a mentire per proteggere i loro figli – o forse se stessi – da verità troppo crude da guardare in faccia.
È però in questo mondo che le loro strade si incrociano, portando i loro sogni a intersecarsi e costruirsi a vicenda, verso un futuro che, almeno ai loro occhi, non è così cupo come sembra.
Dalla storia: "A volte, riusciva anche a dimenticarsi che, forse, Joel le aveva mentito."
"Voleva crederci, anche se una parte di lui era certa che non ci credesse nemmeno Sully."
[Crossover: The Last Of Us/Uncharted // Ellie&Nate // Joel&Sully // BROTP // young!NathanDrake // post-TLOU1]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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• 2. Città fantasma •




Non c’era nessuna frana, a bloccare il corso dello Snake River. Arrivati al lago, Joel poté solo constatare che il livello era estremamente basso e che la loro principale fonte d’acqua ed elettricità era ridotta a un fiumiciattolo stentato.

Il razionamento dell’energia elettrica sarebbe continuato, almeno fino alle prossime piogge. Joel si grattò la nuca, non del tutto insoddisfatto dalla scoperta. Almeno, non dipendeva da loro e si erano goduti un paio di giorni un po’ diversi dal solito, negli sterminati altopiani del Wyoming.

Anche Ellie sembrava essere contenta di quella che potevano considerare una piccola gita. Lei non lo diceva apertamente, ma dopo mesi e mesi di viaggio costante da Boston a Salt Lake City, sempre sul filo del rasoio, faticava ad abituarsi alla monotona routine quotidiana di Jackson. Le aveva regalato la chitarra proprio per distrarla. Anche per impegnarle la mente che, lo sospettava, ritornava fin troppo spesso a quel giorno allospedale – e ad altri eventi a cui non voleva nemmeno pensare. Forse lo faceva anche un po per se stesso, oltre che per lei.

In quel momento, vide Ellie arrampicarsi agile su un masso affacciato sullacqua e portarsi una mano alla fronte, come una vedetta che scrutava i dintorni. Indossava quella canotta bianca della NASA che adorava, dei jeans strappati e un paio di Converse consunte e totalmente inadatte a unescursione nei boschi. Joel non trattenne un piccolo sorriso e sfiorò lorologio da polso: anche Sarah aveva il vizio di non mettersi mai le scarpe da trekking, quando la portava in gita.

Se non fosse stato per il calcio della pistola che sporgeva dal bordo dei pantaloni e per il coltellino che si intravedeva nella tasca posteriore, sarebbe sembrata una qualsiasi adolescente in campeggio estivo. Se non fosse stato per la benda che le fasciava lavambraccio, sarebbe stata una normale adolescente anche in quel nuovo mondo.

Ellie si piantò le mani sui fianchi e scrutò la superficie calma del lago, intorbidito dal fondale basso e melmoso, per poi sentenziare, in tono solenne:

«Un bel buco nellacqua, eh?»

«Ellie...»

Joel, come sempre quando sentiva le sue freddure, alzò in modo plateale gli occhi al cielo, facendola sogghignare. Dopotutto, il gioco per lei era quello.

Dopo essersi rinfrescati brevemente, non persero altro tempo: effettuarono una rapida ricognizione del villaggio turistico sulla sponda meridionale, eliminarono in silenzio un paio di infetti intontiti dal caldo e si incamminarono di nuovo verso Jackson, seguendo stavolta il senso della corrente.

Era ormai pomeriggio: il sole picchiava impietoso sulle loro teste, stroncando la loro andatura. Non ci voleva più di un giorno a piedi, da Jackson al lago, considerando il terreno impervio, ma le alte temperature li avevano obbligati a marciare di primo mattino e a trovare riparo nelle ore centrali del giorno, riprendendo la marcia quando il sole iniziava ad allentare la sua morsa impietosa.

«Hoback dovrebbe essere dopo quellansa» annunciò Joel dopo qualche ora, additando il corso sassoso dello Snake River.

Ellie si sollevò sulle punte dei piedi, proprio mentre un ponticello di un rosso vivo faceva capolino oltre le conifere, lunica macchia di colore nel paesaggio brullo e dai toni ocra del Wyoming.

«Bene. Qual è il piano?»

«Maria ha detto di perlustrare la zona attorno al mercato coperto. Vorrebbe piazzarci un avamposto per agevolare le ricognizioni nellarea, ma è da anni che non ci passa alcuna pattuglia. È una città fantasma da prima dellepidemia.»

«Quindi... noi siamo lavanguardia?» chiese Ellie.

Joel colse la trepidazione nella sua voce, un misto di aspettativa per la possibile azione imminente e di timore per i rischi che avrebbe comportato. Come sempre, dimostrava di essere molto più matura della sua età – a volte non riusciva a credere che avesse appena compiuto quindici anni.

«Dobbiamo valutare la situazione. Se le cose ci sembrano pericolose, torniamo a Jackson e decidiamo il da farsi. Se è gestibile, eliminiamo gli eventuali infetti in modo sicuro» ribatté Joel, sollevando la spalla per mettere in mostra il fucile con mirino telescopico che portava a tracolla. «Non dovrebbe essere difficile trovare un punto di osservazione, qui» aggiunse, accennando alle alture circostanti.

«Affare fatto. Devo ancora prenderci la mano, con quellaffare» disse Ellie.

«Mi sembra che Tommy ti abbia già insegnato le basi.»

«"La pratica rende perfetti"» ribatté Ellie, impettendosi. «Lo dice anche Daniela Star in...»

«... Savage Starlight, lo so.»

«Non fare lo scocciato, hai promesso che lavresti letto.»

«Sì, sì... quando sarò in pensione» le concesse Joel, cercando di non ridacchiare.

Ellie sbuffò sonoramente. Non le rivelò di aver già abbondantemente sfogliato i suoi fumetti, giusto per non perdere totalmente la bussola quando se ne usciva con le citazioni della sua eroina.

Una nuvola andò a oscurare il sole, regalando loro un po di frescura mentre le basse casette di Hoback iniziavano a spuntare allorizzonte.

 


Hoback non doveva essere stata particolarmente vivace nemmeno prima del crollo: Sully aveva visto villaggi fantasma in Colombia con più movida. Almeno, laggiù la giungla contribuiva a rendere un po’ meno scialbo il paesaggio – quando gli enormi fiori tropicali non si rivelavano trappole mortali infestate di Cordyceps.

Le montagne incombevano sulle poche, basse costruzioni in legno, per lo più chalet turistici, rifugi e negozi di attrezzatura sportiva. Un raggruppamento più folto di edifici si intravedeva in lontananza, forse un’area di sosta. La strada era costellata di veicoli abbandonati, alcuni dei quali sembravano anche in ottimo stato: con un po di fortuna, avrebbero persino potuto proseguire parte del viaggio in auto. Anche i corpi erano poco numerosi, per lo più abbandonati ai lati della strada.

Sembrava che la maggior parte della gente non fosse stata raggiunta direttamente dallepidemia, ma se ne fosse andata quando i rifornimenti avevano iniziato a scarseggiare. Potevano sperare che il numero di infetti fosse relativamente ridotto, anche se Sully non poté fare a meno di sfiorare il calcio della Magnum, ad assicurarsi che fosse ancora lì. Nate, ovviamente, notò il gesto.

«Nervoso? Non ti piacciono le città fantasma?» lo punzecchiò, con il solito atteggiamento di chi non ha un solo pensiero al mondo.

«A te sì?» lo rimbeccò, continuando a camminare sul ciglio terroso della strada, dove lasfalto bollente non rischiava di sciogliere loro le suole.

«Dipende, di solito nascondono sempre qualcosa di interessante. Per esempio a Dyea, in Klondike, si dice che da qualche parte ci sia una cassa pieno di pepite dimenticate dopo la corsa alloro.»

Sully scosse la testa, ringraziando il giorno in cui Nate e il fratello avevano deciso che leggere libri di storia, archeologia ed esplorazioni fosse un buon modo per occupare le ore libere allorfanotrofio. Quel passatempo aveva regalato a Nate un mondo parallelo in cui, anche alla soglia dei ventanni, poteva rifugiarsi a comando.

«Ah, non so, Nate. Qui mi sembra che lunico "tesoro nascosto" sia quel supermercato... e la speranza che dentro ci sia ancora qualcosa di utile.»

«Sei un guastafeste.»

«Devo tenerti con i piedi per terra o non so dove finirai, uno di questi giorni.»

Nate soffiò via una risata, riassestandosi lo zaino in spalla.

Continuarono ad avanzare verso unampia area di sosta: un benzinaio, un mercato coperto, qualche negozio di souvenir e un pullman turistico abbandonato spiccavano nella piattezza del paesaggio infossato tra basse montagne. Poco distante, cera quella che sembrava una grande casa di villeggiatura a due piani, col tetto spiovente, graziosi balconcini e un ampio patio esterno. Sul ballatoio si affacciavano le porte di diversi appartamenti.

«Abbiamo trovato il nostro hotel» annunciò Sully, richiamando lattenzione di Nate.

Il ragazzo corrugò le sopracciglia, con lo sguardo che volò sul tetto pericolante.

«Suppongo che non sia alta stagione, da queste parti» commentò, arricciando il naso.

«Lhai detto. Diamo unocchiata in giro, non vorrei avere brutte sorprese.»

Nate annuì, anche se non sembrava troppo convinto dalla scelta di alloggio. Non obiettò apertamente, limitandosi a sfilare la pistola dalla fondina. Sully fece lo stesso, sebbene nei dintorni non si muovesse una foglia – persino il vento si era estinto, lasciandoli nel bollore del tardo pomeriggio.

Il mercato era lunica costruzione della zona con più di due piani. Sembrava in pessimo stato, come tutti i prefabbricati che, dopo quasi trentanni di incuria, avevano mura e intercapedini divorati da muffa e ruggine. Non era particolarmente grande: ci sarebbe voluta unora scarsa per perlustrarlo, metterlo in sicurezza e raccattare quel che di utile era rimasto, per poi trasferirsi in uno degli appartamenti vicini.

Quando furono abbastanza vicini, Sully scrutò con sospetto il pullman abbandonato: il parabrezza era sfondato e la porta anteriore divelta dallinterno, come se qualcuno avesse tentato di contenere degli infetti, fallendo.

Chiazze rossicce di Cordyceps oscuravano parzialmente i vetri integri e, nella luce intensa del tardo pomeriggio, intravidero le dense nubi di spore che galleggiavano nel corridoio centrale. Sui sedili, si distinguevano delle forme umanoidi e deformi intrappolate ai loro posti con le cinture di sicurezza, ormai completamente inglobate e prosciugate dal fungo.

«Via da lì, Nate. Quella è una bomba biologica.»

«Sembra vuoto» lo ignorò lui, allungando il collo a distanza di sicurezza per scrutare linterno del mezzo. «La capienza è di quaranta persone e conto meno di sei sedili occupati. Se degli infetti sono usciti e qui attorno non ci sono corpi...»

Sully seguì il suo sguardo, verso il mercato coperto. Rilasciò un respiro teso, condividendo il ragionamento, che venne confermato da un lieve tramestio di piedi sui calcinacci, proveniente dallinterno delledificio.

«Sully, mi sa che è meglio lasciar perdere lo shopping e andare direttamente in hotel» commentò Nate, allontanandosi di un paio di passi dalle porte dingresso del mercato, la pistola cautamente puntata di fronte a sé.

«Ti do ragione,» annuì Sully, assecondando il brivido premonitore che lo prese alla nuca, «lasciamo perd–»

Uno sparo troncò il resto della sua frase, seguito da un fragore di vetri infranti.

 



 


Note dell’Autrice:
Cari Lettori,
ecco, finalmente arriva l’azione! ♥
Ho buttato qua e là qualche riferimento alla backstory di Nate e Sully (ho tutto un headcanon al riguardo che verrà esplicitato in futuro), spero di avervi incuriositi. E ogni citazione/riferimento non è puramente casuale ;)
Se vi va, lasciate un commento e/o una stellina per farmi sapere cosa ne pensate! Ogni feedback è utile ♥
A venerdì prossimo,

-Light-

   
 
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