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Autore: SheHadTroubleWithHerself    20/03/2022    1 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TREDICI

 

C'è qualcosa di rassicurante nel pensare che l'orribile periodo natalizio stia finendo, così come le solite cinque canzoni natalizie che finalmente vengono accantonate e l'eccessiva e finta gentilezza.
In effetti Elisabetta poteva dire di sentirsi meglio già dal giorno di Santo Stefano, una volta aver concluso le imbarazzanti telefonate di sua sorella che in tutti i modi cercava di intrufolarsi nella sua routine di giornate vuote e anche se la sera della vigilia di Natale è ancora impressa nella sua memoria, almeno adesso sa di poter tirare un sospiro di sollievo.
C'è una sola costante, ossia la mancanza ormai opprimente di Claudio.

Qualche volta ha davvero provato a scrivere qualcosa, addirittura chiamarlo, solo per sapere se avesse aperto quel piccolo regalo o per chiedere una volta per tutte un chiarimento. Ma a pensarci bene c'è ben poco da chiarire poiché la prospettiva di Elisabetta è rimasta la stessa se addirittura non si è rafforzata.
E' strano dire che adesso ogni pensiero che si aggira a quel temibile argomento è sempre più normale? Sarebbe un'ottima domanda da porre alla sua psicoterapeuta se solo si degnasse di prenotare una seduta.
Se prima Claudio poteva essere un motivo per stringere i denti e prendere in mano la propria vita, pensare adesso che lui stia tranquillamente voltando pagina la fa sprofondare in quella sua malsana certezza.
Vestita di tuta e scarpe da ginnastica esce dalla sua camera d''albergo, si dirige nel piccolo supermercato di fiducia e in vista del Capodanno fa provviste di tutte quelle piccole voglie che potrebbero nascere durante la serata. Non è certamente il primo Capodanno privo di festeggiamenti, ma è sicuramente il primo in totale solitudine e non vuole necessariamente vederlo come un lato negativo, riconoscere la situazione le dà la tranquillità di pensare che non poteva fare di meglio.
Forse un po' si vergogna quando arriva alla casa con la sua piccola spesa, un po' perché ormai il supermercato la conosce bene e un po' perché i suoi acquisti urlano a gran voce che la sera stessa ci sarà tutto tranne che una festa. La cassiera non sembra volerglielo far notare, quindi paga silenziosamente e si sente abbastanza in vena da fare una breve passeggiata nei dintorni.
Avrebbe voluto poter sentire i genitori di Claudio, anche solo un messaggio d'auguri, ma ripensandoci loro potrebbero già essere a conoscenza della situazione reale e il cuore accelera di qualche battito alla realizzazione di Veronica che scopre tutte le sue bugie. Forse non sentirli è la scelta migliore, vuole vivere nell'illusione di essere ancora apprezzata almeno da loro.
Nonostante gli impegni inesistenti e il suo continuo vagare senza alcuno scopo, il pomeriggio sembra volare ed ha assistito ad un numero sufficiente di gruppi di amici in procinto di iniziare la loro serata dell'ultimo giorno dell'anno per potersi ritenere soddisfatta e tornare indietro. Si chiede finalmente quali siano i veri piani di Claudio, se starà già festeggiando e se riuscirà almeno a chiudere l'anno in bellezza divertendosi, ma non può fare a meno di notare la sua gelosia nel momento in cui stringe i denti al solo pensiero.

 

Il passaggio tra un anno che finisce e il successivo che comincia viene sempre vissuto come l'epicentro della catarsi: inevitabilmente ci si ritrova ad analizzare tutto ciò che è successo e cosa ci si aspetta dal futuro. Claudio non riesce a catalogare in nessun modo l'anno che sta terminando ma ha capito solo una cosa: dissimulare non fa per lui.
Dal momento della sfuriata sono passati solo due giorni e pur non volendo affrontare le domande dei suoi genitori non è riuscito minimamente a rassicurarli con il suo ripetere di stare bene. Sarcasticamente pensa di voler chiedere ad Elisabetta un paio di lezioni.
Tenta di convincerli prendendo la decisione di festeggiare comunque con Riccardo e la sua cerchia di amici anche se il suo corpo ha a malapena le forze per vestirsi a dovere per l'occasione. Claudio non è mai stato colui che viene definito “l'anima della festa”, non è certo la persona che mantiene il ritmo della serata ma si è sempre fatto coinvolgere seppur in maniera responsabile, ma quella sera il solo pensare di dover interagire con il resto del mondo gli provoca la nausea.

“Sul serio, questa volta pensavo ti avessero rapito!” scherza Riccardo non appena Claudio fa il suo ingresso nella sua macchina. Dietro di lui ci sono già i sedili occupati da Monica, Elena e Giorgia impeccabilmente truccate e vestite a festa impegnate in una delle loro infinite conversazioni.
“Non è colpa mia se prendo sul serio lo studio.” cerca di schernirlo con poco entusiasmo ma Riccardo non sembra notarlo, forse troppo emozionato per ciò che la serata potrebbe offrire.
“Si, certo!” risponde alzando il volume della radio e unendosi al canticchiare delle ragazze.

Non capisce fin da subito dove stiano andando, sono nella periferia della città e il locale appare ai suoi occhi totalmente sconosciuto e anonimo, ma si impone nell'ambiente grazie ai numerosi ragazzi che lo stanno abitando.
E' tutto molto prevedibile, grossi tavoli con sopra stuzzichini e bibite con un piccolo angolo per i cocktail. Monica durante il viaggio ha ricordato circa una ventina di volta la presenza dell'open bar.
“Credevo che non saresti venuto da solo stasera.” confida Giorgia al suo orecchio, non capisce come sia riuscita ad avere un piatto pieno di ogni sorta. “Eravamo intenzionate a scommettere.”
“Fortuna che non l'abbiate fatto allora!” esclama con poco entusiasmo e accettando di buon grado il drink che gli viene offerto.
“Va tutto bene, è successo qualcosa?” chiede Giorgia preoccupandosi all'istante.
Claudio per la prima volta è quasi intenzionato a parlarne, tirare fuori ogni cosa che lo sta corrodendo dentro ma ci ripensa nel momento in cui Riccardo è di ritorno, anche lui con un piatto straripante di cibo.
“Avete lasciato qualcosa alle altre persone?” decide quindi di domandare retoricamente e ruba dalla piccola montagna un salatino che è sicuro non essere niente di diverso da quelli precotti e surgelati.
“Sei seduto su quel divanetto da almeno trenta minuti, scusa se non voglio farti morire di fame!” si giustifica prontamente il suo migliore amico che prende posto affianco a lui.
Vengono raggiunti infine anche da Monica ed Elena che monopolizzano immediatamente l'attenzione di Giorgia, Claudio capisce subito essere un cattivo segno.
“Bene. Devo sommergerti di domande o ti degnerai di darmi delle spiegazioni?” il tono di Riccardo non accetta repliche, per questo motivo Claudio non ha ancora risposto.
La musica alta gli fa perdere il senso del tempo e non capisce da quanto tempo Riccardo stia aspettando la risposta che si rivela essere un profondo sbuffo.
“Sembrava stesse andando tutto bene.” commenta infine dissetandosi con un sorso del suo drink che dal forte odore riconosce come il solito Negroni.
“Posso non doverci pensare almeno stasera?” supplica Claudio guardandolo finalmente negli occhi, spera in cuor suo che Riccardo capisca la situazione.
Sembra farlo dal momento che quel discorso non viene prolungato, anzi, se ne aggiungono tanti altri e il tempo scorre più facilmente accompagnandolo con l'alcol.

Non è la prima volta di Claudio in un locale, ma non ha mai sentito i bassi di ogni canzone scuotergli le ossa così profondamente anche se con un pizzico di lucidità saprebbe che la colpa è dei cocktail che ha bevuto in meno di due ore.
Ha trovato però quella condizione perfetta in cui è totalmente anestetizzato, incapace di pensare a qualsiasi cosa se non a ballare nella piccola pista facendosi sballottare ogni tanto dai corpi circostanti. Non ha idea di dove siano i suoi amici e nemmeno riesce a preoccuparsene così come non lo disturba il velo di sudore che la sua pelle produce.
C'è un momento però in cui il suo cervello gli impone di fermarsi, i battiti del cuore sono così accelerati da farlo respirare faticosamente e pur rimanendo sul posto la stanza continua a girare.
Nessuno intorno a lui sembra accorgersi del suo stato e subito dopo Claudio ne capisce il motivo, sono tutti troppo impegnati a ballare, baciarsi e urlare i testi delle canzoni che il dj sta facendo rimbombare da chissà quanto tempo.
Non è ancora la mezzanotte, o almeno non si ricorda di aver brindato a tal proposito, e barcolla quindi senza meta con le gambe che tremano e un leggero stato di agitazione per non aver mai provato sensazioni del genere, e capisce immediatamente di non saperle gestire.
Sembrano esser passati millenni quando finalmente riconosce la figura di Riccardo che ha lo sguardo totalmente concentrato sul viso di Giorgia, almeno fino a quando Claudio non lo urta involontariamente.
“Ehilà.” crede di aver borbottato e subito viene sorretto da due braccia forti.
“Claudio, stai bene?” gli chiede Giorgia avvicinandosi al suo orecchio per farsi sentire.
Nessuno dei suoi muscoli facciali sembrano voler collaborare e permettergli di rispondere o almeno sorridere per rassicurare la coppia di amici, si bea però del supporto fisico che ha trovato in Riccardo, ammorbidendo il corpo su di lui.
“Ragazzi, il flûte per mezzanotte!” esclama una ragazza dello staff del locale, lasciando in mano a Giorgia i piccoli bicchieri di plastica spessa.
Claudio viene ridestato con quelle semplici parole, si accorge subito di avere la gola secca e anche se ben consapevole di aver bevuto oltre il suo limite quelle bollicine sembrano fare il caso suo.
Ne toglie uno di mano all'amica già pronto per farlo scivolare sulla lingua quando una mano lo ferma duramente.
“Credo tu possa farne a meno.” commenta Riccardo con una smorfia di fastidio.
“E io credo tu debba pensare agli affari tuoi.” Claudio lo guarda sperando di trasmettergli tutta la rabbia che in questo momento è sedata dal tasso alcolemico, nella realtà da esterno saprebbe di starsi rendendo solo ridicolo con quella parlata biascicata.
Riccardo sbuffa in cerca di una risposta ma viene interrotto dall'arrivo del restante del gruppo, anche loro provviste del loro bicchiere di spumante e pronte per il brindisi.
Nonostante la discussione appena avvenuta, tutti vengono distratti dal conto alla rovescia che permette loro di mettere da parte ogni astio e a sorridersi a vicenda pronti a scontrare i bicchieri tra loro.
In pochi secondi tutti intorno a loro si stanno gridando gli auguri, abbracciandosi e confidando che l'anno che sta cominciando possa essere il migliore mai avuto. Tutti tranne Claudio.
Claudio che sperava di allontanare il senso di nausea con la dolcezza dello spumante e che credeva che la presenza dei suoi amici sarebbe stata sufficiente per colmare ogni mancanza.
Si dirige verso l'uscita e durante il percorso getta a terra il piccolo bicchiere di plastica, è una corsa contro il tempo causata dal suo corpo che si sta ribellando per ciò che ha dovuto sopportare ed è una strana sensazione di sollievo rigettare tutto una volta arrivato all'angolo della strada.
Una scia acida percorre lo stomaco passando per l'esofago fino alla sua bocca, la mano appoggiata al muro non riuscirà a tenere tutto il suo peso ancora a lungo. Si consola di non aver mostrato a nessuno quella scena squallida e si chiede come riuscirà a camuffare a lungo il suo reale stato d'animo, ma smette di pensarci quando voltandosi trova Riccardo con le braccia incrociate e uno sguardo di sdegno.
Lo sa che questo sarebbe il momento giusto per parlarne, tirare fuori tutto in ogni senso possibile ma la realtà è che non sa nemmeno da che parte cominciare. E' disgustoso, ma pulisce un angolo delle labbra con la manica prima di ricomporsi definitivamente.
“Cosa avrà mai fatto per ridurti così?” chiede senza forze l'amico, incapace di perdere l'attuale posizione.
“A quanto pare non sono abbastanza.” risponde Claudio realizzando solo successivamente il peso delle sue parole.
“Lo trovo difficile da credere, anche se non posso dire di conoscerla. Per come ne parlavi sembrava piuttosto presa da te.”
“Infatti, non sai niente.” commenta Claudio infastidito dall'intuizione di Riccardo.
“Quando la smetterai di voler fare sempre l'eroe?” Riccardo non ha paura di discutere con il suo migliore amico, anzi, il peggior scenario è allontanarsi a tal punto da non parlarsi più. Preferirebbe prendersi a pugni piuttosto che accettare quell'opzione.
“Sono stanco e parecchio ubriaco, non ho alcuna voglia di discutere.”
Si spinge in avanti per reggere il peso sui suoi stessi piedi e barcolla per qualche secondo mentre il cervello ripete più volte sempre le stesse parole.

Hai imparato la differenza tra una pietra preziosa e un sasso?

Da quando sua madre gli aveva mostrato quello stupido biglietto niente ha più avuto senso. Leggere quelle parole così tante volte ha montato dentro di lui un miscuglio di sentimenti contrastanti e una rabbia incommensurabile, soprattutto le scuse finali.
Di cosa scusarsi poi? Si sente uno schifo al pensiero che una persona con pensieri suicidi si scusi per quello, come se potesse farci qualcosa.
Lo sa che l'ha spinta lui a dire una cosa del genere, lo sa di aver esagerato l'ultima volta e a Natale.
“Torniamo dentro?” chiede in una sorta di supplica, sente solo in quel momento il freddo che si insinua nel colletto della camicia.
“Ho un'idea migliore.” ribatte Riccardo afferrando il suo polso con la forza necessaria per far sì che lo segua.

Dopo aver radunato il resto del gruppo, Riccardo fa strada verso il piccolo guardaroba e una volta pagato il servizio si fiondano nuovamente nella fredda aria di quello che ormai è già il mese di Gennaio.
“Servizio Taxi, ognuno ai propri posti!” annuncia il ragazzo sbloccando la macchina con il piccolo pulsante del telecomando.
Sembrano essere tutti un po' su di giri, ma evidentemente solo Claudio fa fatica a mantenere alta la concentrazione e nonostante la radio accesa e il continuo cantare delle amiche la celebre “I will survive”, riesce ad affondare in un sonno profondo.

Viene svegliato da un insistente Riccardo che lo spinge delicatamente dalla spalla. Aprire gli occhi sembra la cosa più difficile da fare grazie al mal di testa che non gli permette di stabilizzare ciò che si trova davanti. Fa freddo dentro la macchina spenta e sono fermi in un posto che non riesce pienamente a riconoscere almeno finché Riccardo non comincia a parlare.
“Ho pensato che casa tua non fosse la scelta più appropriata per smaltire la sbornia.” giustifica lasciando che sia lui a identificare l'edificio alla sua sinistra.
Ovviamente Claudio sa che quello non è l'unico motivo ma è ubriaco, e questo non impedisce al suo cervello di cominciare una lista di motivi per cui non dovrebbe scendere dal sedile. Ha paura che una volta davanti a lei, lui possa far cadere ogni facciata di indifferenza o scaricarle addosso ogni frustrazione. Non ha nemmeno la minima idea di come affrontare una conversazione con lei nonostante sia sempre stato lui a cercarla e a tenere in piedi entrambi. Ha solo voglia di dormire e per una volta non dover pensare sempre alle conseguenze.
“Cosa ti fa pensare che questa lo sia?” la voce è rauca e sarebbe difficile da sentire se attorno a loro ci fosse il minimo rumore.
Ma sono quasi le due di notte e nonostante l'ultimo giorno dell'anno quella zona della città non sembra in vena di festeggiamenti.
Riccardo lo invita a scendere dalla macchina e se Claudio lo segue senza alcuna obiezione è perché non sarebbe in grado di tornare a casa con le sue stesse gambe.
Vuole sorridere di soddisfazione quando arriva alla conclusione che la receptionist non li avrebbe mai lasciati salire al piano giusto solo sulla fiducia delle parole del migliore amico, ma si ricrede nel momento in cui vede la sua figura dal vetro delle pesanti porte dell'albergo con una giacca pesante addosso e un pantalone della tuta arricciato sulle scarpe da ginnastica slacciate.
“Hai proprio pensato a tutto.” commenta con un pizzico di rabbia a condire le parole, vorrebbe riuscire a vomitare anche quella tutta in una volta. Quel sentimento non gli è mai appartenuto così tanto.
Riccardo gli intima con freddezza di non parlare nel momento in cui tira la porta ed entra nella struttura.
Li accoglie con un sorriso di circostanza, la chiave tintinna tra le sue dita ed è palese la sua difficoltà nel tenere lo sguardo alto. Claudio nota le pupille spostarsi da un lato all'altro senza riuscire a fermarle per più di tre secondi.
“Grazie ancora per l'aiuto.” spezza il silenzio Riccardo, il suo braccio continua a tenere Claudio dalle spalle.
Elisabetta nega con le spalle il disturbo, ancora non riesce a credere alla scena davanti ai suoi occhi.
Riccardo va via augurando la buonanotte o almeno quel poco che rimane, subito dopo Claudio barcolla in direzione della stanza rifiutando qualsiasi tipo di aiuto. Elisabetta si stupisce del fatto che sia in grado di orientarsi anche in quello stato ma arriva prima di lei nella stanza e quando apre la porta Claudio non si fa alcun problema ad appoggiare il giubbotto dove capita e a sedersi sul bordo del letto.
Non sa esattamente come comportarsi, le uniche informazioni che ha sono che Claudio è evidentemente ubriaco e che Riccardo non se la sentiva di portarlo a casa sua o dei suoi genitori per non allarmarli.
Spogliandosi dei vestiti in eccesso si rende conto di essere davanti a lui in pigiama e con i capelli scompigliati, lo sguardo insolitamente vuoto nonostante lo stia guardando anche se lui ha la testa da tutt'altra parte.
“Puoi metterti comodo sul letto, posso stare sulla poltrona.” dice ad un tratto vedendo le sue palpebre fare fatica a rimanere aperte. Claudio sembra voler seguire le sue parole ma si alza rimanendo sul posto per qualche istante. Una smorfia indecifrabile staziona sul suo volto per un istante finché non corre nel piccolo bagno.
Elisabetta ha qualche attimo di smarrimento prima di seguirlo e di sentirlo rivoltare come un calzino il suo stomaco. E' dietro di lui, una mano timida a massaggiare la schiena come conforto e l'altra a tenere la fronte e i corti ciuffi di capelli notando solo in quel momento il sudore rendergli appiccicosa la pelle.
Il suo malessere dura giusto un paio di minuti, dopodiché fa appoggiare Claudio alle piastrelle della parete e si allontana il tempo sufficiente per bagnare un piccolo asciugamano.
Claudio tiene gli occhi chiusi, il respiro è ancora lievemente affannato e le gambe e le braccia sono totalmente rilassate.
“Come ti senti?” chiede Elisabetta sedendosi sui talloni. Non riceve risposta ma appena appoggia l'asciugamano tiepido sul viso lo sente sospirare e quello è abbastanza per provare a tranquillizzarsi anche se la destabilizza il pallore del suo viso.
E' una strana sensazione vedersi dall'altra parte, prendersi cura di qualcuno anche solo per una stupida sbornia. Mettere da parte il pessimo umore o la paura di fare la cosa sbagliata pur di aiutare la persona davanti a sé.
Si accorge di star indugiando più del dovuto sul suo viso e sul collo, ma rimane attirata dai muscoli del viso totalmente rilassati, per la prima volta dopo giorni non ha a che fare con il suo sguardo freddo.
Quando prova a sollevare Claudio dal pavimento lui sembra essere abbastanza collaborativo da farsi guidare nuovamente verso il materasso su cui poi affonda lasciando andare tutto il peso. Lo spoglia delle scarpe e della camicia notandola sporca e mentre lui si è già addormentato, ne approfitta accarezzando la zona delle clavicole per poi allontanarsi definitivamente.
Si sistema sulla poltrona con la testa su un bracciolo e le gambe a penzoloni, lo osserva dormire totalmente avvolto dal piumone se non per il profilo e si chiede per la prima volta cosa succederà una volta arrivata la mattina e il suo sobrio risveglio.

Si rende conto di non aver chiuso occhio nelle ultime ore nel momento in cui sente un telefono squillare. Si gira verso quel suono e si affretta a silenziarlo quando sente Claudio grugnire infastidito. Schiaccia il tasto laterale per fermare la suoneria e quando legge il nome di Veronica si chiede quale sia la cosa giusta da fare.
“Pronto?” sussurra spostandosi dalla stanza al bagno per riuscire ad affrontare quella telefonata.
“Dov'è Claudio?” la voce di Veronica è sul filo di un rasoio, riempita di panico.
“Sono Elisabetta, è qui da me.” non è sicura di poter usare questa frase come rassicurazione.
Un respiro tremolante si fa sentire dall'apparecchio, non riesce a immaginare a cosa stesse pensando notando l'assenza del figlio.
“Sta bene?” chiede con tono più controllato.
“Sì, ma sta ancora dormendo. Ti faccio chiamare appena si sveglia, d'accordo?” si guarda allo specchio notando come le dita stiano torturando una ciocca di capelli, vuole solo chiudere la chiamata il prima possibile. Chissà che opinione avrà di lei adesso.
“Forse non è stata una buona idea fargli vedere quel biglietto.” sospira Veronica sconfitta, allo stesso tempo Elisabetta processa quelle parole come se fossero la risposta al senso della vita.
“Pensavo fosse la spinta necessaria.” si giustifica subito dopo.
“Non l'ha letto prima di Natale?” chiede confusa Elisabetta, si costringe a sedersi in preda a un giramento di testa. La privazione di sonno si fa sentire prepotentemente.
“In realtà l'ho trovato un paio di giorni fa, ma ho avuto il coraggio di farglielo vedere solo ieri.” spiega Veronica, “Ma a quanto pare la crepa tra di voi è più profonda di quanto pensassi.” puntualizza.
Improvvisamente ricorda la loro conversazione di Natale, un nodo allo stomaco fa tornare il senso di colpa di aver mentito per l'ennesima volta e trova difficoltà a cercare una risposta soddisfacente.
“Dovrete risolvere una volta per tutte, il modo in cui la state affrontando adesso vi sta solo complicando le cose.”
“Io non volevo tutto questo.” confessa Elisabetta con la voce schiacciata e le lacrime in procinto di cadere, “Mi stavo illudendo che potesse funzionare, ma lui non merita questo.” le parole si chiudono in uno stridio quando si ricorda di non poter fare rumore.
“Sei sicura di non essere tu quella incapace a riconoscere il tuo valore?” risponde Veronica rifiutando di intromettersi troppo in quella situazione.
Il resto sono solo piccole raccomandazioni e saluti. Elisabetta è grata di poter rilasciare un sospiro singhiozzante e versare le ultime lacrime prima di trattenere il fiato. E' una pratica che ha scoperto essere utile per fermare il suo cervello quando ha troppe cose a cui pensare: trattiene il respiro fino a quando i suoi polmoni lo concedono, fino a che non sente la testa leggera.
Uscendo dal bagno si rende conto di aver fatto un buon lavoro tutto sommato, Claudio ha ancora gli occhi chiusi ed è sepolto dal piumone. Tutta la stanchezza della notte sembra piombarle sulle palpebre in quell'istante e la sua schiena urla infastidita dai dolori causati dalla poltrona.
Non riesce a fare a meno di stendersi sul materasso, il più lontano possibile da lui e senza farsi scaldare dalle coperte. Solo quando riesce finalmente a rilassare ogni muscolo del corpo si fa distrarre da un movimento brusco.
Claudio è sollevato su un gomito con lo sguardo confuso e accecato dalla poca luce nella stanza.
“Scusa” sussurra colpevole Elisabetta rialzandosi in poco tempo, fino a quando non viene fermata dalle sue dita deboli sul polso.
“Rimani.” borbotta con la voce ancora rovinata dal sonno mentre si stende sulla schiena.
Sembra servirgli parecchio tempo per riprendersi, si strofina più volte le mani sul viso e compie diversi respiri profondi intervallati da piccoli sbadigli.
“Come ti senti?” chiede timidamente, insicura se voler davvero tentare una conversazione con lui.
“Una merda.” risponde subito dopo senza nemmeno doverci pensare e chiudendo nuovamente gli occhi. “Hai qualcosa per il mal di testa?” Elisabetta rimane senza fiato quando Claudio le rivolge lo sguardo stanco e supplicante.
Non riesce a pronunciare nessuna parola, ma si alza immediatamente alla ricerca dei pochi farmaci che ha a disposizione e urlando internamente di gioia quando nota l'ultima pastiglia.
Subito dopo averla mandata giù, Claudio sente il proprio stomaco gorgogliare rumorosamente e in maniera infantile Elisabetta vorrebbe ridere soprattutto per la smorfia di imbarazzo comparsa sul suo volto.

Passa circa una mezz'ora da quando Elisabetta gli aveva promesso qualcosa per colazione e ritorna trionfante con cornetti di varie farciture e succo di frutta.
Considerando la neutralità delle espressioni di Claudio vuole quasi sperare che tra loro ci sia una tregua, forse possono fare finta che nulla sia successo e lei può smettere di sentirsi in colpa per aver ridotto Claudio in quello stato.
Per un attimo dimentica completamente le cose dette la mattina stessa con Veronica, soprattutto quando viene distratta dal piccolo sorriso di gratitudine del ragazzo.
“Penso sia arrivato il momento di parlare.” confessa dopo il primo boccone.

Fortunatamente Elisabetta è già seduta sulla sedia quando la sua testa inizia a girare.




Siamo in dirittura d'arrivo, eppure sento questa storia ancora in alto mare. Nemmeno io riesco a compiere una scelta per questi due.
Diciamo che questo doveva essere un assaggio del "lato oscuro" di Claudio, evidenziare come una delusione possa farci cambiare totalmente atteggiamento nei confronti delle persone più vicine a noi. Ovviamente definirlo lato oscuro è ridicolo, ma non sarebbe mai potuto diventare un bad boy tutto d'un tratto.
Nulla, spero solo che questo capitolo non risulti banale  almeno nel tratto riguardante la festa di  Capodanno, ma se così fosse allora prendetela come dimostrazione di quanti ne abbia passati in questo modo: ovvero mediocre.


 

   
 
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