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Autore: ciredefa    22/03/2022    0 recensioni
C’erano tante cose che Caitlyn non conosceva di Vi. Cose che avrebbe voluto conoscere con tutta sé stessa e con tutto il cuore. Poteva solo immaginare le difficoltà che aveva affrontato, gli orrori che aveva visto; qualche volta aveva condiviso stralci del suo passato, ma erano solo attimi persi, che pitturavano il suo viso di tensione e dolore. [ ... ] Ma non era quello il momento e lei non aveva fretta. Si era promessa di lasciarle tutto il tempo necessario.
{ Post Arcane | estremo caitvi | Ovvero come Caitlyn non comprende perché il mondo sia stato tanto crudele con una persona così buona come Vi e vuole rimediare }
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Caitlyn, Vi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

L
a nomina del nuovo sceriffo è sempre stato un evento per l’alta società di Piltover; un momento di passaggio di testimone importante, di nuove speranze e prospettive per la città e i suoi cittadini.
Che la sala dei congressi fosse gremita di persone non sorprese Caitlyn proprio per questo motivo. Alla vista di quel pubblico numeroso ricordò quando, qualche anno prima, assistette alla cerimonia di Marcus dopo la morte improvvisa del suo predecessore, Grayson. A quel tempo era ancora un’adolescente indecisa sul suo futuro, sotto pressione sia dalle aspettative dei suoi pari e sia quelle di sua madre; seduta in prima fila, ebbe l’occasione di vedere per la prima volta la cerimonia.
Il ricordo era ancora estremamente vivido. Donne, uomini e yordle in alta uniforme erano seduti attorno a lei e stavano guardando con ammirazione il collega tenere il suo discorso sotto le luci abbaglianti dei riflettori. Quel discorso fu lungo e toccante, intriso di belle parole e affermazioni forti che ispirarono la piccola Caitlyn.

Non si sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe rivissuto la stessa esperienza a parti inverse, e che quel giorno era arrivato troppo in fretta e lei non era nemmeno lontanamente pronta. Si pentì di aver preso in giro Jayce quando, nella stessa posizione in cui sti trovava lei in quel momento, avrebbe dovuto parlare dei suoi progetti hextech alla fine del Giorno Del Progresso; quasi lo ammirò per il coraggio, perché ciò che le aspettava la stava facendo sudare freddo.

Si sistemò il cappello e la gonna, nel tentativo di discostare i suoi pensieri altrove. In quel momento avrebbe desiderato con tutta sé stessa che dietro le quinte del palco ci fosse uno specchio per controllare lo stato della sua faccia: sapeva che prima o poi le sarebbero venute delle rughe profondissime sulla fronte, per il tempo che passava ad avere un’espressione corrucciata.

Buttò un occhio sul pubblico: tutti erano presenti, dai suoi colleghi, Jayce, sua madre e suo padre seduti in prima fila, tutti allegri e parlottanti tra loro. Caitlyn cercò con gli occhi una persona in particolare, e data la sua chioma sgargiante non sarebbe stato difficile trovarla, se solo fosse stata lì.

Caitlyn prese un lungo sospiro, per poi tornare a concentrarsi su qualsiasi cosa non fosse il suo discorso. Nei giorni precedenti alla cerimonia, la piltoviana aveva parlato estensivamente delle sue preoccupazioni a Vi, e lei aveva fatto del suo meglio per darle supporto. Ovviamente a modo suo.

Le parole non erano il punto forte di Violet, e quando provò ad aiutarla a scrivere un pezzo del discorso su carta, le due finirono per battibeccare su quanto sia appropriato l’uso di parolacce in un documento ufficiale.
“Come pensi di raggiungere le persone con tutti questi paroloni? Vai diretta al punto!”
“Violet sii ragionevole, non posso dire fanculo i chembarons.”
“Ma è quello che pensi!”

Per quanto Vi fosse carente nel dipartimento comunicazione diplomatica, recuperava tutto in gesti e piccole accortezze nei suoi confronti. Ad esempio, come aveva imparato soltanto osservandola prepararlo ogni mattina, la sua miscela di tè preferita: un cucchiaio del barattolo verde, mezzo da quello di rame, due zollette di zucchero e un po’ di latte intero. Glielo aveva servito quella mattina stessa a letto, con un paio di biscotti, assicurandosi che finisse tutto.

O quando, per far staccare Caitlyn dalla scrivania la sera tarda, l’afferrasse di peso come un sacco per lanciarla sul letto; e lo faceva ogni volta, con così tanta determinazione che da un po’ Caitlyn non si opponeva più.

O come, dopo ogni doccia, Vi le chiedeva se potesse pettinarle i capelli. La prima volta che glielo chiese la piltoviana si stranii, ma le porse comunque la spazzola, incuriosita. Da quel momento era diventato un loro rito, dove in silenzio la zaunita pettinava con cura i suoi lunghi capelli scuri, con delicatezza districava ogni nodo. “Hai dei capelli meravigliosi, lo sai?” le diceva ogni volta, e ogni volta Caitlyn sorrideva come una ragazzina innamorata.

Perché alla fine dei conti quella era la questione. Se all’inizio era un desiderio di protezione, di affetto genuino dato dall’esperienze traumatiche vissute insieme, anche un certo senso di responsabilità, si era trasformato presto in altro. Violet non aveva mai nascosto l’attrazione che provava per lei, e Caitlyn ci aveva messo un po’ per scendere a patti con le battute e gli ammiccamenti scherzosi.

Poi sono subentrate le preoccupazioni, le carezze, gli sguardi intrisi di mille parole impossibili da dire. Lentamente, senza fretta, Caitlyn si era innamorata perdutamente di Violet: di ogni sua singola sfaccettatura, espressione, cicatrice, sorriso, lentiggine …

Caitlyn scosse la testa vigorosamente per ridestarsi dai quei pensieri. Non era il momento più adatto per pensare queste cose, non lo era per nulla, ma non poteva fare a meno di desiderare che Vi fosse di fianco a lei prima della cerimonia. La sera prima glielo aveva chiesto ma lei era titubante, qualcosa tra un volerle lasciare spazio per godersi il suo momento e tra “piltoviani” stretto tra i denti. Aveva detto che ci avrebbe pensato su e Caitlyn sperò fino all’ultimo momento che le sarebbe apparsa alle spalle.

Ma quel momento non arrivò. Il suo nome venne annunciato a gran voce dal microfono del podio illuminato a giorno e il chiacchiericcio del pubblico scemò, in attesa. Si sistemò un’ultima volta l’uniforme, prese un lungo respiro e camminò per la prima volta su quel palco, con ogni passo che riecheggiava nel completo silenzio.

Arrivata dietro il podio, sistemò il microfono e tirò fuori da una delle sue tasche un foglio ripiegato, lo sistemò davanti a sé e cominciò. Sentì su di sé tutti gli sguardi dei presenti.

“Cittadini di Piltover” disse, alzando lo sguardo dal foglio “è con estremo onore e gratitudine che vi annuncio che da oggi in poi ricoprirò la carica di Sceriffo. Il consiglio ha espresso questa volontà nei difficili mesi che abbiamo vissuto, e accetto questa responsabilità con grande gioia” guardò nuovamente in basso, leggendo le parole che aveva scritto con velocità.

“Come ben sapete, la nostra amata città sta attraversando una delle più violente crisi della nostra storia. Non nego che sarà un lavoro difficile, ma farò del mio meglio per reinstaurare sicurezza nelle nostre strade” si fermò. Quelle parole le sembravano così poco, così vuote. Sapeva che avrebbe dovuto dire di più, ma le mancò il coraggio.
Guardò la platea, ampia e affollata: i suoi occhi guizzavano da una parte all’altra, alla ricerca di una testa in particolare.

E la vide. Non l’aveva vista prima perché aveva il cappuccio, ecco perché. Era seduta nel centro, e la riconobbe dai suoi occhi grigi scintillanti, fissi su di lei. Il cuore di Caitlyn si riempì di qualcosa che non seppe descrivere.

Le sue dita tremolanti presero il foglio e lo girarono, quelle parole scritte nei giorni precedenti diventarono improvvisamente inadeguate e nella sua testa ne fluirono, come un fiume in piena, altre più importanti. Caitlyn dimenticò di essere davanti a tutte quelle persone, e la tribuna divenne vuota, con solo Violet al centro.

“Tuttavia,” riprese, “tutti noi dovremmo fare un profondo esame di coscienza. Quanto, ognuno di noi, ha fatto per evitare questo? Quanti occhi abbiamo abbassato, quante volte abbiamo fatto finta di essere sordi quando la realtà invece era così rumorosa?” si alzò un mormorio leggerò, ma che non la fermò.

“Le cose cambieranno, e i primi a cambiare dovremmo essere noi. Noi piltoviani. Mettere la nostra bravura a servizio di tutti e non dei più abbienti. Dedicare un domani sicuro ad ogni bambino, ad ogni persona, e soprattutto un domani libero” aveva alzato il tono della voce, ormai divenuto arrabbiato, accusatorio “noi abbiamo il potere per farlo. Il mio lavoro sarà assicurarmi che accada, per Piltover, per Zaun, per tutti” e finì.

Caitlyn si sentì come se avesse appena vomitato. Aveva la testa leggera, una fitta allo stomaco che l’avrebbe piegata in due dal dolore se non fosse stata su quel palco. Il pubblico, con la fine del suo discorso, tornò nel silenzio. Alcuni si scambiarono occhiate dubbie, chi aveva un’espressione disgustata, chi invece gli occhi lucidi.

A Caitlyn non importava nessun dei precedenti. Aspettava soltanto la reazione di Violet, perché erano per lei quelle parole, era per lei tutta la speranza, erano per lei tutte le scuse che si meritava per quello che aveva passato.

Nel silenzio più totale parti un fischio, e poi un applauso. Vi si era alzata, si era tolta il cappuccio, e in piedi sul sedile aveva cominciato ad applaudire e cantare il suo nome. Gli altri, timidamente, vennero ispirati dalla zaunita e la imitarono, finché il silenzio non fu rimpiazzato da un lungo scroscio d’applausi.

All’uscita del palazzo, i suoi colleghi la stavano aspettando in riga e sull’attenti e, quando il sergente Harknor, agente senior di Piltover, le applico lo stemma di Sceriffo sul petto, ottenne un ulteriore applauso. Di Vi però non c’era nemmeno l’ombra, era arrivata ed era sparita in un attimo, senza che la piltoviana potesse intercettarla.

I suoi genitori la riaccompagnarono a casa alla conclusione della cerimonia e Caitlyn non vedeva l’ora di tornare. Rimase per tutto il breve viaggio pensierosa, rispondendo a monosillabi a sua madre, che stava esprimendo la sua opinione riguardante il discorso.

Appena Caitlyn arrivò all’entrata del condominio, corse in fretta per le rampe di scale e spalancò la porta di casa. Trovò Violet che l’aspettava appoggiata al tavolo della cucina, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia; appena vide Caitlyn, allargò le braccia.

“Ehilà, sceriffo.”
Caitlyn si gettò in quell’abbraccio con così tanta veemenza che per poco non sarebbero capitombolate a terra entrambe. Si strinsero con forza, entrambe felicissime, poi Vi  la sollevò dalle gambe per alzarla e farla roteare nel mezzo del salotto, ridendo entrambe a crepapelle.

Dopo che il cappello di Caitlyn volò rovinosamente oltre il divano, Violet la poggiò a terra, stringendola ancora a sé.
“Non hai idea di quanto sia stata felice di vederti lì” disse, “davvero. Pensavo non saresti venuta.”
“Ho dovuto pensarci un po’, scusami” Vi le prese la mano e le posò un lieve bacio sulle dita, “cambiare idea è stata la scelta migliore che potessi fare.”

“Quindi ti è piaciuto il discorso?”
“Scherzi? Sei stata incredibile, cupcake. Hai rimesso tutti quei palloni gonfiati al loro posto, avresti dovuto vedere le loro facce” disse, per poi scimmiottare uno degli spettatori che le erano seduti di fianco. Caitlyn rise di gusto, immaginandosi perfettamente la persona in questione.

Era valsa la pena angustiarsi così tanto su quel discorso se il risultato era vedere Vi felice. Il suo viso contratto in una risata, con il naso arricciato e gli occhi lucidi, era la cosa più bella e armoniosa che i suoi occhi abbiano mai avuto il privilegio di ammirare.

“T’ho detto che sei nata per essere al comando, Cait. Non ho visto così tanti discorsi nella mia vita, ma per Janna sei non hai sbagliato una virgola. Non vedo l’ora di vederti in azione, a mettere in riga tutti quegli agenti del cazzo che se la credono. Sei perfetta.”

Caitlyn strabuzzò gli occhi, per ricevere come risposta dall’altra un mezzo ghigno con una linguaccia. La piltoviana s’inclinò in avanti per un bacio, che ricevette senza esitazioni. Poi altri a seguirsi, sempre più veloci e affannati. Erano in casa ormai da un quarto d’ora e non si erano separate ancora da quell’abbraccio.

Vi poggiò il pollice sul labbro inferiore di Caitlyn, carezzandolo appena.
“Quindi,” sottolineò giocosamente, “come vuoi festeggiare questo lieto evento?”
La piltoviana inclinò la testa, incuriosita. “Bottiglia di vino?
“Uh-uh, l’abbiamo finito l’altra sera, ricordi?” schioccò la lingua sulle labbra, “puoi chiedere qualsiasi cosa, sceriffo.”
“Qualsiasi cosa?” ripeté, per poi avvicinarsi all’orecchio di Vi e sussurrare qualcosa a bassa voce. Quello che ne seguì fu prevedibile: la zaunita riprese in braccio l’altra per le cosce e senza interrompere la raffica di baci rumorosi, andò maldestramente verso la camera da letto e chiuse con un calcio la porta dietro di sé.

Il giorno in cui Caitlyn diventò Sceriffo fu il giorno in cui fece molte cose per la prima volta.
Per la prima volta, aveva detto ciò che pensava davvero davanti chi le faceva più paura; per la prima volta sentì che aveva fatto il passo giusto verso un futuro migliore per la sua città; per la prima volta si era sentita fiera di sé stessa, e per la prima volta aveva amato senza remore, senza freni, la donna più importante della sua vita.
E non vedeva l’ora di svegliarsi per averla al suo fianco, domani.




   
 
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