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Autore: _Lightning_    25/03/2022    1 recensioni
Ellie e Nathan sarebbero stati adolescenti particolari anche in un mondo non sconvolto dall'Apocalisse – in un mondo in cui era ancora possibile sognare di raggiungere le stelle più lontane o scoprire leggendarie città perdute.
Un mondo in cui Joel e Sully non sarebbero stati costretti a mentire per proteggere i loro figli – o forse se stessi – da verità troppo crude da guardare in faccia.
È però in questo mondo che le loro strade si incrociano, portando i loro sogni a intersecarsi e costruirsi a vicenda, verso un futuro che, almeno ai loro occhi, non è così cupo come sembra.
Dalla storia: "A volte, riusciva anche a dimenticarsi che, forse, Joel le aveva mentito."
"Voleva crederci, anche se una parte di lui era certa che non ci credesse nemmeno Sully."
[Crossover: The Last Of Us/Uncharted // Ellie&Nate // Joel&Sully // BROTP // young!NathanDrake // post-TLOU1]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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• 3. Sotto tiro •


 

«Giù!»

«Qua dietro!»

Sully e Nathan si spinsero e trascinarono a terra a vicenda, addossandosi alla ruota del pullman col cuore in gola. Attesero, con gli occhi che schizzavano a destra e a manca, cercando di capire da dove arrivasse il pericolo. Il silenzio fu rotto di nuovo, stavolta da un coro di gemiti e da un tramestio di passi diseguali, proveniente dall'interno del mercato. Un tintinnio di vetri e un ringhio gutturale risuonarono nell'aria calda, raggelandola.

«Lo sparo veniva dall'hotel» disse Sully, col fiato corto.

Teneva ancora una mano premuta sulla sua spalla, in un gesto istintivo. Nathan sfuggì alla sua presa, gettando una rapida occhiata oltre il cofano. Si umettò le labbra, nervoso.

«Predoni?»

Sully scosse la testa.

«Non ha senso, ci stanno aizzando contro gli infetti. Come pensano di derubarci, dopo?»

Proprio in quel momento, le grida si fecero più vicine, violente, ed entrambi sobbalzarono. Sully aprì il tamburo della Magnum, lo fece roteare una volta con un ticchettio, controllando i colpi, e lo richiuse con uno scatto del polso. Nathan lo imitò, tirando indietro il carrello della pistola e assicurandosi che il primo proiettile fosse in canna.

«Magari è solo un colpo di avvertimento, se ce ne andiamo...» cominciò, sentendo pizzicare le gambe per la voglia di andarsene via di lì, in fretta.

«Siamo in campo aperto e l'unico riparo solido è l'hotel, non resisteremmo dieci minuti inseguiti dai runner» obiettò Sully.

Nathan si sporse di nuovo, stavolta oltre il retro del pullman, per scrutare l'ingresso del mercato: ombre scomposte si agitavano oltre le vetrate sporche.

Non avevano molto tempo.

Un secondo sparo li assordò, seguito da un clangore metallico. L'insegna del benzinaio sopra di loro traballò, colpita. Fu chiaro che, chiunque stesse sparando, stava attirando gli infetti verso di loro.

«Almeno qualcuno qui si sta divertendo» commentò cupo Nathan.

Un coro di vetri infranti annunciò l'arrivo dei primi runner, che non tardarono a individuarli. Sully mirò e sparò alla testa del primo senza quasi guardare. Trascinò in piedi di peso Nathan, che si riprese dall'impasse e ne abbatté a sua volta un secondo. Molti, troppi si riversarono nell'area di sosta. Nathan contò una decina di runner e altrettanti clicker – una piccola orda, probabilmente i poveracci infettati nel pullman, a giudicare dallo stato avanzato del fungo sui loro corpi.

Il suo sguardo sfrecciò frenetico alla ricerca di una via di fuga, ma Sully aveva ragione, erano in campo aperto, allo scoperto, con una massa di infetti urlanti che si faceva sempre più vicina e un cecchino pronto a freddarli... Sbarrò gli occhi quando individuò finalmente la loro labile, minuscola possibilità di salvezza.

«Sully! Di qua!» esclamò, strattonandolo per una manica.

Sully eseguì d'istinto, per poi opporre resistenza quando realizzò in che direzione stessero scappando: dritti verso il mercato.

«Nate, sei imp–»

«Fidati e corri!» urlò lui, schivando un runner e sparandogli in petto, senza però arrestare del tutto il suo slancio.

Prima che potesse avventarglisi contro, Sully lo afferrò per le spalle, scaraventandolo a sfracellarsi la testa contro la pompa di benzina. Ripresero a correre, zigzagando a testa bassa, e un proiettile si abbatté a pochi centimetri dalla scarpa di Sully, sprizzando frammenti d'asfalto. Non ne arrivarono altri: forse non volevano attirare gli infetti, o forse stavano risparmiando munizioni, sapendo che qualcun altro avrebbe fatto il lavoro sporco al posto loro – bastardi.

Nathan schizzò verso un cassonetto accostato al muro di cinta del magazzino sul retro, vi balzò sopra e si voltò subito per aiutare Sully. Vide che ogni traccia di dubbio era scomparsa, sul suo volto.

Aveva capito il suo obbiettivo: il ballatoio superiore del mercato, un fragile cornicione di un metro scarso di larghezza per la manutenzione delle vetrate. Sembrava privo di accesso diretto dall'interno e una semplice ringhiera arrugginita fungeva da parapetto. Agli angoli della struttura, dei piloni in cemento offrivano una discreto riparo ai lati: si sarebbero dovuti preoccupare di coprire una sola direzione, una volta là sopra. Avrebbe offerto loro una copertura dagli spari e un luogo irraggiungibile per gli infetti – almeno, così sperava Nathan.

Il come sarebbero scesi da lì era un problema secondario, rispetto al salvarsi la pelle.

«Dai, Sully, muoviti! Ti do la spinta io, poi mi tiri–»

«Non se ne parla, vai prima tu, forza!» lo troncò lui, salendo sul cassonetto e poi sul muro di cinta e unendo già le mani a formare una staffa per il suo piede.

Nathan quasi ringhiò a quella presa di posizione, ma non c'era tempo per protestare. Sparò a un clicker che si stava arrampicando, rispedendolo indietro con un sibilo agghiacciante, e accettò l'aiuto di Sully, che lo sospinse verso l'alto. Aveva ancora un forza notevole, a dispetto dell'età, e Nathan raggiunse l'appiglio della ringhiera al primo colpo. Si issò fino al corrimano, lo scavalcò e si gettò pancia a terra, passando subito un braccio tra le sbarre per tenderlo verso Sully.

Vide con un tuffo al cuore che era già circondato, con gli infetti che abbattevano mani e pugni e tentavano di azzannarlo o afferrarlo sul suo appoggio instabile, impedendogli di scollare gli occhi da loro o di caricare il balzo.

«Sully!»

«Ci sono, ragazzo, dammi un secondo!»

Altri due spari, altri due runner che caddero nella polvere. Gli rimaneva un solo colpo, li aveva contati.

«Sully, sbrigati!» si sgolò Nathan, il braccio ancora teso fino allo spasimo.

«Maledizione...»

Nathan sparò un colpo a vuoto passando la pistola nella sinistra, colpendo il ginocchio di un clicker che stava per avventarsi sull'uomo. L'infetto cedette di un passo, mulinando le braccia. Poi si rialzò e afferrò Sully per un lembo della camicia.

Nathan sbarrò gli occhi, sentendosi precipitare – non come Sam, non come Sam...

«Sully!»

Urlò così forte che, per un attimo, sentì il sangue salirgli al cervello con un rombo e oscurargli la vista.

Una potente detonazione gli trapassò i timpani e la faccia del clicker, priva di volto e divorata dal fungo, divenne una massa sanguinolenta. Sully se lo scrollò di dosso e lo spedì con un calcio addosso all'orda, respingendola per pochi, vitali istanti. Nathan quasi si sorprese, quando sentì la mano di Sully afferrargli il polso per tirarsi su, tendendogli dolorosamente muscoli e tendini. Mollò subito la pistola per sostenerlo con entrambe le braccia, mentre lui scalciava nel vuoto per respingere altri assalti.

Tra grugniti e sforzi, riuscì a issarlo accanto a lui oltre la balaustra. Nathan si sentà gelare quando lo guardò meglio: aveva i capelli grigi picchiettati di sangue, rivoli scuri sul volto e quella sua orrenda camicia cubana si era strappata nel punto in cui il clicker l'aveva afferrato.

«Stai bene?» Nathan lo prese per le spalle, scrutandolo frenetico in volto e tastandolo a casaccio in cerca di graffi o morsi. «Ti hanno...»

«Sto bene, sto bene!»

Sully gli bloccò i polsi, riportandoli verso il basso con un gesto deciso. Si tirò su a fatica, pulendosi il volto dal sangue col dorso della mano.

«Puah, era la mia camicia migliore» commentò con leggerezza, osservando lo strappo e le chiazze di sangue sul tessuto verde.

Nathan rimase a terra in ginocchio, con le braccia che gli dolevano, la fronte grondante di sudore e il fiato costretto nei polmoni. Strinse i pugni sui jeans, sentendo i palmi viscidi. Sentì Sully che gli dava una pacca sulla guancia, a riscuoterlo e rassicurarlo al contempo.

«Nate, forza. Sto bene, ti ho detto. Adesso dobbiamo pensare a come uscire vivi da qui.»

Nathan annuì e impugnò di nuovo la pistola, per poi accennare alla sua camicia.

«Magari è la volta buona che cambi look» scherzò tirando un sorriso, che si spense non appena Sully distolse lo sguardo da lui.

Chiuse gli occhi, gettando fuori un respiro così traballante che sembrò far tremare l'aria attorno a lui.

C'era mancato pochissimo.

 

Città fantasma un corno, pensò Ellie, stringendo con così tanta forza il fucile da sbiancarsi le mani.

Non premere il grilletto e seguire le direttive di Joel si era fatto quasi insostenibile, negli ultimi trenta secondi, anche se i bersagli erano fuori tiro.

«Sono scappati?» chiese Joel.

«Sì, ora sono sul... lato esterno del mercato, una specie di camminamento. Sembrano intrappolati, ma almeno sono al sicuro.»

«Bene. Passami il fucile.»

Ellie eseguì e Joel si portò il mirino telescopico all'occhio, indirizzandolo verso il complesso di case vacanza poco più in là. Di tanto in tanto, si scorgeva il brillio di un altro mirino in una delle finestre, Ellie lo distingueva anche a occhio nudo.

«Li vedi, quei pezzi di merda?»

«Vedo il cecchino» Joel spostò il peso da un ginocchio all'altro, rimanendo accovacciato tra la boscaglia. «Non chiaramente. Merda, se avessi il fucile di Tommy potrei tentare un colpo da qui.»

Joel storse la bocca, amareggiato, e riassestò il calcio contro la spalla.

Ellie si morse il labbro, stringendo i pugni sui jeans. Si era sentita impotente a dover assistere a quell'attacco da lontano, senza poter intervenire. Avevano avvistato la coppia di viaggiatori sin dal loro arrivo a Hoback, quando avevano deciso di abbandonare il corso del fiume e la strada maestra per approcciare la città dal versante della montagnola vicina. "Una semplice precauzione", aveva detto Joel, che si era rivelata sensata.

Avrebbero potuto esserci loro, al posto di quei due. Come quella volta a Pittsburgh, quando avrebbero potuto essere loro, a venire uccisi e depredati dai Cacciatori. Invece, avevano avuto fortuna.

Ellie si riscosse, riportando gli occhi ai due viaggiatori intrappolati. L'uomo sembrava avere all'incirca la stessa età di Joel, mentre il ragazzo doveva avere qualche anno in più di lei. Sembravano padre e figlio e sembravano passarsela non troppo bene, a giudicare dai vestiti malridotti e dalla loro magrezza, evidente anche da lontano.

Joel ed Ellie avevano concordato sull'agire con cautela e osservarli a distanza, visto che sembravano diretti anche loro verso la zona del mercato. Avrebbero potuto approcciarli lì, tastare il terreno col vantaggio della sorpresa e poi decidere se invitarli a Jackson, prendere strade separate o, nel peggiore dei casi, evitare che diventassero un problema.

Peccato che adesso quei figli di puttana dei Cacciatori stessero decidendo per loro. E gli infetti avrebbero solo complicato tutto...

«Dobbiamo fare qualcosa» sbottò, quando Joel non diede cenno di voler parlare.

«Ellie, non sappiamo nemmeno quanti sono. Niente colpi di testa.»

«Quindi li lasciamo morire così? Stiamo a guardare, come quella volta a Pittsburgh?»

Joel abbassò il fucile, gettando fuori un sospiro. Rughe più profonde si addensarono attorno ai suoi occhi scuri. Ellie si rese conto di aver alzato la voce, ma non ritrattò il suo attacco. Aveva ancora in testa le grida di quelle persone che i predoni avevano trucidato davanti ai loro occhi.

«Non ho detto di abbandonarli. Ho detto di non agire in modo avventato.» La fissò per un lungo istante negli occhi ed Ellie sostenne lo sguardo. «Questi Cacciatori sono anomali, non dobbiamo prenderli sottogamba.»

Ellie annuì. Dei semplici sciacalli si sarebbero limitati a freddare quei due sul posto, derubarli e lasciare lì i corpi. Usare degli infetti per sbarazzarsene significava che non avevano il minimo interesse a preservare i loro averi o vestiti: era un semplice meccanismo di difesa fine a se stesso... o una crudeltà gratuita.

Avevano incontrato abbastanza persone, in quel nuovo mondo sconquassato dal Cordyceps, da sapere che individui come David e la sua banda erano la norma. Sentì un brivido gelido allo stomaco nel ripensarci – nel ripensare a cosa avrebbe potuto farle se lei non l'avesse ucciso in tempo...

«Scendiamo più a valle e portiamoci a tiro» disse Joel, riscuotendola con un colpetto sul gomito.

Ellie annuì in fretta, mascherando il turbamento e seguendolo subito lungo la scarpata scoscesa. Seguirono le chiazze di vegetazione rinsecchita per celare il più possibile la loro presenza, fino ad arrivare a un sentiero sterrato che tagliava il fianco della montagna. Un piccolo belvedere in muratura aggettava sulla strada, offrendo una vista panoramica sulla vallata e sull'area di sosta. Un vecchio binocolo a monete giaceva ribaltato nella polvere. Era una postazione da cecchino perfetta.

Joel studiò il terreno, per poi acquattarsi e poggiare la canna del fucile nel solco tra due mattoni, premurandosi di non intercettare la luce del sole col mirino. Ellie lo osservò, memorizzando i passaggi. Sfilò a sua volta l'arco dalla spalla, saggiò la corda e incoccò una freccia, attirando per un istante lo sguardo di Joel.

«Ti copro le spalle. Non si sa mai» si giustificò, senza rivelare che aveva bisogno di sentirsi le mani impegnate.

«Ce la fai a tenderlo, con quella?» Joel adocchiò la fasciatura sul suo avambraccio. «Un essere umano non è una lepre.»

Ellie compresse le labbra, sfiorando la bruciatura nascosta. Sotto la benda, la pelle divorata dall'acido era ancora dolente. Scosse comunque la testa, stringendo il pugno attorno all'arco e tirando il muscolo senza una smorfia.

«Ce la faccio.»

Joel la fissò dubbioso ma non ribatté, tornando al proprio fucile.  Ellie compresse le labbra. Dopotutto, non era nella posizione di rimproverarla per avergli detto una bugia.


 


Note dell'Autrice:

Cari Lettori, rieccoci qua!

Il momento dell'incontro tra i due gruppi si avvicina, non temete, ma avevo bisogno di delineare per bene le relazioni/interazioni tra le due coppie padre-figlio/a.

Come avrete intuito, Joel ed Ellie sono in quel periodo di circa un anno che intercorre tra il loro arrivo a Jackson e la visita al museo (sedicesimo compleanno di Ellie); Sully e Nate, come accennato, seguono una timeline diversa dal canone, ma si trovano (in termini di età, non di eventi) nel periodo immediatamente successivo alla prigione in Panama. Qui viene citato Sam, ma le dinamiche che ho ideato differiscono molto dal gioco.

Detto questo, la smetto di sproloquiare e ci vediamo venerdì prossimo ♥

-Light-

   
 
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