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Autore: Manu_00    25/03/2022    6 recensioni
[Hazbin Hotel]
Uscita viva dall'ultima litigata con Innozenz, Mihaela è stata ingaggiata per indagare su un'attività di scavi presso il complesso della metropolitana di Pentagram City.
Avventuratasi nel grande mondo sotterraneo formato da linee della metro iniziate e mai portate a termine, deposti di gang criminali, rifugi improvvisati ed evidenti sintomi della megalomania di qualche overlord, dovrà avvalersi di una guida per non smarrirsi.
Anche se, tutto sommato, tra la compagnia della guida ed il perdersi sotto terra, non saprebbe dire quale sia l'alternativa peggiore.
[Seguito diretto di Radioactive]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo X


Dopo essere scesa dall'autobus, Mihaela se ne era rimasta in silenzio davanti all'entrata del Lusten. Con gli occhi fissi sulla vistosa scritta al neon cremisi posta sopra l'ingresso del locale, la grande casa di intrattenimento nonché piccola zona franca in mezzo ai territori controllati dai grandi overlord e dalle loro bande criminali.
Se ne era stata un minuto intero ad ammirare l'ingresso dell'edificio, cercando la forza o il coraggio per entrare dopo una giornata che l'aveva lasciata fisicamente (e in parte anche psicologicamente) a terra.
Era notte (o almeno era il momento del “giorno” più vicino ad esserlo), quindi l'orario di punta del locale di svago tra i più apprezzati della città.
Da dove si era posizionata poteva assistere alla fiumana di anime dannate che entravano baldanzose nel locale e a quei gruppetti di persone che ne uscivano stordite e barcollanti, facili prede dei numerosi borseggiatori appostati nelle vicinanze.
Nonostante potesse apparire come un semplice bordello, il Lusten non veniva preso alla leggera dalla maggior parte dei piccoli criminali, che preferivano parassitare sui clienti ubriachi una volta che questi uscivano dal locale che non tentare di rubare al suo interno... anche se buona parte delle vittime di questi furti aveva già provveduto a svuotare le proprie tasche per il piacere degli eleganti signori ed eleganti signore incaricate di intrattenerli.
Rimanevano comunque da sgraffignare chiavi, smartphone e carte di credito, ammesso che gli avventori non le avessero incautamente fatte scivolare nelle ampie scollature delle ballerine o infilati dentro degli slip.
Il Lusten è un posto che culla i propri clienti, ma non per questo li mette al riparo dalla loro stupidità, e se qualcuno era così ubriaco da consegnare i propri effetti personali a uno degli intrattenitori o si faceva derubare appena varcata l'uscita, erano sostanzialmente problemi suoi.
Non che a lei non fosse mai capitato di lasciare il locale da sbronza persa... ma nel suo caso la sua peculiare condizione costituiva un ottimo antifurto da praticamente chiunque.
Trovando in un ricordo imbarazzante riguardante lei che scioglieva un idrante vomitandoci addosso una momentanea sospensione dai pensieri che la opprimevano, l'ex securitate trovò la forza di entrare, finendo ben presto a fare i conti con l'enorme calca che affollava la sala principale.
La noia fu di breve durata, quando si sparse la voce che “quella radioattiva” era in mezzo a loro, molti si scansarono volontariamente e con una certa violenza.
Qualche furbacchione tentò di lanciarsi con il viso sul petto di una delle spogliarelliste, finendo invece per sbattere il muso contro il palo e cadere all'indietro, mentre un imp che aveva provato a scavalcare il bancone del bar venne respinto di lato con uno schiaffo da parte del barista.
Il suo corpicino rossastro rotolò lungo il banco investendo diversi bicchieri prima di fermarsi davanti ad un corpulento demone dalle fattezze suine, che per ricambiare il favore iniziò a gonfiarlo di mazzate, prima di strappargli il portafoglio e offrire un giro a tutti gli altri seduti.
Assistendo alla scena, la donna alzò il sopracciglio, da quando l'uomo ortaggio serviva al pubblico?
Lo aveva sempre visto entrare e uscire dall'ufficio di Melanie, e mai le era sembrato un dipendente del locale.
Specie il tipo di dipendente socievole e dalla grande parlantina che metteresti a servire in un bar.
Eppure, per quanto poteva apparirle fuori posto, in realtà il demone non sembrava a disagio nel suo lavoro, miscelando bevande e servendo con una certa nonchalance un nutrito gruppo di avventori.
Decise che la cosa non aveva importanza, in quel momento aveva affari più impellenti di cui preoccuparsi, forse era stato sbattuto lì dopo aver irritato la proprietaria ed essere stato cazziato di conseguenza.
Chissà come doveva apparire da arrabbiata... probabilmente avrebbe tirato fuori uno sguardo in grado di far gelare le sue vene incandescenti.
In ogni caso, a giudicare dalla facilità con cui il demone ortaggio serviva quella spropositata massa di clienti, la cosa non sembrava pesargli più di tanto...
Ogni volta le sembrava che il locale stesse accogliendo più persone di quante ne era effettivamente in grado di contenere, e pur avendo ormai maturato una certa conoscenza dei suoi spazi interni, non poteva fare a meno di chiedersi se le voci che vedevano il Lusten dotato di una dimensione interna tutta sua che si allargava o comprimeva in base all'afflusso di clienti non fossero vere.
In molti a ribattevano che questa teoria era frutto dell'assunzione sregolata di alcoolici e sostanze psicotrope di cui il locale era ben fornito.
Beh, se doveva pensare a quante cose sul Lusten sembravano non quadrare avrebbe fatto tardi, al momento poteva concentrarsi su ciò che le era familiare: il rumore assordante, la cortina di fumo che avvolgeva i presenti come un banco di nebbia e la puzza di sudore di molti degli avventori.
Tutti elementi niente affatto gradevoli ma che nonostante ciò le restituivano un senso di familiarità di cui in quel momento avvertiva un forte bisogno.
Malgrado la spossatezza ed il fumo che sicuramente non apparteneva a delle comuni sigarette, Mihaela era comunque in grado di farsi strada fino all'ufficio della principale, complice il desiderio della maggior parte degli avventori di starle a distanza di sicurezza.
Così attraversando un pulitissimo corridoio riservato ai dipendenti, tanto pulito quanto sporco invece diventava il pavimento della sala a causa della clientela, la demone radioattiva arrivò alla familiare porta della proprietaria del locale.
I suoi bodyguard non le chiesero di fermarsi, nonostante non avessero mai rinunciato alla prassi prima di allora, segno che Melanie la stava aspettando e aveva dato loro istruzioni per farla passare senza darle noie.
Così quando fu a pochi passi dalla porta, i due energumeni si fecero silenziosamente da parte, permettendole di passare dalla ormai familiare porta biancorossa.
Superata la porta, venne accolta dalla visione anch'essa familiare dell'ufficio privato di Melanie, un ampio salottino privato dove la proprietaria del Lusten poteva dilettarsi a fare quello che preferiva con chi preferiva, cosa di cui lei aveva maturato una certa esperienza al riguardo.
… In ogni caso non era quello il motivo della sua visita!
Spostò il suo sguardo sui divanetti di lusso e sul grande letto all'angolo della stanza, poi sulla piscina idromassaggio e sui vari mobili che facevano schizzare il valore di quel salottino ben al di sopra di quello del misero appartamento in cui abitava.
Non che potesse farsene molto lei del lusso, se non altro il suo miserrimo appartamento aveva il vantaggio che non le sarebbe mancato se lo avesse distrutto per sbaglio, ma in ogni caso una casa tutta per lei non poteva farle che piacere!
Fece un ulteriore passo avanti quando un soffio caldo le arrivò al collo, facendola balzare in avanti, con i pugni chiusi e pronta a difendersi, ma girandosi verso il presunto aggressore trovò soltanto la cara Melanie nel suo invitante body attillato.
<< Uh... sera. >>
<< Dovresti essere meno tesa, sento che uno di questi giorni salterai contro il soffitto. >>
Con il suo solito sorriso sbarazzino, la proprietaria del Lusten chiuse la porta con un movimento dell'anca, per poi girare la chiave con un agile movimento della sua coda romboidale.
Se Mihaela appariva decisamente sciatta dopo una giornata passata a prenderle sberle nel sottosuolo, Melanie era appariscente come ogni sera.
Del resto lei non aveva passato le ultime dodici ore in un sotterraneo di merda a temere per la propria vita.
Ma la demone radioattiva era troppo stanca per ribattere, lasciò vagare lo sguardo sulle forme sinuose della sua datrice di lavoro, mentre questa si avvicinava ancheggiando ad uno dei divanetti del suo salottino, per poi girarsi e lasciarsi cadere di schiena.
<< Siediti, sarai stanca. >>
Ubbidiente, Mihaela prese posto in una poltroncina vicina, su cui prese posto, rimanendo con la schiena rigida come un blocco di marmo.
Melanie non andò subito al dunque, si stiracchio sul divano prima di sdraiarsi di lato così da potere guardare la visitatrice negli occhi.
<< Quindi, come è andata? >>
Mihaela sospirò.
<< Siamo andati dove ci hai detto, mi sono premurata di rimuovere tutti gli ospiti indesiderati, poi ho fatto saltare tutto così da bloccare futuri scavi. >>
La proprietaria annuì, soddisfatta.
<< Poi, ho fatto sì che le vie d'accesso siano adesso impraticabili, se qualcuno vorrà fare qualcosa lì avrà un po' di problemi in primo luogo ad arrivarci. >>
<< Eccellente! Sapevo di poter contare sulla mia assassina preferita. >>
Con un sorriso raggiante, Melanie si mise composta sul divanetto, per poi, con una torsione all'indietro che sembrava essere stata progettata apposta per offrire all'ospite una visione più completa sulla grandezza delle sue forme, la demone si portò con il busto e le braccia dietro la schienale del divano, per poi rialzarlo mentre teneva in mano una ventiquattrore dall'aria molto importante.
<< Come pattuito, la tua ricompensa, sii gentile e trovati una casa degna di questo nome, tipo una dove i muri non sono di cartapesta. >>
Gliela posò ai piedi, per poi tornare nella posizione di prima.
<< Sarò sincera, temevo avresti trovato pane per i tuoi denti in quel posto, ma ti vedo tutta intera... uh, a parte qualche livido sulla faccia. >>
<< Sì uhm non è stata esattamente una cena di gala, ma nulla che non potessi gestire, certo, avrei preferito sapere prima che i nemici del tuo cliente non sentivano dolore, il mio zigomo avrebbe apprezzato... >>
Melanie alzò un sopracciglio, perplessa.
<< Prego? >>
<< Quelli che scavavano indossavano delle maschere, o sarebbe più corretto dire che erano controllati da delle maschere... >>
<< Sì, abbiamo avuto notizie di molte aggressioni da parte di queste persone, si vede che qualche aspirante overlord sta progettando di ritagliarsi il suo spazietto di inferno, sai, ordinaria amministrazione. >>
Se non fosse per quello che aveva visto e sentito sottoterra, Mihaela sarebbe stata ben persuasa di accettare la spiegazione, intascare il malloppo, accettare eventuali inviti a restare a divertirsi per la notte e tornare nel suo squallido appartamento a contare le banconote.
Eseguire lavori senza fare domande e senza farsi domande era sempre stato il suo pregio, anche da viva.
Ma dopo quello... quello che il suo corpo aveva avvertito in quelle profondità, sentiva il bisogno di parlarne, anche solo per assicurarsi di non essere impazzita.
Guardò Melanie, la demone agitava pigramente la coda dietro la schiena, in attesa di una risposta.
<< Tesoro? >>
<< Scusa, è che stavo pensando, ci sarebbe dell'altro oltre ai mascherati e al loro modo di segnare il territorio. >>
La coda di Melanie si fermò, e la demone scelse di assumere una postura più composta, anche se non aveva detto niente, Mihaela poteva sentire i suoi occhi ordinarle di vuotare il sacco.
<< Quando abbiamo sgomberato il posto, mi è... parso di capire perché qualcuno non voleva che scavassero in profondità, o almeno ho avuto l'impressione di conoscerne il motivo. >>
Melanie alzò le spalle, come a voler glissare sull'argomento.
<< Immagino che ognuno abbia i suoi scheletri nell'armadio, meglio non pensarci, avessi a stuzzicare la pazienza di qualche overlord... >>
Imperterrita, Mihaela non aveva intenzione di interrompersi.
<< Ho... avuto come l'impressione che ci fosse qualcuno là sotto, qualcosa, e intendo, qualcosa di veramente grosso e pericoloso. >>
<< Mh-mh? >>
<< Qualcosa che se avesse voluto sarebbe potuto uscire senza problemi. >>
Pronunciate quelle parole, le sembrò che lo sguardo di Melanie si fosse fatto improvvisamente più serio, lo avvertì su di sé in tutta la sua pesantezza.
<< Non riesco a seguirti... >>
<< Mi spiego meglio: ho avvertito qualcosa sotto quegli scavi, un overlord, o qualcosa di molto peggiore, e lì per lì pensavo fosse un qualche male sconosciuto che non andrebbe liberato per nessun motivo... >>
La proprietaria non rispose, limitandosi a squadrarla in silenzio.
<< Ma in seconda analisi, mi è sembrato che quella... cosa volesse rimanere lì, più che liberarla mi è sembrato che i mascherati volessero... portarla allo scoperto? Non so nemmeno perché ne sto parlando, ma quando avevamo finito di mandare via i mascherati ci è sembrato di essere chiamati da un fischio e- >>
Così presa dal racconto, non si accorse di Melanie che le era strisciata sul fianco per portarle un dito sulle labbra.
<< Shhh. >>
<< Mhh? >>
Con un sorriso rassicurante, Melanie prese il viso della sua ospite tra le mani per farsi guardare negli occhi, erano vicinissime, ma per il corpo di Mel la cosa non era mai stata un problema.
Se anche Mihaela fosse andata a fuoco e l'avesse sciolta, Melanie si sarebbe ricomposta come se fosse fatta di gelatina, per questo era l'unica persone che poteva avere un contatto fisico con la sua ospite senza temere per la propria incolumità.
<< Hai avuto una dura giornata, non è vero? >>
<< A dir poco... >>
<< Quello che mi hai detto... dovrai tenerlo per te, d'accordo? >>
Mihaela deglutì, giustamente, Melanie aveva tutto l'interesse nel non scoprire o ancora peggio divulgare i segreti dei suoi contatti, segreti di cui forse poteva essere lei stessa a conoscenza.
Anche per quello, non c'era altra persona con cui parlarne, specie se poteva farle intendere quando era il momento di fermarsi prima di farsi del male.
Mihaela sapeva di essere una creatura pericolosa... ma anche che esistevano mostri peggiori di lei, e l'ultima cosa che avrebbe voluto era ritrovarsene uno sulle sue tracce.
Perciò annuì, e Melanie le lasciò andare il viso per circondarle le spalle con il braccio, portandosi a pochi centimetri dal suo orecchio.
<< Che piccola sciocca, sai che ci sono cose non conviene mettere il naso, fidati di questa tua amica se dico che ti conviene dimenticare quello che è successo, perché conviene a tutti. >>
Annuì di nuovo, improvvisamente aveva deciso che la spiegazione di quanto era accaduto poteva rivelarsi più terrificante del dubbio, e lei preferiva vivere libera dalla paura.
Dopotutto l'inferno era pieno di creature terrificanti, mostri millenari potevano fare la loro comparsa in qualsiasi momento e devastare interi quartieri per gioco, e lei dovrebbe farsi tutti questi complessi per averne sfiorato uno nel sottosuolo?
Perché?
Era ricca adesso, non le servivano altre preoccupazioni.
No? No.
Incapace di trovare una risposta, Mihaela spostò lo sguardo su Melanie, rendendosi conto di quanto la distanza tra le due si fosse ridotta negli ultimi secondi.
<< Quindi, siamo d'accordo che questo argomento non uscirà più fuori? >>
La frase fu seguita da un bacio sulla guancia, la demone radioattiva si irrigidì come suo solito, incapace come sempre di sentirsi a suo agio con il corpo dell'altra demone così vicino a lei.
Specie se si divertiva a strusciarglielo addosso!
<< D'accordo. Sì. Scusami... >>
<< Non scusarti, mi fai sembrare la stronza della situazione. >>
<< Scusa per farti sembrare una stronza. >>
Melanie rise.
<< Sei un disastro, ma immagino di dovermene dare la colpa... >>
Per un attimo Mihalea ebbe l'impressione di sentire la mano della partner scivolarle sul seno, ma quando puntò lì lo sguardo per controllare, la mano era tornata ad accarezzarle il fianco.
<< In ogni caso, non sono una persona irragionevole, ti ho proprio fatto passare una brutta giornata, eh? >>
<< Ho... affrontato di peggio. >>
<< Bugiarda. >>
Con un movimento aggraziato, Melanie alzò la gamba e girò su se stessa fino a sedersi sul grembo della sua ospite, Mihaela sussultò quando si trovò all'improvviso intrappolata tra lo schienale del divano e il corpo di Mel.
Già più alta di lei, da quella posizione Melanie la sovrastava, e qualsiasi tentativo di allontanare lo sguardo da parte della radioattiva risultò vano nel momento stesso in cui il seno formoso di Mel entrò nel suo spazio visivo.
La cosa... non le dispiaceva.
Prima che potesse formulare qualsiasi pensiero razionale, sentì le mani di quella probabile succube posarsi sulle sue spalle.
<< Sarebbe scortese da parte mia chiederti di dimenticare e salutarti così, non trovi? >>
Gli occhi della sicaria scansionarono per intero ciò che avevano davanti, soffermandosi di nuovo sull'ampio petto della demone dai capelli fucsia.
<< Non hai tutti i torti... >>
<< Allora, penso di doverti almeno un aiutino per dimenticare questa brutta giornata, mi ringrazierai domani, dolcezza. >>
In quello stesso momento la coda di Mel si avvolse attorno alla sua gamba destra, dalla sua posizione, Mihaela si chiese se era questo ciò che provano le prede prima di essere divorate...

Nathan si svegliò sopra la sudicia branda su cui era collassato poco tempo prima, lanciando un grugnito di insoddisfazione mentre i suoi occhi tornavano a vedere il mondo con i suoi veri colori.
Nonostante le ripetute punture, il sollievo che ne traeva non era né molto soddisfacente né durava chissà quanto, erano passati appena dieci minuti ed era di nuovo tornato in sé.
Infastidito, si guardò attorno, trovando Jack steso sul pavimento, con la l'arma angelica stretta tra le braccia come se fosse un peluche.
Un peluche con cui aveva commesso una fottuta strage.
La stanzetta che stavano occupando era un piccolo rifugio nascosto in un vicolo sotterraneo poco trafficato, e l'ingresso era abbastanza ben nascosto da rendere improbabile che qualcuno lo trovasse per sbaglio.
Si trattava di un monolocale malandato, una casupola scavata dentro la roccia durante gli anni degli scavi.
La stanza era rettangolare, e le pareti erano decorate alla meglio, con qualche tocco di vernice e strascichi di carta da parati che mal si adattava alla superficie ruvida e irregolare del rifugio.
Il famoso di stile di arredamento alla cazzo di cane adottato da Jack per la sua squallida dimora.
A completare il quadro, dei mobili mezzi scassati, un tappeto e un rudimentale sistema di illuminazione che rendevano la sua momentanea abitazione qualcosa di vagamente simile a una stanza vera e propria.
Questo ex magazzino riadattato a stanza era ciò che Jack chiamava casa, beh a dire la verità la sua casa non si limitava a questa stanzetta ma comprendeva una vicina discarica e altri anfratti sudici sparsi nelle vicinanze, tutte zone dove Nathan non era interessato a passare la notte.
Non che quella sudicia stanza fosse meglio, ma lui non avrebbe potuto far vedere in giro la sua faccia per un po' e l'ex militare era stato così gentile da offrirgli un riparo.
Va bene che gli sembrava il minimo considerato che la ragione per cui non poteva farsi vedere in giro era per colpa sua, ma vista la sua posizione non se l'era sentita di rinfacciarglielo.
Specie considerando come era armato.
E così eccolo bloccato in quel buco assieme a Jack e con abbastanza stupefacenti da spassarsela per due settimane... non che servissero a molto a questo punto.
Scese dalla branda, facendo attenzione a non calpestare il corpo del veterano, che a differenza sua era ancora in preda agli effetti della sostanza e lo sarebbe rimasto per almeno altre due ore.
Nathan lo invidiava, ma sapeva che la tentazione di aprire uno dei mobili e tornare a spassarsela non sarebbe stata superiore alla frustrazione che avrebbe sentito dopo che gli effetti lo avrebbero abbandonato prima del tempo.
Per questo, messa una mano sul cassetto di un mobile vicino, la allontanò mentre sferrava un calcio rabbioso che quasi gli fece affondare il piede nel legno marcio.
Bestemmiò più per lo spavento che per il dolore, e saltò all'indietro con la scarpa ricoperta di schegge e sporco.
Nel farlo, inciampò su Jack, cadendo all'indietro e sbattendo la nuca sponda del letto.
Partì una seconda bestemmia mentre si massaggiava la testa, davanti a lui lo yankee rimaneva insensibile a lui e alle sue parole, perso nel suo mondo di sballo.
Guardarlo in quelle condizioni gli mandava il sangue al cervello.
Davvero, non lo sopportava, si chiedeva cosa lo trattenesse dal prenderlo a calci su quel suo cranio bruciato di merda.
E che cazzo, questo qui aveva sparato a gente innocente, bombardato villaggi col napalm e sparato ai propri ufficiali, com'è che a una merda simile veniva risparmiata la pena che invece era stata inflitta a lui?
Dovrebbe soffrire più di molti altri per quello che aveva fatto, così come la stronza al plutonio, e invece eccolo a dormire sul tappeto, beato come un bambino.
Lui non avrebbe potuto fare lo stesso, ma questa era la logica del contrappasso.
Aveva vissuto spacciando droga e sballandosi con quello che rimaneva, così aveva passato le sue giornate fino al giorno in cui dopo la peggior giornata della sua vita, ciliegina sulla torta di merda che era stato quel periodo, si era sfondato fino a morire di overdose.
La punizione per questo?
Non trarre più gioia dalla droga.
Non importava quanto fumasse, quanta merda si iniettasse nelle vene e quante pasticche ingoiava in spregio a ogni buonsenso che una persona morta di overdose avrebbe se non altro dovuto maturare: ogni volta sentiva sempre meno piacere.
Se dio esisteva era un sadico stronzo, lo aveva punito con la sua debolezza, gli aveva impedito di provare piacere, lasciandolo solo con la sua dipendenza.
Ci aveva già fatto caso dopo le sue prime giornate all'inferno, ma era troppo preso dal fatto che era morto e finito lì per chiedersi perché la merda che prendeva sembrava durare di meno rispetto a prima.
Poi aveva provato a liquidare la questione come un effetto del suo corpo da demone, o semplicemente la qualità era scarsa.
Ma più passava il tempo più pareva evidente che era frutto del contrappasso a cui lo stronzo là sopra lo aveva condannato, maledetto il bastardo!
Però il piacere non lo aveva abbandonato del tutto, continuava ad esistere, sempre più fugace, così che potesse tornare a cadere in tentazione, strafarsi, e finire per soffrire di più gli effetti collaterali di quanto riusciva a trarre piacere.
E così a cadenza settimanale ci ricascava, soffriva e lo schifo per se stesso aumentava.
Ma dopotutto cosa gli restava?
Era morto, e all'inferno, nessuna salvezza, nessuna possibilità di elevare il proprio status o migliorare la propria vita, solo un perenne ciclo di autodistruzione che a causa del suo corpo immortale non lo avrebbe mai abbandonato.
La vita all'inferno era orribile per la maggior parte delle persone, a centinaia erano i demoni che collassavano sul marciapiede la mattina e tornavano a muoversi la sera, tutti cercavano di alleviare le proprie sofferenze con qualcosa, specie se si era poveri, deboli e senza risorse.
Quelle povere anime, o almeno la maggioranza di loro, passavano così la propria non vita, inermi fino allo sterminio annuale, dove gli sterminatori sarebbero calati su di loro ed avrebbero falciato le loro vite.
E quello se non venivano coinvolti prima in un conflitto tra overlord, molti usavano le dipendenze per legare i demoni di rango inferiore al proprio servizio e disporre di più carne da cannone con cui estendere il proprio controllo a nuove zone.
Lui si era risparmiato da questa misera sorte, ma porca miseria, la sua non era vita: era sopravvivenza!
L'essere bloccato in quello stanzino sudicio poi non lo aiutava a vedere il bicchiere mezzo pieno!
Era stata una giornata decisamente di merda, non era certo di essere felice di essere vivo.
Specie ora che non aveva nemmeno un lavoro per distrarsi, no, era bloccato lì con se stesso e le sue debolezze.
Si rialzò barcollante, avvicinandosi a piccoli passi al mobile danneggiato, dopotutto non c'era altro da fare per passare il tempo...
E poi quello stronzo lì sul tappeto non si sarebbe accorto di qualche scorta in meno.
Anche se, guardando le siringhe sparse sopra la branda, intuiva già il prezzo del suo divertimento...

Il demone si schiantò contro una saracinesca, lasciando una vistosa ammaccatura sulla stessa.
Il proprietario non avrebbe avuto una bella sorpresa, ma non era una sua preoccupazione.
In quel momento la cosa che lo preoccupava era riportare la pelle a casa.
Non aveva idea di cosa stava succedendo, un attimo prima era a trattare un prezzo vantaggioso con una prostituta e il secondo dopo si era fatta notte e aveva le ossa doloranti.
Si portò la mano sulla pelliccia facciale, qualcuno lo aveva graffiato e gli aveva lasciato un bello sfregio, che cazzo gli era successo?
Meglio filarsela, ci avrebbe pensato un altra volta.
Provò a fare un passo, quando un torso sventrato gli volò addosso, schiantandosi con violenza contro la stessa saracinesca di prima, che questa volta andò giù per la forza dell'impatto, schiacciando quella che doveva essere un automobile.
Il demone rimase raggelato, ma lo spavento passò presto, del resto non era la prima volta che assisteva ad una scena del genere.
A farlo tornare atterrito, fu il fatto che quel tronco senza gambe si stesse muovendo ancora, camminando sulle proprie braccia, talmente lunghe da sostituire le gambe mancanti.
Arretrò schifato e inorridito, non era la prima volta che assisteva ad un corpo tagliato a metà, ma certamente era la prima volta che vedeva qualcuno continuare a muoversi tranquillamente.
<< Ehm... ma stai bene? >>
Nessuna risposta.
<< Ok allora io me ne an- >>
Un'artigliata lo prese sul petto, nulla in grado di uccidere un demone ma certamente abbastanza da fargli un male cane.
Cadde all'indietro con il petto aperto, mentre il suo aggressore mostrava per la prima volta il suo volto: una maschera bianca con sopra un sorriso stilizzato.
<< Ma che cazzo... >>
Quell'affare con le lunghe braccia gli saltò addosso, e il demone poté soltanto alzare le braccia per ripararsi la faccia.
Ma le artigliate non arrivarono mai, sentì soltanto un rapido tonfo, e quando abbassò le difese, trovò il mascherato per terra a svariati metri da lui, con la testa esplosa e il corpo martoriato.
La cosa che lo preoccupava di più adesso era la persona che lo aveva ridotto così:
In piedi davanti a lui si ergeva una possente demone dalla pelliccia bianca e i capelli del medesimo colore tenuti raccolti in più trecce, ma il dettaglio più curioso erano i suoi occhi, non ne aveva mai visti di così... diversi.
In sintesi, una visione in realtà niente male se non fosse per i bolas insanguinati che la nuova arrivata stava lasciando dondolare a pochi centimetri dalla sua faccia.
Non gli serviva chiederlo per capire cosa avesse ridotto così male quel demone.
O tutti quegli altri demoni che poteva scorgere attorno a sé, decine di corpi martoriati dalla furia di quei bolas.
Improvvisamente non era più tanto contento di quello che aveva davanti.
<< Ehi. >>
Il demone alzò lo sguardo, pietrificato, poteva già sentire i bolas che gli sfondavano lo sterno.
Fortunatamente per lui, la demone non sembrava interessata a fargli male.
<< Avrei delle domande, quindi ascoltami. >>
Lui annuì, mentre un corpo scagliato in aria chissà quanto tempo prima non atterrò rumorosamente su un cassonetto vicino.

<< Le tue due amiche sono state molto gentili, da quello che sento là fuori sembra se la stiano cavando bene. >>
<< Certamente se la sono passata meglio di me, ma da quanto va avanti? >>
Poco distante dal mattatoio, Sherry se ne stava appoggiata ad un lampione con il telefono in mano.
Si era assicurata più volte di non essere osservata da eventuali spie, anche se a quell'ora della notte erano poche le persone che trafficavano lì.
O almeno erano poche le persone che trafficavano lì e che non erano ubriache o stordite da qualche sostanza, e tutti i demoni che poteva vedere nelle vicinanze non sembravano decisamente nella piena padronanza delle loro capacità fisiche e intellettuali.
Soprattutto intellettuali, visto quel demone capra con la testa incastrata in un grosso pneumatico incontrato qualche isolato fa.
Il punto è che non sembrava che qualcuno la stesse spiando, e dubitava che qualcuno avrebbe trovato il coraggio di farlo visto cosa stava accadendo a poca distanza da lei, anche se a giudicare dall'assenza di rumori, le due dovevano aver finito di spappolare quei disgraziati.
<< Da qualche mese? Non ne sono sicura, ma non erano mai stati né numerosi né aggressivi, dopotutto all'overlord di qui non piace vedere bande in giro... cioè non gli piaceva. >>
La demone ragno alzò un sopracciglio in risposta alla voce femminile dall'altra parte della linea.
<< Lo hanno ammazzato? >>
<< Questa mattina, ma è strano, di solito le uccisioni degli overlord vengono rivendicate, è il primo passo per farsi una carriera qui e invece nessuno ha saputo niente finché non hanno trovato i suoi resti e quelli dei suoi collaboratori. >>
Sherry non poté fare a meno di provare una certa preoccupazione, il fatto che qualcuno da quelle parti avesse ucciso un overlord e non si fosse degnato di urlarlo ai quattro venti era un avvenimento insolito per gli standard dell'inferno.
<< Immagino non sia stato un granché come spettacolo. >>
<< Probabile, ho preferito non documentarmi, ma considerato il ritmo con cui muoiono i signori della guerra da queste parti l'overlord di qui potrebbe essere stato soltanto il primo caso di cui ci siamo accorti, immagino che la cosa non sarà un bene per gli affari. >>
<< E credi che c'entri qualcosa il club delle maschere poco impegnate? >>
<< È soltanto una supposizione, posso soltanto dire che i problemi sono iniziati quando sono comparsi loro, e a quanto pare non ne hanno creati soltanto qui... beh! Rinnovo i miei ringraziamenti a te e alle tue amiche, probabilmente torneranno, ma per questa notte la mia bottega non andrà a fuoco. >>
<< Perfetto, perché sarebbe un disastro per il mio outfit! >>
Una risata argentina partì dal telefono.
<< Felice di essere così importante per la tua vita! Stammi bene allora. >>
<< Aspetta! Prima di salutarti, sicura di non voler pagare nessuno per della sicurezza in più? So che sai come difenderti ma ultimamente stanno accadendo cose... particolari. >>
Passò qualche secondo prima di sentire una risposta.
<< Immagino che ci penserò, grazie per il pensiero, e cerca di non far arrabbiare quelle due, dalle botte che ho sentito non le provocherei per nulla al mondo, spero riescano a trovare quello che cercano! >>
Conclusa la chiamata, una demone appoggiò il telefono sul comodino più vicino prima di stiracchiare le sue quattro braccia per riprendersi da quella che era stata un'intensa giornata lavorativa.
Apprezzava la preoccupazione di Cherry, ma era certa che la sua bottega avrebbe retto a qualsiasi aggressione.
Dopotutto, se nessuna ridicola gang osava avvicinarsi alla sua porta un motivo c'era.
Sorrise, socchiudendo leggermente tre paia di occhi viola.
Se le cose si sarebbero messe male avrebbe considerato l'idea di ingaggiare qualcuno, per il momento avrebbe aspettato di vedere come si sarebbe evoluta la situazione, chiaramente quello che stava succedendo aveva dell'insolito...
Decise che se ne sarebbe preoccupata il giorno seguente.
<< Uff! Sono stanca morta...! >>





Nota dell'autore
Mi spiace averci messo più di quanto avrei voluto, ma questo capitolo chiude l'episodio due delle vicende di Mihaela e del resto del cast.
Spero che questa storia nel complesso sia stata di vostro gradimento e ricordo dell'esistenza dello spinn-off di
Thanos 05: Un nazista all'inferno, e approfitto per ringraziarlo per l'aiuto nella scrittura e nella revisione dei capitoli.
Per motivi non troppo dissimili ringrazio inoltre
Golden Fredbear, White Pika girl e Aladidragocchiodiluce, rispettivamente autori di Melanie e del suo Lusten, di Nathan e di Sherry.
Infine ringrazio
Tubo Belmont (padre originale dei due personaggi con cui la cara ragnetta di nostra conoscenza sta ora avendo a che fare) e Donatozilla per avere seguito e recensito la storia, nonché tutti i lettori e chiunque leggerà o recensirà in futuro.
Terminato il listino spero di poter passare presto ad un terzo episodio, ma visti i tempi dilatati in cui ho scritto questo meglio se non mi sbilancio troppo nel fare promesse.
   
 
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