Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Red Saintia    26/03/2022    0 recensioni
Un punto di svolta importante, essenziale. Uno spartiacque che segna la rottura di un legame considerato inattaccabile, incrollabile... fino a quel momento. Decisioni, scelte, convinzioni e determinazione che fanno terra bruciata attorno. Tutto si dissolve, appare lontano, sfocato, come se ad osservare la scena fosse qualcuno estraneo al proprio corpo. Quanto costa portare avanti un ideale, uno scopo?
L'intento di questa storia non è dare una spiegazione a questa domanda, ma solo dare voce al pensiero di Eren, che è poi il cuore pulsante di tutto ciò che da qui in avanti accadrà.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Cosa hai intenzione di fare?"

"Voglio solo parlare..."

"E credi che loro siano disposti ad ascoltarti?"

"Non ha importanza."

"Sarebbe meglio che due dei nostri ti accompagnassero."

"Non è necessario."

"Insisto." stava cercando di sembrare risoluto, ma tremava e il suo timore era ben visibile. Apprezzai il suo maldestro tentativo di capire le mie intenzioni, d'altronde... anch'io stavo facendo la stessa cosa, anche se tutto mi era già chiaro da un pezzo.

Flock aveva sempre cercato una guida, una persona da emulare, da prendere come esempio, o magari che divenisse il capro espiatorio della sua smania di potere e del suo desiderio di primeggiare sugli altri. Pur essendo un essere umano si era sempre considerato un anomalo. 
Uno che preferisce le armi al dialogo, che non fa distinzioni tra amici e nemici, purché ci sia margine di sopravvivenza per lui. Vede in me il salvatore di questo mondo, forse perché in questo momento gli fa comodo crederlo. Tempo addietro fu lo stesso con Erwin. Alla fine necessitava solo di qualcuno a cui addossare la colpa di un eventuale fallimento o da osannare come nuovo liberatore in caso di vittoria.

Non ci fidiamo l'uno dell'altro, ma finché ci illudiamo di perseguire il medesimo scopo può anche andar bene così.

"Allora vorrà dire che io mi occuperò del trasferimento del comandante Hanji e degli altri, se per te va bene?"

"D'accordo." non c'era bisogno di aggiungere altro, gli voltai le spalle imboccando il corridoio opposto. Sentivo ancora il suo sguardo puntato addosso. Un istante dopo scomparve, ansioso di prendersi la sua agognata rivincita contro coloro che non lo avevano mai fatto sentire parte della squadra.

 

Avverto le mie gambe stranamente pesanti. È come se facessi una fatica immane anche per muovere un solo passo. Gli uomini che Flock mi ha messo alle calcagna credo che servano più a controllare me che i nostri 'nemici'. 
Mi sento mancare l'aria, eppure non posso esitare. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima o poi. Rimandare ancora non era più possibile, meglio chiarire i nostri punti di vista, meglio che loro sappiano, che credano in ciò che dirò.

 

Non pensavo di dover arrivare a tanto, o forse sì?

 

Forse l'ho sempre saputo, ma cercavo di ignorarlo, di non guardare, voltandomi da un'altra parte. Come quando tutta questa assurda storia è cominciata. Ci siamo arrovellati la mente cercando e sperando di trovare soluzioni pacifiche e alternative, quando invece di soluzione ce ne sempre stata solo una. Adesso sta a me fare in modo che la comprendano nel modo più convincente possibile.

Giro la maniglia della porta, consapevole di aver già udito voci a me familiari. Sono entrambi in questa stanza, i miei amici, e anche la ragazzina che ha preso la vita di Sasha.

"Voi aspettare qui fuori, non c'è alcun bisogno che entriate."

"Ma signor Jeager sarebbe opportuno..."

"Sarebbe opportuno che non mi contraddiceste." mi basta sollevare appena la mano per mostrare loro il profondo taglio che solca il mio palmo e dal quale si vedono già saettare flebili scintille. 
Li vedo indietreggiare all'istante, spaventati a morte si ranicchiano in un angolo sbiancati per lo spavento. Direi che sono stato convincente. Mi volto, lasciandoli riprendere fiato. Chiudo gli occhi solo un istante, spalanco la porta raggiungendo il centro della stanza. Adesso sono ben visibile. Finalmente me li ritrovo di fronte, sorpresi, ansiosi, spaventati.

Muovono appena pochi passi, ma il mio gesto li blocca sul posto. Sui loro volti posso leggere l'ansia che grava nei rispettivi cuori. La stanchezza, il dolore e l'angoscia di una situazione che li sta logorando dall'interno e che sta sfuggendo al loro controllo. Quasi non riesco ad avanzare fino al tavolo, mente e corpo sembrano scollegarsi all'improvviso. 
Mi muovo meccanicamente spinto da non so quale forza, consapevole che da questo incontro dipende l'esito di questa assurda guerra. Ho la certezza che dovrò fare loro del male, che dovrò convincerli di ciò che non ammetterebbero mai. Lo so che vorrebbero farmi mille domande, dissipare dubbi e ansie, ma non posso dare loro modo di mettermi in difficoltà, di percepire la minima incertezza. Dovranno ascoltarmi fino in fondo.

Vedo la ragazzina che mi è accanto tremare. Gli occhi gonfi di lacrime e sul viso chiari segni di lotta. Dev'essere un tipo combattivo, glielo si legge nello sguardo, è una abituata ad attaccare e difendere ciò in cui crede con le unghie e con i denti. Marley può essere fiera del lavaggio del cervello che ha fatto ai suoi futuri guerrieri. Vedo Armin, l'esitazione e il tono incerto che assume la sua voce mi fanno capire che sta cercando di riordinare le idee, al solo scopo di comprendere le mie intenzioni. Lo zittisco quasi subito, sbattendogli in faccia ciò che non ammetterebbe neppure a sé stesso.

Detesto frugare nella mente e nel cuore delle persone, ma non posso fare diversamente. È incredulo, forse deluso e amareggiato. Incassa le mie parole in silenzio con lo sguardo che tenta di riconoscere l'amico di un'infanzia che ormai non esiste più. Poi d'improvviso la sua voce mi arriva alle orecchie e dritta al cervello. Sta tentando di fermarmi, di impedirmi di parlare. Vuole proteggere Armin inconsapevole del fatto che il dolore più grande dovrò infliggerlo a lei.

Sposto lo sguardo e miei occhi incrociano i suoi, così simili adesso al mare in tempesta, velati di profonda tristezza. Nonostante tutto non vuole arrendersi all'evidenza che le si para davanti. Sento il cuore martellarmi nel petto, lo sento lacerarsi in modo doloroso e insostenibile. 
Assottiglio lo sguardo cercando di assumere l'espressione che meglio si addice a ciò che sto per dirle. Eppure... benché io sappia esattamente ogni singola parola che le mie labbra stanno per pronunciare avverto un nodo in gola che quasi mi toglie il fiato. Sento un sapore amaro sulle labbra, una sensazione sgradevole che mi pervade il corpo. Le parole avvelenano l'anima e sono più letali di qualsiasi arma. Quando le sue difese cedono, e il suo viso è rigato da amare lacrime, capisco di essere riuscito nel mio intento.

Mi hai creduto Mikasa? Alla fine ce l'ho fatta, ti ho lasciato credere ogni singola parola. Se è così allora odiami, odiami ti prego. Prendi consapevolezza che non sono più la persona che ero. Resetta qualsiasi sentimento nutri per me è vedimi come un nemico. Come l'ostacolo che si frappone tra te e la tua libertà. Sono stato meschino e subdolo, ben consapevole che conosci così poco sull'origine degli Ackerman. Però mi hai creduto, hai trattenuto Armin dal farmi del male, e quella è stata la conferma definitiva delle mie parole. Ho dato forma e significato al vincolo che ti tiene legata a me. Ma facendo questo ti ho aperto gli occhi oppure ho solo distrutto ciò che provavi nei miei confronti?

A cosa mi gioverebbe saperlo, a prolungare il mio tormento, a interrogarmi su questa ostinazione che ormai ha fatto attorno a me terra bruciata. Mi era stato detto che prima o poi avrei dovuto rinunciare ai miei sentimenti, alla mia umanità. Ma non mi era stato detto che sarebbe stato così doloroso.

Ho azzerato ogni sentimento, non provo rimorso, pena o rimpianto. Ho rinnegato legami, amicizia, distaccandomi dagli affetti a me più cari. Ho capito che la paura che attanaglia l'animo dell'uomo è dovuta all'ignoranza. Chi detiene il potere usa quella paura per manipolare le menti e tenerle in pugno. In molti credono che io sia il salvatore di questo mondo, colui che inaugurerà una nuova era. Ma io in questa storia non voglio la parte dell'eroe, voglio quella del mostro che farà comprendere l'ipocrisia dilagante che regna tra gli esseri umani.

Adesso però vorrei che tu non mi guardassi, che non vedessi questa parte di me. Ti sento tremare anche standoti distante. Cerchi di avvicinarti ad Armin che si trova riverso a terra sanguinante. I suoi occhi adesso sono cambiati, l'incredulità è sparita lasciando il posto all'amarezza.

I tuoi invece... non mi sono mai sembrati così dolorosamente belli. Forse non mi perdonerete mai per quello che è successo in questa stanza. Forse potrete comprenderlo ma non giustificarlo. Magari Armin, con la sua arguta logica, troverà un modo per non odiarmi. Ma tu? Tu che mi hai sempre messo al di sopra di tutti, mi odierai?

Che ricordo avrai di me quando mi penserai?

Le guardie irrompono nella stanza udendo il frastuono del nostro scontro. Non c'è alcun bisogno del loro intervento, ma almeno serviranno per accompagnarvi fuori di qui. La tua voce mi giunge ovattata dal pianto che ancora non riesci a placare. Vuoi sapere dove siamo diretti.

Torniamo a casa. È ora di tornare dove tutto è iniziato e dove tutto dovrà finire. Ti rispondo in modo lapidario. Vi osservo lasciare la stanza in silenzio, scortati dalle guardie. Non mi volto per guardarvi, non posso, in questo sono un vigliacco, è inutile negarlo. Alla fine però su una cosa sono stato di parola.

 

Questa storia l'abbiamo cominciata insieme e insieme la porteremo a termine. In che modo... probabilmente non sarò io a deciderlo.






Buonasera a tutti, non ci sentiamo da un po' e questo per me è un grosso rammarico. Il periodo che sto trascorrendo non è dei migliori, ma avevo voglia di pubblicare, di immergermi in questo mondo che per me ha sempre rappresentato un'oasi felice.
In questa one shot sono raccontati i pensieri di Eren, espressi in prima persona, in un frangente importante che segna in un certo senso la fine di quel legame intenso e viscerale che ha sempre avuto sia con Armin che con Mikasa. Il titolo della storia è la traduzione di una frase presa dall'opening della prima parte della quarta stagione.
Personalmente credo anch'io fermamente che a volte per cambiare davvero le cose non serva un eroe... ma un demone, capace di anestetizzare i propri sentimenti fino a renderli impalpabili come aria. Spero che questa breve storia vi piaccia e che possiate leggerla con piacere e interesse. Grazie davvero, ci risentiamo presto.

   
 
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