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Autore: Sinden    31/03/2022    1 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrą prima superare una difficilissima prova.
🌺🌺🌺
FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Melthotiel era stata un'Elfa straordinaria.

Prima della caduta, prima della corruzione del suo spirito, era stata un'Elfa di fenomenale valore.

Aveva un'abilitą che la contraddistingueva rispetto a quelli della sua razza: la capacitą di cogliere le emozioni altrui.
Saper leggere nel pensiero era una dote comune fra gli Elfi, ma interpretare e - in certi casi - anticipare i desideri di un'altra anima, era qualitą rara e innata.

Melthotiel aveva sempre avuto uno sguardo enigmatico, come quello di un gatto. Perfino Glorfindel, che pure aveva una sua buone dose di carisma, delle volte si era sentito rapito da quegli occhi grigi e intensi.
I suoi capelli argentei erano sempre stati raccolti in due spesse trecce attaccate al capo, un vezzo che aveva mantenuto anche dopo la trasformazione in strega. La pelle candida e priva di qualsiasi imperfezione, poteva competere con l'incarnato della sua principale antagonista, Galadriel.

Prima della sua "morte", almeno.

Il veleno contenuto nell'arma che l'aveva centrata aveva agito all'istante. Colpita da una freccia morgul, la sua mente si era annebbiata, e aveva perso conoscenza quasi subito. Credendola finita, gli altri Elfi soldato l'avevano lasciata sul terreno, e dopo un breve lamento funebre in suo onore, se n'erano andati.

E nel sonno nero, aveva sognato Morgoth.
Aveva sentito la sua voce, e le sue parole. L'antico spirito le aveva offerto una scelta.

Continuare a vivere come sua serva, o perdersi nel Vuoto. Rivedere la luce, il sole, il cielo, risorgere con un nuovo corpo, vecchio, raggrinzito, privo della precedente grazia... ma di nuovo vivo.  Assorbire in sč un nuovo potere, maligno, spaventosamente grande.

Oppure...sparire. Non esistere pił, se non come ricordo nel cuore di chi l'aveva conosciuta.

Non ci aveva messo molto a decidersi. Melthotiel amava troppo la vita per lasciare che un misero incidente di percorso (una freccia diretta qualche millimetro pił in lą, un millimetro sufficiente a colpirla)  la cancellasse dalla Storia. Aveva troppo orgoglio per accettare un fato cosģ ingiusto.

E Morgoth conosceva il suo valore e le sue qualitą. Schierata dalla sua parte, poteva essere un asso della manica notevole, viste anche le sue conoscenze magiche. 

Cosģ avevano fatto un patto: lei sarebbe stata di nuovo protagonista delle vicende della Terra di Mezzo, lui avrebbe avuto una nuova guerriera.

Ma nella natura della nuova Melthotiel, era rimasta una caratteristica della vecchia: la capacitą di cogliere i desideri altrui.

Cosģ, non era stato per niente difficile capire cosa fare.

Aveva subito una brutta sconfitta: l'umana aveva incontrato Urgost, e aveva stretto un patto con lui. L'aveva fregata sul tempo. Il Mil Naur per lei era dunque inutile, ormai. Tranne che per un motivo, un motivo che quella Heloise non poteva certo supporre.

La pietra connetteva la mente delle due donne. Era un mezzo tramite cui Melthotiel spiava la vita dell'umana, vedeva le due azioni, sentiva le sue paure, sentiva i suoi pensieri.
Il Mil era stato creato per lei, e chiunque fosse il temporaneo possessore, era a sua volta legato alla Strega. Legato mentalmente, e a sua insaputa.

Il Mil Naur era il principio.

L'inizio di tutto, il punto focale della vita terrena di Melthotiel.  Questo era stata la condizione di Morgoth, perché lei tornasse a nuova vita. Uno strumento creato da lui, per controllarla. Per evitare che venisse colta dalla tentazione di tornare a ció che era stata prima.
Finchč il Mil era impregnato del suo potere, Melthotiel era ben salda nel cerchio tracciato dal grande dčmone.

Ma c'era una fatto: la Strega non voleva tornare a ció che era prima.  Il suo corpo aveva perso la bellezza, ma mai Melthotiel si era sentita cosģ forte e potente. L'energia che Morgoth le aveva trasmesso aveva trasformata una brava guerriera e un'eccellente maga in una vera forza della Natura.

Era conosciuta, e temuta. La paura che incuteva agli altri le faceva provare una sensazione di dominio inebriante. Tanto intenso era l'amore che Galadriel attraeva, tanto intensi erano l'odio e la paura che Melthotiel richiamava a sč.

In effetti, questa trasformazione aveva trovato terreno fertile in lei.

C'era sempre stata nel suo intimo una punta di ammirazione per Morgoth, il Vala ribelle che aveva osato cantare fuori dal coro di Eru. Non aveva voluto sottomettersi e in questo, Melthotiel non ci vedeva niente di male.

Morgoth si era auto-determinato, aveva scelto cosa essere. Certo, nel processo aveva creato una serie di mostruositą che avevano reso la Terra un posto meno idilliaco in cui vivere, ma perlomeno era libero.

Come era lei.
E tale voleva restare. 

E per restare libera, occorreva mantenere un suo posto dove vivere e regnare. Lei e suo marito, il Re Stregone, dovevano restare ad Angmar.  E Angmar era in grave pericolo.

Se il Drago ne avesse preso possesso sarebbero stati tutti quanti costretti a sloggiare, e in fretta. Lei, suo marito, gli Orchi, i Mannari. Non si poteva dividere un regno con un Drago, che non rispondeva pił ad alcuno, che non voleva padroni, che non ubbidiva ad altri che alla sua aviditą.

Non c'erano in effetti grandi possibilitą che Heloise uccidesse Agandāur, almeno non da sola, ma con un Dunedain e un'Elfa in gamba al suo fianco qualche flebile opportunitą poteva presentarsi. Del resto, avevano battuto lei per ben due volte.

Bisognava risolvere il problema.  Era a quel punto necessario cambiare i piani. Quei quattro non dovevano arrivare fino a Gundabad. Dovevano essere fermati prima.

Aveva inviato un gruppo di Orchi a annientare il Nano e il ramingo, ed erano stati fatti a brandelli.

Aveva inviato Saenathra a uccidere le due femmine, ed era stata sconfitta.
Quel che era peggio, la sua anima era stata restituita ad Eru, e Morgoth aveva perso un'altra creatura. Andriel aveva ipotizzato di fare lo stesso con lei, e Melthotiel aveva udito quelle parole tramite le orecchie di Helli.

Si era fatta una risata.

Un equo scambio.
Beh, quell'Elfa soldato doveva avere una gran presunzione se pensava che sarebbe stato facile.

Comunque, i quattro guastafeste andavano respinti, in qualche maniera.
Aveva fallito nel colpirli alla mente e nel corpo, e non le restava che colpirli al cuore.

Si giró a guardare i due Elfi incatenati alle pareti di roccia della grotta in cui si era accampata.

Due fratelli. Un maschio e una femmina. Due soldati di Elrond, incautamente spintisi troppo oltre i loro confini.

La femmina, Eulalie, era ferita. Melthotiel aveva dovuto usare le maniere forti con entrambi, che erano guerrieri provetti,  e ne erano usciti un po' malconci. L'Elfa aveva due costole rotte e varie ecchimosi sul corpo e sul viso.

Tramortiti, ma non morti.

Poi gli occhi si girarono verso il maschio, la sua carta pił preziosa.  L'Elfo di cui si era innamorata l'umana.

Un vero splendore, con profondi occhi che traboccavano odio per lei, e lunghi capelli neri.

Durante il primo incontro con la figlia di Norman Foley, aveva tentato di ricattarla con la vita di sua sorella, in cambio della pietra.

Ora avrebbe minacciato di fare a pezzi il tizio dei suoi sogni, davanti a lei, se la ragazza non avesse girato i tacchi insieme alla sua combriccola e si fosse tenuta lontano da Angmar. Ci avrebbe pensato lei, nel tempo, ad andarli a trovare uno ad uno per esigere le loro vite. Per punirli dell'impudenza di averla sfidata. Oppure l'avrebbe fatto Urgost. Non le importava. Ma intanto dovevano andarsene. Uniti, erano un problema.

E se la bionda Elfa  avesse osato anche solo muovere un muscolo per aggredirla, una brutta sorte sarebbe toccata alla sua amica dai capelli neri, che ora gemeva dal dolore al costato.

Si avvicinó al maschio.

Allungó una mano per accarezzargli una guancia, ma lui giró il viso, disgustato. Uno straccio era stato legato attorno alla mandibola di entrambi, per costringerli al silenzio.

"Non preoccuparti, dolci guance. Tra poco sarai libero. Ho intenzione di proporre alla tua amica un accordo coi fiocchi stavolta. Un...equo scambio."

🌺🌺🌺

"Non riesco, ti dico! Mi fa male il gomito!" protestó Helli, mentre faticosamente tentava di tendere in grosso arco di Andriel.

"Mi hai chiesto tu di insegnarti a usare un vero arco, o no?" rispose l'Elfa, intagliando una nuova freccia.

"Si ma... possiamo andare per gradi? La corda č tesissima, non riesco!!" fu l'ulteriore protesta della ragazza.

"Perché non provi a cambiare impugnatura? Reggi l'arco con la destra e tira il flettente con la sinistra." propose Andriel.

Helli sospiró e provó a fare come suggerito. Passó l'arco nella mano destra, e con due dita, inizió a tirare la spessa corda. Fu molto pił semplice cosģ. Dopo un'iniziale resistenza, il flettente si lasció tirare.

"Come mai cosģ mi riesce?!" chiese la donna, meravigliata.

"Perché sei una Nord-Ovest." disse Andriel. "Č raro, ma capita. Per gli arcieri č una grande fortuna."

"...una... nord ovest?!" chiese la ragazza. "...cioč?"

"Mancina." replicó Andriel. "Sei una donna arciere mancina."

"No che non lo sono! Io scrivo con la destra." Obiettó Helli.

"Non c'entra. Gli archi elfici hanno una loro magia. Sanno riconoscere qual'č il tipo di impostazione giusta per il loro possessore. La mano importante č quella che tira la corda. Tu sei mancina in quest'arte. Ed č un privilegio, credimi. Puoi mirare con molta pił precisione. Gli arcieri mancini sono pochi e pił letali dei destrorsi. Li mandiamo in prima linea, infatti!" riveló Andriel. "Ora prova con un bersaglio. Quel tronco ad esempio."

L'Elfa indicó un albero di fichi, ancora immaturi. "Cerca di colpire quel nodo lą, nel legno."

Helli si concentró e assunse la posizione insegnatale. Un piede davanti all'altro, bacino immobile, schiena dritta. Chiuse un occhio per mettere a fuoco il punto giusto da colpire.

"Ora respira." disse Andriel. "Prima di espirare, rilascia la freccia."

Helli fece quanto detto. Tiró la coda della freccia nel flettente pił che potč, e quando sentģ che il momento era arrivato, lasció partire il dardo.

Fu un centro pressoché perfetto.

Andriel era sbalordita. "Eccezionale, Helli!"

La ragazza era incredula. Stava lģ, con l'arco abbassato, la bocca semi-aperta in una smorfia di assoluto stupore.

"E al primo tentativo!" commentó ancora Andriel. "Forse abbiamo trovato qualcosa che sai fare veramente bene!"

"Ho fatto centro?! Vuoi dire...che ho fatto centro?" esclamó lei. "Ma se fino a stamattina non riuscivo neanche a tenere l'arco in mano!"

"Te l'ho detto, i nostri si adattano al possessore. Ma devi usarlo da mancina." rispose Andriel. "Mi fa piacere sapere di poter contare su di te, in caso di bisogno. Ora sai usare un'arma."

Le due avevano trovato il ramo di fiume che doveva essere il luogo d'incontro con Farin ed Eradan. Solo che, di questi ultimi due non c'era nemmeno l'ombra.

Andriel era aggrappata alla speranza che il suo amico volatile li avesse trovati e che l'Uomo avesse letto il messaggio. Tuttavia, tre ore erano gią passate dal loro arrivo, e ancora i due non davano segni di presenza.

Per passare il tempo, e per risolvere il problema della fame di Helli, divenuta lancinante e fonte di interminabili lamentele, Andriel si era messa a pescare a mani nude.
Quel punto del fiume era ricco di trote, e l'Elfa senza sforzo ne aveva acchiappate due.

"Che faremmo se Eradan e Farin fossero morti?" chiese Helli.

Quella domanda colpģ Andriel al cuore. "Non lo dire. Non puó essere successo. Eradan č forte." rispose, comunque.

"Gią...ma se..." continuó Helli.

"Non... lo ... dire. Mi hai capito bene? Arriveranno." taglió corto l'Elfa.

Helli si zittģ.

"...beh dovremo darci un limite di tempo. Non possiamo aspettarli fino a domani." osó solo aggiungere.

"Partiremo all'alba domattina, se non dovessero arrivare entro stanotte." ribattč Andriel. "Ma devono raggiungerci. In due non ne usciremo vive."

"Grazie per avermelo ricordato." commentó Helli. Poi sospiró, e impugnó di nuovo l'arco. Incoccó una freccia e stavoltą miró a una susina violacea che penzolava da un alberello.

"Hey non sprecare le frecce. Farle richiede tempo." disse Andriel, contrariata.

Helli non le badó, e fece partire il dardo. Anche stavolta andó a segno. Sorrise.

"Ha! Non puó essere vero!" esclamó una voce roca e burbera. "Non credo ai miei occhi! Allora Heloise sa fare qualcosa di utile!"

Eradan e Farin comparvero sull'altra sponda del fiume, sbucando da dietro una serie di rocce. Evidentemente stanchi e provati, non nascondevano la felicitą di averle trovate.

Helli cacció un urlo alla loro vista, e si buttó nel fiume per raggiungerli, visto che l'acqua era piuttosto bassa e la corrente debole. Anche Andriel si lasció andare un moto di entusiasmo. Agitó entrambe le braccia in saluto.

"Eradan!!! Finalmente!" gridó la ragazza.

"Sei un arciere adesso, vedo." la prese in giro il ramingo, lasciandosi travolgere dal suo abbraccio. I due finirono a terra. Helli prese a baciargli il viso freneticamente, come non lo avesse visto da decenni.

"Se ti vedesse tua sorella..." commentó divertito il Nano. "Ci sono anch'io, ti ricordo."

"Farin!! Ho avuto tanta paura di non incontrarvi pił!!" ribattč lei, abbracciandolo, mentre Eradan si rimetteva faticosamente in piedi. Era sollevato dall'averle ritrovate, e averle trovate vive e in salute.

"Sapeste cosa ci č successo!! Abbiamo incontrato Thranduil, e Andriel ha preso la spada e...e poi i soldati ci hanno inseguite...e c'era quel ragno...oh signore mio grazie di avervi riportati da noi!" scoppió a piangere Helli, e solo allora Andriel realizzó quanto fosse scossa da tutta la faccenda. Era solo una ragazza di vent'anni. Aveva dimostrato gią pił forza di molte sue coetanee. Ma non poteva aspettarsi troppo da lei.

"Cosa č questa storia? Quale spada?" volle sapere il ramingo. Poi strinse affettuosamente il braccio ad Andriel, che li aveva raggiunti, in segno di saluto. "Ottimo lavoro, soldato. Hai protetto Heloise. Elrond te ne sarą riconoscente, quando lo saprą."

"Ma non č stato facile. Molto ho da raccontarti. Ora sedetevi, dovete rifocillarvi. C'č ancora del pesce, posso pescarne altro. Poi peró dobbiamo andarcene. Entro sera, saremo raggiunte dall'esercito del Re, temo." spiegó l'Elfa.

"Thranduil vi dą la caccia? E per quale motivo? L'avete offeso?" chiese Eradan.

"No, amico. Peggio." rispose l'Elfa. "L'ho derubato."

 

   
 
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