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Autore: VaniaMajor    08/04/2022    3 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 21
LOTTA PER LE HOSHISAKI
 
Sango lanciò di nuovo Hiraikotsu, mentre alle sue spalle Jaken sfruttava il potere del suo bastone per scacciare un demone volante particolarmente fastidioso. Sotto di loro, gli okami-yokai si stavano riorganizzando, grati per l’alleggerimento della pressione dovuto all’arrivo dei nuovi alleati. Kirara scartò a sinistra bruscamente per evitare di essere colpita, poi morse il malcapitato yokai alla gola, spacciandolo. Jaken, che aveva evitato di cadere solo aggrappandosi alla sua coda, lanciò uno strillo gracchiante.
«Ehi! Criminali, ancora un po’ e volavo di sotto! – protestò, impaurito dalla portata di quello scontro ora che erano privi della protezione di Sesshomaru – Forse avrei fatto meglio a scendere con quel monaco…»
«Forse sì, Jaken-sama.» sospirò Sango, stanca delle sue rimostranze, poi si arrischiò a lanciare un’occhiata alla battaglia oltre il margine della conca rocciosa. Miroku e il Principe di En stavano lottando contro un tizio la cui lama si muoveva in maniera micidiale, non comune. Sango era sollevata nel vedere la leggendaria spada Tessaiga nelle mani di Inuyasha, ma l’hanyo non la stava usando per finire il servo di Naraku. Se la memoria non la ingannava, infatti, quella spada non poteva essere usata per uccidere gli esseri umani, ma solo gli yokai. Miroku gli faceva da spalla con abilità, ma Sango era molto preoccupata per lui. Il suo malore di quella notte era ancora troppo recente.
Notando un movimento, la Cacciatrice spostò di nuovo la sua attenzione sulla battaglia in corso, ormai alle sue ultime battute, e lanciò Hiraikotsu. Quando poté dare un’altra occhiata alla conca, si accorse con un tuffo al cuore che Miroku combatteva solo. Inuyasha stava saltando nella conca con la spada alzata: probabilmente sul fondo stava accadendo qualcosa di grave che richiedeva il suo intervento immediato. Lasciato solo, però, il monaco poteva essere costretto a usare il suo Foro del Vento…
«Kirara, vola verso Miroku! - ordinò subito, senza farsi domande sul nodo oscuro di ansia che le aveva attanagliato lo stomaco – Jaken-sama, preparate il Bastone Ninto!»
«Non darmi ordini, Cacciatrice!» sbottò Jaken, ma si affrettò a fare quanto suggerito. Aveva tutta l’intenzione di uscire da quella situazione incolume!
Miroku, in effetti, non aveva di fronte a sé un avversario facile. Con il supporto di Inuyasha era stato più facile deviare i colpi di quella lama modificata, anche se nessuno di loro era ancora riuscito ad avvicinarsi abbastanza a quell’irritante scagnozzo di Naraku per cancellargli quel sorrisetto dalla faccia, ma un istante prima era giunto un grido di Kagome e il monaco stesso aveva spronato il Principe di En a risolvere la questione ai piani bassi senza preoccuparsi per lui.
«Andate, prima che succeda qualcosa a Kagome-sama o all’Hoshisaki di Koga. A questo tizio ci penso io, sta diventando una questione personale.» lo aveva spronato e Inuyasha, dopo aver guardato negli occhi decisi e limpidi di Miroku, era saltato di sotto, dove Kagome e Shippo forse si trovavano nei guai. Jakotsu gonfiò le guance.
«Uffa! Alla fine Bankotsu ha sempre il meglio! Beh, non che mi lamenti di te, Miroku…è da un pezzo che ti voglio.» sbuffò l’ambiguo guerriero, mentre seguiva l’uscita di scena di Inuyasha, per poi riportare lo sguardo malizioso e assetato di sangue sul monaco.
«Anche io voglio qualcosa da te, assassino. Purtroppo, solo uno di noi due realizzerà il proprio desiderio.» disse Miroku, preparando il bastone, già danneggiato in un paio di punti.
«Uh, parole forti da uno che non ha saputo sfruttare il magnifico potere che ora mi scorre nelle vene! - cinguettò Jakotsu, sfiorandosi la gola mentre veniva avanti con un sorrisetto carico d'aspettativa – Lascia che ti tocchi e ti riconduca a Negai, Miroku. Sarà splendido vederti perdere la testa e soccombere ai tuoi più nascosti desideri!»
«Ti vanti di un potere che io ho già digerito e sputato, Jakotsu. Non mi tenti affatto.» replicò il monaco, sprezzante, scattando in avanti. Jakotsu fece partire la sua lama. Miroku la colpì di piatto col bastone, spezzandone la frustata micidiale, poi sferrò due colpi ad arco in rapida successione, cercando di ferire Jakotsu al petto con le lame in cima alla propria arma, ma il guerriero si fece indietro con un balzo e richiamò a sé la spada, con un movimento tanto imprevedibile da cogliere Miroku di sorpresa. Seppe difendersi da danni gravi, ma le lame riuscirono a tagliarlo in diversi punti e a spillare il primo sangue.
«Che meraviglia! - gemette Jakotsu, soffocando a stento un brivido di piacere mentre baciava la lama insanguinata – Fatti torturare ancora un po', la sensazione è magnifica!»
«Bastardo...» sibilò Miroku, che aveva perso la pazienza, decidendo di mettere fine alla questione con il Foro del Vento. Fece appena in tempo a sfiorare il rosario, però, che Hiraikotsu precipitò dal cielo con violenza. Jakotsu cadde all'indietro in maniera sgraziata con uno strillo, mancato di un soffio. Il monaco alzò il capo, sorpreso, incontrando lo sguardo infuocato di Sango in groppa a Kirara. Dietro di lei, Jaken teneva a bada un inseguitore con il Bastone Ninto.
«Miroku, non ti azzardare!» gli ingiunse la Cacciatrice con voce talmente autoritaria da fargli subito abbassare la mano, come un bambino colto sul fatto. Sguainò la propria katana, pronta a scendere per aiutarlo. Jakotsu balzò in piedi, il bel volto sfigurato dall'ira.
«Come ti permetti di metterti in mezzo, donna?! - esclamò, pieno di disprezzo – Miroku è mio! Sei feccia, torna nel fango! Prova a scendere e ti troverai a soffocare nel tuo stesso san...»
Tornò a voltarsi di scatto, attonito, quando si vide incombere addosso Miroku, che si era mosso all'improvviso con una celerità impreveduta. Il monaco, che aveva recuperato Hiraikotsu, usò l'arma della Cacciatrice per impattare contro Jakotsu, facendogli perdere il fiato, per poi stenderlo a terra e fargli volare la spada affibbiandogli un violento pugno al volto. Jakotsu tossì, sorpreso, mentre cercava di alzarsi da terra. Il volto di Miroku, che sembrava aver già dimenticato di essere ferito, era pervaso da un'ira terribile.
«Insultare Sango in mia presenza...che pessima idea.» sibilò, mentre la Cacciatrice si affrettava a raggiungerlo, ignara di essere la causa di quella reazione repentina. Jakotsu non stette a pensare. Si voltò e scattò verso la Jakotsu-ha, caduta a terra poco distante. Se il monaco ci teneva tanto a quell'inutile donna, beh...avrebbe esaudito il suo desiderio, facendoli morire insieme!
***
Sesshomaru procedeva celere tra gli alberi della foresta, salendo lungo i crinali delle colline per poi discenderne senza una parola, un cenno che tradisse un qualche tipo di sforzo. Aveva una meta e vi si stava recando con l'intento di non perdere neanche un minuto del proprio tempo, un singolo respiro in più dello stretto necessario. Intanto, nel suo petto continuava a risiedere un peso rovente, un groviglio di emozioni a cui non voleva dare voce né nome e che legavano la sua Hoshisaki a una sensazione di tormento.
Lo aspettavano risposte alla Grotta degli Echi? Non aveva mai approfittato di quel luogo. Non era tipo da rinvangare il passato e la sua straordinaria memoria gli consentiva di ricordare tutto ciò che gli poteva essere utile. Non sapeva perché la Dea ritenesse che le voci del passato potessero in qualche modo aiutarlo a portare a termine quella maledetta guerra; d'altra parte, tutto quanto attorno a lui gli stava diventando incomprensibile. L'occhiata che lanciò alle sue spalle fu tanto fugace che nessuno si sarebbe accorto del movimento, ma gli permise di mettere a fuoco per un istante la donna che lo stava seguendo con testardaggine, cercando di tenere il suo passo.
Pallida, con gli occhi scintillanti di sfida e pensieri turbolenti, le labbra strette su un silenzio che stavolta era una precisa scelta, la giovane bionda si muoveva il più in fretta possibile, attingendo per istinto alle nuove capacità del suo corpo yokai. Era già scarmigliata, il petto le si sollevava nel respiro affaticato, ma non cedeva, mantenendo una distanza che le permettesse di seguirlo senza stargli vicino.
“Un dono di Rin. - pensò Sesshomaru, avvertendo di nuovo la tentazione di radere al suolo la foresta – Rin, imprigionata dentro Junan.”
Non era stato abbastanza orribile sapere che era morta lontana da lui, senza difese, per mano di Naraku? Non era abbastanza aver perso l'unica creatura che gli fosse arrivata al cuore? Adesso era ancora più importante giungere a un dunque, alla purificazione delle Stelle: ne andava della pace per l'anima di Rin, l'unico dono che potesse ancora farle. Questo, però, non gli impediva di guardare con odio alla donna bionda. I sentimenti torbidi che inquinavano Chinoo gliela facevano vedere come un'impostora, la carceriera di Rin. Non arrivava ad augurarsi che Naraku finisse il lavoro iniziato con lei, il demone di Gake non doveva permettersi di toccare qualsiasi cosa fosse anche solo vagamente associata a Rin, ma se fosse sparita da En lasciandogli Junan per Sesshomaru sarebbe stato un enorme sollievo.
La udì mormorare qualcosa tra sé, pianissimo. Pensò fossero maledizioni alla sua volta, ma avvertì il nome della portatrice di Shinsetsu. Evidentemente, pur in quella situazione i suoi pensieri continuavano ad andare alla sorella. Sesshomaru faticava a preoccuparsi per Inuyasha. Non provava sensazioni di pericolo immediato e aveva mandato gli umani a occuparsi della situazione. Kiokuchi lo aveva rassicurato che i due fossero ancora vivi e a Sesshomaru, per il momento, bastava. Aveva imparato a sue spese che avrebbe avvertito un danno serio al fratello minore o alle Hoshisaki in tempo reale.
Continuarono a salire e scendere dalle colline fin quasi a mezzogiorno. A un certo punto, Anna aveva perso terreno e Sesshomaru non l'aveva attesa. Dopo un po', lei aveva recuperato la distanza tra loro e l'Imperatore di En si era accorto che camminava con le braccia aperte, sfiorando con le mani tutte le piante alla sua portata. Doveva aver iniziato ad assorbire energia dalla foresta quando si era resa conto di essere allo stremo. Suo malgrado, si trovò ad apprezzare questo lato di lei. Non lo riempiva di chiacchiere, non si lamentava, non gli aveva chiesto né una pausa né di rallentare e quando si era trovata in difficoltà aveva utilizzato le proprie facoltà ancora acerbe per trovare una soluzione senza interpellarlo. Erano doti che saltavano all'occhio perfino a una persona indifferente come lui.
“Questo non cambia niente.” si disse, secco, avvertendo di nuovo quella sensazione sgradevole al cuore. Giunsero a una cima, più alta delle altre e inondata dalla luce forte del mattino. Lì lei si lasciò andare a un ansito di sorpresa che spinse Sesshomaru a voltarsi. La vide ritta, volta verso occidente, col volto pallido illuminato in pieno dal sole, gli occhi azzurri spalancati in un'espressione di sorpresa e meraviglia quasi comici che la rendevano bambina, i capelli  scintillanti come una cascata d'oro sulle spalle. Era molto bella ma Sesshomaru, se anche lo registrò, uccise il pensiero non appena si affacciò.
«Riprendi a camminare.» le disse, brusco.
«Quella è la terra di En?» chiese lei, costringendolo a seguire la direzione del suo sguardo. In effetti, da quella cima si poteva spaziare sul meraviglioso paesaggio del suo impero che, per quando devastato dalla lunga guerra, conservava una straordinaria bellezza naturale.
«Lo è.» rispose soltanto, atono. 
«Quindi è questo ciò che state cercando di proteggere.» mormorò la giovane donna, facendolo corrucciare. Nella sua voce c'era una punta di incredulità, come se non riuscisse a coniugare ciò che stava vedendo di lui né con il nobile scopo, né con la bellezza della sua terra. Non commentò, conscio che in caso contrario avrebbero ricominciato a discutere. Anna si voltò verso di lui. «Siamo seguiti.» gli disse.
«Te ne sei accorta solo ora?» replicò lui, laconico. Lei serrò per un attimo le labbra e corrugò le sopracciglia, come per trattenere una replica piccata, ma rispose con un tono di voce immutato: «No, ma adesso credo di aver capito di chi si tratta. È una donna che accompagnava Naraku la notte in cui…»
«È Kagura, un demone del Vento. – la interruppe Sesshomaru – Naraku ci fa l’onore di tenerci d’occhio tramite uno dei servi a lui più prossimi. Non si avvicinerà, se è questo che temi. Sa di non avere speranza contro di me.»
«Io invece spero che si avvicini.» la udì borbottare. Il malanimo nella sua voce lo sorprese quanto bastava da spingerlo a guardarla di nuovo. Il suo viso era cupo, battagliero come quando gli aveva urlato addosso qualche ora prima.
«Non saresti in grado di batterla. È un demone puro, al contrario di te.» la freddò, facendola avvampare.
«Lei ha contribuito a uccidere la mia parte umana.» disse la giovane donna tra i denti. Sesshomaru si stupì di scoprire questo lato guerriero e vendicativo. Gli era sembrata una persona fondamentalmente passiva, abituata ad accettare i colpi della vita e ad adattarsi, invece pareva che al di sotto di quella pazienza costruita vi fosse un fuoco nascosto. «E poi, ha una Hoshisaki. Il mio contrario, oserei dire.» finì di stupirlo, dimostrando un acume e una risonanza con Junan che Sesshomaru non aveva ancora sospettato.
«Sì, è Mukanshin, l’Indifferenza. – rispose, scrutando la foresta con fare pensieroso e chiedendosi per la prima volta come mai, in effetti, fosse proprio Kagura a seguirli – Kagura è nata da Naraku, esattamente come la tua parte demoniaca, per essere il contenitore di Mukanshin. Se i miei sospetti su di lei sono esatti, il tuo odio può essere utilizzato meglio altrove. Kagura detesta Naraku almeno quanto te.»
«Davvero?! Perché?» mormorò Anna, sbalordita e in parte incredula.
«Perché lei è il Vento e Naraku, insieme all’Hoshisaki, le impedisce di essere libera.»
«Ve l’ha detto lei, questo? – chiese la giovane donna, perplessa – Sarà anche vero, ma ciò non toglie che lavori ancora per quel demone e che ci stia tallonando. Pensate che possa passare dalla vostra parte?»
Sesshomaru non rispose. Gli era capitato di pensarci, dopo la volta in cui la yokai si era lasciata scappare parole ambigue al riguardo, l’ultima volta che si erano scontrati. Ricordava ancora di aver potuto intravedere per un istante le nascoste profondità del rancore e della frustrazione di Kagura, il suo desiderio di libertà sotto all’ostentata indifferenza. Quanti anni erano passati da allora? Forse una decina. Naraku non l’aveva più mandata in luoghi dove avrebbe potuto dover affrontare l’Imperatore di En, forse subodorando la resistenza che Kagura faceva al suo dominio e all’influsso di Mukanshin. Eppure, proprio ora che Sesshomaru aveva intrapreso quel viaggio forse risolutivo, Kagura veniva messa alle sue calcagna. Era una trappola di qualche tipo o un’occasione da sfruttare? Naraku teneva così tanto a catturare Junan da mandare allo sbaraglio la sua più indisciplinata alleata?
«Sesshomaru-sama?» lo interpellò ancora la donna bionda, in attesa di una risposta. D’un tratto, Sesshomaru si irritò. Era stato coinvolto in una conversazione con lei dopo che si era ripromesso di ignorarla e le aveva raccontato con naturalezza dettagli di cui non aveva ancora discusso nemmeno col fratello. Strinse i denti.
«Mi annoi, donna. Chiudi la bocca.» le ingiunse, allungando il passo e lasciandola di nuovo indietro.
Anna fissò con nuova rabbia la sua schiena, riuscendo a tacere con un enorme sforzo di volontà. Sesshomaru poteva dire quello che gli pareva, ma lei non avrebbe dimenticato le lame di vento che l’avevano ferita così gravemente da portarla a un passo dalla morte! Riprese a camminare, scrutando il folto con occhi fattisi cupi. Non poteva fidarsi né della yokai che li stava spiando, né dell’Imperatore a cui in teoria era stata destinata dall’Hoshisaki che luccicava sulla sua fronte. Sapeva di essere sola, in balia degli eventi, e non aveva intenzione di farsi trovare impreparata per l’ennesima volta.
***
Koga riuscì a farsi indietro un istante prima che l’alabarda lo trapassasse da parte a parte. Si conficcò invece nella roccia, investendolo di frammenti taglienti e scaraventandolo a lato, facendogli battere la testa contro uno spuntone per poi finire oltre l’orlo della gradinata naturale e precipitare di sotto. Per puro istinto, si girò su se stesso con una capriola e atterrò sui propri piedi, poi barcollò e cadde a sedere, scrollando il capo per cercare di schiarirselo. Doveva ammetterlo, aveva sottovalutato quel tizio chiamato Bankotsu. In totale risonanza con la propria Hoshisaki, combatteva con una forza più che umana. Il giovane con la treccia si affacciò, un sogghigno sul volto.
«Allora, capo degli okami-yokai…mi cedi Keisotsu con le buone o ti devo tagliare le gambe?»
«Bastardo…senza la tua Hoshisaki saresti solo un cadavere che marcisce!» disse Koga tra i denti. Le sue gambe erano già ferite in molti punti. Riusciva ancora a muoversi solo grazie alla sua forza yokai e alla testardaggine.
«Mi sa che oggi sarai tu quello che diventerà un cadavere marcescente.» disse Bankotsu, saltandogli incontro con l’alabarda pronta per il prossimo colpo. Koga spiccò a sua volta un balzo verso di lui. Deviò l’alabarda con l’avambraccio, che subito perse sensibilità per la violenza del colpo, poi sferrò al guerriero un pugno che avrebbe spezzato il collo a un normale essere umano. Bankotsu, invece, pur accusando il colpo, lo afferrò per la gola e i due ricaddero a terra in un groviglio confuso, cercando di colpirsi con tutta la violenza possibile.
«Così non posso tirare!» gemette Kagome, frustrata, osservando lo scontro sotto di lei. Aveva fatto bene a tornare nella conca, la situazione era critica per Koga, ma Bankotsu era saltato giù proprio nel momento in cui lei stava per tirare la freccia e adesso la vita dell’okami-yokai era a rischio. Shippo era più in basso, pronto a entrare in scena. Il loro piano era pericoloso, ma poteva far guadagnare tempo, in modo che Inuyasha e Miroku riuscissero a disimpegnarsi e ad andare ad aiutarli. In quel momento, Bankotsu riuscì a tirare indietro il braccio destro quanto bastava da affondare la sua Banryu. Koga si fece indietro con un rantolo, ferito al fianco.
«Ora!» esclamò Kagome, vedendo un varco. Scagliò la sua freccia, instillandovi tutto il potere di Shinsetsu che poteva. Lo strale si conficcò nel braccio destro del guerriero, in un’esplosione di luce rosa che lo fece arretrare e che consentì a Shippo di scendere fino al livello di Koga, trasformandosi in una sua replica perfetta. Sotto gli occhi sbalorditi dell’okami-yokai, Shippo gli fece cenno di approfittarne per allontanarsi in direzione opposta alla sua e i due saltarono sulle rocce con l’andatura incerta del ferito.
Bankotsu sbatté le palpebre, dopo essere rimasto per un attimo accecato dalla luce di Shinsetsu, poi vide le freccia, ora incastrata tra le nude ossa di un braccio defunto, e si accorse che la sua preda si era magicamente sdoppiata e prendeva il largo, costringendolo a decidere chi fosse l’originale.
«Vi piace giocare, eh? Molto bene… - mormorò, strappandosi di dosso la freccia e alzando lo sguardo alla propria destra, dove uno due Koga feriti stava per essere aiutato dalla ragazza che aveva tirato la freccia – Peccato che non sia difficile notare chi dei due abbia l'Hoshisaki!»
Scagliò Banryu con violenza, colpendo la roccia sotto i piedi della ragazza. Lei cadde con uno strillo, ancora aggrappata all'okami-yokai ferito. Koga la afferrò e atterrò con agilità tenendola il braccio, per poi cadere seduto per le troppe ferite alle gambe.
«Kagome!» gridò l'altro Koga, correndo verso di loro. Gli era spuntata una incongrua coda di volpe, cosa che dava ragione all'intuito di Bankotsu. Quest'ultimo afferrò al volo la Banryu e si slanciò contro i due mentre la giovane donna, terrorizzata, cercava di incoccare una nuova freccia, ma non fece in tempo a raggiungerli. Un brivido lo scosse e, alzando lo sguardo, vide precipitargli addosso il Principe di En, con una enorme spada sollevata per colpirlo. Bankotsu fece appena in tempo a interporre tra sé e Inuyasha la Banryu, poi il mezzo demone gli piombò addosso, deviando la sua alabarda e sferrandogli un tremendo calcio al ventre che lo spedì sul fondo della conca con un impatto che avrebbe ucciso un uomo normale.
«Inuyasha!» gridò Kagome, mentre Shippo la raggiungeva.
«Kagome, porta su quel buono a nulla! A questo tizio penso io!» ordinò lui, concedendosi solo una brevissima occhiata alle spalle. Koga ringhiò e aprì la bocca per replicare, ma Kagome lo frenò.
«Inuyasha ha ragione, hai bisogno di riprenderti e allontanarti da quel...» Non trovò una parola adatta per definirlo: aveva ancora negli occhi l'immagine del braccio scarnificato in cui si era incastrata la sua freccia. Deglutì a fatica e cercò di prestare tutta la sua attenzione a Shippo, che stava proponendo di trasformarsi ancora e trasportarli in volo fino alla cima, in direzione del bosco. Di sopra, infatti, si udiva ancora la voce di Jakotsu.
«Il capo della tribù Joro non lascia un combattimento a metà per farsi proteggere da un cane!» sbottò Koga, opponendo resistenza.
«Il cane, come lo chiami tu, ci sta salvando la vita! - gridò Kagome, d'improvviso furibonda, scioccando sia il capo degli okami-yokai che il povero Shippo – Ora zitto e fatti portare da Shippo! All'orgoglio penserai quando smetterai di sanguinare come un vitello!»  
Dal fondo, intanto, giunse una risata soffocata da qualche colpo di tosse.
«Bella mossa, cagnolino! Naraku mi aveva detto che quella spada non ti rispondeva più, ma con tutta evidenza si è sbagliato. - disse Bankotsu, rialzandosi e togliendosi di dosso polvere e frammenti di roccia – Peccato che non uccida gli esseri umani come me, vero?»
«Feh! Per uno come te, bastano i miei artigli!» replicò Inuyasha, balzando sul fondo per raggiungerlo. Tessaiga incrociò il filo della lama con quello di Banryu e i due contendenti si ritrovarono a fissarsi a breve distanza, spingendosi a vicenda con tutte le loro forze. Inuyasha ringhiava mentre Bankotsu non smetteva di sogghignare. La loro forza sembrò pari e costrinse i due ad allontanarsi dall'altro, per poi iniziare una serie di parate e affondi. Era palese che Inuyasha voleva liberarsi di quell'alabarda per passare al corpo a corpo.
Koga, spintonato da Kagome, si ritrovò a obbedire senza fiatare, chiedendosi come mai si sentisse più ammaliato che umiliato dal fatto di aver trovato una ragazza in grado di tenergli testa. Shippo rimase perplesso quando capì che Kagome non sarebbe andata con loro.
«Kagome, perché...» iniziò a chiedere.
«Voglio andare un po' più su e tenere entrambe le situazioni sotto mira. Hai visto cos'è successo al braccio di Bankotsu? Potrei ancora tornare utile.» rispose lei, iniziando ad arrampicarsi faticosamente sulla roccia crollata. Fu una scelta molto più corretta di quanto avesse supposto. Non appena riuscì a vedere cosa accadeva in cima, infatti, vide con orrore Jakotsu lanciarsi verso la sua spada a terra e rivoltarsi come un serpente, troppo veloce perché Miroku o Sango potessero raggiungerlo.
«Non farlo!» gridò Kagome, terrorizzata per gli amici, incoccando una freccia. Il suono improvviso della sua voce provocò un brevissimo momento di pausa nel movimento del braccio di Jakotsu, un’esitazione superficiale che però consentì a Sango di afferrare Miroku e ripararsi con lui dietro Hiraikotsu. Fu questione di un istante: la lama della Jakotsu-ha sferzò l’aria dove un istante prima c’era la testa del monaco e la freccia di Kagome partì, conficcandosi nella gola di Jakotsu. Kagome mandò un piccolo strillo, orripilata. Aveva lanciato senza tempo di mirare e si era rivelato un colpo fatale.
Jakotsu emise un suono gutturale, bloccandosi con un tremito che lo scosse da capo a piedi. Poi, la carne del suo collo si disfece nell’aria come polvere, esattamente com’era accaduto al braccio di Bankotsu, mettendo a nudo le vertebre e un frammento arancione avvolto da una luce malsana, che cadde a terra, tra le ginocchia aperte del guerriero.
«Negai!» ansimò Miroku, venendo fuori da dietro Hiraikotsu mentre Jakotsu cercava di muovere le mani verso il frammento, sempre emettendo quel suono orribile, gli occhi pieni di odio e paura. Il monaco lo guardò con un misto di pietà e disprezzo, poi estrasse un foglietto da esorcismo dai recessi della sua veste e lo applicò con due dita alla fronte del guerriero.
«Torna polvere, Jakotsu. È finita.» gli disse Miroku. Sotto gli occhi attoniti delle due ragazze, l’una vicina all’altra alle spalle del monaco, Jakotsu emise un sospiro lungo e definitivo, chiuse gli occhi e svanì in un turbine di polvere grigia che venne portata via dal vento.
   
 
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