Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Dorabella27    11/04/2022    16 recensioni
Come sa bene chi mi conosce, non ho mai digerito l'episodio 15 dell'anime: mi sembra insensato, soprattutto per quel che riguarda la storia della finta gravidanza di Maria Antonietta (a dir poco impossibile: i parti reali erano pubblici, proprio per evitare rischi di sostituzione del neonato o altri infingimenti); nel finale dell'episodio, poi, la colpa che viene fatta ricadere su Oscar è sommamente odiosa, e sarebbe talmente grave da rendere pressoché incredibile il fatto che nell'episodio successivo nessuno dia segno di ricordare alcunché. Ho immaginato allora uno switch - possibile? probabile? quanto meno, plausibile, si spera - a partire dal rientro di Oscar a Corte. Il racconto si trasformerà in corso d'opera, e da quasi - feuilleton prenderà le movenze di storia di taglio introspettivo e intimista. Questa volta procederò dando la parola, via via, ai singoli personaggi, che si alterneranno come voci narranti, con capitoli brevi e, spero, ravvicinati. Sperando che apprezzerete questo mio ennesimo esperimento .... buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Charlotte Di Polignac, Contessa di Polignac, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XII- Facesti come quei che va di notte....
 
Dove eravamo rimasti ...
Come ricorderete, ci eravamo lasciati con André che, tornato nella maison di Madame Tellier, si era risentito per una sua frase....
Vediamo il prosieguo del loro incontro, e non solo quello.
 
"Vieni con me, André".
"No. Devo andare".
"Non è vero. Seguimi un attimo". Lo aveva detto dopo avergli lasciato il braccio, con il tono di chi sa con certezza di essere sempre obbedito. Poi, mentre percorrevano il salotto verso una porta che André non aveva mai varcato, avevano incrociato una faccia nota, cui Madame Tellier aveva detto, con tranquilla autorità e un gesto appena accennato della mano sinistra: "Buonasera, Monsieur l'Inspecteur Marais. La vostra ragazza vi aspetta come sempre nella chambre verte".
 
In un certo senso, André ammirava Madame Tellier, invidiava la pacatezza con cui teneva tutti e tutto sotto controllo, anche i regi ispettori che, come Monsieur Marais, dovevano controllare periodicamente le case di piacere; nonostante Madame avesse forse il triplo o il quadruplo dei suoi anni, e fosse una donna prosperosa e piccoletta, dietro quella morbidezza e quegli occhi castani indovinava la stessa tenacia di ferro della sua Oscar.
 
Entrarono in una vasta camera, ammobiliata con buongusto e persino con una modesta eleganza. André non poté nascondere uno sguardo stupito di fronte alla sobrietà dell'ambiente.
 
"Che c'è André? Pensavi di trovare anche qui sete rosa, pizzi e affreschi con pastorelle discinte e satiri che le insidiano?"
 
André tacque, mortificato, sentendosi scoperto nella sua banalità.
"Questa è la mia stanza privata. Siedi". Gli porse una sedia, poi prese da uno stipo di mogano due bottiglie e quattro bicchieri e li pose sulla tavola davanti ad André
Si sedette.
"Ti vedo turbato, André".
Quello non disse una parola: restava seduto con la testa bassa, con le mani aperte sulle cosce e con gli occhi a terra.
"Beh, almeno non hai avuto paura che volessi portarti a letto io".
 
L'uscita improvvisa gli fece alzare gli occhi, allarmato, e incrociò il sorriso di Madame Tellier.
Sorrise a sua volta.
"Hai visto che almeno sono riuscita a farti sorridere, André?".
 
Si scambiarono ancora uno sguardo ridente e complice.
L'ironia di quella donna era tagliente, quando doveva misurarsi con i clienti propensi a trascendere, mentre con lui diventava ... quasi carezzevole.
 
"Vediamo un po', André, forse stanotte riuscirò a darti una lezione anche più importante di quelle che ti ha impartito Françoise. E non fare quella faccia sdegnata quando te la nomino: non sei sua Maestà il Delfino!"
 
Allineò i quattro bicchieri e versò, con precisione, alternatamente dalle due bottiglie, bordeaux e pastis.
 
"Ecco fatto, pulcino. Ora ti insegno un  rimedio buono per tutti i mali:        non una semplice ubriacatura, ma una sbronza scientifica. Tieni", e gli aveva avvicinato due bicchieri, pastis e bordeaux.
 
"Ora, forza, un bicchiere di bordeaux e uno di pastis: giù tutto".
 
Avevano ingollato all'unisono due bicchieri: l'effetto dei due alcolici così diversi, arrivati a mescolarsi insieme nello stomaco, era dirompente.
 
"Fuoco, eh?", aveva sorriso Madame Tellier. "E ora, via, ancora", e aveva riempito nuovamente i quattro bicchieri, alternativamente, di vino rosso e di pastis.
"Con questa cura, ogni male, per un po', se ne va. O almeno, sembra più sopportabile".
 
Non era stato pronunciato il nome di Oscar, la "contessina" Jarjayes" non era stata nominata, ma ugualmente, era lì, la sua presenza pervadeva la stanza a ogni minuto, senza mai essere evocata in  modo esplicito. Se di giorno Oscar in piena luce e lui era l'ombra che teneva dietro ai suoi passi ora, la notte, Oscar era l'ombra fedele che non lo lasciava mai.
Gli occhi di André andarono a un dipinto, il solo, oltre a una riproduzione di una Madonna di Raffaello, ad adornare le pareti imbiancate a calce della stanza, modesta ma così confortevole, che gli ricordava stranamente quella di sua nonna: il viso dolce di una giovane monaca, con il velo nero tirato orizzontalmente sulla fronte, di diversa, ma non inferiore bianchezza, rispetto alla benda e al soggolo.
"Ti piace la mia Clarette?", gli chiede Madame Tellier in tono cupo.
André non disse nulla.
 
"Ognuno di noi ha atroci dolori da sopportare, André". Per me", continuò, "è un grande dolore poterla vedere solo da dietro la grata di un convento. Ma sarebbe stato un dolore ancora più cocente vederla qui, o saperla in un'altra maison, mezza spogliata ed esibita sotto gli occhi di tutti i clienti."
 
Aveva buttato giù altri due bicchieri, seguita da André. E con questi, erano arrivati a sei a testa. Madame Tellier sembrava più lucida che mai. Lucida e spietata.  "Per sopravvivere, bisogna sempre cercare di scegliere il prima possibile, fra due dolori, il meno lancinante. Quella non è per te, lo so io come lo sai tu, anche se non ti piace sentirtelo dire. Vedi tu che cosa sia meglio fare per te, ma non lasciare che siano gli altri, o il destino, o Dio a scegliere al tuo posto. Ricordatelo.".
 
André annuì, e osservò Madame Tellier che ingollava altri due bicchieri.
 
"Però, se non altro, ho sempre il mio Jacques, che ogni tanto torna a trovarmi".
Jacques? André sgranò gli occhi. "Che occhioni verdi che hai, pulcino", disse Madame Tellier. E intanto, quello, improvvisamente, capì la strana confidenza fra Jacques e madame, e quanto fossero fuori strada i frizzi degli amici che accompagnavano i passi dello stalliere, quando non si portava una ragazza al piano di sopra, ma seguiva la tenutaria nella sua stanza privata. "Oggi ti va la gallina vecchia, eh, Jaques?!"
 
Quanto dolore c'era dappertutto. Ognuno porta la sua croce, diceva Padre Armand, l'elemosiniere di casa Jarjayes, quando preparava lui e Oscar per la Prima Comunione. Non ci aveva mai più pensato, da molto tempo, e ora, poi, che rifiutava quasi tutte le cose della religione, meno che mai. Ma era consolante pensare che il suo dolore potesse essere non colmato, non condiviso, ma almeno compreso, a volte dagli incontri più impensati, più insoliti, magari mentre ci si riempie di alcool. E se Dio è da qualche parte, pensò, non sta né nell'alto dei cieli, né in me, né in te, ma nel piccolo spazio fra me  e te, mentre ti apro il cuore e tu mi ascolti.
 
Non sarebbe tornato più da Madame Tellier. Tuttavia, nelle poche altre visite che aveva fatto nella sua vita in case simili, avrebbe sempre cercato ragazze bionde con gli occhi azzurri, per misurare poi, all’uscita, quanto fosse inestirpabile il suo sentimento per Oscar.
 
Oscar
        La pendola in biblioteca batte quattro rintocchi forti e due leggeri: le quattro e mezza. Ho letto per quasi tre ore. A breve la casa si risveglierà; alle cinque André si alzerà per ferrare i cavalli, e io non posso farmi scoprire in biblioteca. Per fortuna in questa stagione il sole sorge ancora tardi, e palazzo Jarjayes è ancora immerso nel buio. Esco leggera dalla biblioteca e mi avvio verso la mia stanza. Il corridoio è gelido, e la mia camicia di batista è leggera: mi sta per sfuggire uno starnuto, che riesco, forse un poco maldestramente, a soffocare. Il cuore accelera, il respiro si spezza: non mi avrà sentito nessuno? Quel fruscìo che avevo udito ....
 Passo davanti alla porta della camera di André, così vicina alla mia... rallento il passo, guardinga, e... la porta si apre.
 
"Oh! André, sei tu!"(Che cosa sciocca, mio Dio! Che stupidaggine mi è sfuggita! Chi mai dovrebbe esserci nella camera di André, se non André?!)
 
"Oscar, ma che dici?! Chi altri dovrebbe dormire nella mia stanza?". La porta è semiaperta: dallo spacco di luce vedo i suoi occhi verdi barbagliare (è di ironia quello sfavillìo che colgo?) e il suo sorriso gentile. La camicia da notte di batista bianco, quasi uguale alla mia, è tesa dai muscoli e il laccio è aperto sul petto (da quando è diventato così... ampio? E così robuste quelle spalle cui mi sono appoggiata e fatta portare tante volte..?). Ma, soprattutto, i capelli di André sono sciolti: da che lo conosco, da che ha messo piede per la prima volta a palazzo, li ho sempre visti ordinatamente pettinsti prima, e poi raccolti da un nastro, annodato sulla nuca: adesso vedo quest'onda di calda seta nera che gli scende a ciuffi sul viso, che si spande sul petto, che disegna arabeschi sulla camicia bianca, che inframmezza con riccioli corvini il brillìo smeraldino delle iridi. E' solo un attimo, ma avverto ancora quel senso di vuoto nello stomaco, le viscere torcersi, un caldo sottile sotto la pelle e una piccola vertigine giù, più in basso del cuore: che cosa sta succedendo?
"Oscar, va tutto bene?"
"Sì, André, non preoccuparti: ero scesa per un attimo nelle cucine"
"Nelle cucine?"
(Che scusa risibile! In oltre vent'anni non è mai accaduto che la notte, dopo la chiusura delle cucine, mi ci avventurassi! Magari nelle cantine, e André lo sa benissimo, ma non nelle cucine!)
 
"Sì (cerco di restare impassibile) avevo sentito un rumore e mi sono insospettita. Ma è tutto tranquillo"; mi affretto a dire. E aggiungo: "Sarà stato un topo."
(Il rumore di un topo che si sente da un piano all'altro? Ma che sto dicendo?! Sembra quasi che voglia farmi scientiemente scoprire).
 
"Non mi dire, Oscar: il Comandante delle Guardie Reali, l’impavido Colonnello Oscar François de Jarjayes, questa notte è stato spaventato dal rumore di un topo proveniente dalle cucine!". Le labbra rosse si aprono in una risata, mentre gli occhi si chiudono (da quando André ha ciglia così lunghe?) e la mano sinistra si posa, quasi ad accompagnare la risata, sulla fronte, alla radice nel naso, scompigliando una ciocca nera che ondeggia e sussulta al ritmo dell'alzarsi e dell'abbassarsi del petto di André (Ha sempre riso così ? Perché non l’ho mai notato ?)
 
"In effetti, non sarebbe molto onorevole. Oppure dovrebbe trattarsi di un topo mostruosamente grande. Un topo che stacca le teste a morsi!", dico, con tono scherzoso anche io, cercando di trasformare il sorriso in una piccola risata disinvolta, che mi consenta di mantenere un briciolo di dignità in questo assurdo dialogo (che cosa davvero non sarebbe onorevole, Oscar? Che un colonello vada a caccia di topi in cucina? O che abbia letto di nascosto i pensieri privati dell'uomo con cui ha vissuto fin dall'infanzia? E cui si sorprende a pensare nei momenti più impensati?)
"Torna a letto, Oscar: il corridoio è gelido, e tu sei senza vestaglia".
"Hai ragione André. Sei molto caro a preoccuparti per me".
 
"Veramente non sono così virtuoso, e in realtà mi preoccupo anche per me, Oscare: se ti ammalassi, la nonna mi riterrebbe responsabile ; e allora davvero sarebbero guai  seri !".
 
Una breve risata, all'unisono, che per un attimo copre la distanza fra noi. Due passi, più incolmabili di una foresta piena di pericoli e draghi, come nelle avventure dei cavalieri della Tavola Rotonda, la nostra lettura preferita, quindici anni fa.
 
"A più tardi, Oscar":
"A più tardi, André".
 
Muta promessa di rivedersi sotto la confortante luce del mattino, che spoglia ogni cosa dall'ambiguità, che rimette ogni cosa al suo posto di sempre : io, il Colonnello, lui, il mio attendente.
 
La porta si richiude: faccio solo in tempo a intravedere il suo movimento mentre si volge, i capelli che ondeggiano sulle spalle, sciolti sino a metà schiena...
 
Copro meccanicamente la distanza fra la porta della sua stanza e quella  della mia: sono otto passi. Non li ho mai contati. Otto passi.... la maniglia mi sembra gelida, ma mai quanto le lenzuola, diacce.
Nel caminetto il fuoco è spento da ore, e le poche braci ancora vive sotto la cenere andrebbero ravvivate: ma fa troppo freddo per pensare di alzarmi ancora.
Incrocio le braccia sotto la testa e rifletto. So che dovrei pensare allo scacco subito dalla contessa di Polignac, al fatto che dovrò vegliare con ancora maggiore attenzione sulla mia Regina, per proteggerla dagli intrighi di quella donna avida e ipocrita....ma non ci riesco. La memoria torna alle parole che ho letto, e all'immagine di André, in completo nero e tricorno, al suo baciamano gentile, e poi ad André, certamente nudo sotto la camicia da notte leggera, con i capelli sciolti sulle spalle....
 
André
 
L'ho vista, finalmente.
L'ho vista passare, nel buio del corridoio del piano nobile, mentre tornava nella sua camera: eterea nella camicia da notte che disegnava le snelle rotondità del suo corpo di donna, timorosa di farsi scoprire. Io lo so da dove venivi, Oscar: non mentire raccontando di strani rumori dalla cucina; io so dove eri; e tu, Oscar, tu sai benissimo che io so.
 
 Mi è costato esporre il mio segreto alla tua vista, lasciare scientemente, dopo la prima lettura da parte tua, che tu mi vedessi come nudo, senza le difese e le maschere che indosso ormai da anni, per sembrare calmo, padrone di me, tranquillo, sempre un passo indietro, sempre disponibile e sempre imperturbabile. Ma non potevo più aspettare.
 
La missione che ti sei imposta al casinò per smascherare le truffe della Contessa di Polignac, è stata un insuccesso, o, se vogliamo essere più obiettivi, un nulla di fatto, lo so io come lo sai tu, Oscar. La Contessa di Polignac non deprederà più sfacciatamente la regina Maria Antonietta alla roulette, ma temo che, non essendo stata platealmente svergognata, eserciterà ancora a lungo la sua influenza a corte; e la nostra sovrana, cui tu, Oscar, sei tanto devota, ne ricaverà danni incalcolabili.  E non potremo fare nulla per molto, molto tempo.
 
Però, da parte mia, qualcosa di nuovo, in queste secche di un amore impossibile, che mi strappa e so che mi strapperà l'anima, e mi graffia lo spirito a ogni ora, c'è stato: ora so che Oscar ha scoperto il mio diario. E voglio che ancora, e ancora, ancora, la notte, alzandosi dal suo letto vasto e freddo, si avventuri in biblioteca, sfiorando le pagine con le sue dita lunghe e bianche, e leggendo quello che non posso più raccontarle sussurrandole all'orecchio come quando da piccoli ascoltavamo abbracciati nel suo letto i tuoni e la pioggia scrosciante dei temporali estivi.
 
Non posso scrivere direttamente la parola "amore": la colpirebbe come uno schiaffo in pieno viso. Ma, forse, per gradi infinitesimali,  con passi leggeri, calibrati sulla sua paura di qualsiasi incrinatura nei muri innalzati per poter difendere questo sistema di vita, posso azzardarmi a tentare di farle capire che cosa io provi, e a risvegliare i suoi sentimenti. Perché lo intuisco, lo capisco, lo so che la mia Oscar ha visto e vede in me più che un fedele attendente, un servitore affezionato, sempre un passo dietro lei, sempre nell'ombra, mentre lei sfolgora in piena luce come Diana, marziale e inesorabile come il dio della guerra.
 
 
 
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Ebbene, eccoci alla fine. Tutte le carte sono in tavola, ormai scoperte : è chiaro che la partenza, dall’episodio 15, era solo uno dei fili della narrazione, per cui, una volta tanto, mi è piaciuto prendere a prestito i codici e gli artifici di un genere desueto – e insieme di un classico giapponese - per arrivare a questa conclusione ... che non è una conclusione. Non ancora, almeno.
In questo senso, la citazione dantesca del titolo – il Sommo mi perdoni ! – che ci sarà, dopo, qualcosa con un forte debito con quanto avete appena finito di leggere.
Ovviamente, molti di voi, oltre a quelli già dichiarati, avranno colto i miei debiti in questo capitolo: per prima cosa, la teoria della « sbronza scientifica » viene spiegata da Oriana Fallaci in una parte di « Insciallah » in cui la sperimenta Gino, il parà che vorrebbe ritirarsi in un monastero buddhista. Mi perdonerete : il pastis (de Marseille) nasce a fine Ottocento, ma la motivazione di averlo alternato al vino è che ... piace a me. Motivazione molto scientifica, ne convengo.
Naturalmente, il nome di Madame Tellier viene da Maupassant, e poi, scusatemi, ma non ho saputo trattenermi : una bambina dei primi anni Ottanta non poteva non adorare « Ghostbusters » : ed ecco quindi l’accenno al « topo che stacca le teste a morsi » (ricordate uno dei primi interventi, nell’ascensore dell’hotel ?)
Quanto alle « snelle rotondità » del corpo di Oscar che si intravedono sotto la stoffa leggera, questo solo apparente ossimoro viene da una delle lettere di Valmont nel romanzo di Laclos, quando parla della leggera tenuta estiva, di sottile mussola, di Madame de Tourvel, che gli è stata denigrata dalla Marchesa (nel film di Frears dice « scrive peggio di come veste », nel romanzo afferma, sprezzante, che ha « già trent’anni » sic !). Quali parole migliori di quelle di Valmont  (che tornerà, ma non qui) ?
Se davvero le cose fossero andate così, se questo « what if ... » che diventa via via più ingrombrante si fosse davvero verificato, che cosa sarebbe accaduto ? Certo i personaggi avrebbero avuto se non un vissuto, molto probabilmente delle reazioni diverse, ponendosi OOC .....Credo pertanto che ci sarà un seguito, a breve, una piccola OS che prende le mosse proprio da questa premessa.
A tutti coloro che, inaspettatamente, mi hanno scritto, anche in privato, manifestando grande curiosità e sollecitandomi a concludere, e concludere presto, dico  grazie per gli incoraggiamenti e soprattutto per il tempo che mi avete dedicato, vero patrimonio e autentico dono in questi temi sempre frettolosi.
I prossimi lavori, oltre alla OS cui accennavo prima, saranno, in parte, della misura che più mi è consona, quella della OS, oppure articolati in più capitoli, ma comunque più brevi di questo racconto: aspettatevi almeno un paio di cross-over , e forse tre, da qui all’autunno, magari non così ampi e vasti. Quanto all’aver affrontato un lavoro di lunghezza per me inusuale, come diceva sempre un personaggio di Laclos, « Se non posso ottenere il premio ambito/ mi resterà l’onor d’aver ardito » (aggiungendo poi : « Si possono citare anche brutti versi, se sono di un grande poeta »).
Grazie per la pazienza, e ci vediamo presto, anche su altri lidi, virtuali e non solo.
Ciao e a presto!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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