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Autore: paiton    11/04/2022    0 recensioni
Andrea e Giulia si sono conosciuti da poco e hanno deciso di andare ad una festa. Giulia vuole presentare il fidanzato alle sue amiche. Tutto si svolge più o meno normalmente finché Andre nota...
Genere: Noir, Satirico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Sono le ventidue e quarantotto, Andrea aspetta seduto sulla sella del suo scooter osservando lo schermo dello smartphone; ha una felpa nera con scritto sopra “Obey”, jeans corti attillati con il risvolto sopra le ginocchia, converse nere e capelli tagliati quasi a zero sui lati del capo.

Giulia ha capelli bellissimi, lunghi, biondi e stirati, ha appena finito di truccarsi con la matita e si sta osservando attentamente allo specchio; ovviamente è in ritardo, come sempre! C’è qualcosa che non le piace nel suo viso … le sopracciglia non sono simmetriche … tuttavia corre al piano di sotto, mette una camicia di jeans che trova sull’attaccapanni, saluta di sfuggita la madre che sta sonnecchiando sul divano e corre sul vialetto di ciottoli che collega la porta d’entrata della sua casa con il cancello che dà sulla strada.
 
Giulia sale sulla Yamaha Aerox abbracciando Andrea da dietro e gli schiocca un forte bacio sulla guancia.

“Dai dai parti! Mia madre non deve accorgersi che andiamo in scooter!”

“Però dimentichi il casco” Andrea si gira verso di lei, la bacia sulle labbra e le appoggia sulla testa il casco rosa a scodella.

I due sfrecciano in direzione della festa; Andrea è uno di quelli che non rispettano le regole della strada, o qualsiasi altra regola.
Dopo un quarto d’ora di tragitto per vie di campagna dissestate e piene di curve arrivano, nel tepore della sera, davanti ad una grandissima abitazione coloniale la cui costruzione è stata ultimata alla fine del settecento, o almeno così dice la gente del paese.
 
La casa è disabitata da moltissimi anni, nessuno conosce il proprietario, tuttavia le sue condizioni strutturali sono incredibilmente eccellenti. Capita raramente che alcuni turisti, mentre passano nelle vicinanze, vadano a curiosare all’interno dell’abitazione: il grande giardino che accerchia le quattro mura non ha recinti cosicché è molto facile arrivare al portone principale, sempre aperto che invoglia ad entrare.
 
I curiosi fuoriescono dopo aver percorso per ore tutte le stanze, dopo aver trovato stravaganti suppellettili, dopo l’osservazione degli strambi dipinti senza significato. Appena questi si ritrovano all’aria aperta hanno la sensazione che il tempo non fluisca all’interno come al di fuori perché sul loro orologio risultano solamente pochi minuti di differenza.

Le onde sonore della tecno si diffondono a gran velocità nell’aria mentre i bassi fanno tremare il terreno. Giacomo Rossi, vent’anni, iscritto al secondo anno di università (che non ha mai frequentato) è molto conosciuto in città con il nome d’arte David Aoki.
 A dodici anni bazzicava per le discoteche la domenica pomeriggio, a quattordici si faceva accompagnare anche i sabati notte dai suoi amici più grandi e a quindici anni mixava e sceglieva i brani musicali per animare piccoli eventi.
 
A diciotto anni si è specializzato in musica tecno, ha iniziato a comprarsi costosi programmi per realizzare la sua musica ed è finito per essere chiamato nelle discoteche più importanti e più famose, agli eventi più chiassosi e alle feste più devastanti! Lui è l’organizzatore della festa.

Andrea parcheggia lo scooter nei due metri che separano una golf GT da una fiat cinquecento color perla.

I due ragazzi stanno a pomiciare sulla sella.

Dietro di loro, sulla strada, passa un flusso continuo di ragazze e ragazzi agghindati che camminano in direzione della casa coloniale, i soliti assidui frequentatori della festa del sabato sera. Alcuni dei passanti hanno birre in mano, altri vino e misture di superalcolici, altri ancora preferiscono fumare.

“Hei tu! Fai divertire anche me!”
Un ragazzo con una cresta in testa e i capelli rasati ai lati si avvicina ai fidanzatini con passo barcollante: il suo alito è fetente ed arriva loro una zaffata di vino acido.
 
Andrea lo guarda con occhi semichiusi, che sprizzano cattiveria da tutti i lati.
“Dai, vieni via! Lascialo parlare, è solo un cerca grane.” Dice Giulia trascinandolo per un braccio.
“Andiamo alla festa Andrea, troviamo le mie amiche”.

C’è un grande arco, alla fine della strada sotto cui passano tutti.

Tale arco, costruito con grosse lastre di pietra liscia color grigio scuro, sorregge un cancello di metallo semiaperto, che stranamente non è arrugginito nonostante abbia uno stile molto antico.
 
Davanti al varco si erge un energumeno di colore, il suo naso è largo come un pugno e schiacciato come una frittella, le sue braccia sono grosse come tronchi di sequoia.
 
Andrea porge le prevendite, il buttafuori le accetta entrambe senza fiatare; li fa entrare e con un gesto del pollice indica loro la direzione da seguire, non si vede neppure se li sta guardando… ha gli occhiali da sole nonostante sia quasi mezzanotte.

“Dove hai comprato le prevendite? Non mi avevi detto nulla! Adesso ti do i soldi …”

“Macché, lascia stare. le ho pagate quindici euro! Offro io l’entrata! Piuttosto puoi portarmi un drink…”

I due ragazzi si tengono per mano, nel parco interno vedono due grandi gazebo bianchi: in quello di destra vendono piadine romagnole e tranci di pizza mentre in quello di sinistra spinano birra e mescolano superalcolici. Dalle finestre della casa escono luci e laser di tutti i colori.

“Eccole!” Urla Giulia all’improvviso, indicando due ragazze sedute sulla panchina. Una ragazza è mora con i capelli lunghissimi e ricci mentre l’altra indossa una minigonna nera. Ad Andrea si fissa lo sguardo sulla minigonna nera e su quello che si intravede senza far caso ad altri particolari. Le ragazze baciano Giulia due volte sulle guance.

“Lui è Andrea”

“Piacere Lara” si stringono la mano

“Alessia” Mentre gli stringe la mano, lei abbassa lo sguardo sorridendo a labbra chiuse

“Piacere di conoscervi”

L’attenzione di Andrea si focalizza adesso su di una finestrella di vetro della casa coloniale, chiusa, che si trova appena sopra la linea del terreno; quella finestra è visibilmente sbarrata ma gli è sembrato di vedere qualcosa, forse un’ombra scivolata al suo interno.
   
 
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