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Autore: FreddyOllow    18/04/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando le porte dell'ascensore si aprirono, Irons ne uscì con una cassetta degli attrezzi e una valigetta. Li posò sul tavolo e si voltò verso Katherine, ancora rannicchiata in un angolo. Le sorrise. "Vieni qui. Cominciamo l'opera che ti donerà l'immortalità!"
Lei si nascose la testa fra le ginocchia. Johnson, che si trovava nuovamente davanti al camino con le mani protese in avanti, lanciò un'occhiata a Irons.
Quello si avvicinò alla donna e le allungò una mano. "Poi non dire che non sono un gentiluomo."
Katherine non lo guardò nemmeno, non ci riusciva. Sapeva cosa l'aspettava, ma non aveva più lacrime da versare. Era stanca e affamata. Solo la morte poteva cancellare questo malessere.
"Prendi la mia mano, o ti trascino per i capelli!" urlò Irons col viso paonazzo. Lei gliela prese tremante e lui la tirò verso di sé, facendola cadere in avanti. "Dai, alzati!"
Johnson si sedette su una sedia e posò i piedi sull'altra. "Che vuoi fare? Appenderla nel tuo studio come un trofeo?"
Irons gli lanciò un'occhiataccia, poi fece sedere Katherine sul lungo tavolo. "Stenditi."
Lei si distese, il viso apatico, gli occhi arrossati per il pianto. Era un corpo senza più un'anima. Aveva raggiunto il fondo.
"Dove l'appenderai?" chiese Johnson."
Chiudi quella cazzo di bocca!"
"Sono curioso. Non credo che a qualcuno piacerà la vista di una donna impagliata in un ufficio, non credi?"
Irons non rispose.
"Dove la terrai? Qui sotto? A casa tua?"
L'altro si voltò, afferrò la pistola da sopra un tavolino e gliela puntò contro. "Ora conto fino a cinque. Se non ti levi dal cazzo prima del mio cinque, ti sparò alle gambe e ti do in pasto agli zombie."
"Dai, non fare..."
"Uno!"
"Non dici sul serio."
"Due!"
Johnson lo fissò, pensieroso.
"Tre!"
Si alzò dalla sedia.
"Quattro!"
Johnson entrò nell'ascensore.
Irons poggiò l'arma sul tavolino. "Saggia decisione, capitano."




 

Kevin e Nick proseguivano nel corridoio.
Il primo si voltò verso l'altro. "Che fai? Ti metti a seguirmi come Elliot? Quell'idiota è stato proprio di grande aiuto. Non ha fatto altro che vomitare. Quindi non starmi tra i piedi."
"Rita mi ha detto di tenerti d'occhio."
"Sei proprio un bravo cagnolino."
Svoltarono l'angolo e proseguirono.
"Stai andando nell'ufficio di Irons, giusto?" chiese la recluta.
Kevin si voltò. "Secondo te?"
"Pensi che Johnson sia lì?"
"Dove altro potrebbe essere? Nel suo ufficio?" Fece una pausa. "Lo sapevi che nell'ufficio di Irons c'è un passaggio segreto? Nessuno sa se esiste davvero, ma non rimarrei sorpreso se fosse vero."
"Sembri piuttosto preparato" disse Nick. "Come sai del passaggio segreto?"
"È una cosa che sanno tutti. Marvin non te ne ha parlato?"
La recluta scosse la testa.
"Questo edificio era un museo, tempo fa" disse Kevin. "Poi Irons è riuscito a comprarlo e ci ha piazzato la centrale di polizia. Questo posto è pieno di passaggi segreti e stanze segrete. Si dice che in profondità ci siano altre stanze e che una di queste collega la centrale con lo stabilimento dell'Umbrella."
"Ora stai esagerando" aggiunse Nick, poco convinto. "Lo stabilimento dell'Umbrella si trova ai confini della città. Sai quanto dovrebbe essere lungo un tunnel del genere? Almeno quattro chilometri."
"Secondo me, esiste" rispose Kevin, deciso. "Come esistono i sottopassaggi e le stanze segrete. Sono più che sicuro che troveremo una cosa simile nell'ufficio di Irons."
"Oppure non troveremo niente."
"Vedremo."
Nick pensò che forse la bambina che aveva trovato nell'ala est, si era nascosta in uno di questi passaggi e sperava che stesse bene.




 

Shawn aprì la porta di ferro e diede un'occhiata nel canale. Si accigliò. Era passata quasi un'ora e il ragazzo non era ancora tornato. Che fine aveva fatto?
"Shawn" disse un uomo corpulento alle sue spalle. "Se non torna, cosa facciamo? Non possiamo mica starcene qui. Forse è meglio tornare indietro."
L'altro serrò gli occhi. "Dopo tutto quello che abbiamo fatto? Non ci penseranno due volte a spararci contro!"
"Sei stato tu ad accoltellare quella donna. Noi non abbiamo fatto niente."
Tutti i sopravvissuti guardarono Shawn, che si limitò a fissarli in malo modo. "Credete che vi accoglieranno a braccia aperte? Che andrete tutti d'amore e d'accordo? Dove cazzo vivete? Su Marte?"
L'uomo corpulento si guardò intorno in cerca di consensi. "Se il ragazzo non torna, non abbiamo altra scelta. Dovremmo tornare indietro."
Shawn fece scattare la lama del coltello a serramanico contro la sua gola. "Forse tu non hai capito che dovrai percorrere quel fottuto canale!" Guardò gli altri. "E questa vale per tutti voi! Nessuno tornerà indietro! Nessuno!" Spinse l'uomo corpulento contro gli altri e sbirciò dalla porta.
Il canale era silenzioso. Non si udiva nemmeno il gocciolio costante che giungeva da lontano. Forse era accaduto davvero qualcosa al ragazzo? Oppure aveva trovato una via di fuga e se l'era filata a gambe levate? "Dev'essere così..." si disse. "Avrà trovato una via di fuga e sarà fuggito. Quel fottuto pezzo di merda!" Tornò dagli altri. "Aspetteremo per altri dieci minuti, poi proseguiremo lungo il canale."
"Forse è meglio trovare un'altra via di fuga" disse l'uomo corpulento.
Shawn sbuffò nervoso e gli tirò un pugno in faccia, facendolo cadere sugli altri. "Mi hai rotto il cazzo! La prossima volta ti apro lo stomaco da parte a parte!"
L'uomo corpulento si rialzò aiutato dagli altri, la mano sul labbro superiore spaccato.




 

 

Quando Marvin, Chung e Elliot scesero nel blocco delle celle, Ben e Jim erano sdraiati sul lettino. Quest'ultimo scattò in piedi e si diresse verso la porta della cella. "Ehi, fammi uscire. Non farò niente, lo giuro. Ho riflettuto. Riconosco i miei sbagli."
I tre lo superarono e si fermarono davanti alla cella di Ben. Chung lanciò uno sguardo compiaciuto verso Jim, che corrugò le sopracciglia, irritato.
Il tenente girò la chiave nella toppa. "Bertolucci, questa è la tua ultima possibilità di uscire. Se chiuderai di nuovo la porta della cella, rimarrai bloccato qui dentro."
Ben restò seduto sulla branda, gli occhi coperti da un braccio. Non rispose.
Marvin attese per un momento, poi si girò, si fermò davanti alla cella di Jim e l'aprì.
Quello lo guardò, sorpreso. Non si aspettava di uscire, credeva che sarebbe marcito lì dentro.
"Esci!" disse Marvin, serio.
Jim uscì timidamente dalla cella. Chung lo guardò di sottecchi e l'altro fece lo stesso.
"Ho notato come vi guardate" aggiunse Marvin in tono autorevole. "Se rivedo di nuovo quegli sguardi, vi sbatto tutti e due dentro. La mia pazienza ha un limite!"
Entrambi abbassarono lo sguardo.
Il tenente lanciò un'ultima occhiata a Ben, sdraiato sulla branda, e si diresse fuori dal blocco delle celle, seguito dagli altri.




 

Nick e Kevin si fermarono davanti alla doppia porta bloccata da un'ascia antincendio infilata tra le maniglie.
"Chi è il genio che ha bloccato la porta?" chiese Nick.
"Io" rispose Kevin, infastidito. "Ho dovuto farlo. Ci sono diversi Lickers nella stanza in cui sono morti Kate e Pete. Non volevo che uscissero in corridoio e arrivassero nella hall."
"Possono arrivarci ugualmente" disse Nick. "Ci sono lucernari e finestre nell'atrio. Possono entrare da un momento all'altro."
Kevin si sentì un po' uno stupido. Ma se non erano entrati fino a quel momento, forse non lo avrebbero mai fatto.
"A cosa pensi?" domandò Nick.
"A niente. Aiutami a spostare le panche."
Una volta fatto, i due aprirono la doppia porta e proseguirono lungo il corridoio. Kevin aveva l'ascia antincendio in una mano e una pistola nell'altra. "Non fare rumore, ci stiamo avvicinando ai Lickers."
Raggiunsero l'angolo del muro e sbirciarono nel corridoio di destra.
"Sembra tutto tranquillo" disse Nick.
"Appunto... Stiamo attenti."
S'incamminarono cauti nel corridoio e si fermarono poco prima di arrivare alla porta bucherellata. Le pareti erano forate dalle pallottole, il pavimento cosparso di intonaco e la porta sventrata. Sembrava di essere sul campo di battaglia. Nick lanciò uno sguardo a Kevin, che gli disse di restare in silenzio con un cenno della mano.
Dietro la porta si udiva uno zampettare frenetico. I due proseguirono oltre e si fermarono davanti alla porta della scala di emergenza interna.
In lontananza, si muovevano le facce putride degli zombie dietro la finestrella posta nella porta di ferro, dove tempo addietro Irons avevano tentato di uccidere Marvin.
"Andiamo!" bisbigliò Kevin.
Salirono le scale e aprirono la porta che dava sul corridoio dell'ufficio di Irons. Un fascio di luce filtrava da sotto la fessura della porta. I due si scambiarono uno sguardo.
"Dev'essere lì dentro" disse Kevin, compiaciuto.
"Può esserci anche Irons."
"Quindi? Anche quello stronzo è in combutta con lui. Due piccioni con una fava, no?"
"Non sottovalutarli."
"Non lo faccio."
Nick lo fissò poco convinto. "A me sembra proprio di sì."
"Non rompere il cazzo! Siamo qui per ammazzare quello stronzo! Non dirmi che ti stai tirando indietro?"
"Non girare la frittata."
"Che?"
"Non manipolarmi. Anch'io voglio far fuori quel figlio di puttana. Ha ucciso Kate! Pensi che mi tirerei indietro solo ora? Quello che non voglio è finire morto ammazzato senza nemmeno accorgermene."
Kevin non parlò subito. "Quale sarebbe la tua idea?"
"Cautela. Non sappiamo se ci stanno aspettando, quindi agiamo con cautela."
"Non avrei agito diversamente."
"Certo, come no. Ti saresti fiondato lì dentro sparando all'impazzata. Ti conosco, Kev. La pazienza non è il tuo forte."
Kevin abbozzò un sorriso con fare colpito. "A quanto pare tra poco prenderai il posto di Marvin in quanto a precauzione. Il tenente ha fatto un ottimo lavoro con te."




 

 

Marvin si chinò accanto a Liah, che aveva l'addome fasciato dalle garze. Tania le era seduta accanto. "Come stai?" chiese il tenente.
"Come una che si è presa una coltellata nel fianco" rispose lei con un debole sorriso.
Il tenente ricambiò il sorriso. Poi guardò Tania. "E tu?"
La bambina arrossì e spostò lo sguardo da lui alla madre, rigirandosi tra le dita il ciondolo a forma di cane datole da Rita.
"Non essere maleducata, Tania" disse Liah. "Marvin ti ha fatto una domanda, rispondi."
La bambina lo guardò, timida. "Sto bene, grazie."
Lui sorrise, si alzò e salutò madre e figlia con un cenno della testa. Si allontanò dalla reception e tornò dai nove sopravvissuti che erano ai piedi della statua.
L'anziano che aveva incontrato nell'ala est gli si avvicinò. "Come sta la signora?"
"Bene, presto si riprenderà."
"Ne sono felice." Si guardò attorno, pensieroso. "Lo svitato tornerà?"
Il tenente lo guardò. "Non credo. Sa cosa lo aspetta se si fa vivo. Forse potrebbero tornare gli altri, ma anche questa possibilità è minima."
Restarono in silenzio per un momento.
L'anziano gli allungò una mano. "Comunque mi chiamo Francisco Hanna, piacere! E grazie ancora per averci salvato."
Gliela strinse. "Marvin Branagh."
"Hai idea di dove può essere Katherine?"
"La figlia del sindaco?"
"Sì, lei."
"Non lo so. Da quanto mi hai detto due ora fa, deve essere stato Irons ha rapirla."
"Forse l'ha portata nel suo ufficio?" chiese Francisco.
Il tenente aggrottò la fronte, pensieroso. "Se è così, Nick e Kevin la troveranno. Credo si siano diretti proprio nel suo ufficio." Lo guardò, dubbioso. "Conosci Irons? Come sai che ha un ufficio?"
"È su tutti i giornali da almeno un anno. Ogni giorno c'è un nuovo articolo su di lui. Corruzione, abuso di potere, violenze e via dicendo. Credo che tutti a Raccoon City conoscono il capo della polizia Brian Irons meglio della propria madre."
Marvin abbozzò un sorriso. "Sì, hai ragione. Scusami se ti sono sembrato sospetto."
Francisco sorrise. "Non preoccuparti. È il tuo lavoro, dopotutto."




 

Shawn aprì la porta di ferro che dava nel canale fognario e si voltò verso i dieci sopravvissuti. "Muoviamoci! Quello stronzo avrà sicuramente trovato l'uscita."
I sopravvissuti fissarono l'uomo corpulento, in attesa che facesse qualcosa. Ma lui, a testa bassa, si limitò a raggiungere l'uomo coi capelli rossi. Aveva imparato la lezione. Non poteva mettersi contro Shawn, lo avrebbe fatto a pezzi. Tutti gli altri, pur terrorizzati all'idea di proseguire nelle fogne, non avevano mosso un dito per aiutarlo e mai lo avrebbero fatto. Lo sapeva bene, quindi tanto valeva non fare niente.
Shawn lo spinse oltre la porta e si voltò a guardare gli altri, che seguitarono a varcare la soglia. Poi chiuse la porta di ferro e disse a Francisco di muoversi con un cenno della pistola.
Quello si avviò piano, trascinando i piedi sulla pedana. Gli altri seguivano alle spalle. Shawn si manteneva un poco distante, il coltello a serramanico sollevato all'altezza del petto. Non era più sicuro che il canale fosse libero. Non udiva nessun suono, eccetto per il mormorio costante dei sopravvissuti.
L'uomo corpulento si voltò verso Shawn, che gli intimò con gli occhi di muoversi.
Quando si fermarono davanti alla parete scura, che inghiottiva il resto del canale, tutti si voltarono a guardare l'uomo coi capelli rossi. Quello fissò l'uomo corpulento. "Muoviti!" disse.
L'altro spostò lo sguardo dal canale inghiottito dalle tenebre a Shawn. Non voleva andarci. Arrivava un cattivo odore da quella direzione e qualcosa gli diceva di non farlo.
L'uomo coi capelli rossi gli puntò la punta della lama alla gola. "O ti muovi, o ti sgozzo. A te la scelta!"
L'uomo corpulento impallidì e cominciò a tremare, mani e piedi ghiacciati. "Non..." balbettò. "Io... non posso... Non..."
Shawn serrò gli occhi e gli premette un poco la lama nella pelle, un rivolo di sangue gli scivolò lungo il collo. "Sei sicuro di voler morire con la faccia nella melma?"
L'altro non rispose, non riusciva a pensare a niente. La sua mente si era svuotata di ogni cosa. Persino la minaccia di Shawn si era dissolta nel nulla. Sentiva solo il panico serpeggiare nello stomaco, contorcersi in tremende fitte.
"Ultimo avvertimento" disse l'uomo coi capelli rossi. "Sicuro di voler morire qui?"
L'uomo corpulento lo guardò negli occhi. Il panico stava prendendo il sopravvento, lo sentiva strisciare lungo la schiena, gli mancava il respiro.
Poi qualcosa di caldo gli colò sul collo e il sangue zampillò vivido dalla gola. Sbarrò gli occhi, portandosi le mani sullo squarcio.
I sopravvissuti indietreggiarono un poco, terrorizzati.
L'uomo corpulento crollò sulle ginocchia, lo sguardo piantato su Shawn. Quello gli andò alle spalle con un sorriso compiaciuto e lo spinse con la pianta del piede. L'altro cadde di faccia nella melma, il sangue che si amalgamava con i rifiuti organici.




 

"Ok, tieniti pronto" disse Kevin.
Nick annuì.
Kevin spalancò la porta con un colpo secco e si fiondò all'interno, la pistola puntata in varie direzioni. L'ufficio di Irons era vuoto.
Nick sollevò le mani con disappunto. "Ma che cazzo, Kev! Dovevi entrare con calma."
Quello lo ignorò e si guardò in giro con una smorfia irata sul viso. "Cazzo, vaffanculo! Ero così sicuro che... Doveva essere qui."
La recluta osservò le teste impagliate di alcuni animali lungo le pareti. Era stato qui solo una volta, quando era stato assunto. E fin da subito aveva trovato inquietante quei musi imbalsamati.
Irons era orgoglioso di quei trofei e si vantava di aver ucciso centinaia di animali. "Mi diverto a vedere la vita spegnersi nei loro occhi" gli disse al primo incontro. "C'è qualcosa di magico, capisci? Qualcosa che non puoi descrivere. Non esiste una definizione, una parola adatta. È una cosa che va vissuta. E poi sai quanti ne ho uccisi per divertimento e lasciati lì nel bosco? Tantissimi."
Quelle parole gli fecero venire il voltastomaco. Come poteva essere così crudele? Una settimana dopo, la segretaria di Irons sparì in circostanze misteriose. Quasi tutti i sospetti ricaddero su di lui. L'agente Ed lo aveva visto litigare con lei nella tromba delle scale di emergenza. Non era rimasto a sentire la discussione, ma era bastato questo a insospettire tutti.
"Forse è nel suo ufficio" disse Kevin.
"Non credo che sia così stupido da andare nell'ala est" rispose Nick.
"Allora dove cazzo si trova?"
"Se lo sapessi te lo direi, no?"
Kevin si passò una mano sul volto, impaziente. "Devo trovarlo a tutti costi!" Si avviò verso la porta.
"Dove stai andando?"
"A cercarlo!"
"Non è meglio aspettarlo qui?"
Kevin si fermò sotto la soglia e lo guardò per un momento. "Forse hai ragione. Questo è l'unico ufficio a non avere finestre. E poi quello stronzo di Johnson ci è molto affezionato." Chiuse la porta, sistemò una sedia di fronte all'ingresso e si sedette.
Nick fece altrettanto. "Poco fa hai detto che ci sono passaggi segreti tra le mura della centrale. Johnson li conosce, giusto?"
"Non lo so, può darsi. Lui e Irons conoscevano questo edificio come le loro tasche. Comunque dove vuoi arrivare? Pensi che usino i passaggi?"
Nick annuì. "Pensaci, sono stati per tutto il tempo da soli e sono sopravvissuti senza grosse difficoltà. Johnson era solito chiudersi nel suo ufficio. Quello che voglio dire è semplice. Quando zombie e Lickers hanno invaso l'ala est, Johnson non poteva fuggire. L'unico modo per mettersi al sicuro era usare i passaggi segreti."
Kevin ci rifletté un poco. "Può essere, ma anche tu e Rita ne siete usciti vivi. Senza contare Marvin e gli altri sopravvissuti."
"Io e Rita siamo quasi morti e siamo stati fortunati a essere ancora vivi. Guardarmi, sono stato morso da un Licker. Se non fosse stato per Rita, sarei morto. Inoltre, non sono nemmeno sicuro di non essere più infetto."
Restarono in silenzio per un po'.
Kevin rilassò la schiena contro lo schienale. "Se Johnson ha usato i passaggi segreti, allora può entrare in questo ufficio senza farsi vedere." Si voltò di scatto in preda alla paranoia, ma non vide nessuno. Poteva essere dietro a un muro, magari li ascoltava e aspettava il momento giusto per colpire.
"Ora non fare il paranoico" rispose Nick. "Se Johnson ci stesse..."
Kevin gli disse di fare silenzio con un gesto della mano. Andò dietro la scrivania di Irons e posò un orecchio sul muro.
Nick lo fissava, perplesso. Se lui aveva ragione, Johnson aveva ascoltato la loro discussione. Allora perché non ne aveva approfittato per uscire alle loro spalle e ucciderli? Forse il passaggio segreto si trovava sulle pareti laterali? Le guardò per un momento, poi scacciò via quel pensiero. Era impossibile che si trovasse lì, sempre ammesso che esistessero davvero i passaggi segreti.
Kevin picchiò le nocche contro la parete con fare attento. Continuò così, finché si fermò sul muro laterale. Sgranò gli occhi, sorpreso.
Nick aggrottò le sopracciglia. "Hai trovato qualcosa?"
L'altro gli indicò di venire con un cenno della mano.
Lui lo raggiunse e ci appoggiò un orecchio.
Kevin picchiò le nocche contro il muro. "Lo senti?" chiese in un bisbiglio quasi impercettibile.
Nick annuì. "Sembra una parete finta, come di cartongesso."
"Non è finta. C'è un vuoto dall'altra parte."
Allontanarono le orecchie dal muro. Kevin tastò ogni centimetro della parete con molta attenzione, tolse i quadri e controllò persino i battiscopa.
"Cosa stai cercando?" domandò Nick.
Kevin non rispose subito, assorbito com'era nella ricerca. "Se dietro questo muro c'è un passaggio segreto, allora dovrà esserci un bottone o qualcosa del genere per aprirlo."
La recluta incrociò le braccia in silenzio.




 

Liah si alzò dal divano, che Marvin e Elliot avevano sistemato alla reception, e raggiunse gli altri insieme a Tania.
Marvin le sorrise. "Vedo che stai meglio."
Lei ricambiò il sorriso. "Grazie a te."
Il tenente le presentò gli altri, che furono felici di conoscerla. Poi lui si allontanò con Elliot verso l'ingresso. "Hai controllato nell'ufficio della STARS?"
"La console è fuori uso. Avevi ragione tu."
Marvin guardò preoccupato la ricetrasmittente che aveva in mano. "Poco fa ho cercato di mettermi in contatto con Rita, ma non risponde."
"Forse la frequenza è disturbata" disse Elliot.
"Può darsi, ma il disturbo non è così elevato nelle vicinanze. Se si trova nel negozio di dischi, la frequenza dovrebbe essere ancora pulita. Spero solo che non le sia capitato niente. Anche se..." Corrugò la fronte, pensieroso. "Forse il raggio della ricetrasmittente è più corto del previsto."
Elliot gli posò una mano su una spalla. "Non preoccuparti, tenente. Andrà tutto bene."
Chung entrò di corsa dall'ingresso e li raggiunse con il fiatone. "Tenente! Tenente!"
"Che succede?"
"Jim è fuggito!"
Marvin lo guardò senza un'espressione precisa.
"Cosa facciamo?" chiese Elliot.
"Niente" rispose Marvin. "Sapevo che avrebbe tentato la fuga, per questo l'ho liberato. Sicuramente si sarà diretto dagli altri."
Elliot e Chung si scambiarono delle occhiate, confuse.
"Credevate davvero che sarebbe rimasto con noi?" domandò il tenente con un sorriso.
I due si guardarono un'altra volta.
"Se raggiunge gli altri, poi tornerà indietro con loro" aggiunse Elliot, turbato.
"Nessuno di loro tornerà indietro."




 

Shawn fissò i nove sopravvissuti che lo guardavano, terrorizzati. "Mi serve un altro volontario."
Quelli si scambiarono diverse occhiate.
"Allora? Qualcuno si offre volontario?"
Abbassarono gli occhi.
"Non siate timidi. Scegliete qualcuno."
Ritornarono a guardarsi per un attimo, poi tutti gli sguardi si posarono su una donna di mezz'età.
"Oh, bene, bene, bene" disse Shawn con un sorriso, compiaciuto. "Ecco la nostra donna fortunata. Dai, non piangere." Le accarezzò una guancia. "Tra poco sarà tutto finito." La faccia sorridente mutò improvvisamente in un'espressione glaciale e la spinse verso la parete scura.
Lei guardò gli altri in cerca di aiuto, ma tutti si voltarono dall'altra parte.
Shawn le puntò la lama verso il viso. "Ora cammina, o finirai come questo stronzo!"
La donna si girò e si avviò tremante nelle tenebre. Non vedeva niente. Ogni tanto si girava per vedere gli altri sopravvissuti in lontananza. Ma più camminava, più quelli si rimpicciolivano.
Poi l'oscurità divenne più intensa, totale. Poggiò una mano sul muro e continuò a camminare per alcuni minuti. Mentre proseguiva, percepiva qualcosa sopra la sua testa. Alle volte era un movimento o un alito di vento. Altre volte era un rumore impercettibile, come lo zampettare di un ragno, che la costringeva ad aumentare il passo.
Poi una folata di vento putrefatto le sferzò la nuca. Appena si voltò con gli occhi sbarrati dal terrore, qualcosa di viscido le si serrò attorno alla testa e gliela strappò di netto insieme a una parte della spina dorsale. Il sangue schizzò sulle pareti e sulla melma e il corpo decapitato crollò nella poltiglia organica.
L'orrendo suono echeggiò tra i canali fino a raggiungere i superstiti.
"Avete sentito?" chiese una donna.
I sopravvissuti si voltarono a guardarla, turbati.
"Cosa c'è?" domandò Shawn.
"Ho... ho sentito qualcosa. Un rumore."
"E?"
La donna abbassò gli occhi, intimidita.
"Che cazzo hai sentito? Parla!"
"Un... un suono. Q-qualcosa che si rompe, come u-un osso o qualcosa d-del genere."
I sopravvissuti si guardarono tra loro e si capirono tramite veloci sguardi. Era accaduto qualcosa alla donna che si era avventurata nelle tenebre.
Shawn se ne accorse. "Il silenzio può giocare brutti scherzi, ti sarai confusa."
Le persone bisbigliarono tra loro per un momento, poi fissarono Shawn.
Quello serrò gli occhi, minaccioso. "Che cazzo avete da guardare?"
I sopravvissuti sostennero lo sguardo e gli si avvicinarono con aria di sfida.
L'uomo coi capelli rossi puntò la lama verso la loro direzione. "Ehi, non fate un altro passo, o vi ammazzo tutti!"
Quelli lo ignorarono.
"Non fate un altro passo, cazzo!"
La gente continuava a camminare nella sua direzione, facendolo indietreggiare verso la parte del canale inghiottito dall'oscurità.
Shawn affondò la lama verso l'addome di un uomo, ma quello arretrò appena in tempo da non farsi colpire.
"State indietro, cazzo! Indietro!" urlò l'uomo coi capelli rossi.
Nessuno di loro accennava a fermarsi. Erano decisi più che mai a fargliela pagare, a fargli imboccare il canale inghiottito dall'oscurità.
Quando arrivò quasi a ridosso delle tenebre, qualcosa lo afferrò per la giacca e lo tirò versò di sé a una velocità impressionante. Cacciò un urlo di dolore, che fu smorzato quasi sul nascere. Poi il rumore di ossa tritate riverberò nel canale.
I sopravvissuti indietreggiarono per un momento, poi fuggirono terrorizzati verso la porta di ferro. Alcuni scivolarono sulla pedana o finirono di faccia nella melma. Altri spintonarono chi era davanti, calpestandoli nel processo.
Una dozzina di grossi ragni sbucarono dall'oscurità e zampettarono rapidamente lungo il soffitto e le pareti.
I sopravvissuti si accalcarono davanti alla porta di ferro e la tartassarono di pugni e calci, gridando aiuto. Alcuni cercavano di aprirla, ma non sapevano che poteva essere aperta solo dall'interno o con una chiave.
I ragni raggiunsero i sopravvissuti dell'ultima fila e la melma cominciò a dipingersi di rosso.
La gente si strinse agli altri, come se questo potesse aiutarli a salvarsi. Gli insetti si gettarono sulle persone e piantarono le zampe affilate nelle loro carni. Alcuni li avvolsero in ragnatele e li tirarono a sé, per poi affondare i denti aguzzi nella carne e avvelenarli.
Le grida iniziarono a scemare e nel canale calò il silenzio, interrotto ogni tanto dallo stridio e lo zampettare dei ragni.
Una ventina di minuti dopo, Jim raggiunse il canale fognario e scorse una pozza di sangue coagulato sotto la fessura tra la porta e il pavimento. Quando girò la maniglia, un cadavere dalla testa scarnificata crollò ai suoi piedi.
Quello sobbalzò, spaventato. Molti corpi erano ammassati davanti all'ingresso. Non capiva cosa era successo. Aveva sentito delle strane voci sulle fogne infestate da ragni e altri inquietanti parassiti, ma non ci aveva mai creduto. Per lui erano solo voci diffuse dai poliziotti per tenerli buoni e sotto controllo. Adesso non ne era tanto sicuro. "Forse avevano ragione..." si disse. "C'è davvero qualcosa mostruoso negli anfratti di questi canali abbandonati."
Lanciò un'ultima occhiata al corpo dalla testa scarnificata e si girò per andare via, quando qualcosa avanzò rapidamente alle sue spalle. Si voltò di scatto.
Un Hunter Gamma lo sollevò per i gomiti e lo ingurgitò fino alla vita. Jim si dimenò con tutta la forza che aveva in corpo e urlò a squarciagola, ma nessun suono usciva dal ventre della orrenda creatura. Poi quella spinse il resto del corpo dentro la grande bocca e lo ingoiò tutto intero. Gli acidi gastrici sciolsero carne e ossa in una frazione di secondo e Jim non capì nemmeno com'era morto.




 

Erano passati quaranta minuti da quando Rita aveva lasciato la centrale di polizia. Il condotto di aereazione l'aveva portata nel retro dell'edificio, dove si era calata da un tubo pluviale. Nel cortile che dava nel parcheggio, aveva incontrato pochissimi zombie, così si era precipitata al cancello da cui era uscita. In strada, si era imbattuta in altrettanti pochi non-morti.
E ora, mentre camminava tra i cadaveri e i veicoli che puntellavano l'asfalto, pensava a com'era stata fortunata a non incontrare nessun Lickers.
"È probabile che siano tutti sulla facciata anteriore della centrale" si disse. "Questo spiega anche i pochi zombie nel cortile del parcheggio."
Imboccò uno stretto vicolo costellato da sacchi di immondizia e bidoni e uscì dall'altro lato dell'isolato. Le scene in strada erano sempre le stesse, eccetto per il posto di blocco sfondato in lontananza.
Proseguì lungo il marciapiede e lo superò con passo sostenuto. "Non c'è nemmeno uno zombie" si disse. "Devono essere andati tutti alla centrale. Questo vuol dire che appena farò suonare qualcosa a tutto volume, tutti gli zombie verranno verso di me, compresi i Lickers..."
Svoltò l'angolo e continuò a camminare per un lungo momento. Quando arrivò davanti al negozio di musica, aggrottò la fronte, pensierosa. L'ingresso era bloccato. Un furgone si era schiantato contro la vetrata. Doveva trovare un altro modo per entrare.
Si avvicinò al lato del negozio e s'incamminò nello stretto e corto vicolo. Uno zombie era immobile a pochi passi dalla porta di servizio. Gli si avvicinò alle spalle, lo spinse a terra e gli schiacciò la testa con la pianta del piede. Sangue e cervella colarono sul freddo cemento. Poi si diresse alla porta di servizio e tirò la maniglia verso di sé.
Il corto corridoio era buio. Oltre, s'intravedevano le sagome degli scaffali avvolti nella penombra. Picchiò le nocche contro la porta e attese per un lungo momento. Nessun non-morto sbucò dal negozio. Si chiuse la porta alle spalle, superò il corto corridoio e frugò nel primo scaffale vicino. Afferrò il primo disco che le capitò in mano e raggiunse lo stereo. Pigiò il bottone, ma non si accese. Corrugò la fronte e lanciò un'occhiata alla presa. Era collegata.
"Forse manca l'elettricità... Il contatore dev'essere saltato o spento."
S'incamminò nel corto corridoio e tastò le pareti buie con una mano finché toccò il contatore elettrico. Sollevò la levetta. Tutte le luci del negozio si accesero di colpo, compreso il cartellone a neon là fuori. Raggiunse lo stereo, infilò il disco degli M83 impostato sulla canzone Outro e alzò il volume al massimo. La musica cominciò a suonare lentamente. Non sapeva se quella canzone avrebbe attirato tutti gli zombie nei paraggi. Attese per un momento, poi si avviò all'uscita di servizio.
Il vicolo era vuoto. S'incamminò verso la strada, quando la musica implose in tutta la sua forza. Sorrise e continuò a muoversi. Uscita dal vicolo, una cinquantina di zombie barcollavano verso la sua direzione. Si voltò alla sua destra e sbarrò gli occhi, pietrificata. Più di un centinaio di non-morti zoppicavano dall'altra parte. Era bloccata tra due orde.
Gli zombie erano stati attirati fin dai primi secondi dalla canzone, anche se era suonata molto lenta e quasi inudibile.
Si guardò attorno, turbata. Non sapeva cosa fare. Aveva pensato che avrebbe avuto almeno un minuto per allontanarsi, ma i non-morti avevano l'udito sensibile quasi quanto i Lickers. E proprio quest'ultimi le correvano incontro con ampie falcate lungo le facciate dei palazzi.




 

Kevin posò per caso una mano su un bottone incassato nel muro, accanto a un quadro che ritraeva i boschi di Raccoon City. "Lo sapevo! Guarda!"
Nick gli si avvicinò alle spalle. "Non vedo niente."
"È proprio qua, lo vedi? È quasi invisibile, se non ci metti una mano."
La recluta ci posò due dita e toccò un piccolo bottone quadrato che aveva lo stesso colore del muro. "Sì, hai ragione. C'è qualcosa qui." Kevin fece per pigiarlo, ma Nick lo fermò per un braccio. "Aspetta! Non sappiamo cosa c'è là dietro."
"C'è Johnson, ecco chi c'è! Ora smettila di rompermi i coglioni e guardami le spalle."
Nick arretrò un po'. Kevin premette il bottone.
Si udì uno scossone, poi le pareti fremettero e un punto del muro si sollevò in alto.
Kevin puntò la pistola verso l'ascensore. "Libero!" disse. Abbassò l'arma e diede un'occhiata all'interno. "È incredibile... Sapevo dell'esistenza di qualcosa del genere, ma non credevo fosse vero. Non un'ascensore, almeno. Pensavo a un normale passaggio segreto, magari con delle strette scale o una rampa che scendeva in profondità."
Nick si fermò sotto la soglia dell'ascensore. "Sono sorpreso quanto te."
La porta dell'ufficio si aprì con un cigolio. Si voltarono.
Johnson era fermo sotto l'uscio con fare incredulo. Si fissarono per un momento, poi si spararono addosso.
Un proiettile si conficcò nella costola di Johnson, che sbatté la porta alle sue spalle e si precipitò lungo il corridoio.
Kevin diede una forte pacca sulla spalla di Nick. "Cazzo! Lo hai centrato al primo colpo! Ora andiamo a farlo fuori!"
Si fiondarono fuori dall'ufficio e si guardarono intorno. Il capitano era sparito.
"Ci sono delle tracce di sangue" disse Nick.
"Seguiamole!" rispose Kevin.
Corsero lungo il corridoio, le pistole puntate in avanti. Svoltarono l'angolo e continuarono spediti per un po'.
Kevin osservò le tracce di sangue farsi più copiose sul pavimento. "Quello stronzo sta perdendo molto sangue. Spero non tiri le cuoia troppo presto!"
Girarono un altro angolo e si arrestarono di colpo.
Johnson era in piedi, il viso scolorito, la pistola puntata verso di loro e una mano sulla ferita da cui rivolava sangue. Alle sue spalle, gli zombie tartassavano la porta di ferro che dava sulla scala antincendio. I loro gemiti erano intesi, eccitati. Avevano sentito l'odore del sangue e fremevano per affondare i denti nella calda carne di qualche malcapitato.
Il capitano abbassò un poco l'arma, che non riusciva a tenere alzata e premere il grilletto. Poi una gamba cedette e crollò su un ginocchio. Provò nuovamente ad alzare la pistola, ma quella diventava sempre più pesante e gli cadde di mano.
Kevin e Nick lo raggiunsero con tutta calma.
"Fottuti figli di puttana..." biascicò Johnson a fatica, il sangue che colava dalla ferita.
Kevin mostrò un sorriso trionfante. "Si raccoglie ciò che si è seminato, capitano."
"Che cazzo vuol dire? Che cazzo c'entra?"
Kevin si piegò sui talloni e lo fissò negli occhi. "Sono tentato di svuotarti tutto il caricatore addosso o strangolarti con le mie mani! È una scelta difficile, non trovi?"
Johnson fece un mezzo sorriso. "Sei solo una testa di cazzo! Un fallito! Un incapace che non riesce nemmeno a entrare nella STARS! Persino un idiota ci sarebbe riuscito! Anzi, la STARS è piena di idioti!"
Kevin gli mollò un pugno in faccia. Quando fece per rifarlo, Nick lo bloccò da dietro le braccia e lo allontanò. "No, non farlo, non ascoltarlo. Vuole che tu lo uccida. Non deve decidere lui come morire."
Kevin si liberò dalla presa. "Non mi frega un cazzo! Deve morire! Come cazzo fai a essere così tranquillo? Ha ucciso Kate! E Pete! Come cazzo fai a non essere incazzato?"
Nick serrò gli occhi. "Lo sono! Ma quello che tu vuoi dargli non è una buona morte!"
Kevin aggrottò la fronte, perplesso. "Che vuoi dire?"
Johnson si trascinò verso il muro, lasciandosi dietro di sé una scia di sangue. Poi appoggiò le spalle contro la parete.
La recluta si avvicinò alla porta di ferro. Uno zombie calò una mano nella finestrella posta nel mezzo e cercò di afferrarlo, i denti che battevano, ingordi.
Kevin sorrise. "Ho capito cosa vuoi fare. Non ci avevo pensato. Non so se ritenerti un genio o un sadico."
Johnson spalancò gli occhi terrorizzato e sollevò debolmente una mano. "Non farlo... Non..."
"Zitto, coglione!" urlò Kevin. "Te lo meriti dopo tutto quello che hai fatto!"
Nick girò la maniglia e si allontanò alla svelta dall'ingresso. I non-morti spalancarono la porta e barcollarono all'interno.
Il capitano provò ad alzarsi, ma le sue gambe erano pesanti come due macigni. Allora cercò di trascinarsi sui gomiti. "Aiutatemi! Aiuto!"
Kevin incrociò le braccia, soddisfatto. Nick si limitò a fissare il capitano con gli occhi umidi dalle lacrime. Pensava a Kate. Lei non gli aveva mai fatto niente. Quando le voci di corruzione avevano cominciato a girare per il dipartimento, Kate era stata l'unica a non schierarsi con nessuno. Vedeva sempre il buono nella gente. Credeva che tutti meritassero una seconda possibilità, che ogni persona era capace di fare del bene.
Johnson si trascinò verso di loro, gli zombie che zoppicavano e gemevano eccitati a pochi passi dalle sue spalle.
Kevin gli puntò la pistola, ma Nick posò un mano sulla canna della pistola e scosse la testa. "Non serve, non riuscirà a fuggire."
Il primo non-morto si gettò sulle gambe di Johnson e gli affondò i denti nel polpaccio, staccandogli lembi di pelle, muscoli e tessuto. Lui lanciò un urlo di dolore e gli tirò un calcio in faccia con la pianta del piede.
Altri tre zombie gli si buttarono addosso e lo morsero al braccio e al fianco. Il terzo gli tranciò due dita con i denti marci e anneriti. Cacciò un altro urlo, prima di scomparire sotto un ammasso crescente di non-morti.
"Com'è che non mi sento meglio?" chiese Kevin, pensieroso. "Pensavo che dopo mi sarei sentito bene, invece niente. Non sente niente."
"La vendetta non mette fine al dolore" rispose Nick.
"Però quel figlio di puttana se lo meritava!"
"Meritava anche di peggio."




 

Marvin scese le scale e seguì il corto corridoio che lo condusse al canile. Girò il pomello della porta. Era chiusa. Bussò. "Tony! Sono Marvin. Perché hai chiuso a chiave la porta?"
Dall'altra parte c'era solo silenzio.
"Tony!"
Tutto taceva.
Bussò più forte e provò a girare il pomello con più forza. "Tony! Rispondi!"
Stava per parlare di nuovo, quando si bloccò. Un leggero ringhio arrivava da dietro la porta. Si accigliò, confuso. Era il ringhio di un cane, ma c'era qualcosa di strano in quel tono, qualcosa di familiare e mostruoso.
Il cane cominciò a raspare sotto la porta con le unghia. Poi se ne aggiunse un secondo, un terzo e un quarto. I ringhi aumentarono di volume.
Le punte delle unghie insanguinate comparivano e scomparivano rapidamente sotto la fessura tra la porta e il pavimento.
Marvin sgranò gli occhi. "Ho capito cos'è questo rumore... Sono... cani zombie!" Indietreggiò di qualche passo, senza distogliere lo sguardo da quelle unghia che apparivano e svanivano in continuazione. "Tony dev'essere..." Si voltò e salì le scale. "Si è chiuso dentro perché sapeva che i cani erano infetti. Ecco perché ultimamente accampava scuse per non usarli in servizio..." Aprì una porta e continuò a camminare. "Dovevo capirlo, ma con tutto quello che è successo, non l'ho notato. Questo dimostra perché non si faceva vedere spesso nella hall. Voleva stare con i suoi cani. Eppure lui non era infetto, non era stato morso, quindi perché chiudersi con loro nel canile?" Svoltò l'angolo e attraversò un lungo corridoio. "No, forse non è come penso. Non credo che abbia scelto di morire con loro... Non può essere, ma... amava quei cani. Li trattava come dei figli. Forse..."Girò la maniglia della porta ed entrò nell'atrio. "Forse è proprio come penso. Ultimamente mi era sembrato più triste del solito..."
Chung lo raggiunse. "Come sta, Tony?"
"Credo sia morto."
L'agente abbassò lo sguardo. "Lo hai visto?"
"No, ma ho sentito i cani raspare dietro la porta. E quelle cose non erano vive."
"Cani zombie?"
"Già."
"Guardate!" urlò Elliot. "Gli zombie si stanno allontanando!"
Tutti si precipitarono verso le due grandi vetrate e osservarono i non-morti uscire dal cancello. I nove sopravvissuti si abbracciarono per la felicità e gli agenti si scambiarono diversi sorrisi.
"Rita ha raggiunto il negozio di musica" disse Marvin con un ampio sorriso, che mutò presto in un'espressione di tristezza.
Elliot gli posò una mano su una spalla. "Sono sicuro che tornerà da noi con i rinforzi."
Il tenente restò in silenzio.




 

Rita si precipitò verso l'entrata di un condominio di sei piani e si chiuse la porta alle spalle. Era in trappola. Non sapeva come avrebbe fatto a uscire da quella situazione. Gli zombie li poteva gestire, ma i Lickers erano tutt'altra cosa. Sperava di non aver attirato anche i cani zombie, o sarebbe rimasta in quell'edificio per sempre.
Si guardò intorno. Sui primi gradini delle scale, tre cadaveri crivellati di proiettili. Il sangue sembrava ancora fresco. La donna si chinò a esaminarli. "Si sono trasformati... Pensavo fossero morti da vivi." Guardò in alto per un momento, in mezzo alla tromba delle scale. Poi cominciò a salire.
Le due porte del primo, secondo e terzo piano erano chiuse a chiave. Quando si fermò al quarto, uno zombie era di spalle contro un muro con metà testa spappolata. Altri sei non-morti giacevano sul pavimento davanti a una porta socchiusa.
S'incamminò verso la porta dirimpetto e girò la maniglia. Era chiusa a chiave. Si voltò e osservò le pareti forate e macchiate di sangue. Poi spostò lo sguardo sulla porta socchiusa. "Da come sono posizionati i corpi, credo ci sia qualcuno all'interno."
Si avvicinò all'ingresso, si appoggiò contro il telaio e sbirciò nella fessura. Il corto corridoio era vuoto. Spinse piano la porta che cigolò un poco ed entrò.
Due zombie erano riversi al suolo. Li superò e si fermò nel soggiorno. Una rozza barricata formata da tre sedie, due scaffali, quattro comodini e due divani impedivano l'accesso alla stanza adiacente.
Appena si mosse in quella direzione, sentì un click alle sue spalle.
"Fai un altro passo, e ti faccio saltare la testa!" disse una voce da donna.
Rita alzò le mani in aria. "Ehi, calma. Non ho brutte intenzioni."
"Dicono tutti così, finché ti rubano tutte le provviste e ti sparano in testa."
"Sono una poliziotta. Mi chiamo Rita Phillips e..."
"Non mi frega niente di come ti chiami. I nomi non hanno più importanza. Prima o poi moriremo tutti."
"Aspetta, io..."
"Non voglio ucciderti, ma sei entrata nella mia casa senza permesso. Ho tutto il diritto di piantarti una pallottola nella schiena."
"Cercavo solo un posto sicuro."
"Un'altra classica frase."
Restarono in silenzio per un momento.
Rita provò a guardarsi alle spalle con la coda dell'occhio, ma non scorse niente. "Posso abbassare le mani?"
"Ok, ma niente scherzi."
"Sì, certo..." La poliziotta si girò lentamente e vide una donna alta, sulla quarantina, il viso squadrato, i capelli rasati a malo modo, gli occhi grigi e labbra un poco carnose. Indossava un giubbotto nero, sotto un maglione grigio e pantaloni neri con tasche laterali. Imbracciava un fucile a canne mozze.
La donna la squadrò, diffidente. "Non mi piacciono i poliziotti. Se fossi stata una di quei bastardi della SWAT, ti avrei uccisa seduta stante. Dammi la pistola!"
Rita le consegnò l'arma. Non sapeva cosa dire o fare.
"Ti ho vista uscire dal negozio di dischi. Perché hai messo la musica? Volevi farti ammazzare?"
La poliziotta non rispose subito. "Era un diversivo. Dovevo attirare gli zombie lontano dal dipartimento di polizia."
"Vieni dalla centrale?"
"Sì, lì ci sono altri agenti e sopravvissuti. Tu sei da sola?"
La donna serrò gli occhi, insospettita. "Forse."
"Puoi venire con me."
"Sto bene qui... Perché continui a fissarmi la testa?"
Rita deviò il suo sguardo. "Io... Insomma, sembra che ti siano caduti i capelli o che ti li sia strappati."
"Me li sono rasati."
"Perché?"
"Gli zombie possono afferrare i capelli. Mi è già successo due volte, quindi ho preferito rasare tutto."
"Capisco."
La donna la osservò per un po'. Non nutriva sospetti sulla poliziotta, perciò gli allungò la pistola. "Sparisci da qui!"
Rita si accigliò, confusa. Pensava di aver instaurato un minimo di rapporto amichevole per un eventuale collaborazione.
"Prendila!"
Rita afferrò l'arma, perplessa.
La donna gli puntò il fucile a canne mozze. "Ora vattene da qui!"
"Sicura di non voler venire con me? Sto cercando aiuto per lasciare la città."
La donna abbozzò un mezzo sorriso. "Là fuori sono tutti morti. E chi non è morto, si nasconde e vuole ucciderti." Fece una pausa. "Troverai solo morte."
Rita corrugò la fronte. "Ci sono persone che contano su di me, devo provarci."
La donna la fissò negli occhi per un momento. "Quella è la porta."
Rita le lanciò un'ultima occhiata e si avviò verso l'uscita.
"Mamma!"
Rita si voltò.
Un bambino era davanti alla donna dai capelli rasati. Non aveva più di sette anni. "Non voglio restare qui. Ho paura."
La donna guardò Rita con fare minaccioso. "Vattene!"
"Mamma!"
"Zitto, Mark!"
Il bambino corse dietro la barricata con le lacrime agli occhi.
La donna puntò il fucile a canna mozze contro Rita, che uscì dall'appartamento.




 

Nick e Kevin camminavano lungo il corridoio.
"Ora dobbiamo sigillare il primo piano" disse Nick.
"Prima o poi doveva succedere" rispose Kevin. "Passiamo dall'ufficio di Irons. Voglio sapere dove conduce l'ascensore."
"Meglio di no. Non sappiamo nemmeno se funziona o dove conduce. E poi possiamo rimanere bloccati o cadere di sotto."
"Non c'era polvere. Quindi è probabile che Irons lo usasse spesso."
Svoltarono l'angolo e continuarono a proseguire.
"Può esserci di tutto là sotto" disse Nick. "E se incontrassimo un'altra orda di zombie? Poi ci toccherà risalire e saremo circondati altri non-morti. Meglio lasciar perdere."
Kevin abbozzò un sorriso, divertito. "Hai paura?"
La recluta lo fermò per un braccio e lo guardò negli occhi. "No, ma non ci tengo a morire per una tua curiosità."
Kevin scacciò l'aria con una mano. "Il tuo problema è che pensi troppo."
"E il tuo è che non pensi affatto."
Kevin lo spinse. "Ehi, non insultarmi!"
Nick ricambiò la spinta. "Allora non farlo nemmeno tu!"
"Il mio non era un insulto."
"Nemmeno il mio."
Si guardarono per un momento, poi tornarono a camminare lungo il corridoio.
Quando arrivarono davanti all'ufficio di Irons, Kevin si fermò e Nick continuò a muoversi.
"Non ti fermi?" chiese Kevin.
"Se vuoi farti ammazzare, fai pure. Non sarò io quello che ti fermerà."
Kevin lanciò uno sguardo nell'ufficio con fare indeciso. Era troppo curioso per non dare un'occhiata. Voleva scoprire dove portava l'ascensore. E se lo avesse condotto fuori dalla centrale? Forse potevano fuggire tutti da lì, oppure potevano esserci degli zombie o qualcos'altro. Forse era meglio non rischiare. Sbuffò irritato e raggiunse Nick. "Certo che sei uno stronzo."
"Detto da un altro stronzo è un complimento."
Kevin gli diede una piccola spinta in modo amichevole. "Hai sempre la buttata pronta, eh?"
Quando raggiunsero la doppia porta che Kevin aveva barricato qualche tempo prima, la barricarono nuovamente. Sistemarono dietro le panche e infilarono l'ascia antincendio fra le maniglie. Poi si diressero alla hall.
Varcata la porta, Marvin si avviò verso di loro, seguito dai sopravvissuti e gli agenti. "State bene?"
I due annuirono.
"Johnson?"
"Da qualche parte, tra i morti" sorrise Kevin.
Il tenente aggrottò le sopracciglia, confuso. "Che vuoi dire?"
"È morto" aggiunse Nick. "Lo abbiamo fatto divorare dagli zombie."
Marvin abbozzò un mezzo sorriso. "Ottimo lavoro! Sapevo che ce l'avreste fatta!"
Megan sgranò gli occhi inumiditi e abbracciò i due, scoppiando a piangere. "Grazie..."




 

Rita s'incamminò nel corridoio del condominio e si fermò davanti alle scale. Lanciò un'ultima occhiata verso l'appartamento da cui era uscita e salì i gradini. Il quinto piano era vuoto, le porte chiuse a chiave. Nel sesto trovò una porta abbattuta con sopra una zombie, la testa ridotta fracassata. Si avvicinò cauta all'entrata e sbirciò dentro per un momento. Non si udiva niente.
"Non credo ci sia qualcuno qui..." si disse. "Se fosse così, avrebbe tolto il cadavere e barricato l'entrata, ma potrei sbagliarmi. Anche la donna del piano di sotto aveva la porta socchiusa... Meglio tenere gli occhi aperti."
Varcò la soglia e proseguì lentamente nell'appartamento. Il soggiorno e la cucina erano in perfetto ordine. Quando raggiunse la camera da letto, trovò una valigetta aperta su un letto sfatto a due piazze. All'interno, una pistola magnum e dodici banconote da cento macchiate di sangue. Un corpo giaceva di lato sul pavimento, il retro della testa squarciato da un proiettile.
Rita osservò le banconote. "Devono essere più sedicimila dollari." Poi spostò lo sguardo sul cadavere ai suoi piedi. "Forse era una trafficante di droga o qualcos'altro..."
Quando si chinò, scorse un foglietto in una mano. Lo prese e lo lesse.
"Sta per scatenarsi qualcosa di grosso in città. Prendi i soldi e vai a Stone Ville. Mi troverai al Motel Luxe, camera 13. Non dimenticarti di..."
Il resto delle parole erano imbrattate di sangue. Guardò il corpo senza vita. "Qualcuno gli ha sparato in faccia. Dev'essere stato qualcuno di cui si fidava. Forse sua moglie o la donna di giù..? Credo sia inutile pensarci adesso."
Afferrò la magnum, uscì dall'appartamento e salì sul tetto. La luna splendeva timida dietro un agglomerato di nuvole e il forte tanfo di putrefazione aleggiava persino a quell'altezza. I gemiti stavano aumentando di intensità, segno che si stavano radunando tutti verso la fonte del suono.
Non sapeva quante canzoni ci fossero nel disco degli M83, ma sperava il più possibile. Si affacciò dal parapetto e guardò giù. Le strade erano ricolme di non-morti e altri ne arrivavano a frotte da ogni angolo. Dovevano essere più di un migliaio. Non aveva mai visto così tanti zombie in una volta sola.
Arretrò e si guardò intorno. L'unico modo per scendere era usare la scala antincendio, ma il vicolo era invaso dagli zombie. Era in trappola.
Quando si voltò, un Licker sbucò da dietro il parapetto e ci si fermò sopra, la testa che scattava rapida in ogni direzione, la lingua che saettava nell'aria. Aveva captato qualcosa, ma non era sicuro del suono.
Rita era stata attenta a non fare rumore, ma non poteva esserne certa al cento per cento. Forse quando aveva aperto la porta del tetto, quella aveva cigolato impercettibilmente. Oppure la creatura era lì per caso.
La poliziotta indietreggiò verso l'uscita del tetto, l'aprì e scese le scale fino al quarto piano. La porta che aveva precedentemente trovato socchiusa, adesso era chiusa.
Bussò piano. "Sono Rita."
Nessuna risposta.
Girò il pomello, ma la porta non si aprì. "Ehi, siamo in pericolo. Dobbiamo lasciare al più presto questo palazzo. Mi senti?"
Bussò nuovamente con più forza.
La porta si aprì un poco e la donna la guardò, minacciosa. "Ti avevo detto di sparire!"
"C'è un Licker sul tetto e credo che ne arriveranno degli altri!"
"Un Licker? Cosa sarebbe?"
"Non c'è tempo per spiegarti cos'è. Conosci un modo per lasciare il palazzo?"
La donna la fissò negli occhi per un momento. Voleva capire se diceva il vero, ma la poliziotta che aveva davanti era visibilmente spaventata. Glielo leggeva negli occhi. Spalancò la porta. "Su entra."




 

Zoey raggiunse Nick vicino a una delle due grandi vetrate dell'ingresso. "Ehi"
La recluta si voltò. "Ehi, tutto bene?"
"Sì..."
Restarono in silenzio per un po', cercando il coraggio di parlare. Entrambi si sentivano impacciati uno accanto all'altro.
"Cosa è successo a tuo fratello?" chiese Nick.
Lei sospirò, rattristita. "Quando te ne sei andato, abbiamo discusso molto. L'ho rimproverato per come ti ha trattato, ma a lui non interessava. Allora sono uscita a cercarti, quando ho sentito uno strano rumore. Hai presente il suono che emettono i coccodrilli? Il suono era molto simile, forse era persino quello, ma molto più forte e amplificato. Veniva nella stessa direzione in cui mio fratello ti aveva mandato."
"Quindi voleva uccidermi?" domandò Nick, serio. "Ho incontrato un'alligatore gigante. Mi ha quasi ucciso."
Zoey sgranò gli occhi, spaventata. "Dici sul serio?"
"Ti sembra che stia scherzando?"
"Mio fratello non voleva ucciderti, ne sono sicura. Alla fine sei arrivato all'uscita, no? Non hai proseguito lungo il canale, giusto? Joey ti aveva detto di non farlo."
"Beh, l'ho fatto. Ero curioso. E poi sospettavo che tuo fratello mi avesse mandato incontro alla morte."
"Allora non lo puoi incolpare di niente" aggiunse Zoey, stizzita. "Sei vivo, quindi ti ha mandato nella giusta direzione."
Rimasero in silenzio per un attimo.
"Poi cosa hai fatto quando hai sentito quel tremulo?" chiese Nick.
"Sono tornata indietro a tutta velocità. Mio fratello era sulla soglia e mi ha detto di seguirlo, ma non ho voluto farlo, perché sapevo dove mi avrebbe portata."
"Dove?"
Zoey lo guardò per un momento. "Nel laboratorio dell'Umbrella."
Nick si accigliò, ma non rispose.
"Mi ha detto che era sicuro, che avremmo lasciato la città usando un treno merci dell'Umbrella, ma non gli ho creduto. Lui voleva solo tornare nel suo laboratorio e continuare le sue ricerche."
"Come lo sai?"
"Per lui il lavoro viene prima di tutto. Voleva solo accertarsi che fossi con lui, che non fossi in pericolo." Fece una pausa. "Una volta l'ho sentito parlare al cellulare. Stava discutendo di un esperimento biologico, qualcosa in grado di rianimare i morti. Non ricordo bene, ma ricordo la sua eccitazione quando gli hanno riferito l'arrivo di nuovi investimenti su un progetto a cui stava lavorando."
"Quindi i miei sospetti erano fondati" disse Nick, pensieroso. "C'era qualcosa di strano in tuo fratello. Le sue risposte erano sempre molto ambigue e evasive."
"Non mi dici nulla di nuovo" rispose Zoey. "È sempre stato così. Comunque abbiamo discusso di nuovo, finché abbiamo sentito di nuovo quel suono. Allora l'ho seguito perché ero terrorizzata e non volevo restare da sola. Siamo arrivati vicino a un'uscita che portava in superficie. Lui mi ha detto di proseguire, ma io non ho voluto. Così abbiamo discusso di nuovo, fino a quando sono comparsi quei grossi ragni dal nulla e ci hanno attaccato. Io sono fuggita in superficie e Joey verso il canale." Abbassò gli occhi, rattristita. "Non lo vedo da quel momento..."
"Mi dispiace..." disse Nick.
"Non è morto. Lo saprei se fosse così. Dev'essersi rintanato nel suo laboratorio."
La recluta non rispose.
"Comunque sono uscita davanti alla stazione di polizia e sono corsa qui dentro."
"Non hai incontrato zombie?" chiese Nick.
"Non davanti al cancello, ma stavano arrivando da entrambi i lati della strada."
"Sei stata fortunata."
"Già."




 

Rita seguì la donna nel soggiorno messo a soqquadro, superarono la barricata e si fermarono nel bagno. Un ponte di assi di legno collegava la finestra del bagno con la finestra del palazzo adiacente.
"Lo hai fatto tu?" chiese Rita.
"No, mio marito. Ha costruito un passaggio lungo questi otto palazzi, in caso questo palazzo venisse invaso."
"La poliziotta era sbalordita. "Ha fatto tutto da solo?"
"Sì, era un carpentiere... Ora è morto."
"Mi spiace."
La donna si limitò a guardarla.
"Conosci il tizio del sesto piano?" chiese Rita. "Quello a cui hanno sparato in testa?"
"Sono stata io."
La poliziotta corrugò la fronte, turbata. Non rispose.
"Ha sparato a mio marito mentre attraversava questo ponte. Lo ha colpito a una gambe ed è caduto giù... Poi il bastardo mi ha trascinata di sopra e ha cercato di violentarmi. Così gli ho sparato in testa con la stessa pistola con cui ha ucciso mio marito." Lanciò uno sguardo alla magnum che Rita aveva in mano. "Vedo che l'hai trovata."
"Mamma" disse il bambino sotto la soglia. "Quando andremo via? Non voglio più stare qui. Succedono sempre cose brutte. Ho paura."
La donna guardò prima il figlio, poi Rita. "Sembra che non abbiamo altra scelta."
La poliziotta annuì, contenta. "Troveremo gli aiuti, ne sono sicura."
"C'è un altro poliziotto che si è rintanato nell'ultimo palazzo dell'isolato. Mio marito si teneva in contatto con lui con una ricetrasmittente. Prima di morire, mi ha detto che Harry stava cercando un furgone cellulare con cui lasciare la città."
"E l'ha trovato?"
"Non lo so. Mio marito aveva con sé la ricetrasmittente quando è caduto giù."
Rita prese la sua. "Sai il canale su cui parlavano?"
"No, ci parlava solo lui."
La poliziotta si sintonizzò su diverse frequenze. "Mi chiamo Rita Phillips, qualcuno è in ascolto?" Ripeté lo stesso messaggio per due minuti, poi agganciò la ricetrasmittente alla cintura. "Dobbiamo andare da Harry e sperare che sia ancora lì."
"E se non lo è?"
"Troveremo un altro modo per fuggire."
La donna si girò verso il figlio. "Vieni, Mark. Andiamo."
Il bambino corse da lei con un sorriso, che svanì subito dopo. "Non voglio camminare là sopra."
"Papà ti ha insegnato come si fa, ricordi?"
"Ma lui è caduto. C'è stato quel forte suono e poi è caduto giù. Io non voglio cadere."
La madre gli accarezzò i capelli castani a caschetto. "Non cadrai. Ci sarò io con te. Andrà tutto bene."
Il bambino scosse la testa.
Rita scavalcò la finestra, camminò sopra le assi di legno ed entrò nella finestra dell'condominio adiacente. Gettò un rapido sguardo nel bagno e si voltò verso la finestra da cui era arrivata.
Madre e figlio parlavano in piedi.
La poliziotta stava per dire qualcosa, quando scorse sei Licker scendere lentamente lungo la parete esterna del palazzo, le lunghe lingue che ondeggiavano nell'aria putrida.
Sventolò rapidamente le braccia sopra la testa per farsi vedere dalla donna, ma lei non se ne accorse. Non poteva fare niente. Se avesse sparato, tutti i Lickers nei paraggi le sarebbero saltati addosso.
La donna si appoggiò alla traversa dalla finestra e la scavalcò. Appena si girò verso il figlio, una lunga lingua le cinse il collo e la tirò in alto con uno scatto.
Il bambino urlò, terrorizzato. Cinque Lickers zampettarono rapidamente dentro la finestra e le grida del bambino cessarono di colpo.
Rita restò a guardare, la magnum puntata tremante verso la finestra. Non poteva fare niente. Era stata colpa sua. Se non avesse attirato l'orda nei paraggi, madre e figlio sarebbero ancora vivi.
Abbassò la pistola, lo sguardo fisso sul pavimento. Poi urtò le spalle contro la parete e si lasciò cadere, una mano tra i corti capelli biondi. Scoppiò a piangere. "Forse ho sbagliato a non fare niente. Potevo salvarli, sparare ai Lickers. Se lo avessi fatto, loro sarebbero ancora vivi..." Ma un'altra voce le diceva che non poteva fare niente, che i Lickers avrebbero fatto a pezzi prima lei, poi loro. Questo pensiero non lo aiutava per niente. Era come se le fosse caduto sulle spalle un grosso macigno, un fardello insopportabile da gestire. Sapeva che non poteva salvare tutti, ma aveva l'impressione che la loro morte poteva essere evitata.
Restò a singhiozzare seduta sul pavimento per mezz'ora, le spalle contro il muro, il viso rigato dalle lacrime. Poi si alzò, si asciugò il viso con la manica della camicia logora e inspirò profondamente. "Devo rimediare. Marvin conta su di me. Devo farcela!"
Uscì dal bagno, s'incamminò nel soggiorno e gettò uno sguardo fuori dalla finestra. Nessun Lickers. La scavalcò e attraversò il ponte di assi. Continuò spedita fino all'penultimo palazzo. Il marito della donna aveva pensato proprio a tutto. Aveva bloccato le scale con divani, sedie e mobili per impedire agli zombie di salire. Poi aveva svuotato gli appartamenti di cibo, acqua e medicinali. "Doveva essere un uomo molto pratico."
Quando si fermò davanti alla finestra, le tre assi di legno che dovevano fungere da ponte non c'erano. Guardò giù nel vicolo. Non erano nemmeno lì. "Forse Harry le ha tolte quando ha sentito lo sparo."
Restò a fissare la finestra dirimpetto per un lungo momento. Forse se lo avesse chiamato, lui avrebbe risposto.
"Harry!" disse con tono non troppo alto. "Harry! Mi senti? Mi chiamo Rita Phillips. Mi serve il tuo aiuto."
Nessuna risposta.
Provò a chiamarlo per altri tre minuti, poi scorse una sagoma dietro la tenda. "Ehi, ti ho visto! Harry! Mi serve il tuo aiuto! C'è della gente al dipartimento di polizia che aspetta il mio aiuto. Harry!"
La sagoma passò nuovamente lungo la finestra, poi tornò indietro. Sembrava girare in tondo. "Forse sta riflettendo..." si disse Rita.
La sagoma continuò a muoversi per un momento, poi sparì dietro un muro.
Rita fissò la finestra a lungo. Non sapeva cosa fare. Forse Harry stava prendendo le assi per farla passare, oppure se ne era andato, sempre ammesso che fosse lui. Non poteva permetterlo. Andò in soggiorno, prese un portacenere, lo svuotò dalle cicche e tornò in bagno. Guardò la finestra per un attimo, poi lo lanciò contro. Una parte del vetro andò in frantumi.
La sagoma spuntò da dietro la tenda.
"Ehi, Harry! Devi ascoltarmi! Mi serve il tuo aiuto! Dico sul serio. C'è della gente e..."
Un uomo sollevò l'anta della finestra e si affacciò. Era robusto, sulla trentina, con occhiali rotondi e un accenno di doppio mento. Indossava l'uniforme della polizia. "Chi sei? Dov'è Terry?"
Rita si accigliò, perplessa. "Terry?"
"Sì, Terry. Dov'è?"
"Non lo so, io..."
"Allora non abbiamo niente da dirci."
"Aspetta! Non chiudere la finestra. Sono un agente di polizia proprio come te e..."
Harry la guardò, seria. "Non sono cieco, la vedo la divisa che indossi. Quindi dovrei aiutarti solo perché siamo colleghi? Io nemmeno ti conosco. Potresti essere una pazza per quanto ne so. Magari alla prima occasione mi sparerai alle spalle."
Rita sbuffò, irritata. "Ti ho detto la verità. C'è davvero della gente nel dipartimento di polizia. Mi serve il tuo aiuto!"
"Sei un disco rotto. Non ti credo. È inutile che me lo ripeti, non cambierò idea." Posò le mani sull'anta per abbassarla.
"Come posso farti cambiare idea?" chiese Rita.
Lui la fissò per un momento. "Dimmi dove si trova Terry?"
"Ma io non conosco nessun Terry."
"Allora addio e buona fortuna."
"Aspetta! Aspetta! Terry aveva una moglie e un figlio?"
Harry annuì.
"Ho conosciuto soltanto la moglie e il figlio. Se Terry era suo marito, allora è morto. Un uomo gli ha sparato a una gamba mentre attraversava il ponte di assi."
Harry la fissò, guardingo. "Non ti credo."
"È vero. Sua moglie mi ha parlato di te. Ha detto che parlavi con suo marito, che ti eri messo a cercare un furgone cellulare per lasciare la città."
Il poliziotto abbassò gli occhi, poi li puntò verso di lei. "Se lui è morto, dove sono Zara e Mark?"
Rita lo fissò e scosse la testa.
Harry abbassò gli occhi, addolorato.
"Li avevo convinti a venire da te. Poi sono comparsi i Lickers e li hanno uccisi."
"Lickers? Gli esseri con la lunga lingua?"
"Sì, loro."
L'uomo lasciò la presa dall'anta della finestra. "Se mi avesse ascoltato, ora saremmo al sicuro fuori città. Invece ha preferito non farlo..."
Rita non capiva a cosa si riferiva e restò in silenzio.
Harry si allontanò dalla finestra e tornò con tre assi di legno che sistemò tra la sua finestra e quella di Rita. Ci premette le mani con forza. "Avanti, vieni da questa parte."




 

Marvin, Chung, Elliot, Nick e Kevin erano usciti in cortile, chiuso il cancello e fatto un giro attorno al dipartimento.
"Ci sono ancora zombie" disse Kevin. "Credevo che si fossero allontanati tutti."
"Mettiamo in sicurezza il perimetro" aggiunse Marvin.
Uccisero i pochi zombie rimasti con armi contundenti e tornarono di fronte all'ingresso.
Marvin afferrò la ricetrasmittente. "Rita, sono Marvin, mi ricevi?"
Una statica.
"Sono Marvin, mi ricevi?"
Un'altra statica.
Sospirò e agganciò la ricetrasmittente alla cintura.
Kevin guardò oltre le sbarre del cancello. "Le strade sono vuote, anche se il fetore è sempre presente."
"Anche i Lickers sono spariti" disse Elliot. "Rita ha fatto proprio un ottimo lavoro."
"E se non dovesse tornare?" chiese Kevin.
Tutti lo guardarono in malo modo, specialmente Marvin. "Tornerà."
Kevin mise le mani in avanti in segno di resa. "Il mio era solo un esempio, però..." Tutti lo fissavano. "Voglio dire, dobbiamo avere un piano B, giusto? Se non dovesse tornare, qualcuno deve andare là fuori. Oppure possiamo andarci tutti."
"Andarci tutti?" rispose Nick. "Sei impazzito? Sai cosa c'è là fuori? Non credo che tu ci sia mai stato."
Kevin si avvicinò a un palmo dalla sua faccia e lo fissò dritto negli occhi con aria di sfida. "E con questo? Pensi che solo tu puoi capirlo? Che solo tu sei capace di affrontare ciò che c'è in strada?"
Si guardarono dritti negli occhi, in attesa che l'altro facesse la prima mossa.
Marvin si frappose tra loro e li divise. "Ok, ora calmatevi. Non risolveremo le cose saltandoci alla gola." Si voltò verso Kevin. "Hai ragione. Ci serve un piano B, ma sono sicuro che Rita tornerà a salvarci."
"Nel frattempo pensiamo a un piano B, no?" aggiunse Kevin.
Entrarono nella centrale.
Marvin chiuse il portone e si diresse con gli altri alla reception. Lanciò uno sguardo a Kevin. "Visto che sei l'unico fissato con il piano B, dicci di cosa si tratta."
Kevin spostò lo sguardo dal tenente, agli altri. Poi nuovamente su di lui.
"Allora?" chiese Marvin.
"Non ho un piano."
Nick, Chung e Elliot si scambiarono dei lievi sorrisi.
Marvin rimase impassibile. "Dovevo immaginarlo. Ma avrai un'idea, giusto?"
"Beh, andare fuori e cercare un modo di uscire dalla città."
Chung abbozzò un sorriso, beffardo. "E ti sembra un buon piano?"
Kevin serrò gli occhi, irritato. Non rispose.
"Qualcun'altro ha altre idee?" domandò il tenente.
Si scambiarono delle veloci occhiate.
"C'è una stazione di pullman non molto lontano da qui" disse Elliot. "Possiamo prenderne uno e provare a lasciare la città."
"Ci sono molti posti di blocco nelle strade" rispose Nick. "Alcuni sono ancora intatti. E poi ci sono gli zombie. Se incontrassimo un'orda, potremmo rimanere bloccati. Senza parlare dei Lickers e dei cani zombie."
"Forse un paio di furgoni sarebbero un giusto compromesso?" chiese Chung. "Sono abbastanza veloci da poter tornare indietro, nel caso incontrassimo i non-morti."
"Può darsi" disse Nick. "Se Rita tornerà con i rinforzi, sicuramente verranno con i furgoni cellulari. Sono molto resistenti. Forse potremmo persino attraversare un'orda a bordo di un mezzo simile."
Tutti guardarono Marvin. "So cosa pensate. Purtroppo i nostri furgoni cellulari sono dispersi in città."
"Potremmo recuperarli" aggiunse Kevin. "Posso farlo io."
"No, è troppo pericoloso" rispose il tenente. "Aspetteremo l'arrivo di Rita."
"Ma non sappiamo se tornerà."
Marvin lo fissò negli occhi. "Tornerà."




 

Rita seguì Harry giù per le scale e si fermarono dietro il portone d'ingresso.
Harry la guardò. "Stammi dietro. L'ultima volta che sono stato qui era pieno di zombie."
"Se è pieno di zombie, perché passarci in mezzo?"
"Non dobbiamo passarci in mezzo. Voglio dire, non nel senso cui ti riferisci."
"Che vuoi dire?"
"Lo vedrai." Harry tirò la maniglia.
Centinaia di zombie barcollavano dietro una doppia rete di metallo puntellata di lastre di ferro. Correva fino a un parcheggio multipiano.
Rita aggrottò la fronte, sorpresa. "L'hai fatto tu?"
"No, è stato Terry. Io l'ho aiutato come potevo."
"Ha fatto tutto questo in poco tempo?"
"Sì, quasi in due giorni."
La donna era colpita.
"Dobbiamo passarci in mezzo" disse Harry. "Ma dobbiamo muoverci velocemente, o gli zombie butteranno giù la recinzione."
Rita annuì. "Il furgone cellulare si trovava nel parcheggio multipiano?"
"Sì, ora andiamo!"
Scesero i quattro gradini e corsero lungo la doppia rete. I non-morti la tartassavano di pugni, i gemiti che ovattavano qualsiasi rumore e la rete metallica che ondeggiava come se dovesse cadere da un momento all'altro.
Quando arrivarono all'ingresso del parcheggio multipiano, Harry disse a Rita di fermarsi con un cenno della mano. Poi aprì la porta del gabbiotto, prese due mazze e ne diede una.
La poliziotta lo guardò, perplessa. "A che ci servono?"
Harry non rispose subito, sembrava tentennare. "Questa non è la prima volta che ho tentato la fuga. Ci ho già provato tre ore fa, ma non è andata come speravo. Alcuni zombie sono riusciti a entrare nel parcheggio, così ho dovuto abbandonare l'idea di arrivare al furgone."
La donna aggrottò la fronte, pensierosa. "Quindi volevi lasciare Zara e Mark da soli?"
"Non sapevo come contattarli. Non sapevo nemmeno se fossero vivi. Terry non mi ha risposto più, perciò ho pensato che fossero morti. Ho persino tolto le assi dalle due finestre per paura che qualunque cosa li avesse uccisi, poteva arrivare da me."
Rita serrò gli occhi, disgustata. "Sei un poliziotto, Harry. Il tuo dovere ti obbliga a..."
"Non farmi la morale. Nessuno ci ha preparato a tutto questo. All'accademia non ti insegnano come affrontare un'apocalisse zombie. Pensi che sia l'unico agente a essersi rinchiuso in casa o da qualche altra parte?"
Rita non rispose.
Harry la fissò negli occhi. "Ho visto gente sparare ai poliziotti, SWAT uccidere le persone. Tu non hai visto ciò che ho visto io. Non hai passato ciò che ho passato io, o non parleresti così."
La donna resse il suo sguardo per un momento. "Hai ragione. Non ho passato tutto ciò, ma non mi sarei rinchiusa in una stanza e non avrei tentato di andarmene senza sapere che fine avevano fatto i miei amici. Non li abbandonerei mai in questo inferno."
Harry incrociò le braccia. "Ok, sei una donna coraggiosa, altruista, ma non mi pento di quello che ho fatto."




 

Marvin raggiunse il distributore di bibite, inserì ottanta cent e pigiò il bottone del caffè. Poi si voltò verso Nick, seduto poco distante con un bicchiere fumante di tè verde in mano. "Stai bene?"
"Sì, sto bene." Soffiò debolmente sul tè.
"Ti vedo pallido."
"Sono solo stanco."
"Pensi ancora di essere infetto?"
Nick lo guardò, ma non rispose.
Il tenente prese il bicchierino di caffè e si sedette di fronte. "Là fuori te la sei cavata bene con gli zombie, ma non eri proprio in forma. Ti sei indebolito. Non riesci quasi più a soffiare, segno che i tuoi polmoni stanno cedendo."
La recluta lo fissò, sorpreso. Come aveva fatto a notarlo?
Marvin soffiò sul caffè e bevve un sorso. "Non lo dirò agli altri, se non vuoi."
"L'avevo già detto poco prima che Rita strisciasse in quel condotto, ricordi?"
"Non penso che ti abbiano creduto."
Restarono in silenzio per un momento.
"Se dovessi diventare uno di loro, fai quello che devi fare" disse Nick.
Marvin annuì con un'espressione amara.
La recluta bevve due sorsi di tè. "Se fossi in te, terrei d'occhio anche Elliot. Potrebbe trasformarsi anche lui."
"Non sembra stare male. Anzi, non vomita più e sembra essere ritornato in forze."
"Lui è stato infettato in maniera diversa da me" disse Nick. "Potrebbe non mostrare sintomi."
"Sì, può essere. Lo terrò d'occhio, allora."




 

Rita e Harry s'incamminarono nell'ampio pianterreno del parcheggio puntellato da veicoli. Un forte odore di benzina e putrefazione ammorbava l'ambiente.
"Tieni gli occhi aperti" disse Harry. "Devono essere qui intorno."
"Quanti sono?" chiese Rita.
"Non lo so, forse una decina."
"Sai come sono entrati?"
"Forse arrivano dai piani superiori."
"Se è così, dobbiamo bloccare le due rampe." Le indicò con la mazza.
"Con cosa?"
"Possiamo mettere di traverso un'auto o qualcosa del genere. Ma prima troviamo gli zombie che sono qui."
Si diressero verso il fondo del parcheggio inghiottito dalla penombra. Solo sporadici neon illuminavano a macchia di leopardo l'ambiente desolato.
"Il furgone si trova in fondo, giusto?" chiese Rita.
"Sì, in un angolo. Mi sembrava il posto ideale per nasconderlo."
"Nasconderlo da chi?"
"Dagli altri."
"Hanno provato a rubarlo?"
"No, ma se fossi in loro ci proverei" disse l'uomo. "Con questo mezzo puoi mettere sotto un sacco di zombie senza correre il rischio di rimanere bloccato. È un biglietto sicuro verso la salvezza."
Rita scosse la testa con disappunto. "Tu porti proprio onore alla polizia."
Harry le lanciò un'occhiataccia.
Uno zombie sbucò da dietro una colonna di cemento e allungò una mano putrida verso loro. Il poliziotto gli andò incontro e lo colpì in testa con la mazza. Il non-morto cadde a terra. Poi gli fracassò il cranio con quattro colpi. "Hanno la testa dura, eh?"
Rita non rispose.
Proseguirono cauti. Due zombie barcollavano in mezzo ai veicoli parcheggiati. Rita spaccò la testa al primo, spinse il secondo al suolo e gli aprì la testa con una secca mazzata.
Continuarono verso il fondo del parcheggio.
Sette non-morti attorniavano un furgone cellulare. Un cadavere ridotto a brandelli era riverso accanto alla portiera del veicolo.
Harry spalancò gli occhi. "Lo sapevo. C'era qualcuno quando sono venuto qui. Avevo sentito dei passi, ma non ero sicuro."
Rita lo guardò. "Lo conosci?"
"No, ma credo volesse rubare il furgone. Ho fatto bene a nasconderlo."
Rita si guardò intorno. "Potrebbe non essere da solo."
"Sei armata, no? Quindi non faranno niente."
La donna aggrottò la fronte, turbata. "Possono esserlo anche loro."
"Se quel tizio fosse stato armato, mi avrebbe sparato alle spalle."
"Non tutti sono assassini."
Harry la guardò, serio. "Non sai di cosa sono capaci le persone quando si tratta di sopravvivere."




 

"Cazzo!" disse Kevin. "Guardate! Quello è Johnson!"
Tutti si precipitarono alle due grandi vetrate dell'ingresso e lo osservarono zoppicare.
Megan strappò il martello di mano a Elliot e aprì il portone.
"Megan!" gridò Marvin. "Fermati!"
La donna si diresse verso Johnson, che barcollava nel cortile dandole le spalle. Quando gli fu vicino, quello si girò. Gli occhi vitrei la pietrificarono all'istante. Non sapeva cosa si era aspettato di vedere, ma di certo non quello sguardo privo di vita. L'uomo che aveva ucciso Pete, non c'era più. Al suo posto, un corpo martoriato da numerosi morsi, il petto dilaniato, il ventre squarciato, la faccia quasi del tutta scarnificata.
Lui allungò le mani verso di lei, che arretrò un poco.
Tutti gli agenti uscirono in cortile e accerchiarono Johnson, i sopravvissuti restarono sulla soglia del portone.
Megan strinse le dita attorno al martello, gli occhi ribollenti di odio puntati in quelli vitrei di Johnson.
"Megan" disse Marvin.
Johnson girò la testa verso di lui. Megan scattò in avanti e gli sferrò una martellata dietro la testa. Quello si voltò con un gemito e cercò di afferrarla, ma lei si spostò a lato e lo colpì nuovamente. Un occhio penzolò fuori dall'orbita.
Una donna vomitò sui gradini.
Megan gli sferrò altre martellate in rapida successione con una rabbia e un odio mai provate prima.
Johnson era ancora in piedi e la fissava con l'unico occhio vitreo che gli era rimasto. Era quello sguardo a darle fastidio, a irritarla. Voleva fargli male, farlo soffrire, ma lui non provava niente e mai lo avrebbe provato. Continuava a barcollare, a cercare di afferrarla. Poi lei cacciò un urlo di rabbia e lo colpì ripetutamente in testa, facendolo crollare al suolo. Lui le afferrò una gamba, ma Megan gli si gettò sopra e gli ridusse la testa in poltiglia sotto una raffica di colpi. Continuò così, finché Marvin le posò una mano su una spalla. Allora lasciò cadere il martello insanguinato e realizzò solo allora che non avrebbe più rivisto Pete. Scoppiò a piangere.




 

Rita e Harry si fermarono davanti al furgone. Dietro di loro, gli zombie giacevano al suolo con le teste spaccate.
Il poliziotto inserì le chiavi nella toppa, aprì la portiera e si mise al posto di guida.
Rita si sedette affianco e afferrò la ricetrasmittente dalla cintura. "Marvin, sono Rita, mi ricevi?"
Diversi crepiti statici.
"Marvin?"
Un'altra statica.
Harry girò la chiave nel blocco di accensione e il motore borbottò un attimo. I fanali squarciarono una parte dell'oscurità che adesso premeva ai lati.
"Andiamo" disse Rita.
"Non devi avvisare Marvin del nostro arrivo?"
"Questa ricetrasmittente ha un raggio davvero corto, perciò ci proverò strada facendo."
Harry ingranò la prima e schiacciò l'acceleratore. Mentre il furgone cellulare si avviava verso l'uscita recintata, gli zombie sbucarono dalla rampa e invasero il parcheggio.
"Dannazione!" disse Rita, tesa in viso. "Ci siamo dimenticati di sbarrare l'accesso alla rampa." Si voltò verso Harry. "Accelera! Dobbiamo superarli prima che diventino troppi!"
Il poliziotto schiacciò a tavoletta l'acceleratore. Il veicolo investì i non-morti e li schiacciò sotto le sue ruote, traballando un poco. Quando arrivò vicino all'uscita, il poliziotto sbandò varie volte e frenò prima di schiantarsi contro un pilastro di cemento, un filo di fumo si sollevò dalla scia bollente lasciata dai copertoni.
"Ci è mancato poco..." disse Harry.
Gli zombie tartassarono di pugni la carrozzeria e alcuni si affacciarono dietro i finestrini, martellandoli di colpi.
"Muoviti! Muoviti!" urlò Rita, spaventata.
Harry ingranò la retromarcia. Il furgone schiacciò i non-morti che arrivavano alle spalle, le teste implosero sotto le ruote. Altri uscivano dalla rampa. Il veicolo sbatté debolmente il paraurti posteriore contro la parte anteriore di una monovolume e accelerò verso l'uscita, investendo gli zombie.
"Ma da dove arrivano?" chiese Rita.
"Non lo so" rispose Harry. "Terry e io non siamo mai saliti al primo piano. Lui credeva che fosse pieno di zombie."
"E aveva ragione. Perché non avete fatto niente per ostruire la rampa?"
"Non venivamo mai qui. Ci siamo stati solo tre volte."
Il furgone ruppe la barriera del gabbiotto, svoltò bruscamente a destra, sradicò una parte della recinzione di metallo e passò sopra ai non-morti. Poi serpeggiò lungo la strada puntellata dai numerosi veicoli abbandonati.
Rita si portò la ricetrasmittente alla labbra. "Marvin, sono Rita, mi ricevi?"
Una crepitio.
"Marvin, mi ricevi?"
Un altro crepitio.
"Sei sicura che la ricetrasmittente funzioni?" domandò Harry.
Rita lo guardò senza rispondere. Poi provò di nuovo a mettersi in contatto con il tenente.
Il furgone sfondò il cancello di un posto di blocco e continuò spedito per un lungo momento. Poi svoltò a sinistra e proseguì diritto.
"Le strade sono vuote" disse Rita. "Non credevo che si sarebbero svuotate così in fretta."
Harry le lanciò un'occhiata, perplesso. "Sei stata tu?"
"A fare cosa?"
"A mettere la musica a tutto volume."
"Sì, dovevo far allontanare gli zombie dalla centrale."
Il poliziotto la guardò per un istante. Poi piantò gli occhi sulla strada.
Il furgone superò un posto di blocco le cui reti metalliche erano state divelte, svoltò a destra e frenò, le ruote fischiarono sull'asfalto.
"Un ingorgo" disse Harry. "Il furgone non può passare da lì. Non ci voleva." Ingranò la retromarcia e s'inoltrò nel vicolo.
"Stai facendo il giro più lungo" aggiunse Rita. "Potevi prendere..."
"Conosco queste strade."
"Era solo un suggerimento."
Il veicolo uscì in strada e girò a destra. Poi proseguì per i vicoli per una decina di minuti.
"Marvin, sono Rita, mi ricevi?"
Una statica.
"Marvin, mi ricevi?"
La donna stava per posare la ricetrasmittente sul cruscotto, quando sentì una voce. "Rita! Stai bene? Rita!"
Harry gettò uno sguardo a Rita, che fissava felice la ricetrasmittente. "Sì, sto bene. Gli zombie si sono allontanati?"
"Sì, qui è tutto tranquillo. Anche i Lickers sono spariti. Poco fa abbiamo ripulito il cortile da alcuni zombie ritardatari."
Rita pensò a Zara e Mark, ma scacciò subito quel pensiero. Non poteva farsi prendere dai sensi di colpa. Doveva rimanere concentrata. "Sto arrivando a bordo di un furgone cellulare. Sarò li tra dieci minuti."
"Ottimo lavoro! Noi ti aspettiamo qui."
"Va bene, tenente. Ma tieni gli occhi aperti. Credo che il motore del furgone stia attirando tutti gli zombie nei paraggi."
"Non preoccuparti, li respingeremo!"




 

"Visto?" disse Chung. "Rita ha avuto la mia stessa idea."
"Tu non hai parlato di furgoni cellulari, ma solo di furgoni" disse Kevin.
"Sono la stessa cosa."
"Non lo sono."
I due si guardarono, torvi.
Marvin sbuffò. "Ok, se avete finito di fare i ragazzini, abbiamo un'evacuazione da preparare." Fece una breve pausa. "Kevin e Nick fate un giro nel cortile e controllate che vada tutto bene. Elliot e Chung trovate delle armi contundenti con cui respingere gli zombie in arrivo. Tutti gli altri con me."
Uscì nel cortile e si fermò davanti al cancello. "Il furgone entrerà da qui, quindi dobbiamo creare una barricata per coprire entrambi i lati del cortile. Gli zombie entreranno sicuramente dalle due porte di servizio poste agli angoli delle mura." Batté le mani. "Forza, mettiamoci a lavoro."




 

Nick e Kevin proseguivano lungo il vialetto.
"Credi che ce la faremo a uscire da questo schifo?" chiese Kevin.
"Non è da te essere dubbioso" rispose Nick.
"Non lo sono, ti ho solo chiesto un parere."
"Andrà tutto bene."
"Non per te, però."
La recluta aggrottò la fronte, perplesso. "Che vuoi dire?"
"Non hai una bella cera. Forse avevi ragione, sei infetto."
"Credo di esserlo."
Camminarono in silenzio per un momento.
"Non hai paura?" domandò Kevin.
"Paura di morire?"
"Sì, non ti spaventa?"
"Non ci penso."
"Ma dovrai farlo prima o poi."
Svoltarono l'angolo dell'edificio. Uno zombie allungava le mani attraverso le sbarre della porta di ferro. Nick lo raggiunse e gli infilò il coltello in un occhio. Il non-morto si afflosciò lungo le sbarre e cadde a terra.
Tornarono a camminare.
"Io ne sarei spaventato" disse Kevin. "Ho ancora un sacco di cose da fare. Una di queste è farmi la ragazza della tavola calda qui di fronte. Anzi, credo che sia a lei ad avere il chiodo fisso per me."
Nick scosse la testa con un sorriso. "Non credo sia viva."
"È partita pochi giorni prima che scoppiasse questo casino. È andata dai suoi genitori, quindi si è salvata."
"Non hai pensato che può essere così ovunque?"
Kevin lo guardò, pensieroso. "Non credo, il governo avrebbe fatto qualcosa."
"Come ha aiutato Raccoon City, giusto?"




 

"Siamo quasi arrivati" disse Harry. "Avvisa Marvin di tenersi pronto."
Il furgone girò a sinistra, serpeggiò tra i veicoli e continuò spedito.
"Marvin, siamo quasi arrivati" aggiunse Rita alla ricetrasmittente.
"Gli zombie sono entrati! Fate presto!"
La poliziotta sbarrò gli occhi, spaventata. "Tenete duro! Arriviamo!"
Il veicolo superò due auto carbonizzate e un posto di blocco la cui torretta era crollata contro un condominio di sei piani. Una decina di cadaveri erano ammassati vicino a un muro scalfito dalle pallottole.
Il furgone svoltò a destra.
Il dipartimento di polizia era ormai a due isolati di distanza. Harry schiacciò a tavoletta l'acceleratore.
Quando raggiunsero il cancello della centrale, migliaia di zombie barcollavano da entrambi i lati della strada. Altri entravano nel cortile dalle due porte di servizio.
Si udirono diversi spari ovattati dai gemiti assordanti.
Harry fece inversione a U, ingranò la retromarcia e spalancò il cancello sbattendoci contro il paraurti.
Rita passò nel retro e aprì le doppie portiere posteriori. "Entrate!"
Gli agenti formarono un cerchio attorno ai sopravvissuti, che corsero dentro il furgone.
"Non fateli avvicinare!" gridò Marvin. "Uccidete quelli vicino alle barricate!"
Gli zombie crollavano uno dopo l'altro in rapida successione, ma altrettanti ne arrivavano alle loro spalle.
"Sono troppi!" urlò Kevin. "Non ce la faremo a respingerli tutti!"
"Continuate a sparare!" gridò Marvin.
Una decina di zombie superò la barricata a destra.
"Merda!" disse Nick. Si portò vicino agli zombie e cominciò a ucciderli con una coltellata alla testa. Ma erano troppi da gestire e altri ne arrivavano a frotte.
I tre agenti davanti alla barricata avevano finito le munizioni. Uno di loro afferrò il martello legato alla cintura e colpì un non-morto in testa, ma l'estremità dell'arma rimase incastrata nell'osso. Lo zombie gli affondò i denti nel polso e lo trascinò a terra.
Un secondo agente corse ad aiutarlo, ma due zombie lo presero alle spalle e lo gettarono a terra, seguiti da altri zombie.
Nick si voltò verso Marvin. "Dobbiamo creare un diversivo, o ci uccideranno tutti!"
"Continua a sparare!"
"Ho finito le munizioni!"
Il tenente si frugò nelle tasche e si rese conto che anche lui aveva finito i proiettili. Si guardò intorno. Il tempo sembrava essersi rallentato. Tra i volti scarnificati e putridi dei non-morti scorse un volto familiare. Era Brad Vickers. Sbarrò gli occhi, incredulo. Non poteva credere che fosse morto. Un membro della STARS addestrato a gestire quasi ogni situazione delicata. Se lui era morto, allora nessuno sarebbe uscito vivo da Raccoon City.
"Tenente!" urlò Nick. "Cercherò di allontanarli. Tenente!" Lo scosse, guardandolo dritto negli occhi. "Tenente, mi hai sentito?"
"Sì..." rispose Marvin, stordito. Poi ritornò in sé. "No, non fare niente." Si girò verso gli altri. "Entrate tutti nel furgone! Vi coprirò io!"
Nick lo guardò con disappunto, ma sapeva che doveva essere fatto. Se avessero continuato ad arretrare lentamente, prima o poi gli zombie li avrebbero accerchiati e uccisi tutti. "Ti aiuterò!"
"No, vai anche tu!"
"Sai che non posso. Guardami! Lo vedi il rossore agli occhi? Non posso andare. Per me è finita!"
Il tenente lo guardò per un momento, poi cominciò a colpire con un martello gli zombie che arrivavano da entrambi i lati, aiutato da Nick. Elliot si aggiunse poco dopo, restio a lasciarli da soli.
Kevin, Chung e altre due agenti salirono sul furgone e guardarono i tre venire accerchiati da un ammasso crescente di non-morti.
"Vattene, Elliot!" Urlò Marvin. "Mettiti in salvo!"
Elliot gli lanciò uno sguardo. Non rispose.
"Marvin!" urlò Rita con tutta la voce che aveva in corpo. "Sali a bordo!"
"Andate via!" urlò il tenente. "Andate prima che..."
Brad Vickers gli affondò i denti in una costola. Marvin lanciò un urlò di dolore e lo fissò dritto negli occhi vitrei, la bocca insanguinata da cui penzolavano pezzi di tessuto e carne. Non riusciva a colpirlo. Conosceva Brad da molti anni e non poteva ucciderlo. Non ci riusciva.
Nick lo spinse via dal tenente e provò a conficcargli il coltello nel cranio, ma Brad sparì dietro agli altri zombie. Poi guardò la ferita del tenente. "Dobbiamo ritirarci all'interno! Andiamo!"
Marvin lanciò un ultimo sguardo a Rita, uno sguardo carico di commozione. Non aveva potuto dire addio sua moglie e sua figlia e non sapeva nemmeno se fossero vive o morte. Sperava che fossero al sicuro da qualche parte. Ma ora aveva potuto salutare Rita, che negli anni era diventata come una figlia adottiva.
Lei gli sorrise con gli occhi arrossati dalle lacrime, Kevin che la stringeva con un braccio per confortarla. Poi il tenente si voltò, salì i gradini e si chiuse il portone alle spalle.
Il furgone si allontanò verso l'ignoto, carico di speranze e zero certezze.




NOTA: Siamo giunti alla fine. Spero che questo lungo racconto vi sia piaciuto. A me scriverlo è piaciuto moltissimo. Avevo questa storia in testa da un paio di anni. Doveva essere un piccolo racconto centrato solo su Marvin Branagh, ma le cose sono andate diversamente: i personaggi hanno preso il sopravvento e hanno scritto loro la storia.
Ringrazio tutti quelli che hanno seguito e letto questo lungo racconto! E un ringraziamento speciale a Summer_Moon per le correzioni e le frizzanti e simpatiche recensioni!

   
 
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