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Autore: _Equinox    19/04/2022    0 recensioni
|| HisoIllu ||
Illumi era un sacco di cose: un sociopatico, uno strano, un killer seriale, ancora un sociopatico, il primogenito di una famiglia di sociopatici, un pazzo. Ma per il prestigiatore, amante dell’arte e del bello, oltre alle cose sopra elencate, era innanzitutto meraviglioso. Non gli creasse fastidio ammettere che quel ragazzo, di diversi anni più giovane di lui – non molti, comunque – lo attirasse a sé come una falena verso la luce. Nonostante il suo sembrare a disagio con tutto ciò che la società imponeva, Hisoka credeva fosse un individuo talmente interessante che avrebbe potuto volentieri trascorrere una serata in sua compagnia senza fare nulla, solo per osservarlo e vedere fin dove quel suo modo di fare così unico lo avrebbe spinto. Il prestigiatore non credeva che ci fosse qualcosa di strano in alcuni suoi atteggiamenti, riteneva che fosse un termine sbagliato per tantissimi motivi, eppure lo aveva guardato e analizzato: alla fine ciò che faceva lo portava sempre a qualcosa, senza stravolgerlo troppo, lasciando che fosse la vita a adattarsi e non il contrario. Era incredibilmente interessante.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hisoka, Illumi Zaoldyeck
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tales of a killer and a jester'
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Era ormai sera inoltrata quando Hisoka fece il suo ingresso nel bar situato a bordo del dirigibile che lo avrebbe condotto in albergo – un servizio fornito gratuitamente agli Hunter, tra le tante cose, il che non era male, considerando quanto sfarzoso fosse quel posto. Chiunque, là in mezzo, mirava, con scarsi risultati avrebbe detto, ad attirare l’attenzione su di sé o brillava di sfarzosi luccichii: le donne indossavano i più vistosi gioielli, al punto che pareva facessero a gara a chi avesse i diamanti più appariscenti; gli uomini, invece, avevano il solito smoking, un indumento talmente monotono e banale che il prestigiatore avrebbe volentieri bandito dalla circolazione.
La sua figura, invece, spiccava lì in mezzo, perché come suo solito si era impegnato per emergere. Voleva che la gente si voltasse a guardarlo, che parlasse di quanto fosse osceno con quel crop top nero velato che presentava intenzionalmente degli strappi e che, a seconda dei movimenti, esponeva più o meno la pelle candida. I pantaloni, larghi, a palloncino, simili a quelli che indossava spesso, avevano un taglio basso, perciò l’addome delineato e muscoloso era visibile da chiunque. Qualche persona ridacchiava appena, qualche altra storceva il naso, ma lui se ne stava curando solo fino ad un certo punto – era egocentrico, qualche pettegolezzo non avrebbe fatto male. Il leggero suono dei tacchi sul pavimento interrompeva quella che era la raffinata melodia del pianoforte, suonato da mani esperte che volevo allietare quella serata e mantenere una certa atmosfera chic; il mormorare della gente e il suono dei bicchieri che di tanto in tanto si toccavano per un brindisi facevano il resto.
Hisoka si passò una mano tra i capelli, fatti cadere ondulati sulla fronte, lasciando che alcune ciocche rimanessero indietro. Si inumidì poi appena le labbra, proseguendo il suo cammino in mezzo a quelle futili presenze: il suo scopo era certamente un altro. Si era accorto di lui nell’istante stesso in cui aveva messo piede nella sala, quella lunghissima – e bellissima – chioma corvina era un’unicità che difficilmente sarebbe passata inosservata.
Illumi era seduto ad un bancone che dava su un’ampia finestra, da cui era possibile osservare l’intera città, illuminata dalla vita notturna sfrenata e troppo impaziente di scorrere. Non era voltato di spalle, lo sgabello era girato verso sinistra e il ragazzo se ne stava lì, tranquillo, con le gambe accavallate, un braccio che tamburellava sul ginocchio e l’altro che sosteneva la testa, inclinata verso il vetro, in maniera scomoda – ci aveva fatto caso più volte, che le posizioni assunte da quella bizzarra persona fossero sempre improponibili, ma che, per qualche strano meccanismo contorto nel suo cervello, reputate comode. La cosa che colpì il prestigiatore fu l’abbigliamento dell’altro, anche quello non proprio convenzionale: portava un tipico vestiario orientaleggiante sui toni del verde e del bianco, diviso in due pezzi. Sopra vi era una camicia che ricordava vagamente la parte superiore di un kimono, lasciata morbida in modo che una parte di essa potesse lasciare una spalla appena scoperta; i pantaloni candidi, invece, adornati in vita da un ampio nastro scuro, avevano un elastico in prossimità delle caviglie che faceva sì che il capo risultasse morbido e gonfio. Ai piedi, infine, vi erano delle semplici babbucce nere, decorate però da delicati disegni argentei. Assomigliava quasi ad un maestro di arti marziali, si ritrovò a pensare il clown con un sorriso, ma non poteva negare che quegli abiti gli calzassero a pennello – evidentemente perché, se ricordava bene, Kikyo Zoldyck aveva origini orientali ed era impossibile non notare i tratti dei paesi dell’est sul primogenito.
Hisoka gli si avvicinò. Non voleva sperare in un effetto sorpresa, consapevole del fatto che l’altro avesse certamente captato la sua presenza da molto prima, per cui si limitò ad accomodarsi accanto a lui. Ebbe modo di osservarlo solo con la coda dell’occhio, tuttavia sentì comunque il cuore aumentare i battiti per una frazione di secondo. Se lo sguardo non gli aveva giocato brutti scherzi, quegli occhi immensi, specchio delle tenebre, avevano una sottile linea rossa attorno ad essi – gli venne confermato nel momento in cui, come se niente fosse, l’assassino girò il capo verso di lui e accennò ad un saluto con la mano.
Illumi era un sacco di cose: un sociopatico, uno strano, un killer seriale, ancora un sociopatico, il primogenito di una famiglia di sociopatici, un pazzo. Ma per il prestigiatore, amante dell’arte e del bello, oltre alle cose sopra elencate, era innanzitutto meraviglioso. Non gli creasse fastidio ammettere che quel ragazzo, di diversi anni più giovane di lui – non molti, comunque – lo attirasse a sé come una falena verso la luce. Nonostante il suo sembrare a disagio con tutto ciò che la società imponeva, Hisoka credeva fosse un individuo talmente interessante che avrebbe potuto volentieri trascorrere una serata in sua compagnia senza fare nulla, solo per osservarlo e vedere fin dove quel suo modo di fare così unico lo avrebbe spinto. Il prestigiatore non credeva che ci fosse qualcosa di strano in alcuni suoi atteggiamenti, riteneva che fosse un termine sbagliato per tantissimi motivi, eppure lo aveva guardato e analizzato: alla fine ciò che faceva lo portava sempre a qualcosa, senza stravolgerlo troppo, lasciando che fosse la vita a adattarsi e non il contrario. Era incredibilmente interessante.
«Ma ciao Illumi, come siamo belli stasera ♠»
Illumi accennò appena ad un sorriso – lo aveva mai visto sorridere? Se possibile era ancora più bello.
«Ciao», rispose solo, postandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Adesso che ci faceva caso, non li aveva pettinati all’indietro, e le ciocche lunghe di davanti ricadevano armoniosamente davanti al viso. Stava decisamente meglio così, ma non riuscì a dirglielo a voce alta, troppo preso ad ammirare quei delicati filamenti neri scendere lungo le spalle per sparire dietro la schiena – parevano morbidi come una seta pregiata e Hisoka si domandò quanti ghirigori potessero andare a creare sul corpo del ragazzo se avesse avuto la pelle bagnata. Un’affascinante prospettiva, doveva ammetterlo.
«Come mai questo abbigliamento così... Poco convenzionale? Non fraintendermi, sei incantevole, ma non è molto consono mio caro ♣»
La sua era una chiara ed evidente provocazione. Risultava palese l'ironia nella sua voce, dato che lui, in primis, aveva abiti talmente succinti da risultare osceni. Il primogenito della famiglia Zoldyck era di certo uno dei suoi giocattoli più interessanti, spremerlo un po'non avrebbe fatto male a nessuno — sempre se non avessero deciso di iniziare a combattere e ad ammazzarsi. Tuttavia, per uno strano sentore dettato, come qualcuno diceva, dall'intuito, il prestigiatore era convinto che non sarebbe stato quello l'epilogo.
Tra di loro si creava sempre una certa tensione, poiché nella palese differenza si celava una più intrinseca somiglianza. Somiglianza che, inevitabilmente, aveva funzione di magnete.
«Tu sei pure più osceno di me» mormorò allora l'assassino, andando ad alzarsi parte del kimono per coprire la pelle esposta. Non gli importava dell'opinione di un folle, tuttavia si era sentito offeso ed esposto, destabilizzato quasi — se solo avesse capito subito che a compromettere il suo delicato equilibrio fosse proprio il fatto che quell'appena accennato modo di apparire traeva ispirazione proprio dai modi di fare del pagliaccio.
«Ma no, stavo scherzando. Ah~ dimentico sempre che non riesci a ben cogliere l'ironia. Domando venia » rispose allora Hisoka che, con un azzardato e lesto movimento della mano, andò ad abbassare di nuovo il tessuto. Con un’unghia affilata riuscì a sfiorare parte di quella pelle così vergine e priva di difetti — il che la diceva davvero lunga sull'abilità fisica del ragazzo, che mai aveva fallito in vita sua. Vi si soffermò più del dovuto, in effetti.
«Sei in missione?» il tono dell'uomo si fece serio, quasi assente, e piano saliva con le dita ad avvolgere una ciocca corvina tra le dita: era morbida, delicata, talmente liscia da risultare impossibile da annodare. Non stava dando peso a null'altro che a quella figura davanti a sé, che si era limitata ad annuire piano e che, contrariamente alle sue aspettative, non si stava ritraendo — lo avrebbe fatto poco dopo, a causa del fastidio che il contatto prolungato e indesiderato gli causava.
«Devo occuparmi di un tipo in albergo, nulla di complicato» sussurrò solo, riportando lo sguardo color pece sulla metropoli che, aiutata dai movimenti del dirigibile, scorreva lenta e frenetica allo stesso tempo. I bagliori delle luci troppo luminose inquinavano il cielo proprio come stavano facendo con le iridi di Illumi e, nella mente del prestigiatore, quel pensiero subito si concretizzò. Aveva davanti a sé due cieli senza stelle, sporcati dalla luminescenza artificiale di una città che, con alta probabilità, non si meritava nessuna delle due cose.
«Anche tu alloggi lì, no?»
Gli occhi melliflui del pagliaccio tornarono a posarsi sul profilo del ragazzo.
«Sì, interessato forse a farmi visita? » lo provocò, di nuovo con quel tono ambiguo, un attimo prima di ordinare due bicchieri di vermouth bianco da un cameriere che stava passando di lì.
Il primogenito degli Zoldyck non rispose, si portò però una ciocca ribelle dietro l’orecchio e, per un breve momento, volse lo sguardo verso l’uomo, soffermandosi sui pettorali esposti in quel modo così osceno da risultare quasi disturbante – quasi, in effetti, perché doveva ammettere che l’anatomia umana lo aveva sempre affascinato e, persino da bambino, si perdeva ad osservare e a percorrere con le dita i muscoli delle persone che uccideva per capirne le fattezze. Hisoka non di meno catturava la sua attenzione e gli piaceva, malgrado mai si sarebbe permesso di dirglielo viste le strane reazioni che poteva avere. Certo, lo avrebbe potuto mettere fuori gioco in un attimo nel caso le cose fossero degenerate, eppure il rispetto che provava verso di lui e verso le loro similitudini gli faceva nascere nel petto un senso di dispiacere non indifferente.
Quando arrivarono i due bicchieri, si presero un istante per congiungerli in un piccolo brindisi – delicato, perché il tintinnio del vetro risultava appena fastidioso alle orecchie dell’assassino – prima di iniziare a bere. Era stata un’ottima scelta, nulla di troppo forte o amaro, secco e dolce allo stesso modo. Illumi si ritrovò a sorridere.
«È buono»
Il prestigiatore alzò un sopracciglio, poi si lasciò sfuggire anche lui un sorriso genuino. Sembrava un commento così fuori luogo e irrealistico da aver quasi creduto di esserselo immaginato, però ebbe conferma che fosse accaduto sul serio dall’espressione compiaciuta dipinta sul volto dell’altro.
Quante cose aveva ancora da scoprire, su di lui.
«Sei particolarmente bello per andare a compiere solo un omicidio. Quasi invidio quel poveretto ♣»
«Dovevo, stando alla sua scheda è un criminale che gestisce un giro di prostituzione maschile. Gradisce un certo tipo di compagnia e un… Certo tipo di presenza» spiegò con calma il primogenito degli Zoldyck, indicandosi con una mano.
«Oh~ quindi vuoi farlo cadere in una meravigliosa trappola. Che bravo ♠»
«Lo scopo è quello di ucciderlo nella sua stanza, mi farò notare nel ristorante. Sicuramente non gli sarò indifferente»
«Saresti indifferente solo ad un cieco, tesoro » disse allora il clown con disinvoltura, sorseggiando ancora un po’ di alcool e, sotto sotto, sperando che l’altro afferrasse il flirt. Ma, senza neanche lasciarlo troppo stupito, non fu così. Illumi proseguì indisturbato il suo discorso, senza aver realizzato di aver ricevuto un apprezzamento piuttosto esplicito. Solo quando, giunto alla fine della spiegazione, si voltò verso Hisoka, le sue guance assunsero un tono leggermente più roseo.
«Tu… Non sei cieco»
Fu allora che il prestigiatore si lasciò scappare una risata piuttosto rumorosa che catturò l’attenzione e gli sguardi indiscreti dei presenti. La situazione mise improvvisamente a disagio l’assassino, che aggrottò le sopracciglia.
«Oh Illumi, sei davvero esilarante, lo sai? » chiese retorico l’uomo, ma, accortosi del fastidio del giovane davanti a sé, in quel momento chiuso ricurvo nelle spalle, scosse il capo.
«Forse è meglio spostarci, che dici? Ti vedo teso ♠»
Il ragazzo annuì soltanto, poi si alzò e, con accanto a sé il prestigiatore, si incamminò verso l’uscita. I corridoi del dirigibile, fortunatamente, erano vuoti e caratterizzati da una luce più soffusa e tranquilla. Vi era silenzio e forse si stava anche meglio rispetto all’altra sala – d’altronde, da lì si godeva ugualmente della panoramica cittadina.
Il primogenito degli Zoldyck stava allargando e stringendo la mano, in maniera meccanica, e al pagliaccio venne istintivo chiedersi se non avesse sbagliato ad allontanarsi con uno degli assassini più pericolosi in circolazione. Forse stava facendo qualcosa collegato con il nen o, semplicemente un’altra delle sue stranezze. Per fortuna, si ritrovò sollevato quando vide Illumi improvvisamente accovacciato a terra. Lo vide scuotere il capo, prima di rialzarsi e riprendere il cammino verso una delle finestre più vicine alla porta.
«Perdonami se ti ho fatto sentire a disagio, mi auguro tu stia meglio, anche se non ho ben capito cosa fosse… Questo ♣»
Il giovane si poggiò con la schiena contro il vetro.
«Non ti preoccupare, mi stavo sovraccaricando a prescindere, là dentro. Non so bene cosa siano queste cose, semplicemente le faccio quando ricevo troppi impulsi indesiderati» disse solo, con un accenno di sorriso, aggiungendo poi «Infatti credo che se quel porco proverà ad allungare le mani lo ucciderò direttamente nella hall e purtroppo per te dovrai sopportare un bel po’ di confusione»
Hisoka si soffermò di nuovo ad osservarlo. A stento stava prestando attenzione alle sue parole, catturato dai movimenti lenti che compivano quelle dita nel giocare con i capelli o dal fascino, più in generale, che quel ragazzo emanava. Forse non era il giocattolo più divertente nella sua collezione, ma di sicuro era il più bello. Con quel pensiero per la testa gli si avvicinò piano, felino. Il suo cervello, di solito razionale, avrebbe dovuto mandargli degli impulsi per esortarlo a fermarsi, eppure qualcosa lo spingeva verso l’altro. Qualcosa di ignoto, pericoloso, folle. Credette per un attimo di avere a che fare con la sete di sangue, con la pazzia omicida che accompagnava le sue giornate, ma no. Quando fu a pochi centimetri da lui lo guardò.
«Cosa faresti se lui iniziasse a toccarti così?» domandò, assente, salendo con le mani lungo i fianchi morbidi dell’assassino.
«Credo… Che gli reciderei i tendini delle mani»
«E se poi volesse… Di più?» continuò la sua salita, passando le dita su quel vitino estremamente stretto e che, era convinto, fosse frutto di qualche costrizione artificiale messa in atto in età adolescenziale – solo dopo scoprirà dei corsetti indossati in passato.
«Glielo impedirei»
Un sorriso si formò sulle labbra dell’uomo dai capelli rossi che terminò la sua ascesa portando le mani sul viso di Illumi, accarezzandolo con i pollici.
«E se dovesse chiederti un bacio?»
«Gli strapperei le labbra a morsi»
Su quella domanda, la mente del primogenito degli Zoldyck rimase più del dovuto; titubante, stranito dalla situazione, non sentiva di essere in pericolo. A dire il vero, credeva che in quella situazione si sarebbe sentito più a disagio, troppo esposto. Invece, superato il disagio iniziale, sentiva che quelle dita non bruciavano come accadeva quando veniva toccato senza consenso. Sembrava, anzi, che fossero fatte proprio per modellarlo e accarezzarlo.
«Hisoka… Vieni più vicino» mormorò, portando le sue mani sul petto dell’uomo, avvertendo la consistenza ruvida dal top sui polpastrelli.
«Se lo faccio rischio di baciarti»
Ma, abbassando lentamente le palpebre, il giovane diede il suo tacito consenso.
Le labbra di Hisoka lo travolsero come una tempesta che rompe la quiete del mare piatto. Erano morbide, dal sapore di chewing-gum alla fragola, umide, calde, piacevoli. Gli stavano dando un sacco di stimoli e non sapeva dire se dipendesse dal fatto che il suo cervello funzionasse così. Era il suo primo bacio e aveva lasciato che ad impadronirsene fosse un uomo folle quanto lui, desideroso di sangue e morte, ma che lo stava facendo sentire piacevolmente vivo. Quando poi la lingua dell’altro si fece spazio della sua bocca, si lasciò guidare piano. Non era certo di essere bravo a baciare, per cui lasciò fare tutto all’uomo, assicurandosi di seguirlo come meglio poteva. Le mani del prestigiatore si spostarono: dapprima gli sfiorarono i capelli, poi scesero verso il basso, fino ad arrivare a stringerlo a sé in una sorta di abbraccio. Non seppero quanto tempo passarono attaccati in quel modo, travolti da una passione mai sperimentata in vita loro, con la guardia abbassata e il rischio di potersi uccidere a vicenda da un momento all’altro se qualcosa fosse andato storto. Forse, però, era proprio questa incertezza adrenalinica a tenerli uniti. Sapevano che prima o poi sarebbe successo e allo stesso tempo non riuscivano mai a capire fin dove si sarebbero spinti. Sì allontanarono solo quando l’altoparlante comunicò l’imminente arrivo in albergo. Si guardarono.
«Era… Il mio primo bacio» sussurrò Illumi, ancora aggrappato alla schiena dell’altro che, solo di poco, lo superava in altezza.
«Allora assicuriamoci che sia il primo di una lunga serie »
   
 
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