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Autore: Sasita    20/04/2022    1 recensioni
"You changed me Dean... because you cared, I cared. [...] I love you"
Storia post series finale, dove finalmente Dean fa i conti con i suoi sentimenti e con l'angelo che ha cambiato, e l'ha cambiato, per sempre.
Tutti noi vorremmo che l'ultimo episodio non fosse mai stato girato, almeno non in quel modo. Dean in paradiso, in attesa di Sam, una distanza imbarazzata tra tutti i personaggi e un grande, sofferente, insostenibile vuoto. Non bastano un sorriso e un sospiro alla menzione di Castiel a colmare la lacuna lasciata dalla sua assenza, a dare pace a un tormento che si protraeva da fin troppi anni, e che troppo a lungo ha accompagnato Dean e Castiel nella scoperta di sé stessi, e del loro vero essere. Ma se tra il momento in cui Dean ha salutato Bobby in Paradiso per mettersi in viaggio, e quello in cui Sam l'ha finalmente raggiunto, non fosse passato così poco come l'episodio lascia intuire? Il tempo passa diversamente in Paradiso, ma Dean non può scappare da sé stesso, e non può scappare da colui che, per undici anni, l'ha amato e protetto sacrificandosi per lui senza remore.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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NdA. scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare... lo scorso capitolo è stato un bel macigno, ma soprattutto mi sono persa nella lettura di una fanfiction stupenda su Ao3! Comunque sia, eccomi qui, con un capitolo abbastanza discorsivo e dialogico. Penso che questi due debbano recuperare parecchio e che debbano farlo parlando ancora un po' di alcune cose. Ci avviciniamo comunque alla fine, prevedo più o meno di finire con una quindicina di capitoli! Aspetto e spero nei vostri commenti, fatemi sapere cosa ne pensate!
 



CAPITOLO XI
Just like heaven

 

Show me, show me, show me how you do that trick
The one that makes me scream" he said
"The one that makes me laugh" he said
And threw her arms around my neck

 

You
Soft and only
You
Lost and lonely
You
Strange as angels
Dancing in the deepest oceans
Twisting in the water
You're just like a dream
You're just like a dream

 

Al suo risveglio, Dean fu colpito da due cose. Prima di tutto, era ancora completamente svestito. Il che portava direttamente alla seconda constatazione.

«Buongiorno», lo salutò Castiel, baciandogli la cima della testa.

Con un grugnito, Dean alzò il capo dal petto dell’angelo per incontrare il suo sguardo. Si sentiva strano, smarrito e beato insieme.

«Che ore sono?»

«Quando ti toglierai di dosso questa abitudine umana agli orari?»

«Mai», rispose Dean, con la voce ancora arrochita dal sonno, ancora incapace di formare frasi più lunghe di tre parole.

«Presto»

«Uhm»

Assorbendo ogni singola sensazione, Dean estese la sua percezione ad ogni terminazione del suo corpo. Sdraiato su un fianco, un braccio di Castiel a cingergli le spalle facendogli da cuscino, una sua gamba avvolta a quelle di lui, la propria mano abbandonata sull’addome dell’angelo, uno strano nodo gli stringeva lo stomaco. 

«Tutto bene?»

«Sì»

Pur non vedendolo, Dean avrebbe scommesso che Castiel lo stava guardando con la fronte aggrottata. 

«Dean?»

«Sto bene, Cas…»

«Dean»

Con un sospiro a metà tra uno sbuffo e un ruggito, sbadigliando, Dean si liberò da quell’incastro di membra e si tirò su a sedere, poggiando la schiena contro la testata del letto. Il suo sguardo si perse oltre la finestra, nelle distese di lavanda appena illuminate dal sole mattutino.

«Non… è solo che…», Dean grugnì. «Prima il caffè, poi le parole, okay?»

Castiel piegò la testa di lato, guardandolo in quel suo strano modo, senza battere le palpebre. «D’accordo»

E così dicendo sparì e riapparve, nel giro di un battito di cuore. 

«Cas…», Dean tossicchiò, un sorriso divertito gli apparve ai margini delle labbra. Con un piccolissimo cenno del capo accompagnato dal movimento delle sopracciglia indicò il petto di Castiel, la cui pelle luccicava sotto la luce dei raggi solari.

«Sì, me ne sono accorto»

«Già, sei ancora nudo»

Castiel annuì, guardandolo come se fosse un dato di fatto che non aveva bisogno di essere sottolineato, poi si mosse per schioccare le dita, ma Dean lo fermò afferrandolo per il polso.

«C’è una cucina»

«Ne sono consapevole»

«E immagino anche una macchinetta del caffè»

«Certamente»

«Allora che ne pensi se invece di andarlo a prendere in… Jamaica—», tentò.

«Honduras»

Dean gli mostrò il palmo della mano ruotando il polso, accompagnando il gesto con le parole, «Come ti pare… Honduras, d’accordo, ecco, che ne pensi se ce lo facciamo, il caffè?»

L’angelo soppesò le sue parole come se avessero un significato profondo. «D’accordo»

Così facendo, si alzò dal letto scostando le lenzuola. In piedi, investito in pieno dalla luce del sole, Castiel sembrava davvero un angelo del Signore: i suoi muscoli atletici, la sua pelle bronzea, la sua figura virile, longilinea e ben lontana dalle curve femminili a cui Dean era abituato. Il nodo nel suo stomaco si fece più stretto. Controluce Castiel non nascondeva nessuno dei suoi tratti maschili, a partire dalla diffusa peluria che un tempo era appartenuta a Jimmy Novak. Deglutendo, Dean fece scorrere lo sguardo su quel corpo così familiare, eppure alieno. Mai in tutta la sua vita si sarebbe immaginato di svegliarsi una mattina abbracciato a qualcuno così; mai si sarebbe immaginato di svegliarsi sentendo ogni muscolo del suo corpo perfettamente illeso dopo aver passato la notte con un uomo, dopo aver usato parti del suo corpo che non aveva mai esplorato prima. 

Non che Castiel fosse effettivamente un uomo, questo Dean lo sapeva. Tecnicamente era un angelo e gli angeli non avevano genere né sesso, e Castiel in passato era stato anche in corpi femminili. Eppure Dean aveva finito per innamorarsi di lui in quel tramite, con il “vestito di carne” che aveva un tempo avvolto l’anima di un normalissimo, decisamente etero e molto devoto marito e padre di famiglia. I suoi occhi accarezzarono per un istante le natiche di Castiel, e un calore inaspettato si diffuse sul suo viso, al pensiero della notte precedente. Si costrinse a distogliere lo sguardo. 

Quando lo guardò di nuovo, Castiel lo scrutava con uno sguardo indecifrabile, già vestito da capo a piedi nella sua consueta tenuta da esattore delle tasse.

«Senti…», tossì cercando di reprimere il leggero disagio che lo attanagliava. «che ne dici di provare un altro… abbinamento di vestiti?»

«Cioè?»

Dean tentennò la testa, muovendosi nelle coperte senza scoprirsi del tutto. Si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle sue gambe incrociate davanti a sé. «Non lo so… qualcosa di meno… uhm…»

«Da esattore delle tasse?»

«Esattamente», sorrise.

«Cosa suggerisci?»

Dean alzò le spalle. «Stavi bene…», si grattò la nuca, «…sai, quando eri umano… con…»

Castiel strizzò gli occhi, come se stesse cercando di ricordare. «La felpa?»

«No, no…», rispose l’altro, scuotendo la testa. «…prova con un paio di jeans e una camicia…»

«Non è il tuo tipico abbigliamento?»

«Adesso!», grugnì Dean, quasi esasperato. Poi ci pensò. «Aspetta…», disse.

Con una mano sulle lenzuola per evitare che gli scivolassero via dalle gambe, usò l’altra per cercare i boxer. «Accidenti!», imprecò.

«Dean, lo sai che ti ho già visto nudo, vero?»

«Non è— io…», ma non trovò nulla da dire, così rimase in silenzio, passandosi una mano sulla faccia per dissimulare la tensione.

«Cosa ti prende?»

«Io… nulla, davvero, Cas»

Castiel lo scrutò. Il suo sguardo era profondo e stranito, quasi diffidente. «Hai dei rimorsi su stanotte?»

«Cos— no, Cas… Castiel, no. Non è questo…»

Così dicendo Dean si abbandonò a uno sbuffo frustrato, si passò la mano sul viso un paio di volte e poi si alzò dal letto, in tutta la gloria del suo corpo nudo. Nonostante quello che avevano condiviso quella notte, però, si sentiva vulnerabile, insicuro. Per dissimulare si stampò un sorriso e un’espressione sciocca sulla faccia, allargò le braccia e fece una piroetta. 

Castiel, di contro, lo guardò ancora più sospettoso. Le sue labbra erano socchiuse, e Dean poteva vedere che dietro la sua espressione titubante si nascondeva qualcosa di diverso, di più profondo. Brividi caldi gli corsero lungo tutta la schiena quando Castiel si passò la lingua sulle labbra, in un gesto apparentemente involontario, facendo scivolare lo sguardo su tutta la sua pelle, da capo a piedi. Poi distolse gli occhi, si voltò verso l’armadio e schioccò le dita. Senza neanche rendersene conto Dean si ritrovò vestito degli stessi abiti della sera prima, con la felpa e la maglietta bianca sopra a dei morbidi pantaloni del pigiama. 

D’improvviso si sentì colpevole, ma ignorò il pensiero, scosse la testa e deglutì, avvicinandosi all’armadio.

«Allora…», iniziò aprendo le ante in cerca di qualcosa da far indossare a Castiel. «…questi dovrebbero andare bene», disse tirando fuori un paio di pantaloni blu scuro. Era il tipo di indumento casual abbastanza versatile; abbastanza da “tutti i giorni” e abbastanza da “agente della polizia sexy”, inoltre potevano tranquillamente essere abbinati a una giacca dello stesso tessuto e colore come a una camicia o una maglietta più informali. Ma soprattutto richiamavano perfettamente la sfumatura di blu nell’esterno delle iridi dell’angelo. «Con… questa, per adesso…», continuò prendendo una maglietta bianca con il colletto a camicia. «Com’è che si chiama… pal— pul… polo!», concluse schioccando le dita e indicando Castiel con un occhiolino.

L’angelo lo guardava ancora, un sopracciglio ancora piegato verso l’altro in un’espressione che Dean avrebbe potuto definire come insicura, ma gli sorrise. Un sorriso tenero e incerto, ma che gli illuminò lo sguardo.

Senza neanche toccare i vestiti, in un battito di ciglia Castiel indossava già l’outfit scelto da Dean, che lo studiò con un sorriso sempre più largo.

I pantaloni blu notte perfettamente tagliati all’altezza del tallone, della giusta misura intorno alle cosce, alti al punto perfetto dei fianchi, abbracciavano perfettamente le gambe dell’angelo, dandogli un aspetto slanciato e rifinito. La polo a sua volta gli fasciava perfettamente il busto, mostrando lievemente le pieghe del petto e definendo con il taglio delle maniche i muscoli asciutti ma guizzanti delle sue braccia. Inavvertitamente Dean si trovò a fissarlo, affascinato e attratto.

«Allora?»

«Perfetto», la voce gli uscì più bassa e gutturale di quanto volesse, e Dean si sentì costretto a voltarsi per raffreddare il suo spirito, «Ora, caffè»

 

*****

 

Seduto al tavolo da pranzo della cucina con la sua tazza fumante tra le mani e gli occhi affogati nel liquido scuro e fragrante al suo interno, Dean mugugnò un suono di inarticolata soddisfazione. Sentiva lo sguardo di Castiel su di sé, delicato eppure pungente. Sapeva che doveva in qualche modo tirare fuori quello che aveva dentro, parlare di quello che gli passava per la testa, ma non sapeva neanche lui che cosa fosse, né da dove iniziare.

«Dean»

«Cas»

Alzò gli occhi sull’angelo, trovandolo con la testa leggermente piegata e un paio di piccole rughe a solcargli la pelle tra le sopracciglia.

«Come stai?»

Dean aprì la bocca per rispondere “bene” in un riflesso involontario, ma si frenò. Inghiottì un lungo sorso di caffè per buttare giù il nodo alla gola e si passò una mano sulle labbra, strofinandole tra le dita. «Senti, Cas… onestamente non lo so, okay?»

«È per quello che è successo stanotte? Dean, io non avrei voluto… tu—», Castiel sbuffò. «Se hai rimorsi—»

«No, Cas, fammi parlare»

Castiel chiuse le labbra, le piegò in un sorriso delicato. «Ti ascolto»

«Non ho rimorsi», iniziò subito Dean, scegliendo di partire da qualcosa di cui era assolutamente certo. «Non potrei mai averne… penso ogni cosa che ti ho detto, ho voluto ogni cosa che abbiamo fatto— e la voglio!», si affrettò a dire, vedendo la preoccupazione affiorare sul viso di Castiel. «È solo che io non ho mai… insomma, non mi era mai successo prima e anche se non ho rimorsi, e anche se io ti— beh, insomma, nonostante quello che provo per te, quello che c’è tra noi io… uhm, certo, ho sempre guardato alcuni uomini, non posso certo negarlo ma io…»

«Dean, abbiamo già parlato di questo…»

«Sì, lo so, ma il punto è che…», Dean era già esasperato. Bevve un altro po’ di caffè, si raddrizzò sulla sedia. «…so che gli angeli non hanno genere e sesso, e so quale è la tua vera forma e… beh, è una cosa pazzesca ma anche spaventosa… e il fatto che tu sia… quello, e che su sia dentro a questo», fece un gesto con le mani, indicando il corpo di Castiel. «…mi confonde»

«Non c’è molto su cui confondersi… io sono un angelo, è vero, e per natura non sono né maschile né femminile, anche se devo dire… mi sono legato a questo corpo negli anni che è stato mio, è il corpo in cui— con cui mi sono presentato a te, quello in cui ho provato le prime emozioni, il dubbio… quello in cui ho capito di poter amare, e quello in cui ho amato… sai che però sarei disposto a separarmene se tu… se per te fosse più facile, io—»

«Cas…», Dean grugnì di nuovo e allungò il braccio per mostrare all’angelo il palmo della sua mano, perché smettesse di parlare. «…io mi sono… uhm… innamorato di te per quello che sei, dentro e fuori. E non— è solo che è difficile abituarsi e adesso che tu… che noi siamo andati ben oltre quanto io avessi mai immaginato per noi… è strano, è sconvolgente e io…»

«Dean»

«Aspetta, per favore… fammi parlare. Non sono bravo con le parole e voglio provarci perché voglio che sia chiaro, voglio— voglio fare le cose per bene, Cas…», Dean alzò gli occhi su Castiel. «Ho paura… e non ho paura perché sei un angelo nel corpo di un uomo, ma perché io sono un idiota e aspetta, prima di interrompermi, non sto dicendo che sono un idiota totale ma solo che sono incapace di tenermi strette le cose belle… per paura di perderle. E onestamente anche se non potrei mai dire di non aver avuto delle… boh, come chiamarle, cotte, forse? Beh, insomma, c’è stato Dr. Sexy e…», ci pensò un attimo, poi scosse la testa. «…ma non avrei mai creduto di riuscire davvero a… come dire— camminare su entrambe le sponde?»

«Quali sponde?»

Dean sbuffò. «È un modo di dire… sta per il fatto che qualcuno possa apprezzare sia la compagnia femminile che maschile, per…»

«Ah, parli del fatto che sei bisessuale»

«Per l’amor del cielo, Cas!», sbottò l’uomo. Poi sospirò. «…beh, sì, mi piacevano anche gli uomini, okay, quindi? Ma non avrei mai pensato che da fantasia diventasse realtà e forse per un po’… per tanto, anzi, non sono stato neanche consapevole che questa fantasia ci fosse! Diciamo che avevo questa sensazione dentro ma… in ogni caso, non si può negare che avessi una certa attrazione anche per le donne, quindi comunque era facile, sai, pretendere che il resto non ci fosse ma tu… tu hai cambiato tutto. E dopo quattro decenni passati ad autoconvincermi che non ci fosse niente di meglio di una pelle liscia e sottile, senza peluria, delle curve morbide… beh, rendermi conto che stare abbracciato a te che tutto hai tranne che questo mi ha reso…»

«Felice?»

«Eccitato, Cas. Eccitato»

«Oh»

Il rossore lieve che affiorò sugli zigomi di Castiel si rifletteva nei suoi. «E fa davvero strano dirlo ad alta voce, accidenti… ma è bene che mi ci abitui, perché tutto il mio corpo freme per saltare questo tavolo, piombarti sulle gambe e baciarti fino a non sentire più le labbra, okay? E voglio farlo, dal profondo. Soprattutto con questi vestiti nuovi… ma il punto è che è strano perché non avrei mai creduto di… trovare attraente qualcuno come te e quello che cerco di dire è che… anche se qualcuno come te mi fosse piaciuto, un tempo, non mi ci sarei mai avvicinato perché l’unico motivo per cui l’ho fatto e potrei farlo di nuovo è solo che quel qualcuno sei tu, ed è Castiel che amo, non Jimmy Novak e soprattutto…»

Dean neanche si accorse del movimento. Semplicemente le sue parole, troppo concitate, troppo veloci, troppo accatastate, troppo tutto, furono risucchiate via dalla sua bocca da un bacio delicato. Castiel aveva il suo viso tra le mani e le labbra sulle sue. Dean sentì tutta la tensione scivolare via, le sue dita gli corsero al collo, afferrando il colletto della polo per tirarlo a sé, e gli venne da sorridere nel bacio a quel gesto così istintivo.

Quando si separarono, i suoi occhi si persero nel blu delle iridi dell’altro. «Vedi, Cas…», ricominciò in uno sforzo sovrumano di reprimere il suono gutturale che gli risaliva da dentro. «…c’è questo film, Brokeback Mountain… non c'entra niente con noi, però comunque c’è una cosa… uhm… nel film i due protagonisti si amano ma non se lo dicono davvero, cioè stanno insieme ma per poco, perché hanno paura delle conseguenze e finiscono per sposarsi con delle altre persone e fanno delle scelte sbagliate e alla fine uno dei due muore e l’altro non lo sa e quando lo scopre è troppo tardi e…», tossì. «A me è capitato troppe volte, con te, di pensare che fosse troppo tardi…», rise, «…e proprio come Ellis ho finito per tenere il tuo impermeabile quando credevo che fossi morto in quel lago perché credevo che fosse l’unica cosa che mi sarebbe rimasta di te e… il punto è che non voglio rischiare questa volta. Non voglio che mi rimanga solo il tuo impermeabile, okay?»

«Ma…», Dean vide la frase scemare negli occhi di Castiel, come se avesse cambiato idea su cosa dire. «Non può succedere, davvero. Qui siamo in Paradiso, nel Paradiso che tu meriti, che io merito, che tutti meritano, e qui non ci sono mostri, non ci sono pericoli, non ci sono…»

«Ci sono io»

«E tu sei tutto fuorché un mostro, Dean… quante volte ancora devo—»

«Io voglio te perché sei te, Cas. E non perché sei un angelo e non perché sei un uomo e non ti vorrei di più o di meno in nessun altra veste… voglio te per quello che abbiamo vissuto insieme, perché sei tu e non so neanche spiegarlo, sono un coglione vero e proprio ma il fatto è che so… so che a volte potrei ritrarmi, so che potrei sembrare schivo, come stamani, ma non voglio che tu pensi che sia perché ho dei rimorsi, non ne avrò mai… come potrei avere rimorsi con te? Tu sei… una delle cose più belle che mi siano mai capitate. In tutto il brutto, il terribile, il male, il dolore, in tutto quello che ho vissuto e abbiamo vissuto, anche il tradimento, la… tutto, insomma, tutto quanto è successo… tu mi hai salvato, mi hai cambiato, mi ha aperto gli occhi e…», rise di nuovo. «…beh, sì, mi hai tirato fuori dall’armadio in un certo senso»

«Non… sei mai stato in un arm…»

«È un—»

«Un modo di dire, certo»

«Già», Dean gli prese il volto tra le mani. «Ti ho chiesto una volta di non cambiare mai… eppure l’hai fatto. Per me, con me. Ecco io posso provarci ma non posso prometterti che a volte non venga fuori il vecchio me e…»

«Ci penseremo lungo la strada», rispose Castiel, lasciandogli un altro bacio sulle labbra prima di tornare a sedersi.

Dean annuì. «E poi c’è un’altra cosa…»

«Cosa?»

«La prossima volta vorrei… farlo in modo più umano»

«In che senso?»

«È stato… beh, sì…», il ricordo delle sensazioni che aveva provato quella notte gli infuocò le membra, facendogli correre i brividi lungo la schiena. «…paradisiaco. Meraviglioso, davvero, Cas. Ho avuto tante, tante, esperienze sessuali nella mia vita eppure… non ti dirò che è stata la più bella perché non è questo il punto, e sarebbe una considerazione davvero… svilente per quello che è stato davvero. Posso solo dirti che se ho fatto tanto sesso in vita, raramente ho fatto l’amore e con te… con te vorrei fare l’amore per sempre»

Il rossore e il tremore che le sue parole scaturivano in Castiel lo riempivano di piacere, soddisfazione e tenerezza.

«…e il nostro legame è qualcosa che rende tutto ancora più speciale e davvero, questo posso dirlo, non ho mai provato niente di simile a quello che ho provato stanotte… e ne voglio ancora, ne voglio in eterno ma…»

«Ma?», la voce di Castiel era bassa, le pupille dilatate. 

Dean si passò una mano sulla bocca, fissando gli occhi sulle labbra di Castiel prima di leccarsi le proprie.

«Ma vorrei che non usassi la grazia la prossima volta… almeno, non per rendere le cose più facili»

Castiel parve preoccupato. «Ma, Dean… io—»

«Niente scuse alla Edward Cullen, Cas», l’angelo sembrò spaesato a quel riferimento, così Dean scosse la testa e continuò. «Sono un’anima, non puoi rompermi, e poi ci sono molti… strumenti che… sulla terra si usano per fare le cose… uhm… per bene, perché non… beh, ecco»

«Perché non facciano male?»

«Beh… si ma anche perché facciano bene!», Dean sentiva il viso in fiamme. «Vorrei… ecco, vorrei andare per gradi la prossima volta, prendere il giusto tempo per arrivare lì, sai per…»

«Fare s—»

«Sì, non serve che analizzi tutto in modo chirurgico. Insomma, vorrei farlo da essere umano, come se fossi ancora vivo, come se fossimo entrambi di carne ed ossa e voglio… sentirlo la mattina dopo, quello che abbiamo fatto, intendo— io voglio avere il tuo odore sulla pelle e sentire i muscoli dolenti e magari qualche livido, insomma… le cose normali, terrene»

«Va bene»

«Dovremo prendere alcuni prodotti…», pensò Dean perdendosi nella sua testa.

Immagini della notte appena trascorsa gli lampeggiavano nella mente, come fulmini nel buio, lasciandogli addosso una sensazione euforica e spaventata insieme. In un battito di ciglia rivide Castiel che gli accarezzava la pelle, che scendeva con le labbra sul suo addome. Vide sé stesso reclinare indietro la testa contro i cuscini, aggrapparsi alle lenzuola, con gli occhi fissi sull’immagine riflessa nello specchio, incapace di metabolizzare del tutto quelle sensazioni inusuali, potenti e inesprimibili, che lo sconvolgevano ad ogni movimento, che lo riempivano di scosse elettriche e di brividi. Vide il sudore imperlargli la fronte, una mano correre ai fianchi di Castiel per indirizzarne le spinte e l’altra a dettarne le carezze, il suo pomo d’Adamo fare su e giù lungo la gola in un tentativo disperato di inghiottire i propri gemiti. Sentì chiaramente i respiri ansanti che accompagnavano i loro nomi ripetuti all’infinito. Il tono gutturale e profondo della voce di Castiel che lo chiamava ancora e ancora. Vide le sue gambe piegarsi, i muscoli flettersi, i movimenti ritmici, bisognosi, che accompagnavano ogni parola, ogni suono. Si rivide impacciato, sbagliare angolazione, sbagliare ritmo, riprendere a muoversi ridendo tra i baci. E poi si vide raggiungere l’apice, le labbra schiuse alla ricerca d’aria, gli occhi fissi sul viso di Castiel che a sua volta si avvicinava al culmine, il suo petto che si alzava e si abbassava in preda agli spasmi. 

Non era stato perfetto, ma era stato meraviglioso, intenso, incredibile. 

Deglutì.

«Se qualcuno mi avesse detto qualche anno fa saremmo finiti davvero come Thelma e Luise…», rise.

«Non ci siamo buttati giù da un dirupo, mi pare…», Castiel ci pensò, «E comunque ce l’hanno detto diverse volte, se non mi sbaglio»

Dean soppesò il pensiero. «Effettivamente sì… Paradiso e Inferno! Avremmo dovuto ascoltarli…», ridacchiò, poi pensò al salto dal dirupo. «Peggio, direi», commentò. «Tu sei morto… quante volte esattamente? Sei?»

Castiel rise con lui. «Più o meno, sì», confermò. «Ma anche tu hai avuto la tua buona dose di dipartire, Dean»

Il suono del suo nome pronunciato da Castiel lo faceva sempre fremere. «Già… che idioti»

«Abbiamo salvato il mondo»

Dean sollevò gli occhi su di lui, un mezzo sorriso gli piegò le labbra. «Fin troppe volte, e a che prezzo?»

«Non meritavi di avere tutto quel peso sulle spalle»

«Nessuno ha mai ciò che merita…», rispose Dean amaramente, sorseggiando un po’ del suo caffè.

«Ora puoi averlo, in Paradiso… con me, se vuoi»

L’uomo aggrottò la fronte. «Certo che lo voglio, mi pare che abbiamo superato abbondantemente la fase dell’insicurezza, no?», gli fece un occhiolino, «Penso di averlo detto abbastanza chiaramente stanotte cosa voglio, mi pare…»

Come previsto, Castiel fissò i suoi occhi blu sulle labbra di Dean, che non tanto sottilmente ci passò sopra la lingua, in un invito silenzioso. Quante volte avevano già fatto questo gioco, in vita? Quante volte si erano fissati a vicenda, visti e non visti, e avevano mantenuto le distanze nonostante dentro volessero tutt’altro. Dean se le ricordava tutte quelle volte, quelle in cui si era trovato troppo vicino, troppo tentato, e si era semplicemente barricato dietro il suo stupido orgoglio, dietro i suoi stupidi pregiudizi. Quanto tempo aveva perso.

Aggrappandosi a quel pensiero, buttò giù un altro sorso di caffè e poi fece esattamente quello che prima si era frenato dal fare. Spostò la tazza, saltò il tavolo come in un film western, posando una mano sulla superficie per issarsi dal suo bordo e saltare oltre quello opposto, e finì direttamente a un palmo da Castiel, che lo guardava con i suoi occhi spalancati, la bocca socchiusa e il respiro leggermente più veloce. 

Con il suo sorriso soddisfatto e compiacente, Dean chiuse la distanza tra di loro, posando le labbra sulle sue in un bacio prepotente. Gli prese il viso tra le mani e lo tenne contro il suo, con forza.

«Avrei dovuto fare questo…», un bacio all’incrocio delle labbra, «…quando sei riapparso dopo il lago…», sussurrò staccandosi dal viso di Castiel solo per il tempo necessario a parlare, «E in Purgatorio, davanti a Benny…», proseguì. «…e tutte le volte che mi hai sbattuto al muro, o io ho sbattuto al muro te… e in quella cripta…», ogni ricordo era accompagnato da un bacio ancora più bisognoso. «…e quando sono diventato una supernova per fare fuori Amara, e ogni volta che mi hai detto “vengo con te” e— alla cabina del telefono, soprattutto alla cabina del telefono…», sussurrò ancora, «…e dopo il sanatorio, quando mi hai detto di essere “maledetto”…»

«Volevo dirtelo allora», rispose Castiel nel tentativo di prendere il comando di quel gioco.

«Cosa?»

«Che ti amavo»

Un brivido corse lungo la schiena di Dean.

«Mi hai chiesto se mi sembravi un “porta fortuna”, io ho riso, mi hai chiesto “cosa” e io ti ho detto che non—»

«Non volevi mettermi a disagio»

«Già»

La consapevolezza colpì Dean come uno schiaffo, il suo viso si fece caldo, così vicino a quello di Castiel. «Così presto?»

«Oh… molto prima, in realtà. Anche se non so esattamente quando l’ho capito davvero, quando l’ho… messo in parole nella mia testa, diciamo»

«Molto prima?»

«Ti ricordi Anna?»

Dean annuì, il cuore gli batteva forte nel petto. I suoi occhi continuavano a guizzare tra le iridi di Castiel e le sue labbra morbide, così perfette. Deglutì.

«Quando l’hai baciata, io non sapevo cosa sentissi allora, ma era doloroso. Solo molto dopo ho capito che era invidia, nei confronti di Anna e gelosia, per te, e desiderio, struggimento… amore, in definitiva… eppure non ne sapevo niente allora, ma ricordo— ricordo che pensai di sentirmi a disagio perché, non so, lei era un angelo e noi…», scosse la testa. «Ma poi ricordo quello che ho provato quando ho saputo che voi due eravate andati oltre il bacio, e… vedi, io avevo abbandonato tutto per te, mi ero ribellato, avevo perso tutto, ero caduto e lei invece… lei non aveva fatto nulla, ma poteva averti e—»

Dean lo fermò con un bacio che gli svuotò i polmoni delle parole restanti. «Era presto, allora. Troppo presto. Non credo che sarei stato in grado di capire, di reagire nel modo giusto e poi…», ci pensò. «Sai, Cas… è vero che ho avuto sempre un occhio anche per i corpi maschili, e non posso negare di aver flirtato qualche volta, anzi spesso, anche con gli uomini, di solito per farmi strada in un caso, o solo per divertimento, ma in generale… ecco, tutto si era sempre fermato lì e non ci avevo mai davvero pensato almeno fino a quando… penso fino al Purgatorio. È stato lì… perderti, poi ritrovarti… lì ho capito, credo, che era diverso. Ed era diverso perché tu eri… beh, tu. E non sarebbe stato lo stesso qualche anno prima perché non avrei imparato a… insomma, a capirti… ad amarti, per ciò che eri, per ciò che sei— e anche allora, non potevo, non volevo, non capivo… perché sei stato tu ad insegnarmi ad accettare me stesso, a vedermi come qualcuno e non qualcosa, tu mi hai fatto capire che potevo… amare, vivere, meritare di meglio, ecco ma— poi quando l’ho capito è stato troppo tardi»

Questa volta fu Castiel ad interromperlo con un bacio che sapeva di necessità, di tempo perso da recuperare. «Adesso non c’è più il tempo a metterci limiti», gli soffiò sulle labbra. «Non importa quanto ne abbiamo sprecato in passato, entrambi convinti di non di non potere? Di non essere ricambiati? Io, perlomeno, ero convinto che non avrei mai potuto averti…»

«Lo so», rispose Dean in un sorriso, spostando le mani dalle guance di Castiel alle sue spalle. «Me lo ricordo… ed è colpa mia se credevi di non potermi avere— che arrogante, che idiota che… coglione che sono stato… sono riuscito a far credere a un fottutissimo angelo del Signore che io, un ridicolo essere umano, non l’avrei mai voluto… devo essere più bravo a fingere di quanto non dia a vedere…»

«Tu non sei un ridicolo umano, Dean»

«Sì, lo so, sono il più amorevole…»

«No, non è questo… è anche questo ma soprattutto… sei il mio essere umano, Dean. Quello che mi ha cambiato, quello che… che amo. E anche se tu fossi meno importante e incredibile di quanto io creda, per me sarai sempre la creatura più meravigliosa dell’intero creato…», il petto di Castiel si alzava e si abbassava aritmicamente, avvolto nella maglietta bianca, i suoi occhi luccicavano. «…tu non puoi neanche immaginare quanto tu… rifulgessi, in quell’abisso infernale. Eri un torturatore, è vero, ti hanno piegato laggiù ma nonostante questo, nonostante gli anni che hai passato all’inferno, tu eri… pura luce, almeno ai miei occhi e… anche in tutto il tempo che abbiamo passato insieme sulla Terra tu non hai mai smesso di brillare e— ci siamo feriti, a vicenda, moltissimo, troppo ma ogni volta che ti guardavo io non vedevo altro che un’anima meravigliosa, e poterlo dire ora, così apertamente, così… senza filtri, senza paura di metterti a disagio, è il dono più grande che abbia ricevuto in miliardi di anni di esistenza»

Dean tirò su col naso, sicuro di essere sul punto di non riuscire a trattenere le lacrime. Era incredibile quanto fosse diventato sensibile negli anni. Le dichiarazioni non avevano mai fatto per lui, le emozioni lo spaventavano a morte, ma con Castiel sembrava facile. C’erano voluti dodici anni della sua vita per arrivare fino a lì, per non distogliere lo sguardo istintivamente, per non buttare un discorso serio sul ridere pur di stemperare l’aria.

«Cas… io non—»

«Non devi dire niente, Dean. Come ti ho detto, la felicità per me è già racchiusa nell’essere libero di dirti ciò che sento… non puoi immaginare quanto mi renda felice anche averti…»

L’altro sorrise, gli baciò teneramente le labbra. La sensazione della barba di Castiel che strusciava sulla sua era inusuale, ma piacevole in un modo quasi struggente.

«Quando sei scomparso nel lago, per i Leviatani, sai…», tossì, «…uhm, ti ho detto che ho tenuto il tuo accappatoio, giusto?», non attese la risposta, «Ma non l’ho solo tenuto… in quei sette mesi abbiamo cambiato non so quante macchine, troppe… non potevamo usare baby perché eravamo braccati costantemente, e non abbiamo fatto altro che vivere alla giornata, rubare macchine, come dei criminali… non potevo attaccarmi a nulla, non avevo nulla… più nulla di te— quell’impermeabile era l’unica cosa che mi fosse rimasta ed era sporco e pieno di macchie di sangue e di muffa ma… l’ho spostato da una macchina all’altra, sempre, nella speranza che riapparissi da un momento all’altro e non… non importava che avessimo discusso, che non ci fossimo lasciati da amici, che… che mi avessi tradito, non importava— volevo solo riaverti con me»

Castiel gli sorrise, uno di quei sorrisi in grado di sciogliergli il cuore. «Mi ricordo il momento in cui me l’hai restituito… è stato uno dei pochi momenti in cui ho creduto— pensavo che, sai… ma poi non potevo fare la prima mossa, non potevo metterti in difficoltà e tu non facevi niente e… ho perso ogni occasione»

«Io ho perso ogni occasione, Cas… quando sei tornato dal Purgatorio e sei uscito dal bagno tutto pulito, di nuovo tu, di nuovo lì… non riuscivo neanche a parlare, ero… in estasi, ed ero talmente coglione da non rendermene conto… se la mia vita fosse stata anche solo un po’ diversa, se fossi stato meno… represso, forse— mi sarei alzato da quella sedia e ti avrei risucchiato la grazia a forza di baci», rise, «E a quella cabina telefonica…», la sua voce si ruppe.

Castiel gli prese il viso tra le mani, di nuovo, tirandolo a sé per un altro bacio. «Mi dispiace tanto…»

Dean tirò su col naso di nuovo, sbatté le palpebre, deglutì. «Quando sei apparso nel mondo dell’apocalisse per batterti con Lucifero stavo per saltarti addosso per impedirtelo, stavo per intervenire, ma Sam… Sam mi ha trascinato via, lui— ha fatto la stessa cosa che avevo fatto con lui tredici anni prima, quando Azazel ha ucciso Jess… perdere te, per me, era come perdere Jess per Sam, e lui lo sapeva… accidenti se lo sapeva, se ci penso…», scosse la testa, si passò una mano sul viso, «…e quando sei uscito dalla breccia io ero… non lo so, non so neanche che parole usare, maledizione, sono una frana— anche lì, col senno di poi, avrei dovuto buttarmi tra le tue braccia e baciarti, ma anche se avessi voluto… se avessi potuto, Lucifero ti ha pugnalato e— le tue ali, Cas… le tue ali bruciate mi hanno spezzato il cuore e…», inspirò, alzò gli occhi posandoli sulle labbra di Castiel, poi incontrò il suo sguardo, «…sai, Billy sapeva che volevo morire. Nelle due settimane o quello che era dopo che sei morto e credevo che fosse la volta definitiva, ecco, lei mi ha detto… lei sapeva che desideravo la morte…»

«Dean», la voce di Castiel racchiudeva tutto il suo dolore.

«…ero nell’oblio, in una spirale di disperazione e depressione e so che avrei fatto qualche idiozia se tu non fossi ricomparso davanti a quella cabina telefonica e lì, in quel momento, io ho capito… ho capito che tutto quello che avevo provato fino a quel momento era qualcosa di diverso, qualcosa che avrei dovuto imparare ad accettare e infatti poi… quando… in quella chiesa, in quel confessionale, ero pronto— ho detto a quel prete che avevo sempre vissuto sulla cresta dell’onda, pronto a morire da un momento all’altro ma che ultimamente avevo capito che c’era molto di più nella vita, cose, persone, sentimenti che avrei voluto sperimentare in modo diverso, o per la prima volta… e forse non lo stavo realizzando del tutto neanche io, era solo un pensiero in formazione, ma parlavo di te— e davanti a quella cabina telefonica, ricordo vividamente di aver avuto l’istinto di stringerti a me senza lasciarti più andare, di posare le mie labbra sulle tue e non staccarle più… ma non potevo, non riuscivo… non—»

Castiel lo interruppe con un bacio. Non tenero come quello precedente e neanche bramoso come quelli prima. Un bacio disperato, emozionato ed emozionante, in grado di trasmettere tutto quello che aveva dentro. Dean sentì di nuovo, come sulla spiaggia, le sue cellule fremere, come colpite da una scossa leggera. Poteva percepire la grazia di Castiel che si connetteva al suo sistema nervoso, al pannello di controllo della sua anima. 

Le sue labbra erano morbide e calde, umide nel modo più dolce possibile; il suo respiro tiepido, l’interno della sua bocca salato. Dean si abbandonò a quel tocco, si immerse nel bacio come se ne dipendesse della sua sopravvivenza, si aggrappò al colletto della polo tenendo Castiel stretto a sé.

In un movimento repentino l’angelo si alzò dalla sedia, che cadde in un tonfo sul pavimento, lo afferrò per i fianchi e lo fece sedere sul bordo del tavolo, con una facilità e una forza che gli fecero ribollire il sangue. Castiel l’aveva sollevato come se fosse stato una piuma, l’aveva sbattuto sul tavolo senza cerimonie, e ancora aveva le labbra incollate a quelle di Dean, che si staccò un istante a prendere fiato. Gli occhi dell’uomo erano spalancati, scuri, le sue labbra gonfie e piegate in una piccola “o”, i suoi capelli spettinati. Sbatté le palpebre una volta, quanto bastava per fotografare nella sua mente il viso di Castiel, fiero e potente come quella prima volta nel capanno, innamorato e appassionato come quell’ultima volta nel bunker, poi gli buttò le braccia al collo e lo tirò di nuovo a sé.

I palmi di Castiel si posarono sulla sua schiena, scorrendo su e giù tra le scapole e lungo la spina dorsale; una mano si fermò alla base, poco sopra l’elastico dei pantaloni, mentre l’altra corse fino al collo, risalendo fino ai capelli, dove le sue dita si intrecciarono alle ciocche tirando leggermente nello stringere. Dean gemette nel bacio, incapace di trattenersi. Si sentiva impotente, dominato. Tutto il suo corpo ribolliva. 

Le sue mani corsero alla maglietta di Castiel, si insinuarono al di sotto, gli accarezzarono la pelle accaldata, scorrendo sui muscoli asciutti e tonici, che sembravano tanto normali all’aspetto pur nascondendo una forza sovrumana. Un altro brivido gli passò lungo la schiena.

“Oh, Cas, le cose che potresti farmi…”, pensò nel bacio.

La voce con cui l’angelo gli rispose era qualcosa di diverso rispetto a qualunque altra volta che l’aveva sentito parlare. Aveva sentito Castiel ringhiare, quasi, con la sua voce straordinariamente bassa, durante i combattimenti, quando si scontrava con qualcuno, ma il ringhio con cui uscirono le sue parole in quel momento non era un suono da battaglia, ma qualcosa che veniva dal profondo delle sue viscere, e risuonava nel petto di Dean facendo tremare le sue. «Cosa vorresti che ti facessi?»

Dean avvampò, ma presi com’erano dal bacio probabilmente Castiel non se ne accorse. «Come?»

«Cosa pensi che potrei farti», rielaborò l’altro, soffiandogli sulle labbra e premendo con più vigore le sue mani contro il corpo dell’uomo, spingendolo a sé come se fosse una bambola di pezza; la presa delle dita di Castiel sui suoi capelli si fece più forte, costringendo Dean a un altro gemito.

«Non ho… non ho detto nulla»

«Ma hai pregato, e io posso sentire tutte le tue preghiere, ricordi?»

Dean neanche sapeva come facesse Castiel a formulare frasi così complesse quando lui non riusciva neanche a mettere insieme tre parole in quel momento. «Io…», deglutì, si staccò di pochi centimetri dalle sue labbra e fissò gli occhi in quelli dell’angelo; un sorriso furbo gli si accese sul viso. 

“Cas, puoi sentirmi così?”, pensò.

Castiel annuì, i suoi occhi erano infuocati. 

“Allora lasciati guidare… mostrami questo trucchetto…”, continuò Dean, concentrandosi con tutto sé stesso su quello che desiderava. Nella sua testa si illuminò il ricordo di Castiel che sbatteva Meg contro un muro, baciandola come aveva imparato nel film con il fattorino delle pizze. Gli sorrise, intrappolato nella sua presa, e lui eseguì.

La sensazione di vuoto nello stomaco di Dean allo spostamento repentino fu nulla rispetto al fuoco che gli montava dentro. Con la schiena contro il muro, le gambe intrecciate intorno alla vita di Castiel, un braccio al collo capace di bloccargli ogni movimento del busto e una mano che gli correva lungo tutto il corpo, l’uomo si sentiva completamente alla mercé. E non poteva negare di trovarlo fin troppo eccitante. Castiel lo guardava con quei suoi occhi magnetici, senza sbattere le ciglia, le sue labbra erano rosse e gonfie, umide e lucide. Dean si morse le proprie, poi Castiel gli si infranse contro, aprendogli la bocca quasi con la forza, insinuandocisi dentro quasi Dean fosse stato fatto di burro. Le sensazioni esplosero dentro di lui come una pioggia di fuochi d’artificio.

“Che ne dici di provare qualcos’altro da Pizzaman?”

Castiel ringhiò nel bacio, spinse più forte tutto il suo corpo contro quello di Dean, in un disperato tentativo di fondersi con lui. E Dean lo sentiva, nella vicinanza dei loro corpi, il desiderio di entrambi che premeva contro i troppi vestiti. 

“Troppa stoffa”, pensò. E Castiel, del tutto ignorando la richiesta di prima di fare le cose in modo più umano, li liberò entrambi con un solo movimento del polso. Brividi correvano lungo la pelle di Dean, che adesso poteva sentire ogni cosa sopra e sotto di lui, pelle a pelle. Si sentì arrossire, cercò di liberarsi dalla presa di Castiel per guardarlo negli occhi, per dirgli—

Quando le dita della mano dell’angelo si spostarono dai suoi capelli per toccarlo altrove, ancora sospeso a mezz’aria, ancora bloccato contro il muro, ancora con le labbra impegnate in un bacio insaziabile, il suo cervello andò in black out, e “non smettere” fu tutto quello che riuscì a telegrafare a Castiel con la mente, prima di abbandonarsi del tutto.



 

 

   
 
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