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Autore: Sasita    21/04/2022    1 recensioni
"You changed me Dean... because you cared, I cared. [...] I love you"
Storia post series finale, dove finalmente Dean fa i conti con i suoi sentimenti e con l'angelo che ha cambiato, e l'ha cambiato, per sempre.
Tutti noi vorremmo che l'ultimo episodio non fosse mai stato girato, almeno non in quel modo. Dean in paradiso, in attesa di Sam, una distanza imbarazzata tra tutti i personaggi e un grande, sofferente, insostenibile vuoto. Non bastano un sorriso e un sospiro alla menzione di Castiel a colmare la lacuna lasciata dalla sua assenza, a dare pace a un tormento che si protraeva da fin troppi anni, e che troppo a lungo ha accompagnato Dean e Castiel nella scoperta di sé stessi, e del loro vero essere. Ma se tra il momento in cui Dean ha salutato Bobby in Paradiso per mettersi in viaggio, e quello in cui Sam l'ha finalmente raggiunto, non fosse passato così poco come l'episodio lascia intuire? Il tempo passa diversamente in Paradiso, ma Dean non può scappare da sé stesso, e non può scappare da colui che, per undici anni, l'ha amato e protetto sacrificandosi per lui senza remore.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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CAPITOLO XII
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Free, nothing feels like free
Though it sometimes means
We don't get along
'Cause same, no we're not the same
But that's what makes us strong

From the mountains high
To the wave-crashed coast
There's a way to find
Better days, I know
It's been a long hard ride
Got a ways to go
But this is still the place
That we all call home

Brave, gotta call it brave
To chase that dream across the sea
Names, then they signed their names
For something they believed
Red, how the blood ran red
We laid our dead in sacred ground
Just think, wonder what they'd think
If they could see us now

It's been a long hard ride
Got a ways to go
But this is still the place
That we all call home

 

Per pranzo Castiel aveva riscaldato la cena che aveva preso per la sera precedente, usando la sua grazia per renderla come nuova. Dean aveva insistito per fare un picnic sulla spiaggia, e per andarci a piedi, così avevano impacchettato tutto in un cestino che Castiel aveva “trovato” in un mobiletto e si erano incamminati lungo i filari di lavanda fino alla piccola gola sabbiosa. Dean aveva indossato un paio di jeans e una camicia di lino bianca, Castiel aveva cambiato i pantaloni blu con un paio di cargo simili a quelli che aveva indossato nei panni di Steve, ma color kaki. Per tutta la passeggiata Dean aveva sentito le dita prudere dal desiderio di prendere Castiel per mano, ma non l’aveva fatto. Aveva preferito camminargli appresso, poco dietro di lui, per godersi la vista del suo corpo atletico fasciato da vestiti che non ne nascondessero la grazia mascolina. 

Arrivati sulla spiaggia avevano adagiato un grosso asciugamano sulla sabbia e avevano sistemato il cestino nel mezzo, poi si erano seduti a contemplare il mare, con una cassa di birre ghiacciate e i cartoni di pizza aperti davanti a loro. Le loro mani continuavano a scontrarsi, volontariamente e involontariamente, nell’alternarsi per prendere il cibo. Era strano per entrambi trovarsi lì, così spensierati e senza preoccupazioni, a godersi l’ennesimo giorno senza impegni, senza pericoli, insieme. Dean neanche si ricordava di aver mai avuto una vera vacanza, e quella che stavano vivendo lui e Cas sembrava proprio questo: la brezza tiepida che scompigliava loro i capelli, la sabbia tra le dita, lui e Castiel a godersi il suono del mare contro la battigia e un pranzo pieno di tutte le schifezze più amate da Dean. Sembrava quasi il sogno che aveva dipinto quando aveva pensato di potersi prendere una pausa; mancavano solo Sam e delle ballerine. Non che delle ballerine gli importasse più di tanto, anzi.

«Com’è?», chiese Dean, sorseggiando la sua weissbier.

Castiel lo guardò. «Cosa?»

«La vita di Sam»

L’angelo lo guardò con un sorriso tenue, gli posò una mano sul ginocchio. «Molto bella», rispose. «Ha una bella casa di legno bianco, te l’ho mostrata, no?»

Dean annuì, lanciò uno sguardo di sbieco a Castiel con un piccolo sorriso.

«E’ in un piccolo quartiere residenziale, niente di speciale, ma adatto a loro, sinceramente… qualcosa di intimo, familiare, sereno…», l’angelo ricambiò il sorriso, poi si rivolse al mare. «Con Eileen si sono trasferiti a Nashua, in New Hampshire. È considerata tra le quindici città più sicure di tutti gli Stati Uniti, lo sapevi? Sam ha finito l’università di legge, solo per soddisfazione personale, poi si è iscritto alla facoltà di Letteratura e si è specializzato in Folklore Popolare, nel frattempo ha lavorato in una piccola biblioteca comunitaria, mentre Eileen ha aperto un piccolo asilo e insieme hanno fondato un’associazione per aiutare i bambini sordi nell’integrazione, aiuta i genitori a pagare per gli impianti acustici, per la logopedia, e forniscono lezioni di ASL per grandi e piccoli, e tutto il resto… l’hanno chiamata MADE…», disse rivolgendo un’occhiata a Dean.

«Made?»

Castiel annuì. «MADE. Sta per Maura e Mary, e Dean…», chiarì.

Dean tirò su col naso e annuì, perdendosi con gli occhi nel fondo della sua bottiglia di birra, un sorriso sghembo gli apparve sulle labbra. «E bravo il mio fratellino…»

«Una volta laureato Sam ha iniziato ad insegnare alla Rivier University», proseguì Castiel inspirando l’aria salmastra, «Insegna Storia del Folklore Antico e Medievale», rise.

«Hanno smesso di cacciare?», Dean si sorprese della nota di sollievo nella sua voce. Un tempo credeva che la caccia fosse tutta la sua vita, che lo definisse come uomo, come persona. Aveva costretto Sam a cacciare con lui, l’aveva riportato indietro nonostante lui avesse scelto un’altra vita. Chissà cosa sarebbe accaduto se non l’avesse fatto. Chissà se le cose sarebbero state diverse. Magari avrebbe scoperto del piano di Azazel di uccidere Jess, l’avrebbe sventato vendendo la sua anima, sarebbe finito all’inferno e avrebbe finito per essere salvato comunque da Castiel. Magari avrebbe combattuto in tutti i modi per proteggere Sammy dal suo destino di diventare il tramite di Lucifero, l’avrebbe tenuto lontano dal sangue di demone, l’avrebbe controllato da lontano, senza entrare a stravolgere la sua vita. Magari Sam sarebbe diventato un avvocato di successo e chissà, forse senza lui intorno, senza il suo sguardo, senza la necessità costante di provargli di essere all’altezza del loro padre, di essere sempre lo stesso maschio alpha sempre pronto alla zuffa, forse Dean si sarebbe lasciato andare prima. Forse avrebbe capito per tempo i suoi sentimenti, forse non avrebbe sprecato tanti anni della sua vita e sicuramente non avrebbe sprecato la vita di Sam. 

Scosse la testa, si concentrò sul viso di Castiel. Ormai non importava più. Sam era felice, la sua vita era completa, e Dean era sereno, in pace. 

«Sì e no», rispose Castiel, guardandolo come se cercasse di scavare oltre le sue iridi, in cerca del turbamento che sicuramente gli vedeva negli occhi. «Ogni tanto vanno in aiuto ad altri cacciatori… hanno creato una rete molto grande che connette tutti i cacciatori d’America, sono il centralino per le ricerche e per l’organizzazione delle battute. Ha un canale diretto con Garth, e si vedono qualche volta, è una delle poche persone della vecchia vita e di… diciamo di un’altra specie, con cui lui e Eileen hanno un rapporto, per quanto saltuario. Oh, e da quando sono andato a trovarlo Sam sa anche di Crowley, ovviamente, aveva comunque già un contatto abbastanza frequente anche con Rowena, insieme tengono le cose sotto controllo, sai… anche se non serve più, ormai i demoni hanno altre regole, ma a volte qualcuno fa di testa propria e allora i cacciatori intervengono, li liberano, li curano, come abbiamo fatto con te… anche se Sam ha abbandonato il bunker poco dopo che sei… che sei morto, ha portato con sé i libri e alcuni strumenti e armi… conserva ancora le chiavi in una scatola però, ha in programma di darla a suo figlio quando sarà abbastanza grande…»

Il viso di Dean si illuminò. «Sempre un passo avanti a tutti, non avevo dubbi che si sarebbe rialzato nel migliore dei modi… E il bambino? Com’è? Lui… sa?»

Castiel strizzò appena il ginocchio di Dean con la mano. «Oh… è identico ad Eileen», rise, «Gli stessi lineamenti… ma a giudicare da quanto è alto per l’età che ha penso proprio che potrebbe diventare alto come Sam. Gli piace giocare a baseball, a volte vanno a fare qualche partita al parco… passano moltissimo tempo insieme, vanno a fare lunghe passeggiate lungo il fiume, a volte partono per qualche viaggio on the road, come ai vecchi tempi… sono le uniche occasioni in cui Sam fa uscire la tua macchina dal garage. Lui e Eileen si sono promessi di mostrare al piccolo Dean Jr la maggior parte degli Stati Uniti, per “fargli conoscere suo zio”, gli ha detto Sam una volta… gli hanno raccontato tante storie su di te, e anche su di me a dire il vero…», Castiel sorrise guardandosi le punte dei piedi nudi, un’espressione tenera gli si dipinse sul viso. «…ancora non sono storie di paura, ma gli hanno detto che eri un supereroe che cacciava i mostri cattivi, e che non dovrà mai avere paura perché ci sarai sempre tu a vegliare su di lui… e da quanto sono andato a trovarli hanno iniziato a dirgli che anche io veglio su di lui, che lo proteggiamo dall’alto…»

«Ma noi…», iniziò a controbattere Dean.

Castiel ridacchiò. «Non preoccuparti, io lo tengo d’occhio anche se non posso intervenire ma ci pensano già i suoi genitori…», sbuffò una risatina, «…la sua stanza è più sicura del Bunker. Sam ha usato ogni sigillo e ogni simbolo conosciuto per rendere la casa inattaccabile. Ci sono strisce di sale in ogni muro, in ogni stipite, dovunque… e Dean Jr porta con sé una collanina fatta da Rowena, che lo protegge da ogni pericolo fuori casa… non sa a cosa serva esattamente, ancora, sa solo che deve sempre tenerlo stretto, e poi ha effettivamente un po’ del tuo carattere, è un… come si dice… beh, una calamita sociale! Il solo fatto che lui indossasse quella catenina ha fatto partire una moda nella sua scuola, e adesso inconsapevolmente tutti i bambini sono protetti… Rowena ha dovuto avviare una specie di produzione in serie… e ovviamente, quando sarà abbastanza grande, Sam e Eileen gli spiegheranno tutto, e gli faranno fare il tatuaggio per proteggerlo dai demoni… in ogni caso quel bambino è in una botte di ferro, Dean»

L’uomo sorrise, si passò una mano sugli occhi e tossì per dissimulare l’emozione. «E… com’è? È un secchione come suo padre o un vero macho come lo zio?»

«Nessuno delle due, direi… è un bambino sereno, felice, gli piacciono le rane e i pesci, va bene a scuola e come ti ho detto molti amici, è popolare nonostante abbia interessi un po’ lontani dai tuoi… gli piace leggere e pescare»

«Anche a me piace pescare», commentò Dean, piegando le labbra in un’espressione compiacente. «Dovremmo farlo qualche volta…»

«Possiamo fare tutto quello che vuoi»

Dean sospirò, annuì delicatamente. Sentiva gli occhi di Castiel scorrere su di lui, amorevoli e protettivi. Stappò un’altra birra, prese un pezzo di pizza e gli rivolse un sorriso soddisfatto, iniziando a masticare a bocca aperta come suo solito quando si sentiva tranquillo e disinibito, senza bisogno di fare attenzione alle sue azioni. La sua mente corse lontano, cercò di immaginarsi il piccolo Dean, in base a come l’aveva visto nella mente di Castiel quando gli aveva riportato il messaggio di Sam, e lo vide correre su un prato, con i suoi genitori sorridenti. Lo immaginò imparare la lingua dei segni, giocare con i soldatini nell’impala durante un lungo viaggio, scoprire le iniziali incise nel vano posteriore, domandare cosa sia questo e quello, e il perché del colore del cielo. Lo vide ridere con quella voce tipica dei bambini, tutta sghignazzi umidi e acuti rotondi, con gli occhi stretti stretti e la testa rovesciata indietro. Lo vide mangiare un hamburger…

«Mica gli faranno mangiare solo verdure?», chiese, improvvisamente preoccupato.

«A chi?», chiese Castiel, che evidentemente aveva seguito tutto un altro filo di pensieri.

«Al Piccolo Dean», rispose l’altro. «Nessun Dean può abbassare il baluardo dell’uomo della carne!»

Castiel lo guardò fisso, con un sopracciglio alzato. «Non cibano il loro figlio solo di insalata e tofu, Dean, no… anche se devo dire che da quanto ho visto fanno un uso molto morigerato di alimenti animali, ma niente—»

«Sammy non è diventato un vegan-nazi, vero?»

«No, anche se evita ancora di mangiare carne… sai, per il pianeta e per la salute, dice… ma no, Dean Jr mangia parecchi hamburger, se è la cosa che ti preoccupa»

Dean si abbandonò a un sospirò plateale, fingendo di asciugarsi il sudore dalla fronte. «Sarà meglio»

«Anche se non credo che dovresti criticare le scelte di tuo fratello, ha sempre avuto uno stile di vita più sano del tuo, non lo si può negare…»

«Oh, ma falla finita»

Castiel rise e si sporse per prendere un pezzo di pizza a sua volta. 

«Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato…», commentò Dean, di punto in bianco.

«Cosa?»

«Un figlio mio»

«Oh», Castiel lasciò nel cartone la fetta che aveva appena afferrato, e si avvicinò a Dean quanto bastava per potergli dare un piccolo bacio sulla tempia, e gli strizzò ancora il ginocchio. «Sicuramente sarebbe stato molto amato, tu saresti stato un padre meraviglioso…»

Dean sorrise e chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel tocco. «Per un po’ ho pensato che Ben fosse mio, sai, il figlio di Lisa…»

«Lo so»

«E?»

«Cosa vuoi sapere?»

«Era così? Era… mio?»

Castiel strinse le labbra, il suo viso si dipinse di dispiacere. «No, Dean»

L’altro annuì. «Sai, credo che sarei stato bravo con lui… come padre, dico, se… beh, uhm, se non fossi stato chiamato a un progetto più grande, insomma…»

«Saresti potuto rimanere con Lisa comunque», gli disse Castiel. La sua voce nascondeva un filo di tensione.

Dean lo guardò. «No… non avrei potuto. Escludendo il fatto che sono già stato abbastanza egoista per un anno, esponendola a rischi inutili e ingiusti, e mettendo in pericolo Ben con le mie ossessioni, e soprattutto con il mio passato che… beh, diciamoci la verità, non mi avrebbe mai dato tregua… sì, oltre a questo credo che comunque non avrebbe funzionato…»

«Perché dici così?»

L’uomo fece spallucce. «Sai, il senno di poi…», commentò alzando gli occhi su Castiel, «…a pensarci adesso, dopo tutto quello che è successo e soprattutto dopo, beh, noi, penso che tutto ciò che mi legava a lei fosse il desiderio di stabilità, di avere una famiglia mia, di poter essere di nuovo qualcosa per qualcuno, è come se non avessi la capacità allora di esistere per solo me stesso, e credo in realtà di non aver sviluppato questa capacità ancora oggi, o comunque ci sto ancora lavorando… avevo perso Sam, tu eri… beh, non so, in Paradiso a fare cose da angelo, e guarda che schifo è successo, senza di me hai fatto un gran bel casino, mentre io giocavo a fare il bravo impiegato, il bravo compagno, il bravo padre… non ho fatto una scelta emotiva, ho fatto una scelta utilitaristica… avevo promesso a Sam che avrei inseguito la stabilità e la felicità, ma in fin dei conti quella era la sua storia, non la mia… penso di essermi sentito in debito con lui, e anche di essermi sentito in dovere di fare ciò che mi aveva chiesto, e inoltre mi sentivo solo, senza uno scopo…»

«Quindi non l’amavi?»

Dean ridacchiò. «Non sarai geloso?»

«Devo ammettere, non senza una certa riluttanza, che mi sono riscoperto alquanto… possessivo, nei tuoi confronti», commentò Castiel, ricambiando con un sorriso largo e genuino.

«Non lo so, onestamente», rispose Dean. «Sicuramente le ero affezionato, e c’era una certa chimica, non so se mi spiego…», disse con un occhiolino, poi tirò all’angelo una spallata. «…ma amare, non so. Se guardo a ciò che provavo confrontandolo con quello che c’è tra di noi, probabilmente no, ma se penso a quello che condividevo con lei in quel momento, in base alla persona che ero allora, allora sì, in un modo molto sciocco, molto infantile, molto egoistico, molto umano e molto, molto meno spirituale di quanto ora so possa essere l’amore, sì, l’amavo…»

Castiel annuì, ricambiò con una spallata leggera. «Ti osservavo, sai?»

«Quando?», chiese Dean, spalancando gli occhi con un’espressione terrorizzata. «Piccolo perverso di un angelo…»

«No!», squittì Castiel, «No! Ma perché vai sempre a pensare al sesso?»

L’uomo ridacchiò, cambiò leggermente posizione per stare più comodo e trangugiò il resto della pizza che aveva ancora in mano. «Perché altrimenti non sarei io», rispose con il boccone in bocca, facendogli l’occhiolino.

«Intendevo dire…», disse Castiel scuotendo la testa come se si stesse interrogando sulle sue scelte di vita, «…che ti ho osservato nella tua vita con lei, con loro… ti ho guardato mentre ripulivi il giardino dalle foglie, per esempio»

«Perché?»

Castiel sbuffò dal naso, mosse una spalla e alzò le sopracciglia in un gesto arrendevole. «Ero in preda al dubbio… volevo chiedere il tuo aiuto prima del patto con Crowley, volevo… avevo bisogno di te ma sembravi così in pace, non volevo— non potevo portarti via da quella bolla per il mio mero egoismo»

Dean aggrottò la fronte. «Se tu ti fossi mostrato a me forse non sarebbe successo quello che è successo…»

«Forse no»

«Grazie»

«Di cosa?»

«Di avermi protetto, di aver cercato… sbagliando, ovviamente, come tuo solito, ma… beh, di fare la cosa giusta»

L’angelo sorrise, un sorriso luminoso, i suoi occhi brillarono di quel loro blu elettrico appena visibile sotto le iridi azzurre. «A volte mi chiedo come sarebbe andata se avessimo fatto scelte diverse…»

«Anche io»

«Ad esempio mi chiedo cosa sarebbe successo se ti avessi detto prima quello che stava succedendo con Crowley, se ti avessi… rivelato il piano e ti avessi ascoltato»

Dean tentennò la testa. «Io mi domando invece cosa sarebbe successo se fossi stato mandato avanti nel tempo a vedere quello che saremmo diventati nel 2014 qualche anno più tardi rispetto a quando mi ci ha spedito Zacharia…»

«Che intendi?», chiese Castiel con la fronte aggrottata.

L’uomo si morse le labbra. «Beh, in quel futuro tu eri… molto diverso dal tuo tipico te—», ridacchiò, «ti facevi le canne, e soprattutto organizzavi delle frequenti sessioni… uhm, come dire, intime e di gruppo»

«Io organizzavo orge?»

Dean arrossì e scoppiò a ridere sguaiatamente. «Esattamente»

La distanza tra le sopracciglia di Castiel diminuì, il suo sguardo si incantò su una conchiglia che aveva raccolto nella mano destra. «È per questo che mi hai chiesto di non cambiare mai?»

«Anche»

«E cosa centra quando ti ha mandato Zacharia?»

«Ero ancora troppo giovane e… chiuso», commentò Dean. «Ero ancora il tipo di ragazzo che cercava inconsciamente di compiacere suo padre… non importa quanti anni avessi già passato all’inferno e quante altre stronzate mi fossero già capitate, ero ancora molto… immaturo, inconsapevole… quello che ho visto alla “fine del mondo”—»

«Che hai visto?»

«Sono abbastanza sicuro che il Dean del futuro e il Cas del futuro avessero una relazione, perlomeno una relazione sessuale… loro l’hanno definita come “un gran casino” e non sono scesi nei dettagli ma… il modo in cui interagivano, il modo in cui quel Cas parlava con me e il me del futuro… era abbastanza palese che avessimo ben superato la fase dei “migliori amici”»

Castiel annuì, la sua presa sul ginocchio di Dean tremò appena. «Capisco»

«Ma era troppo presto… forse se l’avessi visto un po’ più avanti, forse se… non lo so, credo che mi avrebbe aperto gli occhi sulla realtà, su me stesso, ma soprattutto sulle possibilità che mi stavo negando…»

«Beh, siamo qui adesso, no?»

Dean fece un mezzo sorriso, mosse le sopracciglia su e giù e bevve un lungo sorso di birra, poi guardò lontano sull’orizzonte. «Sì», ammise, «Ma io sono morto e tu sei… beh, un serafino»

«Io sono sempre stato un angelo, Dean… e il fatto che tu sia un’anima e non un essere mortale rende tutto più facile, tra noi, non credi?» 

Castiel cercò di catturare il suo sguardo, ma Dean gli rivolse solo un’occhiata fugace, poi schioccò le labbra. «Questo sì»

«E puoi percepire il tuo “corpo”, anche se non è proprio un corpo, come lo percepivi sulla Terra, giusto?»

«Sì…»

Castiel sospirò. «Dean, tu sai che mi sono sacrificato perché tu potessi vivere e… avrei voluto che rispettassi il mio sacrificio un po’ più a lungo, che tenessi duro, che sopravvivessi, che vivessi… anche se questo avesse significato vederti con qualcun altro, se avesse significato sentirti sempre più lontano da me… anche se tu mi avessi dimenticato nel frattempo, io avrei voluto che tu vivessi, che fossi felice… ma non posso negarti che quando… uhm, quando sei t-trapassato, una parte di me si è spezzata… penso di aver provocato un’onda d’urto in tutto il Paradiso, una specie di terremoto celeste, per il dolore… ma poi ho sentito qualcosa di cui provo molta vergogna, ma che credo sia giusto tu sappia…»

Dean lo scrutò con un sopracciglio alzato. «Di che parli, Cas?»

«Speranza», disse Castiel, distogliendo lo sguardo, «Quando ti ho sentito passare in questo piano di esistenza io ho provato un dolore immenso ma anche una grande gioia egoistica, ho sentito la speranza crescermi dentro ed è per questo che ho atteso un po’, e poi sono venuto di corsa da te… in quella forma, nella speranza che accettassi la mia offerta che… che mi volessi con te, anche se questo avesse significato cambiare tramite, trovarne uno più vicino a… a te, non so… ho sbagliato, ho sbagliato tutto e questo lo capisco adesso, ma ero… ecco…»

«Disperato?»

«In un certo senso, sì… vedi io sono legato a questo corpo, sono stato umano al suo interno e il tempo… il tempo qui dentro è passato in modo così diverso rispetto ai millenni precedenti, è stato sì un battito di ciglia in confronto all’interezza della mia vita, ma mi è sembrato di aver vissuto eoni al tuo fianco… ho sanguinato per la prima volta, in questo corpo, ho toccato, amato, pianto, provato emozioni e separarmene sarebbe stato… sgradevole, ma l’avrei fatto per te… pur di averti»

Dean scosse la testa. «Come credi che avrei potuto accettare la tua offerta, Cas! Anche se tu ti fossi presentato a me in un corpo da donna, pensi che ti sarei saltato addosso seduta stante? Non importa che aspetto hai, te l’ho già detto, non è di questo… non è solo di questo che mi sono innamorato, ma di ciò che hai dentro… e sono troppo abituato a te così, e soprattutto ho imparato ad amarti e ad amare me stesso insieme a te con questo aspetto e… vedi, Cas, se anche tu fossi arrivato con un corpo femminile, io avrei sempre visto questo… avrei sempre visto questo Castiel e non lo avrei voluto in nessun altro modo… sono solo stato troppo idiota prima per rendermene conto e soprattutto per accettarlo, ma sono anni che ti guardo di nascosto, che sento il bisogno di toccarti, anche solo un tocco leggero, furtivo… diamine, Cas, tu non hai idea di quante volte mi sono accorto di fissarti le labbra, ero veramente un coglione!», disse, sbattendosi il palmo della mano sulla fronte. Usare tutte queste parole lo drenava ancora di tutte le energie, ma piano piano diventava sempre più facile parlare, esprimersi. Sembrava così strano avere il tempo di esprimere davvero i propri pensieri, e farlo liberamente, senza vergognarsene, senza durare eccessivamente fatica. 

Castiel rise, gli si avvicinò abbastanza da invadere completamente tutto il suo spazio personale. Dean deglutì, i suoi occhi corsero alla bocca dell’angelo e si leccò le labbra in una risposta involontaria. Castiel rise di nuovo, annuì, e poi chiuse la distanza tra di loro con un bacio appassionato ma fugace.

«Devo essere stato proprio cieco per non rendermene conto», commentò, staccandosi da Dean e prendendo finalmente il pezzo di pizza che aveva abbandonato.

«Una vera coppia di idioti», rispose Dean sogghignando. Bevve un altro sorso, la sua testa continuava a vorticare intorno a pensieri che non era certo di riuscire a formulare. «Però avrei voluto provare… sai, a stare con te, sulla Terra… avremmo messo in imbarazzo Sam costantemente, avremmo passato i Natali a giocare insieme a Monopoli o a Pictionary, e avremmo fatto i regali più pazzeschi a Piccolo Dean… e ci saremmo baciati sotto al vischio e tu mi avresti regalato… non lo so, dei dischi musicali, e avremmo ballato tutta la notte… avremmo portato Piccolo Dean a vedere i fuochi del quattro luglio e tu ci avresti raccontato della nascita delle api o qualcosa del genere… e poi avrei indossato dell’intimo di raso da uomo, solo per farti vedere il mio bel sedere avvolto in un bel tessuto lussuoso…», rise, ripensando a quando una sua versione demoniaca che esisteva ancora solo nella sua testa gli aveva ricordato di quando quella ragazza con cui era uscito al liceo gli aveva fatto provare i suoi slip di seta e pizzo. Inutile negarlo ulteriormente, gli era piaciuto, eccome, e non se ne vergognava affatto. Aver gradito la sensazione di una stoffa pregiata contro la sua pelle più intima non gli aveva impedito di spaccare i culi a tutti i mostri biblici possibili e immaginabili, e addirittura a Chuck, né di conquistare tutte le ragazze che gli pareva. No, decisamente non c’era niente di cui vergognarsi, anzi, probabilmente adesso che era in Paradiso poteva anche riprovarle qualche volta. Si accorse che Castiel lo guardava con uno sguardo incuriosito. «…lascia perdere, ricordi di gioventù…», disse, «…comunque saremmo andati a Rio a vedere il carnevale, e sicuramente avremmo portato Piccolo Dean a vedere le ballerine brasiliane… e se fossimo stati giovani insieme e io fossi stato anche solo un po’ diverso, chissà, saremmo potuti andare al ballo di fine anno insieme… non che io ci sia mai andato, sai, ci sono andato vicino una volta ma poi mio padre mi ha portato via, mi si è spezzato il cuore… ma comunque avremmo potuto portare Piccolo Dean al suo ballo, o aiutarlo con la ragazza - o il ragazzo, sai che non sono uno che giudica -», lo sguardo esasperato dell’altro lo fece sogghignare, «…e poi avremmo corretto il punch e saremmo andati a qualche festa super elegante solo per adulti, mettendo tutti in imbarazzo con i nostri balli e i nostri baci schifosamente romantici… e—e magari saremmo andati a pescare insieme, e avremmo fatto uno stupido matrimonio a Las Vegas o alle Hawaii, a piedi nudi nella sabbia con delle orribili camicie a fiori, e Piccolo Dean avrebbe portato le fedi o magari… magari l’avrebbe fatto un figlio tutto nostro…», disse soprappensiero. 

Il significato delle parole che aveva appena pronunciato lo colpì tutto insieme. Aveva appena detto a Castiel che, magari, se il destino gliel’avesse concesso in vita, avrebbero potuto avere una vita insieme, vivere in una casa tutta loro, magari cacciare qualche volta come Sam e Eileen, e trovare anche una stabilità diversa, solo per loro. Condividere le festività con le persone care e qualche perversione a letto nell’intimità delle loro mura, avrebbero potuto fare dei viaggi solo loro due, e magari qualche volta coinvolgere il loro nipote - sì, pensò Dean, loro, non solo suo - e magari avrebbero addirittura potuto sposarsi, adottare un bambino, dare vita a una famiglia tutto loro. Improvvisamente sentì il cuore farsi pesante, il viso bruciare. 

Castiel incrociò il suo sguardo con un’espressione dolorosa negli occhi. «Non credevo che— non ho neanche mai pensato che fosse una possibilità»

«Neanche io, onestamente… mai fino ad ora…», disse Dean, nella sua voce c’era una leggera incrinatura. «Ma ora che ci ho pensato, è difficile togliermi dalla testa questa immagine… ma resterà sempre un sogno…»

L’angelo sospirò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò di nuovo, con tenerezza stavolta. «Molte delle cose che hai detto purtroppo sono… lontane dalle possibilità del Paradiso», disse in un sussurro, «ma questo non significa che non possiamo avere molto di quello che hai immaginato… possiamo viaggiare dove vuoi, e vedere tutti i fuochi d’artificio che ti va, per ogni festività possibile… possiamo andare a un ballo, praticamente in ogni epoca che ti possa venire in mente, possiamo anche fare tutti i giochetti tra le lenzuola che ti vengono in mente e possiamo… certo, sì, potremmo anche sposarci su una spiaggia—»

Dean sentì il suo cuore battere all’impazzata contro lo sterno, troppo rumoroso, troppo forte, troppo veloce. Sentì i suoi occhi farsi larghi nel perdersi in quei pozzi blu, pieni di amore e di devozione. «Sì e— E-Elvis potrebbe officiare…», il pensiero lo colpì come uno schiaffo, riempiendolo di euforia, «Il vero Elvis, per giunta!», squittì, poi il suo cuore perse un battito, il suo viso si fece caldo, «Anche se, mi rendo conto forse… beh, uhm, è— sì, presto per pensare una cosa del genere, forse è strano… abbiamo iniziato solo ieri, praticamente a… beh, cosa facciamo esattamente, stiamo insieme? Cosa siamo? Fidanzati… no, Parter? Amanti?»

«Partner mi piace», ammise Castiel. «E non esiste concetto di tempo in Paradiso, qui tutto scorre in modo diverso… ma certo, abbiamo un’eternità davanti e se questo è ciò che desideri Dean, che sia oggi o che sia tra mille anni, io sarò pronto a renderti felice e ad esaudire ogni tuo desiderio…»

Dean si sentiva il cuore pieno di gioia, talmente ricolmo da sentirlo quasi esplodere. Baciò di nuovo Castiel, con più foga e più passione, poi si staccò e strusciò la guancia contro la sua, barba contro barba, per poi adagiare piano la sua fronte contro quella dell’altro. «Io voglio tutto con te… ogni cosa a suo tempo, quando il nostro Paradiso sarà completo»

Castiel annuì senza staccarsi da Dean, i suoi occhi erano chiusi. «Sai mi…», sospirò, aprì gli occhi e li affondò in quelli dell’uomo, così verdi e vivi, «…mi dispiace che tu non possa vivere l’infanzia di Piccolo Dean, che tu non possa… trasmettergli una parte di te di persona, e mi dispiace che tu non possa esaudire il tuo desiderio di paternità… vorrei poterti dire che se vuoi puoi avere anche questo, ma purtroppo in Paradiso non è possibile creare la vita, neanche per gli angeli… noi nasciamo già adulti, già formati, e in ogni caso deve essere un’entità superiore, come era Chuck, come è Jack, a crearci… e non possiamo creare, sai, piccoli umani dal nulla… non è come il caffè o una pizza…»

«Non ti preoccupare, Cas… non è colpa tua. Ho fatto le mie scelte, ho dedicato la mia vita alla caccia, ho messo da parte ogni possibilità e alla fine sono morto, sulla cresta dell’onda come avevo immaginato, in un certo senso, ma ho finito lo stesso per poter sperimentare quei sentimenti, per vivere le emozioni che avrei voluto abbracciare prima, che non avevo mai accettato, ma che ora fanno parte di me, con te… non ho rimpianti, davvero… non ho cercato la morte ma quando è arrivata l’ho salutata come una vecchia amica. Ero così stanco, Cas…»

«Dean, io—»

«E sono felice che tu non sia intervenuto, sai?», disse accarezzandogli una guancia con il pollice, occhi negli occhi, «Se tu mi avessi salvato… chissà, forse sarei riuscito ad uscire dal circolo vizioso, forse dopo quello che mi avevi detto anche se fossi rimasto nel mio corpo umano, mortale, avrei trovato la forza di abbattere i miei… blocchi, diciamo, ma non avremmo avuto davanti l’eternità, e comunque… ho paura che sarei potuto ricadere negli errori del passato… adesso non c’è più margine, non ho niente da perdere quassù, se non te… e non ti voglio perdere, mai, per nulla al mondo…»

Castiel sorrise, gli baciò piano le labbra. «Se fossi intervenuto avrei rinunciato alla mia natura angelica», gli disse, «Non avrei potuto sopportare oltre di vederci girare intorno a tutto questo solo per il… per l’evidente divario che ci allontanava. Non avrei potuto vederti invecchiare, sapendo che non avrei potuto farlo al tuo fianco… so che tu avresti fatto di tutto per liberarmi dal peso della tua vecchiaia, che non avresti accettato di essere un fardello alle mie ali, so che avresti creduto di non meritarlo, così ci avrei semplicemente rinunciato… sarei stato umano, sarei invecchiato, avrei fatto un lavoro normale, magari da esattore delle tasse», rise, «e un giorno ci saremmo addormentati l’uno a fianco all’altro, nel nostro letto, nella nostra piccola casa…»

«Ma, Cas… tu sei un angelo, non puoi semplicemente smettere di esserlo a comando…»

«No, ma avrei potuto togliere la grazia che ho dentro, adattarmi… diventare mortale», spiegò.

Dean aggrottò la fronte. «E cosa succede a un angelo divenuto mortale, se muore? Dove va?»

Castiel alzò un sopracciglio. «Non saprei… gli angeli non hanno l’anima, quindi credo… comunque nel Nulla?»

L’espressione sul viso dell’uomo si distorse in una maschera di dolore. «No, non avresti potuto, non avresti dovuto… posso rinunciare a tutto, Cas, a un figlio, a una vita terrena, ad invecchiare, a uno stupido lavoro in uno stupido posto normale in una stupida città, ma non a te, non per tutta l’eternità…»

Castiel gli posò una mano sulla spalla, la sua espressione era serafica quanto la sua natura, eppure i suoi occhi nascondevano un’emozione potente. «Allora avrei potuto semplicemente riprendere la mia grazia, a un certo punto… tornare ad essere un angelo, dopo che fossi trapassato naturalmente, vecchio e canuto… e ti avrei comunque incontrato di nuovo qui…»

«Sarebbe stato troppo rischioso», rispose Dean, scuotendo la testa. «Noi umani siamo… così fragili, basta una malattia, una coltellata, un… un chiodo», un brivido gli corse lungo la schiena. «No», disse, «Non importa cosa avremmo potuto fare sulla Terra, preferisco sapere di avere l’eternità con te e poi… diciamoci la verità, laggiù la tentazione sarebbe stata troppa, non sarei mai riuscito a smettere di cacciare mentre qui… qui sono libero di fare… non so…»

Castiel sorrise. «Tutto quello che vuoi»

«Posso…», Dean ci pensò un attimo, «Possiamo avere un posto tutto nostro?»

L’angelo schiuse le labbra, la fronte corrugata, il suo sguardo corse in direzione del cottage in cui avevano appena passato la loro prima notte insieme - e anche la prima mattina, decisamente intensa. 

«Voglio dire… un posto fisso, una casa?»

L’espressione sul volto di Castiel si distese. «Certo»

«E possiamo costruirla insieme?», chiese Dean con una strana euforia.

«Assolutamente», rispose l’altro, «Oppure possiamo semplicemente farla materializzare», disse alzando una mano per mostrare le sue dita pronte a scattare. 

Dean gliela abbasso. «No, vorrei costruirla… certo, magari con un po’ d’aiuto come hai fatto con il castello di sabbia… soprattutto perché non possiamo certo viaggiare tra il cantiere e questo posto per fare sesso tutte le volte che vogliamo», il ghigno sul suo viso si allargò alla vista degli occhi di Castiel che si facevano più grandi e scuri, «E di certo non possiamo farlo sempre in macchina… ed escluderei decisamente la camera a casa dei miei…»

Castiel deglutì, i suoi occhi corsero lungo i lineamenti del volto di Dean, gli accarezzarono tutte le piccole lentiggini chiare. «Possiamo fare ogni cosa tu voglia, possiamo creare la nostra casa come vogliamo…»

«E poi potrei… potrei avere un piccolo locale tutto mio», disse l’uomo, con gli occhi che luccicavano. «…mi è sempre piaciuto, sai? Se mi fossi—»

«Se ti fossi ritirato», concluse Castiel, ricordando quella volta in cui Dean glielo aveva detto, anni prima, «Avresti voluto un posto tutto tuo come la Roadhouse, da gestire…»

Dean annuì. «Potrei servire birre da tutto il mondo, le più particolari… e ovviamente Whiskey, e Scotch… e potremmo fare gli hamburger alla Elvis, con due ciambelle al posto del pane…»

L’angelo sorrise. «Non dimenticare i cheeseburger… mi piacciono quelli»

«Certo che sì! Che pub sarebbe senza cheeseburger!», rise separandosi da Castiel dopo un altro piccolo bacio, e tracannò il resto della birra. «…anche se non vorrei, sai, andare in conflitto con Ellen e Jo, magari potrei lavorare con loro!»

«Beh, Dean…», lo rincuorò l’altro, «…in Paradiso lavorare non è necessario, tutti hanno esattamente ciò di cui hanno bisogno, non solo quello che vogliono, e soprattutto hanno quello che meritano… Ellen e Jo hanno la loro Roadhouse perché è la loro casa e loro, come te, amano passarci il tempo ma… ovviamente credo che sarebbero ben felici di alternare giorni di apertura ad altri di chiusura— poi è ovvio che se preferisci condividere con loro la Roadhouse invece che aprire un posto tutto tuo, puoi farlo… ti ripeto, non c’è limite quassù…»

«Dovrei pensarci, parlarne con loro…»

Castiel annuì, pronto ad alzarsi. «Vuoi andare allora?»

Dean lo scrutò senza capire, poi serrò le labbra e scosse il capo. «Oh, no…», disse, tirandolo a sé, «Non crederai mica che abbia finito con te…», sussurrò, il tono della sua voce era caldo e carezzevole, profondo.

L’altro deglutì. Dean lo tirò più forte e lui si sbilanciò, franandogli addosso. «Uhm?»

«Abbiamo ancora molti altri muri da provare… e il tavolo, e il divano… e la vasca, la doccia…»

«Dean…», la voce di Castiel era un suono rauco e profondo.

«Mi serve solo una cosa…», sussurrò, facendo scorrere le mani lungo tutta la schiena di Castiel, i cui occhi si scurivano sempre di più ad ogni carezza.

«Cosa?»

Dean gli telegrafò l’immagine di un flacone di plastica e delle decine di utilità che poteva avere. Gli mostrò con la mente cosa avrebbe voluto che l’angelo ci facesse, e cosa avrebbe voluto farci lui stesso, restituendo a Castiel le sensazioni che lui gli aveva dato quella notte. Ad ogni immagine, ad ogni fantasia che Dean gli proiettava nella mente con la forza di una preghiera ben poco pia, il respiro di Castiel si faceva pesante, rumoroso, profondo, finché non ne potè più, e si avventò famelico sulle sue labbra.





 

   
 
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