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Autore: VaniaMajor    22/04/2022    4 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 22
TI ODIO!
 
«JAKOTSU!»
L’urlo orribile di Bankotsu dal fondo della conca li fece trasalire tutti, proprio nel momento in cui Miroku allungava la mano per recuperare Negai. Il guerriero dalla lunga treccia sbucò con un balzo dalle rocce, l’alabarda alzata, gli occhi pieni di furore verso coloro che avevano osato uccidere il suo compagno, ma Inuyasha gli era subito dietro e si diede la spinta per un salto che lo fece impattare contro di lui, spedendolo lontano a strisciare sul terreno, mentre anche Shippo e Koga li raggiungevano.
«State tutti bene? Avete ammazzato il tizio da brividi?» ringhiò Inuyasha, ponendosi a loro difesa.
«Sì a entrambe le domande. Abbiamo anche Negai a disposizione, se riusciamo a liberarci del suo compare.» rispose il monaco. Kirara atterrò accanto a Sango e Jaken scese dalla sua groppa con un gemito di sollievo, continuando a tenere pronto il Bastone Ninto.
«Avrà poco da fare il furbo, ora che è quasi solo. – intervenne Koga, cui la pausa dagli scontri aveva fatto bene – Il mio branco sta tornando a dare man forte.»
«Come avete potuto uccidere Jakotsu?!» disse intanto Bankotsu, tra i denti, rimettendosi in piedi. La rabbia e qualcosa di simile al dolore gli sfiguravano i bei lineamenti, rendendolo orribile. Una luce sanguigna gli aleggiava attorno alla gola.
«Ecco l'altra Hoshisaki. - borbottò Inuyasha, poi venne avanti di un passo – Ha fatto la fine che farai anche tu, bastardo! Non avrò alcuna pietà per i servi di Naraku!»
«Vi ammazzerò tutti!»
Quello di Bankotsu fu un vero e proprio ruggito, quasi non umano. Miroku e Sango si misero a protezione del frammento di Negai, ancora a terra, mentre Inuyasha e Koga balzavano in avanti e Kagome si accorgeva, frustrata, di non avere più frecce. Non vi fu alcuno scontro. Uno sciame di Saimyosho riempì l'aria di ronzii e circondò Bankotsu, frenando il suo slancio e rendendolo invisibile ai loro occhi, per poi sollevarlo da terra e portarlo via in volo. Riuscirono a udire le sue imprecazioni, le grida di protesta per la vendetta che gli veniva sottratta, ma i Saimyosho gli avevano bloccato i movimenti e l'alabarda pendeva inerte dal mucchio. Con tutta evidenza, Naraku non aveva intenzione di perdere un'altra Hoshisaki, per quel giorno.
Rimasero per un attimo a osservare l'inaspettata ritirata del nemico, attoniti, poi Inuyasha rinfoderò la spada.
«Beh...mi secca ammetterlo, ma è stata una mossa intelligente da parte sua. Prima o poi ce lo rimanderà contro, teniamo gli occhi aperti.» disse Inuyasha, per poi guardare a terra, dove luccicava debolmente il frammento arancione. «Come siete riusciti a prendere l'Hoshisaki? Sei stato tu, Miroku?»
«Solo grazie all'aiuto decisivo di Kagome-sama, lo ammetto.» disse il monaco, scambiando un sorriso con la ragazza, che poi si accasciò a terra sulle ginocchia. Inuyasha e Koga le furono accanto, chiedendole se si sentisse male, fissandosi in cagnesco.
«Sto bene, è solo l'accumulo di tutte queste emozioni...» spiegò Kagome, cercando di tenerli separati. Sapeva fin troppo bene che le rese dei conti non erano ancora finite! Intanto, Miroku si accovacciò, scrutando con occhi cupi Negai. Shippo e Sango gli erano accanto. Il monaco allungò una mano per prendere il frammento di stella.
«Miroku, sei sicuro?!» ansimò Shippo, impaurito, aggrappandosi a una manica. La sua voce attirò l'attenzione di Inuyasha, che intervenne subito.
«Fermo lì, monaco! Hai già fatto conoscenza con Negai e le Hoshisaki sanno ricordare. Non la toccare, la prendo io.» disse, allontanandogli il braccio e afferrando la gemma.
«No, Inuyasha-sama, sarebbe meglio se...» tentò di protestare il monaco.
«Ehi, sono il Principe di En! Vuoi che abbia paura di un frammento della Stella di Gake?!» fece lui, ironico, facendoselo saltare sul palmo. Un istante dopo, era in ginocchio scosso da conati di vomito, con una mano sulla fronte come per trattenere il cervello dentro la scatola cranica. Koga rise di lui.
«Cosa ci si poteva aspettare da un cane mezzo-sangue?!» lo schernì, guadagnandosi molte occhiate di disapprovazione.
«Inuyasha, lascialo andare!» gridò Kagome, spaventata, togliendogli il frammento di mano. I suoi occhi erano diventati rossi e, se non aveva visto male, gli erano cresciute le zanne e gli artigli. Non appena ebbe in mano Negai, la sua Hoshisaki si illuminò di rosa scuro e avvertì un'angoscia senza nome, tanto che iniziò a piangere senza nemmeno rendersene conto.    
«La prendo io, Kagome.»
Sango, che si era fatta avanti, sottrasse con delicatezza l'Hoshisaki dalla mano dell'amica e, senza alcun tipo di reazione negativa, la mise in una piccola scatola di metallo, che poi nascose sotto il pettorale della propria armatura leggera.
«Che...come hai fatto...» balbettò Inuyasha, che si stava riprendendo. Era stato come se il suo sangue yokai si fosse ribellato a quel contatto e le se Hoshisaki si fossero messe a gridare nel suo cervello. Una sensazione orribile che non teneva a ripetere.
«I possessori delle Hoshisaki di En non dovrebbero mai toccare quelle di Gake, in quanto loro opposte. Inoltre, è meglio che chi ne ha subito gli effetti in passato ne stia debitamente alla larga. - rispose Sango con molta calma, anche se la sua occhiata a Miroku fu ammonitrice – Io sono una persona come tante e non ho intenzione di impiantare Negai nel mio corpo, perciò la terrò al sicuro finché sarà necessario. Non mi farà del male.»
«Mi spiace che sia tu a caricarti di questo fardello, ma in effetti hai ragione.» ammise Miroku, rialzandosi e cercando di cancellarsi dal volto le ombre che rivedere quel frammento aveva risvegliato.  
«Sesshomaru-sama stesso ci ha avvisati di questo rischio. È il motivo per cui siamo venuti a salvarvi.» intervenne Jaken, tronfio, deciso a far sapere che ogni merito del successo di quell'operazione si doveva al suo Signore.  
«Sesshomaru?! Giusto, dov’è quel maledetto…» sbottò Inuyasha, alzandosi a fatica.
«Inuyasha-sama, ne parliamo dopo. Prima sarà meglio chiarire le cose con questa gente.» mormorò Miroku. In effetti, il branco di okami-yokai, ormai libero dagli ultimi scontri, si stava assiepando loro attorno, pesto e sanguinante ma ancora in grado di combattere. Il gruppo di Inuyasha aveva appena contribuito a salvarli, ma di certo Koga non poteva essere il solo della tribù ad avere un cattivo rapporto con En o una pessima opinione dei fratelli inu-yokai. Inuyasha fece una smorfia sprezzante.
«Feh! Non c’è niente da chiarire. – disse, poi puntò un dito accusatore su Koga, che si era alzato sulle gambe ferite ma già in via di guarigione – Tu, lupastro! Hai visto con i tuoi occhi che avevo ragione. È stato Naraku a far fuori la tua gente, non Sesshomaru. Dovrei farti ingoiare la lingua.»
«Il fatto che Naraku si sia rivelato un bastardo voltagabbana non cambia niente, cagnolino. La morte di mio padre deve essere vendicata!» disse l’okami-yokai, alzando la voce per farsi sentire dai suoi.
«Koga…Koga, ci hanno aiutati…» tentò timidamente di argomentare uno di coloro che aveva consentito a Inuyasha di raggiungere il covo del branco, ma Koga tagliò l’aria con un gesto secco della mano.
«Lo hanno fatto solo per le Hoshisaki di Gake. Non è così?! Non siete qui per cercare di portarmi via Keisotsu?»
Inuyasha ristette, seccato per essere stato messo all’angolo. Sango, Miroku e Shippo si scambiarono un’occhiata.
«Beh, è certamente una cosa di cui desideriamo discutere, ma…» iniziò a dire il monaco, ma Inuyasha lo soverchiò, adesso arrabbiato.
«Piantala di parlarmi come se fossi un dannato ladro! Dammi la tua Hoshisaki senza fiatare, imbecille!» disse, dando senza volere ragione a Koga
«Inuyasha, forse non è il modo migliore di convincerlo che è nel torto…» cercò di intervenire Kagome. Il branco stava stringendo il cerchio attorno a loro e la tensione stava tornando a salire.
«Nessuno mi toglierà Keisotsu, tantomeno un cagnolino con il naso bagnato!» lo schernì Koga, pronto a saltargli al collo.
«Avevo giusto bisogno di controllare se il filo di Tessaiga taglia ancora bene, deficiente di un lupo!» sbottò Inuyasha, sguainando la spada nonostante le esortazioni a trattenersi degli altri, che vedevano profilarsi un inevitabile peggioramento della loro situazione. Kagome perse la pazienza. Dimentica delle lacrime provocate da Negai, si alzò in piedi quasi come se avesse le molle e si piazzò in mezzo ai due contendenti, furibonda.
«Insomma, piantatela! Siete due adulti o dei bambini litigiosi?! Inuyasha, giù quella spada! Koga, smettila di accusare a vanvera! - gridò con una voce acuta e rabbiosa che stupì tutti, soprattutto per l'effetto sui due accusati – Non fate altro che dirvi le parole sbagliate quando sarebbe tanto facile discutere con calma! Vi abbiamo aiutati, Koga, e nessuno ci ha costretto! Inuyasha avrebbe potuto aspettare che Bankotsu vi uccidesse tutti e poi battere lui per prendere l'Hoshisaki, non ti pare che sarebbe stato più semplice?!» I suoi occhi brucianti si fissarono sul demone lupo che rimase interdetto. Subito, lei li spostò su Inuyasha, che dovette trattenersi dal fare un passo indietro. Kagome, arrabbiata, faceva paura! «E tu, Inuyasha! Hai recuperato la tua spada, mi fa piacere, ma che senso ha continuare a sventolarla a vanvera?! Smettila di essere così aggressivo, altrimenti non ne usciremo mai!»
Sango e Miroku si scambiarono un'occhiata, stupefatti dall'autorità dimostrata dalla ragazza, poi il monaco fece un breve applauso in direzione di Kagome, guadagnandosi una gomitata nelle costole.
«Co...a vanvera? Aggressivo?!» balbettò Inuyasha, incredulo di essere l'oggetto di una simile sgridata, poi si arrabbiò. «Ehi, ti vorrei ricordare che quel tizio ti ha rapita e io sono venuto qui a salvarti!» gridò a sua volta.   
«Mi ha fatto del male? Ti sembro ferita? La risposta è no, quindi: calmati! - disse lei, quasi incombendo su di lui da tanto era arrabbiata, poi gli voltò le spalle e afferrò le mani di Koga nelle proprie, lasciando Inuyasha a bocca aperta – Koga, ho bisogno che tu mi ascolti. Possiamo parlarci, senza che qualcuno ci disturbi?»
Koga si corrucciò, dubbioso riguardo alle intenzioni di Kagome, poi vide la faccia paonazza e ferita di Inuyasha e le sue labbra si aprirono in un sorriso sornione e trionfante. Passò un braccio attorno alle spalle di lei, conducendola in disparte mentre diceva: «Va bene, Kagome, ti do la mia fiducia. Vieni, parleremo io e te. DA SOLI.» Fu contento di avvertire il mugolio di rabbia trattenuto da Inuyasha e fece un gesto distratto verso il branco per esortarlo ad attendere sviluppi prima di agire in qualunque modo. I due sparirono nella conca e Inuyasha lasciò andare una parolaccia tremenda, rinfoderando la spada e voltandosi con ira verso i compagni, palesemente accusandoli di non essere intervenuti per fermare quel poco gradito sviluppo negli eventi.
«Credo che Kagome abbia fatto bene, Inuyasha-sama. Sembra che Koga la ascolti.» disse Sango, calma, cercando di capire perché il Principe di En sembrasse così infuriato.
«Ingoiate il rospo e attendete, Inuyasha-sama. Credo che otterremo di più e con meno fatica.» la appoggiò Miroku, annuendo.
«Quel tizio è solo con la nostra Shinsetsu! E se le facesse del male?!» li aggredì ancora Inuyasha.
«A me sembra che Kagome gli piaccia molto, non credo che...» iniziò a dire Shippo, per poi strillare e nascondersi dietro la gamba del monaco quando gli occhi infuocati di Inuyasha si fissarono su di lui con fare omicida. Miroku dovette trattenere un sorriso perché iniziava a notare un discreto cambio di atteggiamento del Principe di En verso quella che all'inizio, per lui, era solo la reincarnazione dell'odiata Kikyo.
«Lo penso anch'io. Inoltre, Koga le deve la vita, da quel poco che ho visto da quassù. Credo che questo ci conceda un buon margine di sicurezza.» lo stuzzicò. Inuyasha imprecò ancora.
«Sesshomaru-sama avrebbe già risolto la cosa, con molto meno chiasso.» sbuffò Jaken, facendo infuriare Inuyasha ancora di più e inducendo gli altri a ringraziare il cielo che Sesshomaru in quel momento fosse altrove. Sarebbe finita molto male per Koga e la sua tribù.
«A proposito di Sesshomaru, abbiamo un paio di cose da riferirvi, Inuyasha-sama. Se vogliamo occupare il tempo mentre aspettiamo Kagome-sama, potremmo spiegarvi la situazione.» disse Miroku, decidendo che era meglio cambiare discorso. Non era il momento di stuzzicare la gelosia del Principe di En, men che meno la sua conflittualità col fratello.  
«Già...dov'è quel maledetto ghiacciolo? - disse Inuyasha, con una smorfia, poi si corrucciò – Manca anche la bionda. Sono insieme? Non ditemi che la sorella di Kagome è morta nello scontro...»
«No, Anna è viva ed è insieme a vostro fratello. - disse Sango – Però, per parecchio tempo dovremo fare a meno del loro aiuto. Stanno andando alla Grotta degli Echi.»
***
Un paio d’ore dopo, un eterogeneo e improbabile gruppo si stava spostando dal covo degli okami-yokai verso il confine con En. Kagome era su Kirara insieme a Sango. Miroku, per il momento, stava volando insieme a Jaken sulla versione rosa e tonda del piccolo Shippo. Inuyasha era davanti al gruppo e correva solo, avvolto in un’aura cupa e rancorosa che faceva venire voglia a Kagome di saltargli sulla schiena e torcergli le orecchie.
Imbronciata, guardò alla loro destra. Koga, insieme a un piccolo gruppo di okami-yokai a fargli da scorta, stava andando con loro. Al confine, avrebbe consegnato la sua Hoshisaki. Non era stato affatto facile convincerlo. Al di là dell’influenza di Keisotsu, Koga era testardo e aveva una vera e propria adorazione per la figura paterna, che voleva vendicare e dalla cui eredità non voleva separarsi. Kagome era stata onesta con lui, gli aveva raccontato tutto ciò che sapeva. Koga non aveva idea che le Stelle andassero purificate, non conosceva la leggenda alla base dei frammenti, e benché scettico non aveva potuto negare gli sforzi di Naraku per accentrare il potere della Stella di Gake, a spese del suo branco. Kagome era riuscita a convincerlo che continuare a tenersi Keisotsu non gli avrebbe portato niente di buono, solo un altro massacro. Bankotsu, o chi per lui, sarebbe tornato a reclamare l’Hoshisaki, ancora e ancora, finché del branco non fosse rimasto più niente o Koga non fosse morto. L’okami-yokai aveva faticato a riconoscere di non poter battere un attacco in forze di Naraku, ma alla fine il suo senso di responsabilità verso il branco era stato superiore a tutto il resto. Kagome l’aveva rispettato per questo.
Ora correva con loro, con la promessa di consegnare Keisotsu una volta giunti al confine. Avrebbe passato loro il fardello, aveva detto, sottolineando che lo faceva solo per Kagome. La cosa aveva fatto imbestialire Inuyasha, ma per fortuna il Principe di En aveva serrato la bocca sulle parole sicuramente memorabili che desiderava pronunciare e non aveva commentato. L’aveva però fulminata con un’occhiata che le aveva fatto capire perfettamente di avere in qualche modo rovinato la pace stipulata solo la notte prima. A sua volta offesa per un trattamento che giudicava incomprensibile e ingiusto, Kagome stava viaggiando con la Cacciatrice, che ne aveva approfittato per raccontarle come fossero giunti a salvarli quella mattina e dove fossero Sesshomaru e Anna.
«Mi preoccupa molto che quei due non vadano d’accordo. Io e Inuyasha litighiamo, ma… - si interruppe per guardare ancora la sagoma di Inuyasha, lontano di fronte a loro, poi si costrinse a voltare lo sguardo altrove – ma non è mai capitato che le nostre Hoshisaki reagissero così male.»
«Forse perché nei vostri litigi non c’è vero odio, Kagome. In quel momento, ti assicuro che sia Sesshomaru-sama che Anna stavano attingendo alla loro parte più oscura. Mi sono sorpresa…soprattutto per tua sorella, pareva una persona rassegnata e pacata.»
«Anna è molto forte. – la contraddisse Kagome – La vita le ha insegnato ad adattarsi anche alle situazioni più brutte, ma non si è mai arresa e ha il suo orgoglio. Inoltre, odia le ingiustizie.» Sospirò. «Spero tanto che Sesshomaru non la trascini in situazioni pericolose…»
«Nessuno di noi è al sicuro, Kagome.» mormorò Sango, lanciando una veloce occhiata a Miroku che la ragazza intercettò. Si incupì: c’era qualcosa di non detto sui fatti della notte precedente, qualcosa che aveva riempito Sango di preoccupazione per il monaco.
«Sango, Miroku sta bene?» chiese, affrontando l’argomento.
«Co…perché me lo chiedi?» disse la Cacciatrice, voltandosi a metà con un rossore sospetto sul volto. Kagome si accorse con sorpresa che l’amica aveva sviluppato un sincero affetto per Miroku. Forse anche qualcosa in più. Sango parve accorgersi di aver posto una domanda che poteva rivelarsi pericolosa e rispose a Kagome senza attendere chiarimenti. «Ora sta bene e continuerà a essere in salute se eviterà di usare il Foro del Vento. Kiokuchi-sama è stata chiara in merito, il rischio è troppo elevato.»
«Speriamo che Naraku non lo metta mai più in condizione di doverlo usare.» disse Kagome, preoccupata.
«Speriamo.» mormorò Sango. Dal tono, si capiva che non ci credeva nemmeno lei. La strada verso la purificazione delle Stelle era ancora troppo lunga.
Giunsero nei pressi del confine verso il crepuscolo. Non vennero più attaccati, ma sapevano di avere addosso gli occhi delle spie di Naraku. Sesshomaru aveva ragione, dovevano tornare al castello e barricarvisi finché le altre tre Hoshisaki non avessero trovato un’armonia. Naraku non avrebbe tardato a passare al contrattacco dopo le inaspettate perdite di quel giorno.
Per Koga fu una sofferenza anche fisica privarsi dell’Hoshisaki che aveva ereditato e la separò dal proprio corpo in privato. Quando uscì dal folto e affrontò il gruppo di En, schierato in attesa, parve quasi rimpicciolito, meno tronfio. Teneva una mano chiusa a pugno, scossa da un leggero tremito. Perfino il colore dei suoi occhi era cambiato, da verde a blu. L’influenza di Keisotsu l’aveva completamente abbandonato. Kagome guardò Inuyasha, temendo lo prendesse in giro o dicesse la cosa sbagliata, ma lui era imbronciato, cupo, e osservava il lupo a braccia incrociate senza battere ciglio. Forse nemmeno Inuyasha avrebbe mai schernito un portatore di Hoshisaki nel momento del sacrificio…o forse era talmente offeso con tutti loro da non voler avere più niente a che fare con quella faccenda.
Furono Kagome e Sango ad andare incontro all’okami-yokai. Sango aprì la scatoletta e Koga vi fece cadere dentro Keisotsu con una smorfia di dolore e rimpianto. Mentre la Cacciatrice chiudeva la scatola, l’okami-yokai spostò lo sguardo su Kagome.
«Ho accettato il sacrificio per il bene del mio branco. Ora mi aspetto che voi purifichiate quelle maledette stelle. – le disse – Se dovessi incrociare la via di Naraku, farò di tutto per ucciderlo.»
«Porta i tuoi lontano dagli scontri, al sicuro. Al momento, Naraku non ha più motivo di avercela con voi.» disse Kagome, impietosita. Koga le prese le mani e la tirò vicino a sé, facendola arrossire e spingendo Sango a portare una mano alla katana mentre lanciava un’occhiata preoccupata dietro di sé. L’espressione di Inuyasha si stava facendo assassina.
«Kagome, sei una ragazza straordinaria. – mormorò Koga – Non mi stupisce che tu sia stata scelta da Shinsetsu. Nessuna donna mi aveva mai colpito così profondamente. Non dimenticherò mai il tuo bellissimo volto.»
«Ah…io…» balbettò Kagome, colta alla sprovvista, avvampando.
«Se alla fine di tutto questo non vorrai tornare nel tuo mondo, sappi che io ti aspetterò. C’è un posto vuoto a fianco del capo degli okami-yokai.» disse lui, con un sorriso di nuovo sfrontato, poi le baciò le dita, la lasciò andare e si voltò, correndo via con una velocità solo di poco inferiore a quella mostrata in precedenza. «Andiamo, branco di scansafatiche! Al covo!» gridò, senza voltarsi indietro, subito seguito dai suoi simili. Scomparvero nella foresta, nella luce sempre meno intensa del tramonto.
«Kagome, ti ha appena fatto una proposta di matrimonio yokai.» disse Sango, attonita, all’amica che si era portata entrambe le mani alla faccia in fiamme. Era la prima volta che riceveva le attenzioni di un ragazzo…e con intenzioni così serie, poi!
«E dire che non ho fatto altro che sgridarlo da quando ci siamo conosciuti!» tentò di scherzare, scombussolata. Le due ragazze tornarono dal gruppo, con Miroku e Shippo che applaudivano scherzosamente. Inuyasha, invece, era sul punto di esplodere e Kagome poté solo sospirare rassegnata quando lui la investì con tutta la rabbia tenuta da parte.
«Siamo a questo punto?! È vergognoso che la Portatrice di Shinsetsu si comporti in modo simile!» le gridò in faccia.
«In quale modo, scusa? Ho ottenuto l’Hoshisaki di Koga senza che vi fossero altri combattimenti, cosa c’è che non ti va?!» sbottò Kagome, arrabbiata.
«Quanta confidenza, con quel lupastro…si vede proprio che vi siete piaciuti, tenendo conto di quanto facilmente ha mollato la presa su Keisotsu!» ribatté Inuyasha, sprezzante.
«Io, almeno, ci ho parlato. Tu non avresti fatto altro che dimenare quella spada e metterci nei guai.» sbuffò Kagome.
«Io sono corso a salvarti, se te lo sei scordato!» gridò ancora Inuyasha.
«E io ti ho aiutato, è la tua memoria che perde i colpi!» 
«Voi donne siete tutte uguali, bastano quattro smancerie e non capite più niente. – ritorse Inuyasha, incrociando le braccia sul petto e scoccandole un’occhiata di disprezzo – Chissà quante cose ti sei lasciata scappare con quel tizio.»
Miroku scambiò un’occhiata consapevole con Sango e Shippo. Inuyasha era geloso di Kagome. Il punto stava tutto lì. Non aveva mandato giù il fatto che fosse stata lei a risolvere la situazione, ma sopra a ogni cosa lo aveva fatto imbestialire l’interesse dell’okami-yokai per Kagome, la quale non era stata abbastanza decisa nel rispedire le sue attenzioni al mittente.
«Situazione pericolosa, meglio intervenire…» mormorò il monaco, facendosi avanti con l’espressione più ascetica possibile.
«Cosa dici?! Gli ho solo raccontato la verità per convincerlo a…» tentò di difendersi Kagome, sconvolta da quelle accuse insensate, poi Inuyasha disse qualcosa che fece traboccare il vaso della sua pazienza.
«Se avessi saputo che eri tanto frivola, non ti avrei rivelato nulla riguardo a…certe cose. Evidentemente, non posso fidarmi di te.»
«Via, via…non mi sembra il caso di litigare per queste sciocchezze.» disse Miroku, con un sorriso conciliante, mettendosi tra loro, ma ammutolì subito insieme a Inuyasha quando grandi lacrime iniziarono a scorrere lungo le guance di Kagome. «Kagome-sama?» mormorò il monaco, preoccupato, ma gli occhi della giovane erano fissi sul Principe di En con tale rimprovero e dolore che quest’ultimo fece un passo indietro.
Kagome si voltò e si incamminò verso Sango e Shippo senza dire una parola. Miroku guardò Inuyasha, come a incitarlo a mettere una pezza al danno, e lui venne avanti con una mano tesa, sentendosi un verme per averla fatta piangere. «Ehi…ehi, Kagome, dai…»
«Non mi toccare! Non mi parlare! Ti odio!» gridò lei, voltandosi un’ultima volta con il viso bagnato di pianto. Inuyasha rimase di stucco, il sangue congelato nelle vene a quelle parole, rendendosi conto di aver superato il limite con lei. Sango accolse Kagome tra le braccia e guardò i due uomini con rimprovero, tanto che Miroku indicò Inuyasha come per ricordarle che lui non aveva praticamente aperto bocca.
«Bene, se avete finito con le sceneggiate direi di muoverci da qui. – intervenne Jaken, seccato – Se non ve ne ricordate, Sesshomaru-sama ha dato ordine di tornare subito al castello e, visto che ci stiamo portando dietro due frammenti di Gake, io non aspetterei un minuto di più! Naraku potrebbe essere ovunque…» Si guardò attorno, rabbrividendo.
«Jaken ha ragione, siamo ancora in pericolo. Iniziamo col toglierci dai pressi del confine, la discussione può essere rimandata.» disse Sango, conducendo Kagome verso Kirara. Inuyasha parve voler ribattere ma fu convinto da Miroku che non era il momento, perciò si chiuse in un mutismo cupo e offeso e non obiettò quando si rimisero in marcia, tornando a calpestare il territorio di En.
***
«Eccoci.»
La voce di Sesshomaru si fece strada nella nebbia che si era impossessata della mente di Anna, riportandola alla realtà. Era buio pesto, la notte era scesa su di loro mentre stavano ancora camminando. La giovane iniziava a pensare che Sesshomaru avesse intenzione di proseguire fino alla meta senza pause, perché fino a quel momento le aveva concesso solo di sfamarsi in fretta, molte ore prima.
“Se fossi ancora umana, sarei svenuta nella foresta con i piedi sanguinanti già da un pezzo.” si disse, cercando di riscuotersi. Pur di non lamentarsi e non parlargli, aveva sopportato quella marcia spossante usando ogni grammo dei nuovi poteri a sua disposizione, ma dal calare del sole in poi era andata avanti con la sola forza di volontà, la mente altrove. Camminava come una sonnambula, guidata dal solo istinto. Ora si sforzò di mettere a fuoco la situazione.
«La Grotta degli Echi?» mormorò, con un accenno di speranza, guardando nella valle su cui erano affacciati. Prima ancora che Sesshomaru negasse, aveva già capito che si trattava di un luogo diverso. Il buio, laggiù, era rischiarato da fuochi accesi e nell’aria si levavano fumi dall’odore tossico che le ferirono il naso.
«Certo che no, sciocca. Scendiamo.» le rispose lui, brusco, iniziando ad allontanarsi lungo il crinale a grandi balzi. Anna fece del suo meglio per stargli dietro, ormai al limite. A un certo punto desistette e tornò a barcollare tra gli alberi, a malapena in grado di proseguire.
“Se Kagura vuole tendermi un agguato, è il momento adatto.” pensò, così stanca da non essere nemmeno preoccupata al pensiero. Sesshomaru le ricomparve di fronte all’improvviso, facendola sobbalzare.
«Sei lenta.» le disse, aspro, afferrandola per un braccio. La sollevò da terra con malagrazia e la trasportò volando fino al limitare della zona venefica, lasciandola andare non appena possibile. Anna cadde sulle ginocchia e scrollò il capo con una smorfia. La stretta poco gentile e il volo non previsto l’avevano svegliata del tutto.
«Dove siamo? Credevo che la nostra meta fosse quella grotta.» chiese, amara.
«Siamo da una amico di mio padre. Voglio una consulenza sulla tua Hoshisaki. Seguimi.» disse Sesshomaru senza nemmeno guardarla e si incamminò verso una gigantesca costruzione di roccia e fango, la principale fonte di fumo della vallata. Anna si sollevò sulle gambe stanche e camminò dietro a lui, sentendo allontanarsi la presenza di Kagura. Forse non si sarebbe arrischiata a spiarli da vicino in quel frangente.
«Totosai!»
Al richiamo di Sesshomaru fecero seguito una sentita imprecazione e poi un silenzio teso. L’Imperatore di En attese risposta per non più di un istante, poi tirò da parte il telo d’ingresso tanto forte da strapparlo ed entrò nel salone a forma di grotta, caldo e luminoso a causa dei crogioli di metallo fuso sparsi per tutto l’ambiente e collegati tra loro da canalette e soffietti. Dapprima, Anna non vide anima viva, poi si accorse di una figura dalle gambe sottili che si stava arrampicando su una finestra per uscire di soppiatto.
Sesshomaru vi si diresse e in pochi passi fu addosso al malcapitato, che venne afferrato per la collottola e ricacciato nella fucina, insieme al lungo martello che teneva in mano. Gli occhi ambrati di Sesshomaru fulminarono il vecchio yokai, il quale si tirò in piedi e andò a ripararsi dietro a un mucchio di armi male in arnese.
«Cosa vuoi?! Possibile che un vecchio non possa riposarsi dal duro lavoro senza che intrusi gli si introducano in casa?!» sbottò, con quello che Anna giudicò un coraggio incosciente. Sesshomaru, infatti, aveva un’espressione terribilmente contrariata.
«Il tuo Signore richiede i tuoi servigi e tu scappi dalla finestra, Totosai? – disse infatti, mostrandogli le unghie micidiali – Dovrei farti fare un ripasso sul concetto di rispetto.»
«Senti, ogni volta che vieni qui mi minacci. Lo vuoi capire che non ti posso aiutare? – continuò a gracchiare il vecchio yokai, puntandogli contro l’indice ossuto – Io ho creato le vostre spade, ma la magia delle Hoshisaki non la posso controllare. Tessaiga è di tuo fratello, rassegnati a trovare un modo per comunicare con Tenseiga e lasciami in pace!»
«Non sono venuto qui per le spade, vecchio. Sono qui per Junan.» disse Sesshomaru, punto sul vivo di un tasto ancora dolente. La mandibola di Totosai ricadde.
«Junan? Cosa stai dicendo, ti sei bevuto il cervello?» chiese, grattandosi il mento sotto alla barbetta. Sesshomaru venne avanti di un passo con fare omicida e il vecchio alzò subito le mani in segno di resa. «Lo dicevo solo perché la piccola Rin…» balbettò.
«Junan è tornata in questa donna.» disse Sesshomaru, indicandogli Anna, che finalmente fu notata dal padrone di casa. La scrutò con occhi dapprima sospettosi, poi spalancati. Quello yokai doveva avere una mente acuta, perché di certo aveva notato la sua natura ibrida. Anna si inchinò a metà con educazione e lo yokai fece un cenno col capo.
«Molto bene, la nuova Junan…maltrattata come solo tu sai fare…E io cosa c’entro con questa ragazza?» borbottò Totosai, sospettoso. La risposta di Sesshomaru scioccò entrambi i suoi ascoltatori.
«Voglio sapere se puoi usare le tue arti per trasferire Junan dal suo corpo a una spada appositamente creata.»
   
 
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