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Autore: Bethesda    26/04/2022    2 recensioni
"[...] Lo voleva morto.
Voleva che provasse in pochi minuti il dolore che lui stesso aveva subito dal momento in cui si era reso conto di essere stato abbandonato come un cane su quel maledetto molo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Equipaggio della Revenge, Stede Bonnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando il Muto entrò nella locanda, gomitando Izzy per attirare la sua attenzione, Edward quasi non ci fece caso, dedito come era a controllare il risultato ottenuto sui dadi che aveva appena lanciato. Un’esclamazione di vittoria uscì dalla sua bocca, alla faccia del suo braccio destro e degli altri astanti, ma sembrò essere stata gettata a vuoto quando notò l’espressione dell’altro, più preoccupato dallo sguardo eloquente del sottoposto che dal fatto che presto avrebbe dovuto pagare pegno offrendo da bere all’intera ciurma.

 

«Cosa vuole?»

 

«Niente, capo», tagliò corto Izzy, facendo un cenno al Muto perché si allontanasse.

 

«Non sembra niente», disse Ed, una mano a cercare i dadi sul tavolo mentre con l’altra cercava il boccale ormai vuoto. Lo sollevò in aria e con rapidità se lo ritrovò nuovamente pieno, traboccante di una birra schiumosa e tiepida che a malapena dissetava in quel clima umido e soffocante che regnava su Tortuga.

Avrebbe dovuto uccidere l’oste, si disse, per il solo fatto di avergli permesso di ridurre in piscio quelle poche botti che era riuscito a procurarsi, ma non era il momento.

Izzy tramava qualcosa, lo sapeva bene.

Ogni volta che dietro a quella espressione perennemente schifata si nascondeva qualcosa dirgli la palpebra sinistra tremava lievemente e dal momento che era quanto mai raro che il suo secondo non gli comunicasse ogni singolo pensiero la cosa lo rendeva ancora più sospetto.

 

«Muto», disse Ed, un mezzo sorriso rivolto adesso verso il suo sgherro, «dimmi cosa succede».

 

L’uomo si congelò, permettendosi di lanciare un rapido sguardo ad Izzy come in cerca di aiuto.

 

Ed schioccò la lingua rumorosamente contro i denti per attirare la sua attenzione.

 

«No. Non guardare lui. Guarda me».

 

Inebetito dal terrore, incapace di proferir verbo, l’uomo aprì la bocca e con mano tremante andò ad indicarsi il moncone di lingua che gli era rimasto. Un dono che lui stesso gli aveva fatto anni addietro, quando lo aveva recuperato da una ciurma rivale.

Anche nella cattura si era rivelato un uomo scaltro, intelligente, dalla parlantina vivace e velenosa.

Troppo vivace e velenosa.

Un valido elemento, certo, ma gli aveva dato una scelta all’epoca: poteva morire, come tutti gli altri prigionieri, gettato nelle acque dell’oceano, oppure poteva diventare parte della sua squadra. Ma ad un prezzo.

Inaspettatamente aveva accettato di buon grado.

Lucas, così si chiamava all’epoca della cattura.

Ma era più semplice chiamarlo Il Muto adesso, per praticità.

 

«Lo so che non puoi parlare. Mi credi stupido? Te l’ho tagliata io stesso».

 

Uno sguardo di puro terrore percorse gli occhi dell’uomo, insieme a una domanda silenziosa: “E allora come faccio?”

«Mimalo».

 

Lucas si congelò sul posto e lanciò un rapido sguardo ad Izzy, cercando supporto, ma non ne trovò. Edward stesso andò a cercare il suo braccio destro ma lo vide intento a dar fondo a un bicchiere di rum quasi come se nulla stesse accadendo intorno a lui.

 

Il Muto, senza grazia alcuna, cominciò a gesticolare.

Che ne cavasse fuori qualcosa o meno, era divertente vederlo così disperato nel tentativo di interpretare un messaggio.

 

«Onda. Mare? No, no. Oceano. Nave! Hai visto una nave – trovato una nave. Una nave…olandese? Spagnola? Inglese?»

 

Il muto si mise una mano sull’occhio e piegò l’indice della mano destra.

 

«Va bene, una nave pirata. Sai che novità, siamo a Tortuga. Qui ci son solo puttane e pirati».

 

L’uomo continuò la sua interpretazione. Parte della locanda, seguendo da vicino la situazione, cominciò a tentare di indovinare.

 

«Una nave pirata piena di donne?»

 

«No, di oche! Vedi il movimento? Sta imitando un’oca».

 

«Chi mai porterebbe delle oche qui?!»

 

Ed si concentrò, un sorso di birra in bocca che passava fra una guancia e l’altra come se avesse avuto mal di denti.

Izzy stava aspettando qualcuno?

Un carico particolare? Un messaggio?

Le movenze del Muto si fecero sempre più accentuate, sempre più familiari.

Sembrava stesse prendendo in giro qualcuno di alto lignaggio.

 

«Un nobile?», azzardò.

 

Il Muto si fermò, indicandolo veementemente mentre tutto intorno a loro cominciavano ad alzarsi voci sguaiate nel tentativo di indovinare.

La mano di Izzy si strinse con ancora più forza intorno al bicchiere.

 

«Un pirata…nobile?»

 

Lucas fece capire che c’era quasi.

La sua espressione divenne compunta e con una mano andò a cercare un bicchiere. Nella foga dell’interpretazione rubò quello di Izzy, che mentalmente si segnò di impiccarlo all’albero maestro al primo momento utile.

Il Muto bevve dal bicchiere con delicatezza, alzando il mignolino.

Una volta finito lo posò e con un inchino maldestro ringraziò il proprio capitano.

 

Non solo nobile.

Gentiluomo.

 

Barbanera non dovette parlare.

Ed Izzy non dovette alzare lo sguardo per capire che il suo capo aveva capito benissimo chi stesse per arrivare sull’isola.

 

 


 

 

Tre anni.

Tre anni di scorribande, violenza, ubriacature e voglia di dimenticare.

Tre anni dove anche l’Oceano sembrava essere diventato troppo piccolo per il celeberrimo Barbanera, tanto da spingerlo all’avventura in angoli remoti, alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa.

Vendetta o morte era ormai indifferente.

Poi era giunto a Tortuga.

Un viaggio stancante, fatto di inseguimenti con mercantili stracolmi di merci e schiavi, che si era concluso con una nave quasi sull’orlo del collasso e una ciurma provata.

Tortuga all’epoca del suo arrivo era uno sputo nel mare, un paradiso dove nascondersi ma un incubo per chi volesse bere qualcosa di decente. Era abitata da qualche sbandato senza la benché minima idea di cosa fare della propria vita, che passava le giornate a bere e a fare a cazzotti con chi passava di lì per caso o di proposito.

Barbanera l’aveva trasformata.

Nel giro di pochi mesi l’aveva resa un punto di riferimento per ogni pirata che avesse bisogno di una base per nascondersi o per liberarsi della merce, schiavi o spezie che fossero.

Avrebbe dovuto essere fiero di ciò che aveva ottenuto ma si era trattato di un mero intrattenimento e lo sapeva bene.

Aveva fatto tutto ciò per distrarsi, per dimenticare quell’uomo di cui non sapeva ormai più nulla, certo che avesse abbandonato la vita da pirata per tornare fra le calde braccia della moglie, in barba a tutti i propri sogni, alle parole pronunciata, agli sguardi eloquenti che si erano scambiati.

Più volte aveva pensato di stanarlo, di trovare la sua villa da riccone e dare fuoco a lui, alla moglie, ai figli e a tutto ciò che glielo aveva portato via. Ma poi si era detto che non gli importava davvero.

Quella che l’altro aveva preso era stata la decisione di un codardo e per lui i codardi erano già morti, dimenticati.

Ne erano la prova i suoi beneamati libri.

In futuro tutti si sarebbero ricordati di Barbanera.

Nessuno invece sarebbe stato sfiorato anche solo dal pensiero di Stede Bonnet.

 

Ma per quanto continuasse a ripetersi da solo queste parole, il pensiero di Stede lo tormentava costantemente, un fantasma nascosto dalla bruma mattutina.

Cercava di annegarlo in ogni modo possibile ma restava lì, imperterrito.

Era così ridicolo sentirsi braccati dal ricordo di un uomo che nella sua vita non aveva fatto altro che scappare.

 

Eppure adesso era così vicino alla sua isola.

A lui.

Era dunque davvero tornato ad essere un pirata?

Se pirata era mai stato, si disse con perfidia senza crederci davvero.

 

Aveva recuperato un’altra ciurma? Qualche folle disposto a seguirlo?

I soldi per farlo li aveva, ma con che nave?

La Revenge era nelle sue mani adesso. Completamente cambiata, strappata via da ogni singolo oggetto che potesse riportare all’ex-proprietario.

Tranne che per una singola stanza, nascosta, di cui neanche Izzy conosceva l’accesso.

Barbanera non ci entrava mai – o quasi – perché quando lo faceva veniva travolto dal profumo di lavanda che proveniva da un piccolo cestello di canapa ricolmo di saponette.

Avrebbe dovuto gettarle in mare tempo addietro, ma non ci era riuscito.

Erano così delicate e pulite e quando aveva bisogno di farsi del male da solo si nascondeva all’interno del bugigattolo, chiudeva gli occhi e affondava la testa nel cesto, inspirando a pieni polmoni, alla ricerca di brandelli di ricordi che non facessero male.

 

E in quell’istante si era rinchiuso proprio lì dentro, lontano dagli occhi della sua ciurma, la testa piena di domande e di rabbia.

 

Lo voleva morto.

Voleva che provasse in pochi minuti il dolore che lui stesso aveva subito dal momento in cui si era reso conto di essere stato abbandonato come un cane su quel maledetto molo.

Ecco cosa avrebbe fatto.

Lo avrebbe mandato a prendere, lui e tutti i suoi uomini.

Lo avrebbe legato all’albero maestro della sua dannata nave e gli avrebbe levato gli abiti di dosso a suon di frustate. Un bavaglio in bocca ne avrebbe soffocato le grida e una volta fatto lo avrebbe buttato a mare legato ad una corda, per far bruciare la carne viva. E via di nuovo, avrebbe continuato così, costringendolo a guardarlo negli occhi per tutto il tempo. Se fosse stato costretto gli avrebbe cucito le palpebre di modo che non potesse più chiuderle, per far sì che l’ultima immagine impressa nella sua mente fosse la rabbia dell’uomo che aveva osato ingannare.

 

Ma al tempo stesso aveva così tanta, tanta paura di rivederlo.

Tre anni cambiano un uomo e Stede si era rivelato essere sempre pieno di sorprese.

Non riusciva ad immaginare chi o cosa avrebbe dovuto affrontare.

 

   
 
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