Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Euridice100    26/04/2022    1 recensioni
Raccolta di drabble, flashfic e oneshot scritte per il FeBruAbba 2022 e non solo | Rating variabile
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Leone Abbacchio
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dancing in my storm
I - Strawberry (FeBruabba2022 Prompt#23)


 
(CoffeeShop!AU + Modern!AU + Genderbend!AU)
 
 
Un locale a tema fragole. Lea si chiede se ci sia stato un minimo di studio, un qualche business plan alla base di simile azione suicida: quanto può sopravvivere una sorta di sala da tè che vende solo prodotti a base di fragole? E che dire delle fragole fuori stagione? Poi ci si lamenta dei disastri ambientali.
Le prime volte ci è andata perché la sua collega di facoltà è letteralmente ossessionata dalle fragole. Avrebbe potuto aprirlo lei quel locale. Ma con la sessione alle porte Fra, donna saggia, si è sigillata in casa a mandare a memoria il manuale di Diritto commerciale. Lea, che altrettanto saggia non è, allo Strawberry Fields Forever – mamma mia quanta originalità – ci è tornata molte altre volte, con o senza i libri.
In realtà il posto non le piace: è così rosa e lezioso da far concorrenza all’ufficio della Umbridge e i dolci la nauseano, sono zucchero puro.
E allora, perché da quasi sei mesi a questa parte, una volta a settimana, trascorre lì un intero pomeriggio?
Il motivo è abbastanza cretino.
Il motivo ha la frangetta, cerchietti argentati ai lobi e una risata contagiosa.
Si chiama Morena.
(Non che Lea glielo abbia chiesto, ovviamente. Lo ha scoperto per caso la volta in cui l’ha sentita rispondere al telefono.)
Ora, trattasi di una situazione ordinaria: una persona ti piace al punto che pur di vederla torni spesso nel locale in cui lavora, anche se il posto non è nelle tue corde? Semplice: lanci una battuta, ci parli, tenti di entrare in confidenza.
Da A a B, soluzione immediata.
Tuttavia, se Lea si impegnasse nello studio tanto quanto s’impegna nel complicare situazioni semplici, sarebbe già alla terza laurea.
C’è da dire che ormai Morena la riconosce: le sorride sempre quando entra, quando la serve le chiede come sta…
Chiacchiere di circostanza, deve essere gentile per lavoro.
Una volta le ha persino fatto i complimenti per la maglia che indossava.
Beh, mi faceva due tette enor…
La maglia è davvero bella.
Fra e Na’ non sanno più che consigli darle.
 - Se a me piace qualcuno, vado e ci parlo. Che c’è di strano? -
- Grazie, Na’, la fai sempre facile tu. -
Le sue amiche hanno ragione: i pellegrinaggi al locale sono fini a se stessi. Se non vuole che Morena resti una sconosciuta, deve rompere il ghiaccio. Ma Lea è negata per queste cose e soprattutto perché mai, cortesia lavorativa a parte, l’altra dovrebbe voler avere a che fare con lei? Quella ragazza è un prodigio della natura, sempre allegra, con due immensi occhi blu, e quanto diamine è luminosa la sua pelle? Tanta bellezza dovrebbe essere illegale.
Magari è già impegnata, o magari non le piacciono le donne, ma una cosa è certa: Morena non potrebbe mai trovare nulla di interessante in una come Lea, pallida e sempre imbronciata. Per non parlare del suo caratteraccio, persino peggiorato da quando non ha trovato il suo nome nell’elenco degli ammessi in Polizia.
Spera che almeno l’esame di domani vada bene. Non perché gliene importi – è una e una sola la carriera cui ambisce –, ma perché il solo pensiero di rivedere la delusione scurire il volto di sua madre la annichilisce.
Ci spera anche per un altro motivo.
Ha fatto una scommessa con se stessa: se supererà l’esame, andrà da Strawberry Fields Forever. Non ci mette piede da due settimane. Si siederà e, quando Morena verrà a prendere l’ordine, per una volta non si limiterà a bofonchiare un ringraziamento.
Lea riapre il libro. I titoli di credito fanno schifo. Sospira e ricomincia a ripetere.
 
***
 
23
Siiiiiiii ama siiiiiiii io lo sapevo che ce l’avresti fatta bravissima brava bravissima – tre cuoricini rossi pulsanti, pochi istanti prima del nuovo messaggio – E ora vai lì, vero? VERO?
Sì. Lea è una che mantiene le promesse, anche se fatte solo a se stessa – e stupidamente confidate a Na’, ma questo è un altro discorso.
Appena esce dalla facoltà, si dirige verso una sala da tè troppo rosa. Nessuna esitazione: cuffiette alle orecchie e dritta per la strada. Se si ferma a pensare, l’istinto di correre a casa avrebbe la meglio. Sbircia dalla vetrina: dietro il bancone, una certa cameriera è da sola, assorta al cellulare.
Quanto è bella. L’altra notte l’ha sognata. Un sogno piuttosto strano, in realtà: apriva delle cerniere… In un muro? Ma il punto non sono le bizzarre avventure oniriche di Lea, il punto è che da un bel po’ non prendeva una cotta simile per una che non-
In quel preciso istante, Morena alza lo sguardo. La vede. La riconosce. Sorride.
Cazzooo!
Le fa cenno di entrare e Lea non può – non vuole – far altro che obbedire.
- Ehi, buongiorno! Come va? È da un po’ che non ti vedo. -
- Ciao, – prega perché il rossore sulle guance sembri causato anche stavolta dallo sbalzo di temperatura – Sì, io ho… Dovevo studiare. Ho dato un esame. Oggi. -
Cristo Santissimo. Perché fa sempre la figura dell’idiota?
Deve dire qualcosa di intelligente, avanti!
La ragazza annuisce comprensiva.
- Ti capisco, la sessione è micidiale. -
- Era diritto commerciale. Ho preso 23, – e sti cazzi? Lea ti prego zitta che è meglio – Non è granché, ma è uno in meno. -
- Cavolo, ma scherzi? Commerciale mi sa di esame bestia, già il nome fa paura. Sei stata bravissima! – Lea non sa perché, ma ha l’impressione che tutta questa partecipazione sia sincera. È un bel pensiero. La riscalda in questa fredda giornata di febbraio – Siediti dove vuoi, ti raggiungo subito.
Morena ricompare dopo un istante con due piattini.
- Offro io. È l’ultima settimana. -
Lea si augura di non aver sentito bene.
- Cioè? -
L’altra pesca il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans. Smanetta qualche istante prima di porgerglielo.
Lea legge incredula le righe scarne.
- Ma è legale? -
- Parrebbe di sì, – inforchetta la fetta di torta come se fosse la testa del suo capo – E anche se non lo fosse, per certa gente tutto è legale. -
L’amarezza nelle parole è così vera da far male. Con la forchettina Lea scarta dalla sua fetta i pezzi di fragola più grossi.
- Mi dispiace, – si limita a mormorare, ed è vero, per mille motivi diversi. Quelli egoistici, per una volta, non sono i principali.
- Me la caverò, – la giovane reagisce pratica – Era ormai chiaro, non viene quasi nessuno. Però questo lavoro mi mancherà. Mi piaceva, mi pagavano puntuali e nessuno mi toccava il culo mentre servivo. E questa torta… – accenna al piattino ancora pieno di Lea – Ma quant’è buona questa torta? -
Allarme. Possibile domanda trabocchetto.
Se Lea dice la verità e vien fuori che dei dolci si occupa la sua interlocutrice, game over.
Non sbilanciarsi, non sbilanciarsi è la soluzione.
- Già, davvero buona. -
… Lea, la regina delle sottone.
Le sopracciglia dell’altra scompaiono sotto la frangia.
- Guarda che capisco benissimo quando qualcuno mente. -
- Non sto mentendo. -
- Uso una tecnica segreta, – la mette in guardia, la bocca mezza piena – Ma non ti conosco abbastanza da mostrartela. E tanto con te non serve – te lo leggo in faccia che questa torta ti fa schifo. -
Lea alza i palmi in segno di resa.
- È solo un po’ troppo dolce per i miei gusti, – confessa.
Morena la guarda di sottecchi.
- Ma non è vero. Sa di fragole. Semplicemente, non ti piacciono le fragole. E allora mi chiedo, – porta un indice alle labbra, l’espressione tutto a un tratto assorta – Perché continui a venire in un locale a tema fragole, se a quanto pare non ti piacciono? -
Touché.
- Infatti non prendo mai la torta. -
Un ampio sorriso accende ancora di più il volto della cameriera.
- Vero anche questo. Sempre e solo caffè. Americano, tra l’altro – roba da bandirti da Napoli, anzi, dall’Italia intera.
Lea tiene a bada il pensiero che le lampeggia in testa. Il fatto che Morena ricordi le sue ordinazioni non significa niente: in questo posto ci vengono in quattro gatti, parole sue, e lei è forse l’unica presenza più o meno fissa.
- Ma dal momento sono una persona buona, te lo preparo comunque. -
Morena è una chiacchierona, ma a Lea piace ascoltarla. Le splendono gli occhi mentre parla degli studi in Pedagogia, dei ragazzini del rione in cui fa volontariato – come trova il tempo di far tutto? –, della passione per la sartoria ereditata dalla madre che l’ha cresciuta da sola dopo il divorzio dal padre e che ora sta poco bene. È una tosta, questa ragazza dai capelli corvini. Tutto a un tratto a Lea la sua vita, col suo susseguirsi di giornate sempre uguali, di paranoie e problemi più inventati che reali, sembra patetica. Farebbe meglio a non rispondere alle domande perché il confronto è impietoso.
Ma – si rende conto subito – quando Morena chiede, lei non è in grado di rifiutare.
Si ritrova a parlare di sé. E parlare di sé, in questo periodo, significa parlare di quel concorso. Di quante volte, sin da piccola, ha sognato la divisa. Di quando era ottimista e quel sogno era una corda cui si aggrappava, giorno dopo giorno, uno sforzo dopo un altro. Di quando, all’improvviso, uno strattone e la corda le è sfuggita dalle mani, lasciandole i palmi insanguinati e la dura, feroce consapevolezza di non essere – abbastanza brava, abbastanza meritevole, abbastanza.
Di come, da allora, i giorni scorrono e i pensieri restano fermi.
E forse non è la migliore idea parlare subito dei propri fallimenti, ma qualcosa le suggerisce che non ha senso nasconderli a Morena, che non deve temere il suo giudizio perché un giudizio, semplicemente, non c’è. Morena sa anche ascoltare. La lascia sfogare, non commenta, ma mai – neanche per un istante – Lea ha la sensazione di star parlando da sola.
- Sei la prima persona cui lo dico, – confessa alla fine – Gli altri lo sanno, mi stanno vicino, ma non sono mai riuscita a confidarmi in questo modo. -
E non ho idea del perché e questo mi fa paura, ma mi fa anche stare bene.
Morena non distoglie lo sguardo.
- Grazie. -
- Ma dovrei essere io a ringraziarti. Ti ho ammorbata con le mie lagne quando tu-
- Non ti permettere a definire lagne i tuoi problemi, – gli occhi fermi nei suoi, la giovane non mostra esitazione – Saranno anche diversi dai miei, ma questa non è una gara. E sì – ti ringrazio per aver avuto fiducia in me ed esserti confidata, – finisce il suo caffè prima di aggiungere – Mi spiace solo che tu non ce l’abbia fatta mentre altri hanno la strada spianata anche se non se lo meritano. Tu saresti un’ottima poliziotta. -
Lea corruga la fronte.
- Sei gentile, ma come fai a dirlo? Tu non mi conosci. -
Le labbra della ragazza s’increspano appena.
 
- Errore. Io non ti conosco ancora. -
 
 
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Il titolo della raccolta è un verso da Liability di Lorde
 
 
N.d.A.: In occasione del FeBruAbba, due mesi fa ho sviluppato e pubblicato su Ao3 alcuni prompt. Era però strano non avere queste storie anche su EFP, dove si trovano i miei deliri anche risalenti a eoni fa; perciò eccomi qui.
In questa raccolta confluiranno diverse storie brevi che prima o poi svilupperò o terminerò. Sono progetti molto semplici, scritti un po’ per gioco un po’ per sfida verso me stessa, come nel caso delle storie del FeBruAbba, ma la cui stesura mi ha divertita. Aggiornerò più o meno ogni tre-quattro settimane, salvo nuove idee da pubblicare in autonomia.
Non vedo l’ora di scoprire cosa ne pensate di questo AU: consigli e pareri sono sempre benvenuti!
Mi trovate su Twitter, Tumblr e Ao3; qui, invece, la playlist BruAbba.
Grazie per aver letto sin qui e a presto, spero! ♥♥♥ 
Euridice100
   
 
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