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Autore: Sasita    29/04/2022    1 recensioni
"You changed me Dean... because you cared, I cared. [...] I love you"
Storia post series finale, dove finalmente Dean fa i conti con i suoi sentimenti e con l'angelo che ha cambiato, e l'ha cambiato, per sempre.
Tutti noi vorremmo che l'ultimo episodio non fosse mai stato girato, almeno non in quel modo. Dean in paradiso, in attesa di Sam, una distanza imbarazzata tra tutti i personaggi e un grande, sofferente, insostenibile vuoto. Non bastano un sorriso e un sospiro alla menzione di Castiel a colmare la lacuna lasciata dalla sua assenza, a dare pace a un tormento che si protraeva da fin troppi anni, e che troppo a lungo ha accompagnato Dean e Castiel nella scoperta di sé stessi, e del loro vero essere. Ma se tra il momento in cui Dean ha salutato Bobby in Paradiso per mettersi in viaggio, e quello in cui Sam l'ha finalmente raggiunto, non fosse passato così poco come l'episodio lascia intuire? Il tempo passa diversamente in Paradiso, ma Dean non può scappare da sé stesso, e non può scappare da colui che, per undici anni, l'ha amato e protetto sacrificandosi per lui senza remore.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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NdA. questo sarebbe dovuto essere il penultimo capitolo, ma credo che invece il penultimo sarà il prossimo perché mi sono resa conto che questo confronto è andato più lungo di quanto credessi e ci sono ancora alcune cose che vorrei che Dean e Castiel facessero prima di chiudere il cerchio di questa storia. Questi ultimi capitoli si stanno un po' scrivendo da soli... non che siano più semplici, anzi, ma è come se fossero i personaggi a portarmi dove vogliono adesso, e non sono più solo io a comandarne le mosse. Comunque, grazie a chi è rimasto fino a qui. Grazie a chi ha letto e commentato, e anche a chi ha soltato letto. Il titolo di questo capitolo è ispirato dalla famosa canzone di Cat Stevens, Father and Son, che credo si adatti molto bene al rapporto di non ascolto reciproco che c'è spesso tra genitori e figli, e in particolare, credo, tra John e Dean.
Fatemi sapere cosa ne pensate!


 


CAPITOLO XIV
Father and Son

 

I was once like you are now
And I know that it's not easy
To be calm when you've found
Something going on
But take your time, think a lot
Think of everything you've got
For you will still be here tomorrow
But your dreams may not

All the times that I've cried
Keeping all the things I knew inside
It's hard, but it's harder to ignore it
If they were right I'd agree
But it's them they know, not me
Now there's a way
And I know that I have to go away
I know I have to go

 

«Sei pronto?»

Dean se ne stava seduto in macchina, gli occhi fissi sul portone verde al di là del finestrino del passeggero, le mani strette sul volante. Gli occhi di Castiel lo pungevano, fissi sulla sua pelle. «Certo», rispose in automatico.

«Sei sicuro?»

«Assolutamente sì», disse ancora. Accennò un sorriso e incrociò lo sguardo dell’altro per un breve istante, prima di tentennare il capo con una leggera risatina. Strinse le labbra e deglutì.

Castiel sospirò, e gli posò una mano sulla spalla per rassicurarlo. «Non sei costretto a fare niente»

«Lo so», annuì appena, «Ma voglio farlo. E poi… non possiamo rimandare ancora»

«Non ci corre dietro nessuno, lo sai vero?»

Dean piegò le labbra in un mezzo sorriso, stavolta fissando gli occhi in quelli dell’angelo. «Adesso è il momento»

Così dicendo sbirciò di nuovo verso il portone, si schiaffeggiò una coscia con la mano e annuì, deciso, aprendo lo sportello e lanciandosi fuori dalla macchina. Castiel lo seguì con molta meno foga, cercando di infondere un po’ di calma a Dean con il suo spirito serafico. Poteva percepire a distanza il suo nervosismo, la sua aspettativa; era come un ronzio dimesso che irradiava dal suo corpo teso. 

Quando in pochi passi furono davanti alla porta, si scambiarono un’occhiata fugace. Castiel prese la mano di Dean nella sua e la strinse leggermente, un secondo, e l’altro gli sorrise, ricambiò la stretta e si abbassò un po’ per un piccolo bacio.

Il rumore di passi che seguì il tintinnio del campanello anticipò di poco lo schiocco della serratura, poi la porta si aprì rivelando il sorriso genuino e smagliante di Mary. Indossava una blusa celeste e un paio di jeans chiari, i capelli le ricadevano in morbide onde chiare sulle spalle. Era ancora strano, per Dean, vederla così giovane.

«Ragazzi!», gettò subito le braccia al collo del figlio, poi fece lo stesso con Castiel. «Siete in anticipo! Il pasticcio è ancora in forno!»

Con un gesto del braccio li invitò ad entrare, scostandosi quanto bastava per tenere aperta la porta mentre passavano, per poi richiuderla alle loro spalle. «E John sta tornando… ci siamo accorti troppo tardi di non avere niente da bere…»

«Casa Winchester senza alcolici? Sembra una barzelletta!», commentò Dean. Le sue spalle, che fino a quel momento erano state tese e alte, si rilassarono. 

Mary rise. «In realtà l’abbiamo finito ieri sera, con Bobby e Karen»

«Come stanno?», chiese Castiel.

«Molto bene… anche se pure loro si sono chiesti che fine aveste fatto! Dovresti fargli visita, Dean…»

Lui lanciò uno sguardo a Castiel, che gli sorrise. «Lo faremo sicuramente»

Mary annuì, i suoi occhi scorsero su entrambi. Senza dire niente fece loro strada fino al piccolo salotto. Dean si gettò sul divano come un sacco di patate, un braccio abbandonato sul bracciolo e le ginocchia larghe davanti a sé. Castiel, invece, rimase in piedi alla sua destra, appena dietro le sue spalle. 

Dean gli aveva fatto indossare un paio di jeans quasi neri, una maglia girocollo grigia - Castiel aveva controbattuto dicendo che fosse tortora, ma Dean non sembrava cogliere quella sfumatura - e una giacca da abito abbastanza casual, dalla stoffa ruvida, leggermente più scura. Nel complesso l’angelo aveva quell’aspetto pulito adatto a una prima presentazione ufficiale ai genitori, ma senza troppi fronzoli. Non sarebbe stato da Castiel, e soprattutto non sarebbe stato da Dean, che invece indossava il suo tipico outfit: jeans in classico color denim, una t-shirt nera e la sua camicia verde scuro con le tasche davanti. Mary scrutò entrambi con interesse, poi si sedette di fronte a Dean, con un sopracciglio alzato e un’espressione consapevole stampata sulla faccia.

«Castiel… hai cambiato genere di abiti, vedo», commentò.

L’angelo soffiò un sorriso. «Sì, Dean ritiene che il mio tipico abbigliamento sia diventato… obsoleto»

Dean si irrigidì, e sua madre strinse gli occhi posandoli su di lui. «Dean», lo chiamò.

Lui tossì. «È proprio il mio nome»

«Cosa ti turba?»

«Io… nulla, di che parli?», gli rispose, evitando il contatto visivo.

Lei schioccò la lingua, il ritratto dell’esasperazione dipinto sul volto. «Dean», lo chiamò di nuovo, «Se ti preoccupa tuo padre, beh… non serve. Sappiamo già tutto»

Dean saettò gli occhi su Mary, fulmineo. La sua espressione passò da fintamente serena a preoccupata in un istante. «Cosa?»

«Forse non te lo ricordi… sai, c’eravamo anche noi alla Roadhouse due settimane fa»

L’uomo inspirò, il suo sguardo si fece attento, le sue labbra si schiusero. Castiel gli posò una mano sulla spalla, stringendo a pena, poi la tolse. «Non ho detto— non ho fatto…»

Mary le sorrise. «Non importava che tu facessi o dicessi niente, Dean… io e tuo padre, beh, noi abbiamo gli occhi sai?», disse indicandoseli con gli indici di entrambe le mani. «E ti abbiamo visto… e poi, sinceramente… ci ho messo un po’ di tempo quando Amara mi ha riportato in vita per capire che voi due non stavate già insieme…»

Dean avvampò, il suo viso si fece rosso e caldo e le sue mani sudarono un poco, così le strusciò sui jeans, cambiando posizione per dissimulare la tensione. «Non stavamo insieme!»

«Eh», rispose lei, «L’ho capito. Dopo un po’.»

«Perché pensavi che…?»

La donna sbuffò, si portò il pollice e l’indice alla radice del naso in un gesto che aveva passato inconsapevolmente a Sam, e scosse la testa, cercando di non ridacchiare. «Ma dai, Dean… il modo in cui me l’hai presentato, quel tuo luccichio negli occhi, l’abbraccio che vi siete scambiati, la voce di Castiel quando ti ha visto… e poi tutto il resto… beh, eravate abbastanza, come dire… palesi?»

Dean deglutì. «A quanto pare non abbastanza da capirlo da soli»

Mary alzò una spalla. «Mi dispiace non esserci stata per insegnarti che fingere che una cosa non esiste non è abbastanza per farla sparire», commentò con una leggera amarezza, «e quando poi mi sono ritrovata a fare la mamma dopo trentasei anni… beh, non sapevo neanche dove iniziare e non volevo… sai, uhm… superare dei confini che non sapevo identificare. Il mondo era già abbastanza cambiato e tu eri già un uomo fatto… non sapevo quanto fossi consapevole e fino a che… estensione, diciamo, potessi intervenire. E ho finito per non intervenire affatto. E mi dispiace»

«Non devi dispiacerti», disse Dean, improvvisamente sollevato. «Non è stata certo colpa tua»

«La colpa di cosa?», tuonò una voce dall’ingresso.

Da sollevato che si era sentito, Dean fu di nuovo spedito in un turbine di tensione e nervosismo. Percepì Castiel che sollevava la mano per posarla di nuovo sulla sua spalla, per calmarlo, ma gli lanciò un’occhiata fugace, chiedendogli silenziosamente di non farlo. L’espressione dell’angelo era contrariata, ma annuì, un piccolo gesto appena percepibile, e gli sorrise. 

«Papà», salutò Dean.

«Signor Winchester», disse Castiel.

«Tesoro», soffiò Mary, alzandosi per andargli incontro.

John era uguale a sempre. Aveva un paio di pantaloni scuri, una camicia di jeans e la sua tipica giacca consunta di pelle marrone scuro. Il suo viso era un’espressione indecifrabile, eppure tranquilla. Si tolse la giacca e l’appese all’attaccapanni, poi si avvicinò a Mary e le diede un piccolo bacio sulla tempia, prendendola per mano. «Mary», la salutò lui, «figlioli», disse poi rivolto a Dean e Castiel.

Dean deglutì e si alzò, ma John gli sorrise e si rivolse prima all’angelo. «Castiel», disse, allungando una mano, «è un piacere conoscerti, finalmente», disse, quando l’altro gliela afferrò e la strinse.

«Anche per me», rispose.

«Mary mi ha raccontato tutto di te… di voi», sottolineò.

Gli occhi di Dean si fecero grandi e volarono su sua madre, che sbatté lentamente le palpebre e accennò un sorriso. Deglutì.

«Ah sì?», chiese, con un tono più di sfida di quanto avesse voluto. «E che ti ha detto di preciso?»

«Che avete salvato il mondo… più volte. E ovviamente sono consapevole della ristrutturazione del Paradiso… io e tua madre eravamo insieme anche nell’altra versione, ma sai… così è molto meglio. Niente più ricordi passati, ora ne possiamo creare di nuovi, insieme… tu e quel Jack avete fatto un gran bel lavoro, e sono felice di potertelo dire finalmente!», disse con uno sguardo dolce rivolto solo a Mary.

Castiel sorrise educatamente. «Ehm, grazie… anche se sono stati Dean e Sam, a dire la verità, a fare la gran parte delle cose grandiose che sicuramente Mary le avrà raccontato… e sono loro che hanno aiutato Jack a comprendere la natura umana e ad… averne cura, ecco. Sono loro ad aver salvato il mondo ripetute volte… io piuttosto, mi sono trovato a combinare più danni di quanti ne abbia risolti, in effetti, quindi il merito è quasi sempre stato suoi figli…»

«Non ho mai dubitato di loro, anche se forse non gliel’ho mai detto o dimostrato abbastanza», disse lanciando un’occhiata fugace a Dean, «Oh, e… dammi pure del tu, raga—», si interruppe a metà parola, leggermente in imbarazzo. Dean si morse l’interno della guancia. «…beh, no, non sei proprio un ragazzo, vero? Intendo dire… sei un angelo, quindi decisamente meno giovane di me»

«Di qualche millennio sicuramente», rispose il serafino, del tutto disinteressato all’errore. «Ma in termini di eternità… in confronto agli anni umani, probabilmente sono ancora un ragazzo», scherzò.

John tirò un sorriso. «Bene, gli amici di Dean sono sempre i benvenuti, a prescindere dalla loro… antichità, direi», disse con una certa goffaggine. «In ogni caso, Dean… di cosa stavi parlando?», chiese spostando gli occhi da Castiel a suo figlio.

Dean deglutì di nuovo, la gola era tanto secca da bruciargli. «Io—»

«John», lo richiamò Mary.

Castiel stava per dire qualcosa, ma Dean lo guardò, prese un respiro profondo e poi si spostò di un passo, posizionandosi dritto al suo fianco. Cercò le parole da dire, scavando nella mente come se si trovasse davanti a un vocabolario, ma niente sembrava andare bene. Dopotutto Dean era sempre stato un tipo più fisico, uno che agisce senza troppe cerimonie, senza troppe spiegazioni. Così, in mancanza di un modo migliore, decise di passare all’azione e in un movimento repentino, deciso ma forse troppo brusco, prese la mano di Castiel e intrecciò le dita alle sue, in modo quasi plateale. «Io e Cas— Castiel non siamo amici… noi, uhm, stiamo insieme»

Dean la notò, la piccola vena sulla tempia di suo padre, ma John sbatté le palpebre un paio di volte, sospirò e sorrise debolmente. «La cosa non mi sorprende, figliolo», commentò.

Il suo cuore quasi si fermò. «Come… cosa?»

John si morse un po’ il labbro inferiore, alzò la mano aperta in aria e scosse un po’ la testa, alzando le spalle. «Ti ho sentito parlare di Castiel prima… e poi, beh, il modo in cui tua madre…», le lanciò uno sguardo per avere un po’ di supporto, «…ha parlato di lui era, non so, eloquente? E poi c’è stata la Roadhouse, e quella canzone, e tutto quel… teatrino che hai montato», disse.

«Teatrino?», chiese Dean, più aggressivo del necessario.

«Non fraintendermi», rispose suo padre, «Intendo dire che è stato… molto… romantico, per uno come te»

Stavolta fu Mary a guardarlo con la fronte corrugata e un sopracciglio alzato. «Per uno come lui?»

John sbuffò, si passò una mano tra i capelli e si grattò la nuca, in difficoltà. Tossì e fece per parlare, senza riuscirci. Invece, alzò la mano sinistra, da cui penzolavano ancora una cassa di birra e un sacchetto di carta spessa che nascondeva sicuramente un vino, e con un cenno del capo indicò il tavolo della sala da pranzo, già apparecchiato. Nessuno lo seguì.

Dean lo osservò con le braccia abbandonate lungo i fianchi, la sua mano era ancora stretta in quella di Castiel. La mandibola di John si serrò, e la stessa fossetta che apparteneva anche a Dean si formò sul suo viso, poi abbassò gli occhi e in pochi gesti decisi afferrò un apribottiglie e stappò il vino, iniziando a versarlo nei calici vuoti.

«Dean», sospirò, «quello che intendo dire è semplicemente che negli anni in cui ti ho cresciuto… con tutti gli errori che ho fatto, e che sicuramente hanno influenzato il tuo atteggiam— il tuo modo di vivere certi rapporti… in tutto quel tempo, ecco, hai sempre avuto un certo… distacco», disse, calcolando ogni parola. «E sono sicuro che abbia avuto il suo peso il fatto che io non ti abbia mai spinto a tirare fuori le tue emozioni… che ti abbia cresciuto come un soldato. Quello che voglio che tu sappia adesso però è che… non importa. Non posso dirti però che non sarebbe importato quindici o venti anni fa, questo non posso farlo, sarebbe una bugia… onestamente figliolo, non sapevo neanche che fosse diventato legale il matrimonio tra persone dello stesso sesso in America! E, sì, non ho mai avuto niente in contrario ma… mio figlio? Sarebbe stato difficile da digerire, e probabilmente in un altra situazione avrei potuto… reagire male. Ma sinceramente… in questo momento non riesco neanche a ricordare perché avrei reagito male. Mi sembra tutto così… distante e stupido, visto da questa prospettiva»

Mary guardò il marito, poi Dean e Castiel che si tenevano ancora per mano. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ce ne fu bisogno.

«Il motivo era che non avresti accettato un figlio debole…», la anticipò Dean, «…e-e l’hai reso chiaro tante volte in cui hai ritenuto opportuno farmi notare quanto “effeminato” fosse qualcuno che incontravamo se si comportava in modo codardo— per te essere g-gay significava essere deboli… beh, devo dire che per fortuna ho avuto modo di conoscere persone che ti avrebbero dimostrato il contrario… uomini e donne che hanno fatto il culo strisce a cattivi che neanche ti immagini… veri cacciatori con le palle d’acciaio, molto più coraggiosi e… straordinari di tanti maschi alpha dalle mani troppo veloci e la lingua troppo lunga… ed è anche grazie a persone come loro, come Charlie e-e… Jessy e Ceasar e— non importano i loro nomi, comunque, è grazie a loro che ho capito che ti sbagliavi, e che invece non c’è assolutamente niente, niente di debole nell'essere gay!», disse come in un’eruzione vulcanica di parole. Non sapeva neanche se le stava dicendo più per John o per sé stesso. «Non che io sia gay, comunque»

«Non siamo tipi da etichette», commentò Castiel, stringendogli un po’ la mano.

Dean sorrise debolmente. «Ma se dovessi usarne una… penso che la dicitura corretta per me sarebbe… bi— uhm, bisessuale», commentò, la sua voce più tremante di quanto volesse. «Sto ancora cercando di imparare tutte le sfumature, non mi sono mai sentito davvero libero di farlo prima d’ora…»

«Dean…», iniziò sua madre.

«Non posso mentirti, ragazzo. È vero. Sono un uomo degli anni cinquanta e…»

«Beh, Elton John è nato nel 1947… eppure…», lasciò in sospeso Mary, alzando le spalle e piegando le labbra in un’espressione eloquente.

John sospirò di nuovo, si passò una mano sulla faccia. «Il modo in cui sono stato cresciuto… con una madre single, la necessità di diventare uomo presto… non è una giustificazione—», si affrettò a dire, vedendo Mary già pronta a controbattere, «…e ho la sensazione che stiamo sviando dal punto», proseguì, esasperato. «Quando sono rimasto solo…», ricominciò, «…non volevo che nessuno di voi, né tu né Sam, viveste il dolore che avevo vissuto io… e inoltre tutto quello che era successo mi ha reso più duro, più arrogante, caparbio, cattivo e-e avevo un problema, non posso negarlo, tu c’eri Dean e mi hai visto… bevevo, ero in una spirale di distruzione e autodistruzione… e mi sono concentrato sulla vendetta per attaccarmi a qualcosa e nel farlo ho perso me stesso, mi sono dimenticato di voi, della vostra età. E, Dean, lo so che ti ho messo sulle spalle un peso troppo grande, con tutte le volte che ti ho lasciato a badare a Sammy, con tutte le volte che ti ho detto che mi avevi… deluso», inspirò ed espirò, poi i suoi occhi si concentrarono su un punto imprecisato del soffitto, rossi e lucidi. «Se fossi stato più attento, se fossi stato più consapevole e sensibile forse avrei capito che le cose che ti dicevo ti ferivano e ti— sono stato un pessimo padre per te… anche per Sam, ma soprattutto per te. Se potessi tornare indietro con la consapevolezza di adesso farei tutto diversamente… ma non si può, e sono orgoglioso dell’uomo che sei diventato nonostante me… e onestamente, non mi interessa chi ami, purché tu abbia preso il mio insegnamento sull’amore e l’abbia buttato nella spazzatura. Non importa quanto fa male, amare vale sempre tutto il dolore… e sono felice che tu abbia trovato lungo la strada delle persone che ti abbiano dato degli esempi migliori del mio…», disse lasciando scivolare lo sguardo su Mary, «…e altre che ti abbiano dato l'amore che meritavi, e meriti», finì guardando brevemente Castiel, prima di incrociare di nuovo lo sguardo di Dean.

Lui tirò su col naso, liberò dalla presa dell’angelo la propria mano sudata e si avvicinò al tavolo per sedersi.

John lo guardò, poi si sistemò a capotavola, mentre Castiel rimase un attimo immobile ad osservare la scena prima di accomodarsi accanto a Dean. Mary strinse le labbra, annuì tra sé e sé e si diresse in cucina. Il rumore dei piatti e dei vassoi preannunciava che il pranzo era quasi pronto.

«Figliolo…», riprese l’uomo, stavolta con un tono più basso, guardandolo fisso negli occhi. «…al di là di ciò che non mi hai detto, o che io non ho avuto la capacità di vedere, sappi che mi dispiace. Sono stato sciocco, cieco, paternalistico… ti ho visto sull’orlo delle lacrime tante volte e ho finto di non vederti, ho minimizzato il tuo dolore, la tua sofferenza, ti ho riversato addosso tutto me stesso— Sammy se n’è andato e tu hai sentito l’obbligo di rimanere, sono stato crudele, con lui, con te… ed è il mio rimpianto più grande, aver ignorato ciò che era evidente, prima ancora di ogni altra cosa…»

Dean annuì, incapace di sostenere oltre lo sguardo di suo padre. «Mi fa venire in mente quella canzone di Cat Stevens», mugugnò, dissimulando la tensione.

Deglutì e si passò una mano sulla faccia, prese il calice e bevve un lungo sorso di vino. Sentiva ancora un certo nervosismo; nell’aria aleggiava un senso di non finito, come se tra tutti loro risuonasse assordante il rumore di parole non dette. John, seduto in una posizione quasi militaresca, con le larghe spalle dritte e il collo perfettamente steso, la testa eretta e l’espressione fissa, finì di versare il vino nei calici. Prese un respiro come se stesse per parlare, ma poi chiuse la bocca senza dire niente. Quando Mary rientrò nella sala con la teglia calda piena di pasticcio di carne, Castiel si alzò per aiutarla, seguendola in cucina per portare a tavola il purè di patate dolci, i maccheroni al formaggio e l’insalata. 

«Grazie di questo splendido pranzo, Mary», disse dopo essersi seduto di nuovo, «Sembra tutto buonissimo»

«Sono stata aiutata», ammise lei, «Karen ieri si è offerta di darmi una mano»

Dean sorrise. «Era un’ottima cuoca anche in versione zombie…»

«Zombie?», chiese John, servendosi un cucchiaio abbondante di maccheroni.

«Sì, sono successe diverse cose assurde in questi anni», commentò Dean, riempiendosi il piatto con un’espressione buffa sulla faccia. «La moglie di Bobby e il figlio di Jody sono entrambi tornati dal mondo dei morti per fare una visitina alle proprie famiglie e hanno finito per… beh, cibarsi di loro»

Suo padre lo guardò con le sopracciglia alzate. «Vorrei dire di essere sorpreso ma ho imparato a mie spese che in questo mondo ci sono più cose assurde che cose credibili», commentò prendendo un lungo sorso di vino. «Chi è Jody?»

«Oh, lo sceriffo Jody Mills! È una delle persone più straordinarie che abbia mai conosciuto! È una vera tosta»

Mary sorrise. «E ha fatto un po’ le nostre veci negli ultimi anni, non è vero Dean?»

«Lei e Donna sono state fondamentali…», annuì lui, «…e fenomenali. Ci sono state quando tutto il resto si sgretolava»

«E hanno fatto un ottimo lavoro anche con mia figlia—», disse Castiel soprappensiero. Dean lo fulminò con lo sguardo. «O meglio, la figlia del mio tramite, Jimmy Novak»

John lo guardò con un sopracciglio alzato. «La figlia del tuo…? Non penso di aver capito»

Castiel lo guardò con un’espressione leggermente colpevole. «Quando ho condotto Dean fuori dall’inferno ho cercato di mostrarmi a lui nella mia vera forma, credendo che fosse abbastanza forte da poterla… vedere, in un certo senso, ma non poteva, così ho dovuto trovare un corpo umano… e quest’uomo», disse indicando il suo corpo con entrambe le mani, «era un devoto marito e padre di famiglia ed ha accettato di ospitarmi perché io compissi il destino prescritto per Dean e Sam… anche se, beh, poi le cose sono andate molto diversamente»

Dean si morse le labbra, improvvisamente inappetente. «Sì, beh, comunque Jimmy era consenziente e consapevole»

«Sì, mi ha fatto entrare dentro di lui consensualmente»

Mary scoppiò a ridere, portandosi il tovagliolo al viso per nascondere il cibo che stava ancora masticando.

«Non… non l’avrei detto in questo modo, Cas», sussurrò Dean.

Castiel scrollò le spalle. «Beh, ma è letteralmente la verità. Abbiamo entrambi accettato le conseguenze di quella coabitazione: io mi sono dovuto adeguare ai limiti di un corpo umano e lui ha accettato di lasciarmi le redini»

«Aspetta un attimo», lo interruppe John. «Quindi tu hai… posseduto il corpo di un tizio che aveva una famiglia per… per cosa?»

«Per compiere il disegno di Dio… anche se poi non l’abbiamo compiuto, perché Dean mi ha convinto a ribellarmi e da allora comunque abbiamo scoperto che—»

«Hai posseduto il corpo di un tizio?»

Castiel aggrottò la fronte, piegando la testa di lato. «Non esattamente… gli angeli non possono possedere il corpo di un essere umano senza il suo consenso, e quando ho chiesto a Jimmy se potessi entrare dentro di lui, mi ha pregato di farlo… lo voleva»

Dean si strozzò con il cibo. «Oh, Cas, ti prego non raccontarlo più in questo modo»

«Non capisco»

Mary bevve un altro lungo sorso. «Jimmy comunque non è più con te, giusto Castiel?»

«No, infatti», concordò lui, ancora confuso. «Jimmy sfortunatamente è morto poco dopo… Raffaele ci ha fatti esplodere e poi Chuck mi ha riportato in vita, più volte. Quello che ho adesso è un corpo tutto mio… mentre Jimmy è… in pace, direi»

«Anche lui in Paradiso?», chiese John.

Castiel annuì. «Sì, assolutamente»

«E non gli dà fastidio che tu e lui abbiate lo stesso aspetto? In un certo senso l’hai derubato della sua vita, no?»

Dean guardò suo padre, poi Castiel. «Quando Jimmy è morto era molto più giovane, credo che quasi non si riconoscerebbe se vedesse Cas adesso e poi… ora hanno uno stile molto diverso», disse gongolando, «Comunque sia, sì, probabilmente Jimmy ci porta un po’ di rancore ma sono passati anni e Claire è cresciuta proprio bene»

«Claire?»

«La figlia di Jimmy… per un po’ ho provato a farle da padre, ma non è nella nostra natura… nella natura di noi angeli, ecco, e poi ovviamente lei per un po’ mi ha accusato della sorte di suo padre»

«Ragionevolmente», commentò John, addentando un altro pezzo di pasticcio. «E quindi il tuo… corpo», disse, indicandolo con la forchetta, «è solo un… uhm… come un, come dire—»

«Abito?»

Dean guardò Castiel con un’espressione esasperata. 

John tentennò il capo. «Più o meno, sì. Lo è?»

«Si può dire così»

«E quindi tu cosa sei… voglio dire, come… come vi definite voi angeli?»

Castiel increspò le labbra. «Stiamo parlando di sesso?»

Dean tossì, se la sua faccia fosse stata di cera si sarebbe squagliato in un istante dal calore che gli affiorava alle guance. 

«Immagino di sì», rispose John, impassibile.

«John», lo redarguì Mary.

Lui la guardò, piegò la testa. «Non voglio… ovviamente non voglio essere irrispettoso»

«Assolutamente», gli sorrise Castiel. «Comunque, io sono un serafino. Il più alto e potente degli ordini angelici… beh, sono anche l’unico serafino al momento ma— comunque, gli angeli di norma non hanno né sesso né genere. Siamo luce e intenti, ogni tanto prendiamo una forma grazie alla devozione degli umani, ma altrimenti… nulla, non siamo né maschi né femmine»

John sembrava confuso. «Ma tu… beh, hai scelto un tramite maschile, quindi immagino che tu ti senta… ti identifichi… insomma, che tu sia effettivamente—»

«John», insistette Mary, fulminandolo con lo sguardo.

«La scelta di Jimmy è stata casuale… mi serviva un tramite abbastanza potente da contenermi, e lui era quello più vicino a Dean al momento necessario… nel corso della mia esistenza ho condiviso la coscienza di umani sia di sesso maschile che femminile, e in un’epoca in cui tutta questa storia della sessualità e del genere era vissuta con davvero molta più naturalità, ho avuto modo di spendere del tempo anche dentro umani che non si interessavano affatto alle preferenze sessuali degli altri, anzi…»

Dean voleva sprofondare; il boccone che aveva in bocca non ne voleva sapere di oltrepassare l'epiglottide. «Sì… beh, Cas è… Cas», disse, strofinandosi la fronte e gli occhi con la mano.

John annuì, a disagio. Nonostante tutto la sua espressione non era meno confusa, ma ritenne più saggio di non chiedere altro.

«In ogni caso», disse Castiel, che invece non percepiva alcun imbarazzo in quella situazione, «con il tempo ho iniziato a sentire una connessione con questo tramite, è diventato il mio corpo nel momento in cui è stato solo mio e… credo… sì, penso di potermi identificare abbastanza con esso. Non ho mai avuto un genere, ma credo che se fossi stato un umano sarei sicuramente stato un uomo. Infatti sono felice che Dean abbia rifiutato la mia offerta di prendere delle sembianze femminili, quando è arrivato in Paradiso…»

«Come, scusa?», chiese Mary con un sopracciglio alzato. «Cos’è che gli hai offerto?»

Castiel le sorrise. «Sì, mi sono mostrato a lui nella mia vera forma e gli ho chiesto se preferisse che io fossi più simile a quelle che ero convinto fossero le sue preferenze sessuali ma—»

«Oh, Gesù! Cas, stai zitto!», lo interruppe Dean, lasciando definitivamente cadere le posate. Tossì. «Sì, Cas è un uomo, a me sta bene che sia un uomo, è anche il primo essere dall’aspetto maschile con cui mi sia mai effettivamente rapportato, se questa curiosità dovesse in qualche modo passarvi per la testa… possiamo finalmente porre fine a questo discorso surreale? Non sono un dannato adolescente, porca miseria!»

John lo guardò. «Quando…», ma si interruppe, come se la parola gli fosse scappata più velocemente di quanto volesse senza riuscire a frenare il flusso di pensieri. Si morse la lingua e guizzò lo sguardo tra Dean e Mary.

«Cosa?», chiese Dean, chiudendo gli occhi e lasciando cadere la testa nel palmo della mano.

«No… io…», John grugnì e bevve un altro lungo sorso di vino. «Non fraintendermi, non voglio davvero essere invadente, vorrei solo… capire, capirti! Insomma, io mi rendo conto di aver detto diverse stronzate e che questo potrebbe averti… uhm… spinto a reprimere una parte di te, diciamo ma, ecco, credo che me ne sarei accorto se—»

«Se mi fosse piaciuto saltare di sponda in sponda?»

Gli occhi di John si fecero grandi, la sua espressione dura. «Non voglio dire che… cioè, te l’ho già detto, non importa, voglio solo capire… quando… se, ecco, avrei dovuto cogliere i segnali— non che avrei saputo cosa dirti, anzi, temo che avrei dato un pessimo spettacolo come genitore, e sicuramente non avrei saputo che tipo di discorso farti, sai, non c’ero quello delle api con il miele ma—»

«Oh, ma per l’amore del cielo! No, papà», rispose Dean con un sospiro. «Niente discorso okay? Uh-uh», disse, scuotendo la testa con le labbra strette in una linea sottile. «Inoltre le donne mi sono sempre piaciute e sinceramente mi piacciono ancora, quindi non ho mai dovuto fingere che mi piacessero e non ho mai mostrato di avere interesse per gli uomini, almeno non razionalmente, poi non lo so, ma comunque quindi non ti sei… non ti sei perso nulla, d’accordo? E anche se tu l’avessi fatto direi che è andata meglio così»

John si mosse sulla sedia. Un piccolo movimento, quasi impercettibile e sicuramente di poco conto per una qualsiasi altra persona. Ma si trattava di John “Generale” Winchester, ed ogni piccolo movimento nervoso stonava con ogni stilla del suo essere. «Ma hai sempre saputo che… insomma…?»

«Che mi piacevano anche gli uomini?», concluse Dean roteando gli occhi, «Sì e no… penso di non averlo mai razionalizzato finché non è arrivato questo figlio di puttana», disse facendo un cenno con la testa a Castiel. «Ma in retrospettiva, anche se non l’ho sempre saputo saputo, è sempre stato così, comunque… se ci penso, ricordo di aver sempre trovato attraenti anche i ragazzi, solo che non ho mai… uhm, trasformato quell’attrazione inconscia in un pensiero consapevole, ecco»

«Capisco», commentò John, «E immagino che sia colpa mia»

«Non solo…», disse Dean, «Ma sicuramente in parte»

«Di questo mi dispiace»

«Ormai è passato»

«Mi dispiace di aver detto cose volgari e fuori luogo, ragazzo… mi dispiace se ti ho fatto sentire in pericolo all’idea di vivere la tua verità. Mi dispiace se ti sei sentito in obbligo di nasconderti, di—»

Dean sghignazzò. «Non preoccuparti, anche se solo con metà dei carri armati che avrei potuto avere ho giocato delle belle partire a risiko, e ho conquistato una gran quantità di territori… mi sono divertito abbastanza»

Mary ridacchiò e John lo guardò attraverso le sopracciglia, per nulla sorpreso anche se leggermente infastidito della sua sfacciataggine. Decise di ignorare la vena militare che era in lui e rispondere nello stesso tono. «Non ne dubito, figliolo… ricordo bene che facevi stragi di cuori in tutte le scuole, per non parlare di quando lavoravamo insieme»

Dean ondeggiò la testa, muovendo in alto e in basso le sopracciglia e passandosi la lingua sulle labbra piegate in un sorriso buffo. «Ho sempre avuto un certo fascino… sono uno dei pochi uomini che può dire di aver letteralmente rimorchiato “un angelo caduto dal cielo», scherzò.

Castiel lo fulminò.

«Beh, in ogni caso figliolo… sono felice che tu abbia trovato qualcuno da amare»

«Papà», disse Dean, improvvisamente serio, fissando gli occhi in quelli di suo padre, «Castiel non è  semplicemente qualcuno da amare… lui è l’unica pers— creatura… che abbia mai amato davvero», disse in un soffio.

John annuì, guardò Mary e sorrise.

 

*****

 

Chiusi gli argomenti più seri, il pranzo era proseguito in un generale senso di serenità. John aveva voluto che Dean e Castiel gli raccontassero dal loro punto di vista gli anni che si era perso. Dean aveva raccontato di Paris Hilton, dei Ghostfacers, del verme di Khan, di tutti i vari incontri con i pagliacci assassini che avevano spaventato a morte Sam. Il suo viso si era illuminato raccontando del bunker, anche se John l’aveva già visto e ne aveva già sentito parlare; aveva descritto tutte le armi pazzesche che avevano trovato e poi aveva raccontato di quella volta che avevano trovato la chiave di Oz e Charlie era andata a farci un giro insieme a Dorothy dopo che avevano sconfitto la Malvagia Strega dell’Ovest. Così gli era venuta in mente la ninfa dei boschi che avevano liberato casualmente dalle mura del bunker che, a quanto pareva, era sempre stato in modalità risparmio e aveva delle funzionalità veramente fighissime. Aveva detto di come la ninfa fosse stata una manna dal cielo finché non aveva cercato di uccidere Jack. Poi aveva buttato giù alla goccia il calice di vino e aveva riordinato le idee: aveva raccontato delle maschere terrificanti in grado di trasformare in assassini fondendosi con la testa di chi le indossava, dei giocattoli che prendevano vita e del modellino a grandezza naturale ispirato all’horror Route 666. Poi si era ricordato anche di quando l’arcangelo Gabriele si era finto un trickster, poi Loki, e aveva rinchiuso Dean e Sam in un loop in stile “il giorno della marmotta” e in una programmazione televisiva, e parlando di cose divertenti gli era tornato in mente di aver conosciuto l’amico immaginario di Sam. Nella storia più recente gli era sembrata degna di nota quella volta in cui, per non farsi scoprire da Chuck nelle loro macchinazioni, avevano tirato fuori da una piega nello spazio tempo i loro doppelganger di un universo dove John aveva avviato un’attività di caccia ai mostri di successo e San e Dean erano due ragazzi viziati abituati a viaggiare in jet privato. Parlando degli altri universi di Chuck si era ricordato di quando Zacharia li aveva spediti in una realtà alternativa in cui Sam e Dean non erano altro che dei personaggi di un telefilm veramente trash, interpretati da due attori texani. Ogni avventura, raccontata nel tipico modo buffo di Dean, aveva provocato una serie di lunghe digressioni e risate, ma quella che aveva lasciato maggiormente perplesso John era stata proprio quella di cui Dean andava più fiero: quando erano finiti in Scooby Doo e avevano salvato la Scooby-gang da un vero fantasma e fatto arrestare il cattivo. 

Tra un racconto e l’altro si era inserito Castiel, che aveva riempito i buchi di trama narrando di tutte le altre avventure più serie e di tutte le apocalissi che avevano sventato. Era partito dal suo ruolo nella lotta tra Michele e Lucifero, per poi proseguire cronologicamente sulla guerra civile in Paradiso, la sua stupida decisione di allearsi con il demone Crowley per impossessarsi delle anime del Purgatorio, Eva e i Leviatani, la altrettanto stupida decisione di provare a chiudere le porte dell’Inferno con il solo risultato di far quasi morire Sam e far cadere tutti gli angeli dal Paradiso, il marchio di Caino e la guerra contro Metatron e i principi dell’Inferno, in particolare Abbadon, che era finita con Dean trasformato in demone. Aveva fatto avanti veloce raccontando di come Sam avesse trovato la cura tra i gli annali degli uomini di lettere e avesse riportato Dean all’umanità, e di come poi avessero trovato il modo di spezzare il marchio di Caino, solo per liberare la fantomatica sorella di Dio, Amara, l’oscurità, che comunque si era dimostrata meno terribile di quanto credessero. Castiel aveva detto poche parole sugli uomini di lettere britannici, soprattutto per non mettere in imbarazzo Mary, ma anche perché secondo lui avevano ben poco spessore rispetto al resto, si era piuttosto concentrato su Kelly Kline e Jack, il mondo dell’apocalisse, le brecce tra gli universi, Rowena e Crowley diventati definitivamente degli alleati dopo essere stati alternativamente dei nemici giurati, delle noiose palle al piede e dei buffi collaboratori. Si era commosso pensando a Claire, Alex, Kaja, Jody, Donna e tutti i cacciatori venuti dal mondo dell’apocalisse, tutte quelle splendide persone che si erano sacrificate per un mondo migliore. Dean gli aveva stretto la mano sotto al tavolo, e lui aveva proseguito il racconto con una menzione veloce di Michele nel corpo di Dean e infine aveva parlato di Chuck. Di tanto in tanto Dean aveva aggiunto qualche dettaglio, come quando si era trovato ad avere un rapporto fin troppo ravvicinato con un alieno tentacolare in uno dei tanti quartier generali degli uomini di lettere sparsi per gli Stati Uniti, o quando aveva avuto a che fare con un lepricano e delle fate. 

Nessuno dei due aveva fatto menzione del Purgatorio né di quella terribile notte nel bunker. 

L’alternanza tra i racconti ironici di Dean e quelli seri di Castiel, arricchiti dalle parole di Mary quando la storia la coinvolgeva direttamente, finì per protrarre il pranzo più delle aspettative iniziali. Era ormai tardo pomeriggio quando, seduti sui divani in salotto con un paio di bottiglie di liquori diversi posate sul tavolino e ben più di un bicchierino per uno, Mary si era ricordata del dolce.

«Ho fatto la crostata di caramello e noci pecan!», squittì.

Dean spalancò gli occhi e il suo sorriso si allargò fino alle orecchie. «Oh!», esclamò, con la bocca schiusa e gli angoli degli occhi arricciati in tante piccole rughe di gioia.

«Ti va di darmi una mano a tagliarla e servirla, Dean?»

Scattando in piedi, lui annuì e la seguì in silenzio, lanciando un’occhiata a Castiel, che gli sorrise rassicurante. La cucina era abbastanza vicina da poter controllare la conversazione tra l’angelo e suo padre, ma anche abbastanza distante da schermarne le voci. Per quanto si sentisse abbastanza tranquillo, considerato che la parte più difficile della giornata era passata, non riusciva a distogliere l’attenzione dal salotto, cercando di aguzzare l’udito per cogliere le parole di John.

Mary gli posò una mano sulla schiena, tra le scapole, e lo guardò con un grande sorriso. «Sono felice per te, Dean», gli disse.

Lui la guardò, spostando finalmente l’attenzione su sua madre e sulla splendida crostata che lo stava aspettando sul ripiano della cucina. «Anche io sono felice per me…», disse con un sorrisetto, «e ovviamente anche per te e papà… lo sai, uno dei miei sogni è sempre stato quello di riavere tutta la famiglia unita e ora… beh, ora manca solo Sam, e dovremo aspettare un bel po’ perché quel testone con la sua dieta naturista e lo stile di vita da fitness model non schiatterà prima dei novant’anni, ci scommetto»

Un certo fastidio pungente gli ferì il cuore, ma Dean scacciò via la sensazione scuotendo la testa impercettibilmente.

Lei inclinò la testa, soffiò una risata sottile arricciando il labbro superiore. «Tuo fratello sarà qui prima che tu te ne accorga, vedrai… il tempo passa diversamente in Paradiso»

«Più veloce se sei infelice, più lento se sei beato», sintetizzò lui, «Immagino che se fossi stato lontano da Castiel probabilmente mi sarebbe bastato un viaggio in macchina di qualche ora per vedermelo apparire, non so, su un ponte…»

Mary lo guardò dolcemente, poi iniziò ad affettare la crostata, mentre Dean le porgeva i piatti da dessert da riempire. «Non è così banale, Dean… non è solo una questione di tristezza o felicità. Il Paradiso si muove in base alle tue necessità, in base ai tuoi bisogni… ci saranno momenti in cui avrai bisogno di più tempo da solo, per te e Castiel o solo per te stesso, e allora il Paradiso rallenterà, e poi ci saranno momenti in cui invece fremerai dall’impazienza di riabbracciare Sam, e allora il Paradiso farà avanti veloce come su una videocassetta, e ti sembrerà che sia passato ben poco dal vostro ultimo incontro…»

Dean aggrottò la fronte, la guardò confuso. Lasciò l’ultimo piatto sul ripiano e si appoggiò con la base della schiena contro il bordo della cucina, incrociando le braccia davanti a sé. «Non capisco…», disse, «Se è così perché tu e papà siete stati qui quasi vent’anni mentre sulla Terra ne erano passati, quanti? Due?»

Lei tentennò la testa. «Vedi, Dean… è difficile spiegartelo. Non è una tua scelta, non è una cosa razionale… il Paradiso credo si muova in base all’inconscio. Io e tuo padre… noi abbiamo avuto ben poco tempo insieme e avevamo tanto da recuperare, tanto di cui… discutere. Non sono stati vent’anni solo facili, sappilo… sia io che lui abbiamo vissuto più anni da soli che insieme, se si contano gli anni sulla Terra, gli anni prima all’Inferno e poi in Paradiso per lui e quelli solo qui per me… lui ha avuto un figlio oltre a voi, e questo mi ha davvero lasciata senza parole. Il modo in cui ha tenuto Adam fuori da tutto questo e invece ha costretto voi a vivere quello che io— Dean, tu lo sai che non avrei mai voluto crescere i miei figli perché diventassero cacciatori… era la mia paura più grande ed è stato anche il mio rimpianto più grande…»

«Mamma, non è stata colpa tua»

Lei sbuffò leggermente. «Eppure lo è stata, Dean… sono io che ho fatto il patto con Azazel, sono io che ho scelto di riavere John… non sapevo in cambio di cosa, sapevo che i demoni non sono creature di cui fidarsi ma— ero sola, non avevo più nessuno, solo lui…», disse, lanciando uno sguardo fugace a John, che continuava a parlare tranquillamente con Castiel.

«Se non l’avessi fatto né io né Sam ci saremmo stati, lo sai»

Mary annuì. «È l’unica cosa che mi rincuora, onestamente», sorrise, «E poi siete venuti su davvero bene, come giustamente ha detto John, nonostante noi»

«Oh beh, ce ne abbiamo messo di tempo per diventare così… di errori ne abbiamo fatti decisamente tanti lungo la strada»

«Com’è giusto…»

Dean sorrise, mise le braccia di lato posando i palmi delle mani sul ripiano della cucina, spostando il peso indietro. «Eppure ancora non capisco perché per me il tempo di attesa per Sam dovrebbe essere più breve»

«Io e John siamo i vostri genitori e… vi abbiamo amato moltissimo, anche se forse non ve lo abbiamo dimostrato abbastanza… ma come quando sono tornata, sai— sia io che lui, non siamo solo questo. Non siamo solo genitori. E ovviamente neanche tu e Sam siete solo figli o fratelli, e credo che il Paradiso voglia farti capire proprio questo… tu adesso hai bisogno di tempo per imparare ad essere solo Dean, come io e John abbiamo dovuto imparare ad essere solo Mary, solo John, e poi Mary e John insieme… e tu, tu hai passato tanto tempo a prenderti cura di Sam come un padre, come un angelo custode— ti sei sacrificato, letteralmente, per lui… hai messo da parte tutta la tua vita per lui e adesso credo che tu debba riprenderti quella vita, per quanto sia nell’aldilà…»

«E questo cosa ha a che fare con l’attesa?»

Mary sospirò. «Per quanto tu debba realizzarti come persona, c’è anche quello che vuole il tuo cuore… e adesso il tuo cuore vuole Castiel, per cui il Paradiso ti darà quanto più tempo possibile con lui, prima di immettere nella tua eternità anche tuo fratello… ma tu non ti senti comunque completo, senza Sam, quindi vedrai che piano piano il tempo si aggiusterà sulla base dei tuoi bisogni, che ora sono sommati ai nostri, dato che condividiamo lo stesso spazio-tempo in Paradiso, e credo che non passerà molto qui, perché tutti noi possiamo riabbracciarci di nuovo…»

Dean ci pensò, confuso ma più sereno. «Mi pare un gran casino»

«Lo è», concordò Mary, ridendo. «Ma non è il suo bello?»



 

   
 
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