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Autore: VaniaMajor    05/05/2022    3 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 23
 
UN EQUILIBRIO FRAGILE
 
Nelle tenebre della grotta in cui Naraku era rintanato, impegnato a trovare di nuovo un equilibrio tra le molti parti del suo corpo dopo il furto da parte di Junan, l’atmosfera era ancora più pesante e minacciosa del solito.
Kanna era seduta in un angolo, con le braccia attorno alle ginocchia e lo sguardo perso nel vuoto, in apparenza indifferente sia all’umore di Naraku che a ciò che il suo specchio aveva mostrato. Se nascondeva segreti o opinioni dentro il suo bianco corpicino, nessuno avrebbe saputo dirlo, nemmeno colui che le aveva dato la vita. Kanna, in ogni caso, era l’ultimo dei pensieri di Naraku, al momento. Tutto ciò che era accaduto negli ultimi giorni, unito a quella debolezza che non solo lo aveva danneggiato ma era anche riuscita a minare in parte la sua sicurezza, lo stava riempiendo di un’ira frustrata che si manifestava solo con lunghissimi silenzi e una ruga d’espressione tra le sopracciglia, profonda come un’incisione.
Non poteva ancora uscire da lì. Il suo corpo si ribellava sotto la spinta di molteplici volontà in contrasto, ognuna assetata di potere, e la sua centenaria volontà era ancora impegnata a ripristinare quei legami che aveva creduto di aver reso indistruttibili molto tempo prima. Ancora meno poteva mettersi a rischio ora che Inuyasha aveva chissà come resuscitato Tessaiga dal suo torpore, eppure il suo intervento non poteva più essere procrastinato. Aveva fatto male ad affidarsi alle proprie Hoshisaki come a parti di se stesso e ora ne stava pagando lo scotto: non solo Keisotsu, ma anche Negai era finita in mano a quel gruppo di insetti che combattevano per la Stella di En. Naraku non poteva credere a un simile tracollo a un passo dalla vittoria.
Ora, Inuyasha e compagnia stavano cercando di riparare verso il castello dell’Imperatore, in modo da mettersi al sicuro dai suoi tentativi di riprendersi le Hoshisaki. Naraku era riuscito a sottrarre Bankotsu a una battaglia che rischiava di diventare una disfatta e adesso il recalcitrante e furioso guerriero era in attesa di ordini presso una parte delle sue armate.
“Bankotsu mi servirà ancora, ma non farò mai più l’errore avvenuto con Jakotsu. Le Hoshisaki di Gake torneranno sempre nelle mie mani per tempo. Di nuovi portatori posso trovarne quanti ne voglio.” pensò, permettendosi una piccola smorfia. Se Inuyasha pensava di essere al sicuro oltre ai confini di En, si sbagliava di grosso. Naraku aveva alleati che i fratelli inu-yokai nemmeno immaginavano e avrebbe immediatamente portato la guerra oltre i confini dei due imperi. Inuyasha non poteva ignorare la battaglia e asserragliarsi nel castello…nemmeno lo avrebbe voluto, come Naraku ben sapeva. Il carattere focoso e battagliero del giovane erede di En non gli avrebbe mai permesso di voltare le spalle al nemico per andare a nascondersi insieme al bottino appena recuperato.
“E gli altri lo seguiranno, hanno un patto di fedeltà. Sarà l’occasione per spazzarli via.”
Già. Sarebbe stato un piacere veder morire il monaco e l’ultima Cacciatrice, senza contare quell’impicciona della reincarnazione di Kikyo, che gli era scappata da sotto il naso nel momento fondamentale in cui avrebbe potuto decretare la propria vittoria. Con Junan sarebbe andato tutto liscio, se la ragazza non avesse manifestato un potere che la sua incarnazione precedente non aveva mai avuto.
“Sottovalutarla è stato il mio più grave errore fin qui. – pensò, voltandosi verso un angolo ancora più oscuro alla sua sinistra – Il suo corpo ha assimilato un neko-yokai potente, le loro energie erano in risonanza. Era uno dei cardini del mio equilibrio. Se fosse arrivata un po’ più a fondo, probabilmente si sarebbe appropriata di…”
Nell’angolo oscuro, in posizione fetale e con gli occhi chiusi, c’era uno yokai biondo di età indefinita. Era incosciente, gli occhi si muovevano sotto le palpebre come se stesse facendo un incubo. Quello yokai era il vero motivo per cui l’equilibrio di Naraku non era ancora stato ristabilito, una parte di grande potere che aveva assimilato ancora agli inizi della sua carriera come nuovo Imperatore di Gake. Se Junan avesse attinto a quella fonte di energia e vita, invece che al neko-yokai, forse il corpo di Naraku si sarebbe in gran parte disgregato. Invece, sfruttando il potere delle Hoshisaki, l’hanyo aveva deciso spontaneamente di privarsene per sfruttare quella sua vecchia conquista una volta ancora, come già aveva fatto in passato, rallentando però i tempi del proprio recupero. D’altra parte, anche i suoi nemici avevano le loro preoccupazioni.
«Dovranno andare in un posto chiamato Grotta degli Echi. Per il momento, viaggiano insieme. – gli aveva fatto rapporto Kagura poco prima – Ehi, non ti aspettare che io attacchi Sesshomaru da sola, chiaro? Non ho voglia di morire e tu sicuramente non hai intenzione di perdere un’altra Hoshisaki. Li terrò d’occhio e ti farò rapporto. Se sarò fortunata, prima o poi Junan verrà lasciata sola e avrò la mia occasione. I due non si sopportano.»
Naraku era sicuro che Kagura in quel caso gli avesse detto la verità, ma non si fidava di lei e l’aveva mandata apposta per rendersi utile o morire. Era pronto a riprendersi l’Indifferenza in qualsiasi momento, se la demone del vento si fosse rivelata inutile o, peggio, una traditrice. Intanto, teneva buona la sua carta speciale, un regalo per Sesshomaru e per la donna maledetta che aveva dato il via a quella serie di rovesci di fortuna. Nel frattempo, avrebbe messo a ferro e fuoco En con tutto ciò di cui disponeva.
«Per ora dormi, Soichiro. Presto avrai modo di renderti utile.» mormorò al moko-yokai, con un sorrisetto crudele. Non si accorse dell’occhiata fugace di Kanna, né della parvenza di emozione che vi brillò.
***
«Scusa, non credo di aver capito bene. Vuoi separare Junan dalla sua portatrice?» chiese il vecchio Totosai, sconcertato.
«Hai capito benissimo, vecchio. L'hai già fatto con le Hoshisaki di mio padre, no? Le nostre spade...»
«Oh, per tutti i demoni di En! Quante volte te l'ho dovuta raccontare per filo e per segno? Tuo padre è riuscito a separarsi dalle Hoshisaki perché l'ha fatto di sua spontanea volontà, privandosi di potere prezioso! Non conosco molti demoni che avrebbero un simile spirito di sacrificio, sai?! Comporta delle conseguenze sulla forza del Portatore!»
«Questa donna era umana, come sicuramente tu stesso hai avvertito. - lo interruppe Sesshomaru, sprezzante, parlando di Anna come se non fosse nemmeno presente – Junan l'ha scelta per essere ricondotta a me. Credo che lei stessa non veda l'ora di liberarsene. Se non vuoi fare un favore a me, fallo a lei.»
«Che generosità! Ti ha detto lei di volersene liberare?» chiese Totosai con sospetto. Guardò la giovane bionda e gli si strinse qualcosa, nel mezzo del petto, nel vedere il suo volto pallido e teso. Totosai era una specie di eremita ma non era cieco nei confronti dei sentimenti del prossimo. Non ci voleva un genio per capire che quella donna non aveva avuto idea del piano di Sesshomaru finché non glielo aveva sentito uscire di bocca. Fece per protestare, quando la giovane alzò una mano per chiedere parola.
«Sesshomaru-sama non ha tutti i torti. Questa Hoshisaki mi ha causato molti problemi e non ho mai ricercato il potere. Se potete soddisfare le richieste dell'Imperatore di En, tanto meglio. Io non ho bisogno di portare per lui questa Hoshisaki.» disse, atona. Totosai scrutò Sesshomaru e lo vide indifferente. L'inu-yokai si limitò ad annuire e a guardarlo con malcelata impazienza. Il vecchio fabbro sentì l'ira ribollirgli dentro come la lava che usava per scaldare la propria forgia.    
«Tu...tu... - balbettò, poi esplose – Tu sei di pietra! Non cambierai mai! Non imparerai mai a usare Tenseiga!»
Sesshomaru si incupì talmente che a Totosai vennero i brividi, ma si rifiutò di ritrattare come avrebbe fatto di norma. Gli puntò contro il suo martello.
«Tu e la Misericordia siete agli antipodi e finché continuerai a ragionare in maniera così contorta rischierai di perdere anche le altre Hoshisaki di En. Impadronirti di Junan in questo modo...che vergogna! - continuò, poi sbatté il martello su un'incudine per sfogarsi e si sedette a braccia incrociate, immusonito – Vuoi che la donna si sacrifichi? Beh, io non la voglio sulla coscienza. Aspetteremo che torni il vecchio Myoga e che la esamini. Poi vedremo il da farsi.»
«Non ho tempo da perdere con esami e altre simili stupidaggini.» disse Sesshomaru, con una smorfia terribile, venendo avanti.
«Ah sì? Beh, molto spiacente. E se pensi di farmi fuori per la mia boccaccia, ricordati che sono l'unico a poter risolvere il tuo problema.» gli ricordò Totosai, cocciuto. Gli occhi di Sesshomaru divennero rossi per l'ira, tanto da far temere ad Anna per la vita di quel vecchio che cercava di proteggerla, poi l'inu-yokai parve volersi contenere.
«Quando tornerà Myoga?» chiese soltanto in un ringhio.
«Avrebbe già dovuto essere qui, non dovrai aspettare a lungo.» sbuffò Totosai. Per tutta risposta, Sesshomaru si voltò e uscì dalla fucina, intimando ad Anna di restare dov'era e allontanandosi nella notte, forse per scaricare i nervi altrove. La giovane lo seguì con lo sguardo, poi tornò a guardare Totosai, che stava scrollando la testa con impazienza ma anche con quello che le parve sincero dispiacere.
«Non farti ferire dalle sue parole brusche, fanciulla. Non ne vale la pena.» le disse, alzandosi con qualche gemito e scricchiolio di articolazioni.
«Non può ferirmi. Non c'è legame tra noi.» replicò Anna in modo automatico. Totosai alzò gli occhi al cielo, poi le fece cenno di avvicinarsi.
«Raccontami tutta la storia, ragazza. Da quello che capisco, sono rimasto un po' indietro.» le disse. Anna lo accontentò per quanto poteva, facendogli un breve riassunto del suo arrivo a En e della situazione corrente. Lo vide riflettere intensamente, dondolando avanti e indietro la testa e strizzando i grandi occhi con espressione concentrata.
«Brutta roba, mi sa che siamo alle battute finali. - borbottò – Senti, Junan ti ha scelto grazie alla piccola Rin. Non c'è alcun motivo per cui tu debba cedere l'Hoshisaki a Sesshomaru. È pur sempre una protezione contro Naraku.»
«Se la vuole, può prendersela. Mi sembra sia l'unica cosa per cui provi un briciolo di emozione.» disse Anna. Guardò di nuovo fuori. La notte era scura e non c'era traccia di lui.
«Sesshomaru è un demone non solo forte, ma anche di grande intelligenza, come prova la sua Hoshisaki. Il suo problema è il cuore. Quello è cieco, sordo e muto, nonostante Chinoo sia impiantata proprio là dentro. - la sorprese Totosai, con un sospiro – Non voglio giustificarlo, ma ha avuto una vita complicata e si è ritrovato molto giovane a ricoprire un ruolo pesante. Suo padre sapeva di averlo segnato con l'educazione dura che gli aveva impartito, se ne era reso conto con la nascita di Inuyasha, ma sperava che Junan sarebbe stata la sua salvezza. In fondo, gli è destinata.»
«Probabilmente è stato così nel caso di colei che mi ha preceduta.» mormorò Anna, con una punta di tristezza.
«Rin è stata quasi una figlia, per lui. Ha risvegliato il suo cuore, ma non era la sua metà. Non nel senso che suo padre sperava. In teoria, ora questo ruolo spetterebbe a te.»
«Avete visto cosa sono per lui: nulla.» replicò subito Anna, avvertendo uno strano tumulto interiore. Fino a quel momento, non aveva compreso il discorso che il concetto di “altra metà” dovesse prendere quel tipo di direzione. Due anime che si completavano, il più alto tipo di amore. Quindi anche Kagome per Inuyasha...?
«Te l'ho detto: il suo cuore è cieco, sordo e muto. Solo Junan avrà il potere di risvegliarlo. D'altra parte, non sarò io a obbligarti a fartelo piacere...Oh, ecco il vecchio Myoga!» cambiò argomento Totosai, facendola voltare verso una delle finestre. Solo la vista acuta da neko-yokai le consentì di cogliere subito la minuscola forma saltellante di un demone pulce.  
«Totosai, non hai idea di quanti brutti ceffi siano appostati qui attorno! Si può sapere che succede? – disse l’anziano yokai, atterrando sulla spalla dell’amico – Chi è questa fanciulla? Sulla sua fronte…»
«C’è Junan, proprio così. Abbiamo bisogno delle tue abilità, vecchio Myoga. O meglio, ne ha bisogno Sesshomaru e sarà meglio non stuzzicare oltre la sua pazienza.»
***
Sesshomaru non era molto lontano. Si era allontanato per non cedere alla tentazione di torcere il collo al vecchio fabbro, che non gli aveva mai portato il rispetto dovuto ma rimaneva il solo legame con l’elusiva eredità che suo padre gli aveva lasciato. Le parole di Totosai riuscivano sempre a riaprire la ferita. Awaremi, la Misericordia, rimaneva muta per lui. Aveva vibrato tre volte nell’arco della sua vita, dimostrandogli che un legame tra loro esisteva, ma nient’altro. La prima volta si era fatta sentire al tempo dell’incontro con Rin. La seconda, la notte in cui la sua giovane protetta era stata uccisa da Naraku. Poi, un lunghissimo silenzio finché Shinsetsu e Junan non erano tornate a En. Tra questi sussurrati messaggi e l’uso del potere di Tenseiga, però, si stendeva un abisso di mancata comprensione.
Che potere celava la sua spada? Quella di Inuyasha, che in apparenza sembrava tanto più adatta al fratello maggiore, era un concentrato di forza e potere di distruzione. Anche Inuyasha, però, aveva dovuto faticare per entrare in risonanza con essa, perché il funzionamento di Tessaiga era legato al coinvolgimento del cuore umano di Inuyasha, qualcosa che a Sesshomaru sarebbe sempre stato incomprensibile. Tra l’altro, l’episodio con Kikyo pareva aver riportato l’Erede di En ad allontanarsi dai principi che muovevano l’Hoshisaki di Tessaiga.
“Una spada di potere per insegnare al mezzo sangue a proteggere i suoi cari rimanendo fedele al proprio cuore umano. – pensò con sarcasmo, stringendo forte l’elsa di Tenseiga – Una spada di guarigione per insegnare al figlio maggiore la pietà. Padre, le tue mancanze nella nostra educazione non possono essere colmate ora. Noi siamo ciò che siamo. Io, soprattutto.”
«Io non ho un cuore che possa essere riportato alla vita.» mormorò. I suoi ricordi di Rin, le uniche luci della sua esistenza, erano anche le sue ombre più oscure. Non avrebbe mai più osato aprirsi a qualcuno. Non avrebbe più provato quelle orribili sensazioni. Era facile parlare per la dea Kiokuchi o per quegli sciocchi umani. Chiunque, al suo posto, avrebbe scelto di proteggersi. Liberarsi della donna bionda era la cosa più sensata da fare.
Si voltò, sentendo tirare il telo d’ingresso. Totosai si era sporto fuori e si guardava attorno, cercandolo. Sesshomaru si avviò e il vecchio lo notò, facendogli cenno di sbrigarsi a raggiungerlo. Quando Sesshomaru varcò la soglia, vide Anna inginocchiata a terra, composta, lo sguardo rivolto altrove con simulata indifferenza. Il vecchio Myoga saltellava sulla sua spalla.
«Sesshomaru-sama, quanto tempo! Siete sempre magnifico. Ho appena saputo di vostro fratello Inuyasha, sono così felice che il giovane Principe…» disse la vecchia pulce, emozionata.
«Taglia corto, non sono qui per i convenevoli. – lo interruppe Sesshomaru, rimanendo in piedi mentre Totosai si sedeva sul bordo di una vasca di fusione e si grattava un orecchio con la lunga unghia del mignolo – Devi esaminare la donna.»
«Già fatto, già fatto.» sbuffò Totosai. Sesshomaru si corrucciò.
«Dunque?» chiese, aspro. Non gli piaceva l’atteggiamento annoiato di Totosai e la risposta di Myoga confermò i suoi sospetti.
«Mi spiace, Sesshomaru-sama, ma non si può fare. Non si può prendere Junan da Anna-san e porla in un’arma.»
«Mi stai dicendo che è impossibile?!» sbottò Sesshomaru, venendo avanti con fare minaccioso. Totosai sventolò una mano.
«Niente è impossibile. Solo che non è possibile.» disse. Vi fu un attimo di silenzio, poi Sesshomaru afferrò Totosai per il codino e lo alzò all’altezza del proprio viso, fissandolo con occhi diventati rossi.
«Hai proprio voglia di morire, stasera.» gli sussurrò, mortifero, riuscendo finalmente a farlo impallidire.
«Smettetela! Non ha senso prendervela con lui perché non avete avuto la risposta che cercavate!» intervenne Anna in difesa del fabbro e Myoga si affrettò a spiegare: «Sesshomaru-sama, quello che Totosai intende è che il legame tra Junan e Anna-sama è fortissimo! Separandole, il delicato equilibrio che ha permesso ad Anna-san di sopravvivere e trasformarsi potrebbe spezzarsi, condannandola quasi certamente alla follia. La parte umana e quella yokai entrerebbero in conflitto!»
Sesshomaru si voltò verso di loro e lasciò andare Totosai, che cadde sul fondoschiena con un tonfo e un’imprecazione. I suoi occhi, sempre rossi, erano fissi su Anna.
«È la verità?» ringhiò.
«Lo è, testone. Se vuoi Junan in mano tua, senza intermediari, beh…la ragazza sarà condannata.» ribadì Totosai. Sesshomaru non ebbe difficoltà nel cogliere un avvertimento nella voce del fabbro. Quell’azione lo avrebbe macchiato, forse avrebbe compromesso la sua posizione come responsabile del recupero e dell’utilizzo della Stella di En. Era una cosa che Naraku avrebbe fatto senza pensarci due volte. Era una tentazione che lo pungolava, una gran voglia di distruggere.
“In fondo, sono Sesshomaru. Che possibilità ci sono che io perda il controllo sulle Hoshisaki per un semplice sacrificio? – si chiese, scrutando dentro quegli occhi chiari che non si abbassavano né sviavano il suo sguardo – Se ho compreso la natura di questa donna, sarà lei stessa a offrirsi. Mi odia. Odia la nuova vita che le è stata data. Una piccola spinta e mi lascerà Junan.”
Al contempo, qualcosa lo frenava. Doveva solo chiederglielo e, lo sapeva, lei avrebbe rinunciato. Perché allora non parlava, non le dava quell’ordine? D’improvviso, gli parve di poter vedere l’anima di lei attraverso quegli occhi. Non avvenne niente di straordinario, non ci fu alcuna vera telepatia tra loro, ma fu in grado di leggere i pensieri di lei come se fossero i propri.
“Chiedetemelo. Avanti, chiedetemelo, volete farlo fin dal principio. – lo stava sfidando, in un misto di orgoglio, rabbia e dolore – Voi non mi volete. Abbiate il coraggio di dirlo ad alta voce, di riprendervi Junan e di condannarmi. Non siete migliore di così. Non avete un cuore che io possa raggiungere.”
Fu un colpo di maglio inaspettato. La vide davvero, per la prima volta da quando gli era comparsa davanti. Fu investito dal suo puro coraggio, dalla sua integrità, dal nerbo interno d’acciaio che la teneva in piedi anche ora che stava per perdere di nuovo tutto. Mosse qualcosa, dentro di lui. Una parte di se stesso che aveva soffocato gli intimò di fidarsi dell’istinto, di darsi una possibilità, di non condannarsi. Le sue Hoshisaki gridavano, comunicandogli che era sull’orlo del baratro e che il destino di quella donna avrebbe fatto da spartiacque per definire il suo. Non vide lo sguardo che si scambiarono Totosai e Myoga, impressionati da quello scontro silenzioso di volontà. Quando finalmente aprì bocca, nemmeno lui sapeva cosa ne sarebbe uscito.
«Cosa consigliate?» chiese. Totosai sospirò.
«Andate a quella Grotta, sono sicuro che Kiokuchi-sama vi abbia dato un consiglio corretto. Dovete conoscervi. E, a questo proposito, direi che è ora di scoprire i veri poteri di questa ragazza. Non potete andare in giro alla cieca con le Hoshisaki di Gake alle calcagna.» disse.
Sesshomaru si slegò dallo sguardo di Anna, ora sbalordita e confusa per la sua scelta, e guardò il fabbro.
«Puoi testare le sue capacità?» chiese, gelido.
«Ovvio. Myoga, accompagna Sesshomaru alla bocca lavica nord. Io arrivo subito con la fanciulla, le spiego cosa dovrà fare.» disse il vecchio e lo yokai pulce si affrettò a fare da guida all’Imperatore di En, sudando ancora freddo per il pericolo appena scampato. Sesshomaru uscì senza voltarsi, a sua volta impegnato a fare ordine dentro di sé. Quando Totosai guardò Anna, le vide sul volto un’espressione così confusa e sperduta che le prese una mano e la batté affettuosamente.
«Lo hai avvertito, vero? Sesshomaru è schiacciato dal peso della Stella di En e della guerra contro Gake fin da quando è nato. Abbi pazienza, con quel testone. – le sussurrò – Suo padre era convinto che in lui ci fosse qualcosa di prezioso da salvare. Forse, oggi ne abbiamo avuto la prova.»
Le fece strada all’esterno. Non vide il luccichio sospetto che riuscì a fare capolino negli occhi di Anna perché la ragazza lo spazzò via con un gesto veloce, chiedendosi se si sentiva in quel modo per il sollievo del pericolo scampato o per quel breve, profondo momento di contatto che aveva avvertito con l’anima tormentata dell’Imperatore di En.
***
Kagome aprì gli occhi, sbattendo le palpebre alla delicata luce dell'alba. Le ci volle un istante per ricordarsi dove si trovava, poi si guardò attorno, alzandosi a sedere e scostando la coperta che l'aveva protetta dall'umidità notturna. I suoi compagni dormivano attorno a lei, sfiniti dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni e un'altra notte passata in gran parte allontanandosi dal confine con Gake. Miroku dormiva su un fianco, piuttosto pallido, con Shippo accoccolato accanto. Jaken si era addormentato con la schiena contro un albero, il mento chino sul petto e il Bastone Ninto stretto nell'incavo del gomito. Sango montava la guardia accanto a Kirara e, notando il suo risveglio, le sorrise.
«Hai dormito poco, Kagome.» sussurrò per non disturbare gli altri.
«Tu hai riposato anche meno di me, Sango. - disse lei, muovendosi con cautela per raggiungerla – Come ti senti? Le Hoshisaki non ti infastidiscono?»
«No, per il momento non mi danno alcun disturbo. Non avendo desiderio di usarle, credo non riusciranno a mettersi in risonanza con me. - rispose la Cacciatrice, poi guardò nella direzione del sole nascente e Kagome, seguendo il suo sguardo, vide Inuyasha, di guardia sopra a un ramo, che dava loro la schiena – Non hai intenzione di parlargli?»
Kagome gonfiò le guance, un po' seccata, poi borbottò: «Non dovrei, non se lo merita...però non mi piace nemmeno vederlo così.»
«In fondo, ha cercato in tutti i modi di salvarti.» le ricordò Sango, con un sorriso.
«Lo so, è stato gentile e coraggioso...peccato che rovini sempre tutto col suo caratteraccio. - sospirò – Comunque, preferisco fare pace con lui. Pensi ci sia il tempo di farlo adesso?»
«Vai. Vi avrei comunque lasciati dormire ancora un po'.» la spronò l'amica e Kagome si avviò verso la figura immobile, che appariva imbronciata perfino di spalle. Si fermò presso le radici dell’albero. Gli vedeva a malapena una porzione di viso, oltre i capelli argentati che in quel momento stavano raccogliendo qualche riflesso del sole nascente. Lui doveva averla sentita per forza, ma non si mosse né abbassò lo sguardo.
«Ehi. Ehi, Inuyasha. – chiamò Kagome, senza ricevere risposta – Vogliamo finirla di tenerci il muso? Che ne dici?»
Lui non rispose e Kagome sospirò, appoggiando la schiena al tronco.
«Sai, non mi importa che tu abbia alzato la voce con me. Ormai ti conosco e mi ci sono abituata. – mormorò, mettendo in parole anche a se stessa quello che stava provando ormai dalla sera precedente – Però mi ha ferita che tu abbia potuto credere che avrei mai tradito il tuo segreto, fosse anche per ottenere una Hoshisaki. Non ho detto niente nemmeno a Sango e Miroku.»
Per un attimo il silenzio rimase ininterrotto e Kagome si oscurò, pensando che non ne avrebbe ricavato nulla senza chiedere scusa per ciò che non aveva fatto, poi Inuyasha le rispose.
«Non l’ho mai pensato. L’ho detto perché ero…arrabbiato.»
Kagome alzò lo sguardo e lui, dopo un attimo abbassò il proprio perché potessero guardarsi in faccia. Si vedeva che non era più seccato, solo triste e stanco.
«Perché ti sei arrabbiato con me? Volevo solamente aiutarti a ottenere quella Hoshisaki e Koga sembrava darmi retta…» disse lei, dispiaciuta. Inuyasha si arruffò i capelli sulla testa, emettendo un sospiro che sembrò volergli svuotare il petto.
«Beh, avrei dovuto essere io a ottenere l’Hoshisaki! Invece, sono stato completamente dipendente dal tuo aiuto, perché quel tizio si sarebbe fatto ammazzare piuttosto che darmi Keisotsu! Inoltre, il fatto di aver recuperato Tessaiga mi ha galvanizzato e ho smesso di ragionare…Non mi piace fare la figura dello stupido e tu me ne hai fatta fare una colossale. L’Erede di En, come al solito, non se la sa cavare da solo!»
«Non intendevo…» disse Kagome, dispiaciuta.
«Lo so! Non…non è colpa tua. Anzi, sei stata in gamba.» borbottò Inuyasha, frustrato, guardando altrove. Kagome iniziò ad arrampicarsi e lui tornò a fissarla con tanto d’occhi. «Cosa fai?!»
«Ti raggiungo!» disse lei con un sorriso, per poi rischiare di perdere la presa e scivolare. Inuyasha si allungò, la afferrò per i polsi e la issò al suo livello. La ragazza si sedette sul ramo accanto a lui, rasserenata, anche se Inuyasha teneva ancora il muso.
«Grazie per avermi salvata, Inuyasha. Avrei dovuto dirtelo prima. Ora che ci siamo chiariti, possiamo fare pace e tornare amici?» gli chiese. Inuyasha la guardò di sbieco.
«Amici?» borbottò. Fu sorpreso di vedere subito la sua espressione virare verso la tristezza e si affrettò ad assicurare: «Amici! Va bene! Cioè, insomma…per me non è successo niente. In fondo, non è che stai per tradire En e andare a sposare quel lupastro, no? Giusto?»
«La finisci di fare il geloso?!»
«Io? Geloso?! Tu vaneggi! Temo solo che…»
«Inuyasha, guarda che mi arrabbio sul serio!»
«Va bene, va bene, la smetto!»
Si fissarono per qualche istante, poi entrambi si ritrovarono a sorridere. Si sentirono vicini come non mai, entrambi con un batticuore non del tutto giustificato dalle profferte d’amicizia appena pronunciate. Sango, dal suo posto, si accorse che erano circondati da una lieve aura colorata, come se Shinsetsu e Yuuki fossero entrate in risonanza. La Cacciatrice sorrise e andò a svegliare gli altri, felice che le cose, almeno da quel punto di vista, stessero evolvendosi nella giusta direzione.
Mancava ancora molta strada al castello e, purtroppo, non credeva che quella ritirata strategica sarebbe filata via liscia.
   
 
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