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Autore: May Jeevas    07/05/2022    0 recensioni
Il Soldato d'Inverno non ha ricordi che appartenevano alla persona che era James Buchanan Barnes.
Solo alcune... mafunzioni del Pugno dell'Hydra a volte vengono in superficie.
In questa raccolta cercherò di capire e raccontare quanto di Bucky era riuscito a sopravvivere nel Soldato, tra passato e "presente". Piccoli eventi che triggerano qualcosa, qualcosa che forse fa pensare che Bucky è sempre lì dentro.
[Rating e avvertimenti potrebbero cambiare in base alle singole storie.]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Dicembre 1928
Brooklin, New York

Bucky pagò i biglietti del cinema e sorrise al ragazzo, salutandolo. Lui e Steve si erano conosciuti da poco e quel pomeriggio sua madre si era offerta volontaria di portarli a guardare il nuovo film uscito: Bucky aveva tanto insistito perché questa volta pareva che ci fosse il sonoro. Essendo i ragazzini già due ometti, la donna aveva acconsentito di rimanere nel parco lì vicino e poi riportarli a casa. Si sedettero nella fila più alta, per avere una visuale migliore. Bucky storse il naso entrando nella sala: si sentiva chiaramente l’odore di fumo. Probabilmente qualche maleducato non si era fatto problemi a violare il regolamento e appestare l’aria. Il ragazzo scosse le spalle, conscio che tra poco il naso si sarebbe abituato a quella puzza. Steve condusse Bucky ai loro posti e si rilassarono aspettando l’inizio del film.
Gli occhi di Bucky riflettevano lo schermo e le sue orecchie catturavano le note che uscivano. Era stupendo. Il film era cominciato da poco, quando Steve cominciò a tossire forte. L’amico gli diede dei colpetti sulla schiena, pensando che gli fosse andato di traverso la saliva, e continuò a concentrarsi sul film. I colpi di tosse continuarono, e dopo pochi secondi Bucky si voltò di nuovo verso Steve.
“Tutto a posto?” domandò, non senza una nota di preoccupazione. Appena vide l’amico non ci volle molto a capire che era qualcosa di grave: Steve tossiva e boccheggiava, le mani che passavano da una tasca all’altra cercando freneticamente qualcosa, rantoli disperati uscivano dalle sue labbra, le palpebre strizzate forte.
“Mio… Inalatore…” riuscì a soffiare il ragazzo.
Bucky si riprese dalla morsa di paura che lo aveva accolto, e agì prendendo Steve di peso e portandolo fuori dalla sala. Arrivati nell’atrio lo fece sedere per terra, la schiena appoggiata al muro, e chiamò aiuto mentre le mani vagavano nelle tasche dell’amico alla ricerca di quel dannato inalatore che non si faceva trovare.
Di colpo Steve gettò la testa verso l’alto, la bocca spalancata in una terribile richiesta di ossigeno ed esalando rantoli orribili, le mani avevano abbandonato la ricerca dell’inalatore e graffiavano la gola, come a trovare un via per far entrare l’aria. Le labbra stavano diventando grigie, gli occhi spalancati e disperati per un secondo incrociarono il suo sguardo. Bucky si sentì schiacciare da quegli occhi che gli chiedevano aiuto. Si sentì minuscolo, stupido e impotente mentre vedeva la gente accorrere attorno all’amico senza che lui potesse fare nulla.
In quei momenti accadde tutto come fosse a rallentatore, i rantoli emanati da Steve amplificati insieme al grattare delle unghie sulla gola, i gesti accorati resi lenti da quella bolla in cui Bucky si sentiva intrappolato, voleva essere celere ma non riusciva. Un terrore cieco e primordiale nacque nel suo stomaco e raggiunse la gola, si morse le labbra per non mettersi a gridare.
La mano che premette sulla sua spalla e lo spinse via arrivò non voluta e non prevista, facendolo saltare in piedi in un atteggiamento difensivo prima di rendersi conto che era di sua madre.
Bucky si ritrovò a fissare mentre la donna con in mano un inalatore prestava i primi soccorsi a Steve.
Dio, ti ringrazio. Si ritrovò a pensare il ragazzino, mentre Steve cercava di respirare a fatica con l’aiuto del medicinale.
I rumori tornarono normali alle orecchie, il tempo riprese a scorrere. La bolla scoppiò.
Quella fu la prima volta che Bucky assistette a un attacco d’asma di Steve. E fu il più terribile, sapeva che non lo avrebbe mai dimenticato. L’episodio lo aveva scosso così tanto che portava sempre con sé un inalatore, nel caso quello di Steve fosse vuoto o non si trovasse. Appena sentiva i rantoli maledettamente famigliari sapeva come reagire. Odiava quei rantoli, odiava sentire il suono sordo che emettevano e odiava che anche a distanza di anni non riusciva a scrollarsi di dosso la paura che aveva scatenato quell’episodio.
Steve a volte lo prendeva in giro, un modo grossolano di chiedergli scusa. Si sentiva in colpa per essere crollato così davanti all’amico. Non fu l’ultima volta che successe, e Steve sapeva che Bucky non lo dava a vedere, ma quell’episodio lo aveva segnato vistosamente. Anche a distanza di anni, Steve vedeva quanto Bucky si preoccupasse ancora per lui, come se quell’episodio probabilmente se lo sarebbe ricordato per tutta la vita.
Il ragazzo si chiese se avrebbe mai potuto fare ammenda, ma quando lo disse a voce alta Bucky gli tirò uno scappellotto e scoppiò a ridere, uno sguardo che diceva “tanto non smetterò mai di preoccuparmi per te!”

♦♦♦

Dicembre 1964
Base Hydra in Siberia

Zola guarda l’efficienza con cui il Soldato d’Inverno sgozza le guardie del palazzo dove è stato inviato. Le luci dei monitor si riflettono sui suoi occhiali.
Preciso.
Letale.
Loro.
Ci sono voluti quasi vent’anni ma finalmente la loro Arma può definirsi soggiogata e sotto il più completo controllo.
Aziona il microfono collegato all’auricolare del Soldato.
“Non lasciare troppe tracce di sangue.”
Alle guardie successive viene rotto il collo.
Zola sorride.

Il soldato è sotto manutenzione dopo il successo della missione. Mentre prelevano sangue e controllano il braccio, un agente dell’Hydra fa le domande di routine.
“Rapporto missione?”
“Completata. Obiettivo eliminato.”
“Casualità?”
“Quattordici guardie nel palazzo. Dieci decedute per tagli alla giugulare, le altre quattro collo rotto.”
L’agente annuisce.
“La prossima missione prediligerai sempre rompere l’osso del collo.” ordina prima di andarsene senza aspettare una risposta.
Il Soldato guarda davanti a sé. Ovviamente obbedirà. Obbedirà agli ordini, come fanno tutte le armi.
Non importa che, quando taglia la gola della sua vittima, questa faccia dei rumori, dei rantoli, che gli sembrano quasi… famigliari. Gli ultimi istanti di vita spesi a cercare disperatamente aria.
È un rumore che gli fa provare qualcosa. E sa che non dovrebbe. Ma non vuole rinunciarci. Una sensazione strana che gli nasce dallo stomaco e che arriva fino alla gola.
Non è piacevole ma è qualcosa. Qualcosa a cui non vuole rinunciare. Qualcosa a cui cerca di tornare, di rivivere, ogni volta che ne ha l’occasione. Qualcosa che…
No, altri pensieri sono proibiti.
Abbassa gli occhi sul braccio metallico.
Rantoli.
Labbra boccheggianti.
Labbra rivolte al cielo che tendono a un colore grigio.
Unghie che graffiano la pelle del collo.
Occhi azzurri che lo fissano supplicanti.
Lo sguardo torna a fissare davanti a sé, nessuna emozione sul viso.
Le armi non provano emozioni.
Le armi non hanno ricordi.
Lo sa bene, sa qual è il suo posto.
Le armi, tuttavia, possono avere un metodo di esecuzione preferito, decide in quel momento.
E lui, essendo l’Arma principale dell’Hydra, ha scelto quale sarà. Senza che venga bollato come arma difettosa.



Angolino di May
Non ho giustificazioni, anzi, sto pensando di andare a farmi internare dopo questa ultima one shot malata.
Aneddoto: il primo flm sonoro fu Il Cantante di Jazz. Ho immaginato che Bucky, essendo come sappiamo un nerd ante litteram, non se lo sarebbe lasciato scappare.
La data del 1964 invece l’ho presa da quanto dice Natasha in TWS: nel 2014 il Soldato d’Inverno era attivo da 50 anni. E questo potrebbe essere un altro argomento… il fatto che per 20 anni Bucky abbia lottato. No, non devo pensarci sennò entro in depressione! Cieli tersi, cieli tersi
Ringrazio Melanto per la betatura e per essere sempre disponibile per dare un’occhiata alle mie idee malate.
Al solito, critiche e pomodori marci sono ben accette!
Mata ne!

   
 
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