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Autore: Milkyna    17/05/2022    2 recensioni
[The Owl House]
[The Owl House]Mancano sette giorni al Giorno dell'Unità e Luz è stata catturata dalla Congrega. L'Imperatore ha i suoi assi nella manica, ma è anche distratto dallo strano fenomeno che si sta manifestando in Kikimora. In questo racconto, gli amici (e i nemici) di Luz si troveranno a lottare in un combattimento senza pari, dove alla fine verrà riscritta la storia di umani e streghe.
Genere: Angst, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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“Rafael.”

Quel nome era un altro incubo per l’Imperatore delle Streghe, e il solo riportarlo alla mente gli provocò una fitta alla tempia.

“Rafael.”

Era forse la sua coscienza a chiamarlo? Impossibile, se mai ne aveva avuta una, l’aveva sepolta nelle parti più remote e sgradite del suo inconscio.

“Rafael.”

Non lo vedeva da anni, era morto, lui l’aveva ucciso, eppure il suo fantasma non si arrendeva e seguitava a tormentarlo.

Lui, con il sorriso e gli occhi buoni, con l’aria innocente e gentile di chi non farebbe del male ad un moscerino. Lui, il suo esatto opposto.

Belos scosse la testa e si apprestò ad accogliere la cara ospite che negli ultimi mesi gli aveva reso le cose difficili come mai era accaduto in cinquant’anni di regno, e in trecentocinquanta di vita.

Eccola, la ragazzina umana che aveva osato ficcare il naso in faccende che non le competevano, imbrigliata nei rovi pungenti di Terra Bocca di Leone. I glifi le erano stati confiscati e i suoi arti non toccavano il pavimento, motivo per cui era inerme, senza vie di fuga.

Luz provava a dimenarsi, a mordere le piante che la costringevano come le spire di un pitone, ma era inutile e inoltre, una dei Capitani delle Guardie le puntava la lancia contro una guancia.

“Silenzio, umana!”

Belos, vedendo quel gradito spettacolo, si alzò in piedi e discese le scale dorate del suo trono.

“Ma che sorpresa, Luz.”

I due umani si trovarono presto faccia a faccia, e il più vecchio poté apprezzare gli sguardi colmi di rabbia della più giovane: c’era il fuoco in quelle iridi color nocciola, l’alito di fenice che brucia tutto quanto c’è di sozzo nel mondo.

Belos si mise a ridere, sempre senza perdere la sua quieta compostezza.

“Mi odi, non è così? Non vorresti vedere arrivare il Giorno dell’Unità.”

Gli occhi di Luz si restrinsero ulteriormente.

Belos alzò la testa verso i suoi seguaci:

“Lasciateci soli.”

Senza aggiungere altro, la Congrega sparì oltre il grande portone della sala del trono, e Luz si ritrovò sdraiata sul tappeto verde e fino che conduceva alla scalinata.

D’un tratto, da dietro la sedia del trono, la ragazza scorse una figuretta conosciuta, rossiccia e dagli strani capelli a forma di mani. Kikimora.

Un fiotto d’ira le attraversò il corpo; oltre a Belos, le toccava sopportare la presenza di quella traditrice in miniatura, colei che aveva preso la sua gentilezza per farla a pezzi. I due aspiranti assassini di Hunter erano lì con lei.

Luz, senza preavviso, avvertì la bocca farsi più leggera, e le braccia liberarsi dai rovi della Bocca Di Leone. Con rinnovata energia, si alzò e prese ad urlare:

VOI! VOI…”

“Apprezzo la tua volontà di instaurare un dialogo, Luz l’Umana, ma vorrei pregarti di renderlo costruttivo.” la canzonò Belos, divertito.

“Costruttivo? Nessuno della tua Congrega sa quali siano le tue veri intenzioni! O forse lei sì?”

Luz fece un cenno del capo verso Kikimora, che rimase immobile.

L’Imperatore, per nulla turbato, sorrise nuovamente.

“Di cosa mi stai accusando, Luz?”

“Di voler distruggere le specie magiche nel Giorno dell’Unità.”

Con un sorriso compiaciuto, Belos si rivolse alla sua fidata collaboratrice:

“Kikimora, ti risulta che il Giorno dell’Unità sia ciò che quest’umana sta vaneggiando?”

“No, mio signore, quella ragazza è un’istigatrice!”

La vocetta aspra di Kikimora graffiò i timpani di Luz, e in cuor suo la quattordicenne si domandò come potesse quella demone essere così cieca.

“Molto bene, Kikimora. Puoi ritirarti.”

La demonietta sparì lungo il corridoio e nella sala del trono rimasero solo l’Imperatore e Luz.

Terra e Kikimora camminavano silenziose lungo il corridoio, i passi attutiti dal lungo tappeto verde smeraldo.

“Hai fame?” le chiese la donna-pianta, e la demone annuì.

Con un sorriso zuccheroso, Terra la condusse nella mensa imperiale, e una volta lì diede ordini al cuoco.

Poco dopo, Kikimora aveva dinnanzi a sé un succulento arrosto di pollodiavolo con bacche di rosa mannara.

“Questa volta Durquell si è superato!” esclamò Kikimora, elogiando il cuoco.

“Sono felice che ti piaccia.” le disse Terra, con fare materno.

Mentre la collega mangiava, la donna dai capelli verdi si sedette sul tavolo con fare insinuante.

“Scusa la domanda indiscreta, Kiki… Hai qualche notizia sulla Guardia d’Oro?”

Improvvisamente, la demone lanciò la forchetta nel piatto ed ebbe un moto di stizza:

“TERRA! Sto mangiando! Devi proprio parlarmi di quel moccioso?”

La Capostrega della Congrega delle Piante incassò il colpo:

“… Hai ragione, scusami. Mangia pure con calma.”

Terra scese dal tavolo e si apprestò ad uscire dalla mensa; si fermò sulla soglia, osservando Kiki con fare deluso e scocciato.

“Non va bene…” mormorò soltanto.

Frattanto, Luz era ferma in mezzo alla sala del trono, a studiare ogni mossa di colui che una volta si faceva chiamare Philip Wittebane.

Luz non capiva, non capiva proprio cosa avesse spinto Philip a diventare un tiranno, così decise di sondare il terreno con una domanda che, sperava, avrebbe potuto scuotere l’animo nero dell’umano pluricentenario.

“Non pensi mai alla tua famiglia?” gli chiese con asprezza, con un tono e una voce che risultarono molto più adulti dei loro quattordici anni.

Belos parve colpito e si mise a pensarci sopra, sempre con i suoi soliti occhi color del ghiaccio, che nella loro esistenza avevano contemplato abomini inenarrabili.

Tuttavia, quel breve momento di riflessione venne troncato da un sorrisino malevolo, che fece restringere gli occhi in una piega soddisfatta.

“La mia famiglia appartiene al passato, Luz.”

Belos smise di parlare e si scontrò con l’espressione ostile della giovane.

“… Scommetto che tu sei affezionata alla tua famiglia… Amore, protezione, condivisione… Belle parole, non è vero? Quando ero giovane, cercavo tutto questo in mio fratello maggiore. Caleb era la mia luce e la mia guida. Con il passare degli anni, ho capito che mio fratello era una creatura imperfetta, che avrebbe potuto essere migliore.”

Una rivelazione colpì Luz all’improvviso:

“… Ed è per questo che hai creato Hunter? Per rimpiazzare tuo fratello?”

Belos la guardò annoiato.

“Se Caleb poteva essere migliorato, perché non provarci?”

Luz strinse i denti; come poteva quell’uomo parlare di suo fratello come se fosse un oggetto difettoso, da sostituire?

“E come avresti fatto a migliorarlo?” lo sfidò la ragazza.

La bocca di Belos si piegò in una smorfia di fastidio.

“Non ci sono ancora riuscito, purtroppo. Ogni Grimwalker creato mi ha sempre scontentato, alla fine.”

“E quindi hai pensato bene di ucciderli…” mormorò Luz, lugubre.

L’Imperatore aveva un’espressione ancora più disgustata di prima.

“Sai, sei esattamente come mio fratello. Anche lui mi ha guardato con disprezzo, quando ho cercato di farlo rinsavire. Caleb credeva che avrebbe trovato la felicità stando insieme a quella strega, quella… Shaylee Clawthorne.”

Luz annaspò.

Belos era soddisfatto di aver fatto centro.

“Non lo sapevi? Quel povero sciocco di mio fratello ha sposato la progenitrice dei Clawthorne.”

La mente di Luz esplose letteralmente. Quell’uomo, il tiranno delle Isole Bollenti, era imparentato con Eda e Lilith.

Si rifiutava di crederlo.

Con le ginocchia che le cedevano, la ragazza fece un’ultima domanda, ben consapevole che la risposta avrebbe potuto non piacerle.

“Che cos’hai fatto a tuo fratello?”

Lo sapeva.

Lo sapeva…

Belos le rispose con la sua solita nonchalance:

“Ho dovuto terminare le sue sofferenze. Il mio povero fratello delirava, era convinto di poter unire streghe ed umani in un grande popolo armonico. Il mio è stato un atto di pietà.”

Luz non voleva credere alle sue orecchie.

“Ma ora basta, con questi convenevoli. Voglio farti una proposta, Luzura…”

La giovane si mise sulla difensiva.

“… Collabora con me al Giorno dell’Unità. Se lo farai, ti permetterò di scegliere dieci streghe da salvare. Vivranno con te nel Regno Umano, in pace.”

“E se mi rifiutassi?”

Gli occhi gelidi dell’uomo la trafissero con disprezzo misto a noia.

“… Allora morirai assieme a loro.”

Belos batté le mani una volta, e diverse guardie bloccarono mani e piedi di Luz con catene magiche.

“Conducetela nelle segrete. Avrà modo di riflettere in questa settimana di preparazione.”

Le guardie tirarono le catenelle di malagrazia e Luz rischiò di perdere l’equilibrio, ma proprio mentre stava per uscire dalla sala del trono, Belos la fermò.

“Domattina ti farò visita, Luz l’Eroina. Nel caso tu non abbia ancora cambiato idea, ti racconterò qualcosa che ti certo considererai… pregevole.”

Ogni parola pronunciata dall’Imperatore era una carezza mortale, l’uomo non amava alzare la voce, non era un tipo da insulti o sguardi colmi d’odio. Una serafica indifferenza aveva preso il posto dal livore feroce che lo aveva animato in gioventù contro le streghe e chiunque gli si opponesse.

“Cammina!”

Un forte strattone la costrinse a camminare nuovamente.

Mancavano sette giorni al Giorno dell’Unità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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