“Rafael.”
Quel nome era un altro incubo per
l’Imperatore delle Streghe, e il solo riportarlo alla mente gli provocò una
fitta alla tempia.
“Rafael.”
Era forse la sua coscienza a chiamarlo?
Impossibile, se mai ne aveva avuta una, l’aveva sepolta nelle parti più remote
e sgradite del suo inconscio.
“Rafael.”
Non lo vedeva da anni, era morto, lui
l’aveva ucciso, eppure il suo fantasma non si arrendeva e seguitava a
tormentarlo.
Lui, con il sorriso e gli occhi buoni, con
l’aria innocente e gentile di chi non farebbe del male ad un moscerino. Lui, il
suo esatto opposto.
Belos scosse la testa e si apprestò ad
accogliere la cara ospite che negli ultimi mesi gli aveva reso le cose
difficili come mai era accaduto in cinquant’anni di regno, e in
trecentocinquanta di vita.
Eccola, la ragazzina umana che aveva osato
ficcare il naso in faccende che non le competevano, imbrigliata nei rovi
pungenti di Terra Bocca di Leone. I glifi le erano stati confiscati e i suoi
arti non toccavano il pavimento, motivo per cui era inerme, senza vie di fuga.
Luz provava a dimenarsi, a mordere le piante
che la costringevano come le spire di un pitone, ma era inutile e inoltre, una
dei Capitani delle Guardie le puntava la lancia contro una guancia.
“Silenzio, umana!”
Belos, vedendo quel gradito spettacolo, si
alzò in piedi e discese le scale dorate del suo trono.
“Ma che sorpresa, Luz.”
I due umani si trovarono presto faccia a
faccia, e il più vecchio poté apprezzare gli sguardi colmi di rabbia della più
giovane: c’era il fuoco in quelle iridi color nocciola, l’alito di fenice che
brucia tutto quanto c’è di sozzo nel mondo.
Belos si mise a ridere, sempre senza perdere
la sua quieta compostezza.
“Mi odi, non è così? Non vorresti vedere
arrivare il Giorno dell’Unità.”
Gli occhi di Luz si restrinsero
ulteriormente.
Belos alzò la testa verso i suoi seguaci:
“Lasciateci soli.”
Senza aggiungere altro, la Congrega sparì
oltre il grande portone della sala del trono, e Luz si ritrovò sdraiata sul
tappeto verde e fino che conduceva alla scalinata.
D’un tratto, da dietro la sedia del trono,
la ragazza scorse una figuretta conosciuta, rossiccia e dagli strani capelli a
forma di mani. Kikimora.
Un fiotto d’ira le attraversò il corpo;
oltre a Belos, le toccava sopportare la presenza di quella traditrice in miniatura,
colei che aveva preso la sua gentilezza per farla a pezzi. I due aspiranti
assassini di Hunter erano lì con lei.
Luz, senza preavviso, avvertì la bocca farsi
più leggera, e le braccia liberarsi dai rovi della Bocca Di Leone. Con
rinnovata energia, si alzò e prese ad urlare:
“VOI!
VOI…”
“Apprezzo la tua volontà di instaurare un
dialogo, Luz l’Umana, ma vorrei pregarti di renderlo costruttivo.” la canzonò Belos, divertito.
“Costruttivo? Nessuno della tua Congrega sa
quali siano le tue veri intenzioni! O forse lei sì?”
Luz fece un cenno del capo verso Kikimora,
che rimase immobile.
L’Imperatore, per nulla turbato, sorrise
nuovamente.
“Di cosa mi stai accusando, Luz?”
“Di voler distruggere le specie magiche nel
Giorno dell’Unità.”
Con un sorriso compiaciuto, Belos si rivolse
alla sua fidata collaboratrice:
“Kikimora, ti risulta che il Giorno
dell’Unità sia ciò che quest’umana sta vaneggiando?”
“No, mio signore, quella ragazza è
un’istigatrice!”
La vocetta aspra di Kikimora graffiò i
timpani di Luz, e in cuor suo la quattordicenne si domandò come potesse quella
demone essere così cieca.
“Molto bene, Kikimora. Puoi ritirarti.”
La demonietta sparì
lungo il corridoio e nella sala del trono rimasero solo l’Imperatore e Luz.
Terra e Kikimora camminavano silenziose
lungo il corridoio, i passi attutiti dal lungo tappeto verde smeraldo.
“Hai fame?” le chiese la donna-pianta, e la
demone annuì.
Con un sorriso zuccheroso, Terra la condusse
nella mensa imperiale, e una volta lì diede ordini al cuoco.
Poco dopo, Kikimora aveva dinnanzi a sé un
succulento arrosto di pollodiavolo con bacche di rosa mannara.
“Questa volta Durquell si è superato!”
esclamò Kikimora, elogiando il cuoco.
“Sono felice che ti piaccia.” le disse
Terra, con fare materno.
Mentre la collega mangiava, la donna dai
capelli verdi si sedette sul tavolo con fare insinuante.
“Scusa la domanda indiscreta, Kiki… Hai
qualche notizia sulla Guardia d’Oro?”
Improvvisamente, la demone lanciò la
forchetta nel piatto ed ebbe un moto di stizza:
“TERRA! Sto mangiando! Devi proprio parlarmi
di quel moccioso?”
La Capostrega
della Congrega delle Piante incassò il colpo:
“… Hai ragione, scusami. Mangia pure con
calma.”
Terra scese dal tavolo e si apprestò ad
uscire dalla mensa; si fermò sulla soglia, osservando Kiki con fare deluso e
scocciato.
“Non va bene…”
mormorò soltanto.
Frattanto, Luz era ferma in mezzo alla sala
del trono, a studiare ogni mossa di colui che una volta si faceva chiamare
Philip Wittebane.
Luz non capiva, non capiva proprio cosa avesse spinto Philip a diventare un tiranno,
così decise di sondare il terreno con una domanda che, sperava, avrebbe potuto
scuotere l’animo nero dell’umano pluricentenario.
“Non pensi mai alla tua famiglia?” gli
chiese con asprezza, con un tono e una voce che risultarono molto più adulti
dei loro quattordici anni.
Belos parve colpito e si mise a pensarci
sopra, sempre con i suoi soliti occhi color del ghiaccio, che nella loro
esistenza avevano contemplato abomini inenarrabili.
Tuttavia, quel breve momento di riflessione
venne troncato da un sorrisino malevolo, che fece restringere gli occhi in una
piega soddisfatta.
“La mia famiglia appartiene al passato, Luz.”
Belos smise di parlare e si scontrò con
l’espressione ostile della giovane.
“… Scommetto che tu sei affezionata alla tua
famiglia… Amore, protezione, condivisione… Belle parole, non è vero? Quando ero
giovane, cercavo tutto questo in mio fratello maggiore. Caleb era la mia luce e
la mia guida. Con il passare degli anni, ho capito che mio fratello era una
creatura imperfetta, che avrebbe potuto essere migliore.”
Una rivelazione colpì Luz all’improvviso:
“… Ed è per questo che hai creato Hunter?
Per rimpiazzare tuo fratello?”
Belos la guardò annoiato.
“Se Caleb poteva essere migliorato, perché
non provarci?”
Luz strinse i denti; come poteva quell’uomo
parlare di suo fratello come se fosse un oggetto difettoso, da sostituire?
“E come avresti fatto a migliorarlo?” lo
sfidò la ragazza.
La bocca di Belos si piegò in una smorfia di
fastidio.
“Non ci sono ancora riuscito, purtroppo.
Ogni Grimwalker creato mi ha sempre scontentato,
alla fine.”
“E quindi hai pensato bene di ucciderli…”
mormorò Luz, lugubre.
L’Imperatore aveva un’espressione ancora più
disgustata di prima.
“Sai, sei esattamente come mio fratello. Anche lui mi ha guardato con
disprezzo, quando ho cercato di farlo rinsavire. Caleb credeva che avrebbe
trovato la felicità stando insieme a quella strega,
quella… Shaylee Clawthorne.”
Luz annaspò.
Belos era soddisfatto di aver fatto centro.
“Non lo sapevi? Quel povero sciocco di mio
fratello ha sposato la progenitrice dei Clawthorne.”
La mente di Luz esplose letteralmente.
Quell’uomo, il tiranno delle Isole Bollenti, era imparentato con Eda e Lilith.
Si rifiutava
di crederlo.
Con le ginocchia che le cedevano, la ragazza
fece un’ultima domanda, ben consapevole che la risposta avrebbe potuto non
piacerle.
“Che cos’hai fatto a tuo fratello?”
Lo sapeva.
Lo sapeva…
Belos le rispose con la sua solita
nonchalance:
“Ho dovuto terminare le sue sofferenze. Il
mio povero fratello delirava, era convinto di poter unire streghe ed umani in
un grande popolo armonico. Il mio è stato un atto di pietà.”
Luz non voleva credere alle sue orecchie.
“Ma ora basta, con questi convenevoli.
Voglio farti una proposta, Luzura…”
La giovane si mise sulla difensiva.
“… Collabora con me al Giorno dell’Unità. Se
lo farai, ti permetterò di scegliere dieci streghe da salvare. Vivranno con te
nel Regno Umano, in pace.”
“E se mi rifiutassi?”
Gli occhi gelidi dell’uomo la trafissero con
disprezzo misto a noia.
“… Allora morirai assieme a loro.”
Belos batté le mani una volta, e diverse
guardie bloccarono mani e piedi di Luz con catene magiche.
“Conducetela nelle segrete. Avrà modo di
riflettere in questa settimana di preparazione.”
Le guardie tirarono le catenelle di
malagrazia e Luz rischiò di perdere l’equilibrio, ma proprio mentre stava per
uscire dalla sala del trono, Belos la fermò.
“Domattina ti farò visita, Luz l’Eroina. Nel
caso tu non abbia ancora cambiato idea, ti racconterò qualcosa che ti certo
considererai… pregevole.”
Ogni parola pronunciata dall’Imperatore era
una carezza mortale, l’uomo non amava alzare la voce, non era un tipo da
insulti o sguardi colmi d’odio. Una serafica indifferenza aveva preso il posto
dal livore feroce che lo aveva animato in gioventù contro le streghe e chiunque
gli si opponesse.
“Cammina!”
Un forte strattone la costrinse a camminare
nuovamente.
Mancavano sette giorni al Giorno dell’Unità.