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Autore: Ivy001    18/05/2022    2 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Perché quei due tardano ancora?” – chiede Daniel, guardando l’orologio, constatando che Santiago si è allontanato per convocare le Farfalle ben mezz’ora prima.

E Tokyo e Rio sono lì in salotto dalla metà di quel tempo.

“Puoi cominciare con noi due” – interviene Anibal, pronto all’interrogatorio, con aria decisamente seria e tranquilla.

“Ti vedo molto deciso e questo fa ben sperare, amico” – commenta Ramos.

“Cominciamo allora! Sicuramente l’ispettore Lopez è indaffarato con Nairobi” – aggiunge Silene, preoccupata di una ipotetica e tragica reazione della gitana una volta saputo dell’ennesimo vis a vis con i rappresentanti della polizia.

E così, il trentenne, prende parola - “Anche se manca la Jimenez, e il mio collega è altrove  vorrei chiudere la faccenda. Poi vi lasceremo liberi per sempre. È nostra premura precisare che non faremo i vostri nomi sui verbali, così che il qui presente Cortes non sia immischiato in nulla” – la decisione e compostezza del trentenne, così come il suo modo di parlare, spiazza la Olivera, che lo ha conosciuto decisamente più infantile e meno responsabile.

“Quando hai preparato questo discorso?” – lo punzecchia, quasi divertita.

Rio la guarda, confuso, ignaro del temperamento di Daniel, differente da ciò che adesso sta manifestando.

“Un po' di serietà, per favore! Forza, Tokyo…tocca a te”

“Io ribadisco quanto ho già raccontato circa dieci giorni fa. Lisbona non era mia amica, non so cosa può esserle accaduto”

“E come mai c’è chi ha messo in mezzo il tuo ragazzo?” – chiede il figlio del commissario.

“A questo rispondo io” – interviene lo stesso Cortes, attirando su di sé l’attenzione.

“Martin Berrotti non mi voleva tra i piedi. Cercò di ostacolare la mia storia con Tokyo e sicuramente mi ha coinvolto perché potessi essere reso colpevole e sbattuto in galera, così si sarebbe liberato di me”

“E l’avrebbe fatto senza prove certe che ti potessero incastrare? Mmh, io penso, invece, che sia stato un modo per sviarci e spostare l’attenzione su altro che non riguardasse il Night Club” – riflette il trentenne ad alta voce.

Poi torna alle domande e si rivolge ancora ad Anibal - “Quindi mi assicuri che quanto raccontato da Stoccolma e da Berrotti non corrisponde al vero?”

“Se si riferiscono al momento in cui io e Lisbona abbiamo discusso, beh… diciamo che quell’evento in particolare è accaduto veramente”

“CHE?” – esclama, Silene, spiazzata e ignara del fatto.

“Non ho voluto alimentare tensioni varie, mi amor” – si scusa Rio, scrutato dalla sua fidanzata alquanto contrariata.

“E cosa vi siete detti?” – domanda lei, incrociando le braccia al petto.

“Io ero lì per vederti, come facevamo da mesi, di nascosto. Ma Lisbona mi ha chiaramente detto che non era possibile, che non dovevo farmi vedere mai più da quelle parti, e che se lo avessi fatto, avrei perduto ogni cosa”

“Mi stai dicendo che quella tipa ti ha minacciato?” – la Olivera è scioccata oltremodo - “Decisamente non da Lisbona un comportamento simile” – precisa poi.

“Forse è stata costretta a farlo…” – commenta di nuovo Ramos - “Così come costringono anche la povera Stoccolma”

L’appellativo povera associato a Monica fa ridere Silene.

“Non ti fidare di quella gatta morta. È sempre stata una spiona. Appoggia da anni Martin Berrotti e gli riportava ogni nostra parola o mossa”

“Forse ha paura di lui”
“Quei due nascondono qualcosa. Li ho visti spesso al Mariposas. Sono fin troppo complici per essere semplici datore e dipendente” – perfino Rio appoggia la tesi della compagna.

“E poi lo sapevano tutti che scopava con uno dei clienti più in vista del locale” – la Farfalla non ha peli sulla lingua e non esita a parlare della ex collega con poca stima.

“Come?” – chiede, spiazzato, Daniel. Mai avrebbe immaginato la innocente ricciolina nelle vesti di mangiatrice di uomini. Però è anche vero che abita e lavora in un Night Club e lì le scelte, spesso, sono poche e quelle prese gli garantiscono la sopravvivenza.

Colpito dalla rivelazione circa la relazione di Stoccolma con uno dei tipi del posto, Ramos si ammutolisce. Comincia, quindi, ad ipotizzare che la bionda possa essere stata usata per scopi malvagi da chi la obbliga ancora oggi a tradire le socie.  

E mentre il trentenne pensa e ripensa a Monica, la coppietta di innamorati torna sull’argomento Lisbona.

“Perché non mi hai detto di averla vista e di aver litigato con lei?”

“Mi amor, ho sbagliato, lo so. Però a cosa serviva parlartene? Ad alimentare le tensioni tra voi. Lo so che non c’è mai stata simpatia tra te e la Murillo”

“Voglio sapere per filo e per segno che cosa vi siete detti quella sera, ok?” – esige la giovane, dando poca retta all’interrogatorio che, nel frattempo, si è interrotto.

E mentre Anibal accenna alla fidanzata la vicenda che riguarda la moglie di Alberto Vicuña, l’ispettore riprende parola chiedendo – “So che esiste la privacy sui clienti. Non siete tenute a conoscere le identità degli uomini che vengono lì. Ma te lo domando ugualmente. Sai, per caso, il nome del tizio che frequentava Stoccolma?”

“Ehi, amico, ma ti si sono risvegliati gli ormoni per caso? Adesso sei in fissa con la gatta morta?” – la ex Farfalla inarca il sopracciglio e lo guarda stranita.

“Io sto cercando di fare l’educato e rispettoso. Potresti essere più gradevole?”

“Come, prego?” – con una bomba a orologeria come Tokyo ogni parola, detta nella maniera scorretta, è motivo di esplosione.

E c’è Rio, di fianco a lei, a saperla domare – “Mi vida, calma. L’ispettore ha ragione”

“E va bene. Ok, hai vinto, userò modi più garbati” – si arrende, sbruffando, tornando a sedersi di fianco al suo innamorato.

“Quindi? Cosa mi dici di questa persona?”

“Come già detto, i nomi dei clienti sono un tabù per noi. Ma questo non vale per tutti i clienti”

“Allora lo sai, vero?” – il viso di Dani si illumina.

“Io li ho sentiti parlottare settimane fa. E lei si è lasciata scappare il suo nome”

“Qual è?”

“Arturo!”

“Cognome?”

“Ehi, ascolta…quello non lo so”

“Ma sai quanti Arturo esistono sulla faccia della terra?Almeno sai descriverlo? Non so, se ti dicessi di farmi un identikit”

“Grasso, brutto, e vecchio. Basta così?” – Silene ha pochi aggettivi per definirlo, tanto da far sorridere i due uomini presenti.

La situazione è diventata paradossalmente comica.

“Nulla a che vedere con i tizi che cercavano approcci con me e Nairobi. Evidentemente i clienti che hanno gusto sceglievano le migliori” – si vanta la Olivera.

“Dovrei chiedere anche a Nairobi, a proposito. Magari conosce qualcosa in più” – riflette il trentenne.

“Scusa, mi stai dicendo che adesso ci interroghi per sapere di Arturo? Sbaglio o l’indagine riguardava Lisbona”
“Già, va beh…torniamo al punto”
“Ecco, finalmente! Arriviamo al punto e salutiamoci. Comincio ad avere sonno” – sbuffa, ancora, lei.

E l’attenzione dell’investigatore del caso torna a focalizzarsi sul testimone nuovo.

“Rio, giusto? È così che ti chiamano le Mariposas?”

“Esatto, ma sai… Tokyo trova nomi in codice a tutti. Ne hanno dato uno anche al tuo collega”
“CHE?” – esclama, ridendo buffamente, il figlio del Commissario.

“Dovremmo darne uno anche a te, sai?” – pensa Silene, divertita dall’idea e desiderosa di punzecchiare Ramos.

“Non se ne parla”
“Uno Stato che ti piace?”
“L’America, però… torniamo seri…dicevamo…”
“Hai preferenze tra America del Sud, America del Nord…”

“TOKYO”  - la rimprovera Ramos – “Ho detto di lasciar perdere”
“No, no. Io ne ho uno che, non so, ma credo possa andare benone per la tua faccia” – esclama la donna entusiasta.

“Perché? Che faccia ho io?”

“Da idiota” – fa la linguaccia, visto che ormai le formalità sono venute meno.

“Sono un ragazzo serio ed educato, mi comporto bene, altrimenti potrei rispondere a tono ad una che può essere mia madre …”
“TUA cosa?”

“Ops. Questo non avresti dovuto dirlo, amico” – ridacchia Rio, non contenendosi dalla scena imminente.

“Che ho detto che non va?”

“Io sarei tua madre? Razza di imbecille, siamo coetanei”

Preso un cuscino, Silene è pronta a scaraventarlo addosso all’ispettore.

“Direi di darci una calmata!” – interviene Anibal, seppure divertito.

“Ok, chiedo venia. Non volevo…tu però non presti attenzione. Pensi alle città..”
“E tu per farmi tacere mi dai della vecchia?”

“Vecchia, no. va bene, scusa di nuovo, mi correggo. Potresti essere…beh…mia sorella. Va meglio così?”

L’interrogatorio, iniziato in serietà massima, con nervosismo qua e la di Tokyo, si conclude prima del previsto con una ilarità generale. Si consuma una diatriba simpatica, fatta di risate e divertimento.

La Olivera trova un nome di città perfino per Ramos e glielo comunica quando, dopo aver esaurito le batterie del suo corpo, esausta e senza fiato, è abbacchiata sul divano.

“Tu sei Denver, ormai è deciso”

“Cazzo, ma è fighissimo” – esclama Rio.

“Vada per Denver o come cazzo si chiama la città, basta solo che mi date un bicchiere d’acqua”

“Te lo porto subito” - scatta in piedi Anibal.

“Adesso che siamo amici, perché le formalità sono cadute a terra come quei dannati cuscini, parlo francamente, Tokyo.” – precisa il trentenne – “Cosa si nasconde di tanto malvagio nel Mariposas?”

“Purtroppo non esiste una risposta a tale quesito. Dopotutto è proprio tale mistero che ha garantito il fascino del locale per anni e anni”

 

E proprio di questa delicata questione si parla in camera di Nairobi.

La gitana, abbracciata a Bogotà, confessa quanto del suo passato non è ancora trapelato.

Rivela anche di essere stata l’amante dell’ex proprietario del locale e quanto da lì in poi accadutole.

“Hai detto che si chiamava Andres?”

“Sì, e aveva un nome di città come tutti noi. Berlino, è così che lo chiamavano”

“E quindi, questo Berlino ti ha costretta, in qualche modo, a venderti a un cliente?”

“Già” - commenta Agata, incupendosi.
“Chi era questo bastardo? Conosci il suo nome?”

“Era un tipo elegante, benestante, e con una voce agghiacciante”

Il viso della zingara inquieta perfino Santiago che, in risposta, la stringe ancora più forte a sé.

“Mi lusingò per serate intere. Voleva portarmi a letto da subito. E quando ottenne ciò che desiderava, si divertiva a umiliarmi chiamandomi meticcia…”

“E’ un razzista!”

“Era un pazzo. Un criminale. Non ha mai rivelato il suo nome. Mi diceva che amava dipingere. Aveva perfino un pittore preferito. Dalì”

“Buffo, anche mio padre adorava Dalì” – pensa tra se e se Bogotà, ricordando di un genitore da sempre inesistente e che era noto per il dettaglio della pittura grazie ai racconti di mamma Leticia.

“Non so nulla di lui, se non che era sposato, come molti altri dei clienti del Night Club. Aveva un figlio, questo lo confessò quando mi rise in faccia perché soffrivo della lontananza da Axel”

“Che bastardo”

“Fu allora che iniziò la mia agonia al Mariposas. Quando il mio bambino sparì nel nulla e quando Berlino lasciò, inaspettatamente il locale. Al posto suo, oggi, c’è qualcun altro”
“Martin Berrotti”

“No, qualcuno di peggio. E dopo le ore trascorse nella sua tana, a stretto contatto con lui, ho messo assieme i pezzi. Si fa chiamare signor Dalì. E quell’uomo indossa una maschera per non essere riconosciuto. Non si mostra a nessuno. Non può farlo, evidentemente”

“Chi cazzo è?”

“Chi ha voluto farmi sua e chi scacciò Andres e prese il suo posto sono la stessa persona. E quelle mani sul mio corpo, le ho riconosciute subito”

“Ma costui non si sarebbe mai mostrato a te sapendoti in grado di ricordarlo”

“Evidentemente mi faceva meno scaltra”

“Sapresti descrivere il cliente che ti ha costretta ad avere rapporti intimi con lui? Intendo nei tratti del viso, o nella corporatura”

“Sono passati circa dieci anni, ma la sua immagine è vivida nei miei ricordi. Lui credeva che mi sarei dimenticata. E invece un turbamento così profondo, una privazione di libertà tanto grande, non si cancella”

“Allora potremmo avere tra le mani la carta vincente, amore mio”

Presa per mano la zingara, dopo un lungo abbraccio che vale più di mille parole, Lopez la conduce in salotto.

La ritrovata vicinanza tra i due è ben evidente, seppure il turbamento stampato sul viso di Nairobi non è un buon segno.

“Nairo, tutto ok?” – le chiede Tokyo, andandole incontro.

La gitana annuisce. Si avvicina al suo orecchio e le sussurra – “Amica mia, io rimarrò qui. ho preso la mia decisione. Nessuno mi poterà lontano da lui. La mia vita è al suo fianco. Non perderò l’uomo che voglio più di ogni altra cosa al mondo per paura di un passato che mi minaccia. Voglio affrontare questo mostro e vincere la mia battaglia interiore”

“Sono fiera di te, sorella mia” – si commuove Silene, abbracciandola e sentendo sulla sua stella pelle la tempra e la forza di una donna che non ha mai smesso di essere una leonessa e che ha saputo solo attendere il momento giusto per tirare fuori i suoi artigli.

“Sono pronta a testimoniare contro il Signor Dalì”

“Chi?” – chiede, confuso, Rio.

“Il boss assoluto del Mariposas. Colui che ha osato farmi violenza dieci anni fa, e qualche settimana fa… non ho dubbi”
“Credi sia il cliente 13?”

“Ne sono sempre più convinta”

“Dobbiamo fare l’identikit del Signor Dalì quanto prima” – sottolinea Bogotà, comunicandolo anche al collega.

“Andiamo immediatamente al commissariato. Se è come spero, potremmo sentirci finalmente libere e il Mariposas finirà all’inferno insieme a tutto il marciume che lo abita da fin troppo tempo”

“E noi avremo le risposte che cerchiamo su Lisbona” – conclude Daniel, ottimista.

 

 

   
 
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