E
Tokyo e Rio sono lì in salotto dalla metà di quel
tempo.
“Puoi
cominciare con noi due” – interviene Anibal, pronto
all’interrogatorio, con
aria decisamente seria e tranquilla.
“Ti
vedo molto deciso e questo fa ben sperare, amico” –
commenta Ramos.
“Cominciamo
allora! Sicuramente l’ispettore Lopez è
indaffarato con Nairobi” – aggiunge Silene,
preoccupata di una ipotetica e tragica reazione della gitana una volta
saputo dell’ennesimo
vis a vis con i rappresentanti della polizia.
E
così, il trentenne, prende parola - “Anche se
manca la Jimenez, e il mio
collega è altrove vorrei
chiudere la
faccenda. Poi vi lasceremo liberi per sempre. È nostra
premura precisare che
non faremo i vostri nomi sui verbali, così che il qui
presente Cortes non sia
immischiato in nulla” – la decisione e compostezza
del trentenne, così come il
suo modo di parlare, spiazza la Olivera, che lo ha conosciuto
decisamente più
infantile e meno responsabile.
“Quando
hai preparato questo discorso?” – lo punzecchia,
quasi divertita.
Rio
la guarda, confuso, ignaro del temperamento di Daniel, differente da
ciò che
adesso sta manifestando.
“Un
po' di serietà, per favore! Forza, Tokyo…tocca a
te”
“Io
ribadisco quanto ho già raccontato circa dieci giorni fa.
Lisbona non era mia
amica, non so cosa può esserle accaduto”
“E
come mai c’è chi ha messo in mezzo il tuo
ragazzo?” – chiede il figlio del
commissario.
“A
questo rispondo io” – interviene lo stesso Cortes,
attirando su di sé
l’attenzione.
“Martin
Berrotti non mi voleva tra i piedi. Cercò di ostacolare la
mia storia con Tokyo
e sicuramente mi ha coinvolto perché potessi essere reso
colpevole e sbattuto
in galera, così si sarebbe liberato di me”
“E
l’avrebbe fatto senza prove certe che ti potessero
incastrare? Mmh, io penso,
invece, che sia stato un modo per sviarci e spostare
l’attenzione su altro che
non riguardasse il Night Club” – riflette il
trentenne ad alta voce.
Poi
torna alle domande e si rivolge ancora ad Anibal - “Quindi mi
assicuri che
quanto raccontato da Stoccolma e da Berrotti non corrisponde al
vero?”
“Se
si riferiscono al momento in cui io e Lisbona abbiamo discusso,
beh… diciamo
che quell’evento in particolare è accaduto
veramente”
“CHE?”
– esclama, Silene, spiazzata e ignara del fatto.
“Non
ho voluto alimentare tensioni varie, mi amor” – si
scusa Rio, scrutato dalla
sua fidanzata alquanto contrariata.
“E
cosa vi siete detti?” – domanda lei, incrociando le
braccia al petto.
“Io
ero lì per vederti, come facevamo da mesi, di nascosto. Ma
Lisbona mi ha
chiaramente detto che non era possibile, che non dovevo farmi vedere
mai più da
quelle parti, e che se lo avessi fatto, avrei perduto ogni
cosa”
“Mi
stai dicendo che quella tipa ti ha minacciato?” –
la Olivera è scioccata
oltremodo - “Decisamente non da Lisbona un comportamento
simile” – precisa poi.
“Forse
è stata costretta a farlo…” –
commenta di nuovo Ramos - “Così come costringono
anche la povera Stoccolma”
L’appellativo
povera associato a Monica fa ridere Silene.
“Non
ti fidare di quella gatta morta. È sempre stata una spiona.
Appoggia da anni
Martin Berrotti e gli riportava ogni nostra parola o mossa”
“Forse
ha paura di lui”
“Quei due nascondono qualcosa. Li ho visti spesso al
Mariposas. Sono fin troppo
complici per essere semplici datore e dipendente” –
perfino Rio appoggia la tesi
della compagna.
“E
poi lo sapevano tutti che scopava con uno dei clienti più in
vista del locale” –
la Farfalla non ha peli sulla lingua e non esita a parlare della ex
collega con
poca stima.
“Come?”
– chiede, spiazzato, Daniel. Mai avrebbe immaginato la
innocente ricciolina
nelle vesti di mangiatrice di uomini. Però è
anche vero che abita e lavora in
un Night Club e lì le scelte, spesso, sono poche e quelle
prese gli garantiscono
la sopravvivenza.
Colpito
dalla rivelazione circa la relazione di Stoccolma con uno dei tipi del
posto,
Ramos si ammutolisce. Comincia, quindi, ad ipotizzare che la bionda
possa
essere stata usata per scopi malvagi da chi la obbliga ancora oggi a
tradire le
socie.
E
mentre il trentenne pensa e ripensa a Monica, la coppietta di
innamorati torna
sull’argomento Lisbona.
“Perché
non mi hai detto di averla vista e di aver litigato con lei?”
“Mi
amor, ho sbagliato, lo so. Però a cosa serviva parlartene?
Ad alimentare le tensioni
tra voi. Lo so che non c’è mai stata simpatia tra
te e la Murillo”
“Voglio
sapere per filo e per segno che cosa vi siete detti quella sera,
ok?” – esige la
giovane, dando poca retta all’interrogatorio che, nel
frattempo, si è
interrotto.
E
mentre Anibal accenna alla fidanzata la vicenda che riguarda la moglie
di
Alberto Vicuña, l’ispettore riprende parola
chiedendo – “So che esiste la
privacy sui clienti. Non siete tenute a conoscere le
identità degli uomini che
vengono lì. Ma te lo domando ugualmente. Sai, per caso, il
nome del tizio che
frequentava Stoccolma?”
“Ehi,
amico, ma ti si sono risvegliati gli ormoni per caso? Adesso sei in
fissa con
la gatta morta?” – la ex Farfalla inarca il
sopracciglio e lo guarda stranita.
“Io
sto cercando di fare l’educato e rispettoso. Potresti essere
più gradevole?”
“Come,
prego?” – con una bomba a orologeria come Tokyo
ogni parola, detta nella
maniera scorretta, è motivo di esplosione.
E
c’è Rio, di fianco a lei, a saperla domare
– “Mi vida, calma. L’ispettore ha
ragione”
“E
va bene. Ok, hai vinto, userò modi più
garbati” – si arrende, sbruffando, tornando
a sedersi di fianco al suo innamorato.
“Quindi?
Cosa mi dici di questa persona?”
“Come
già detto, i nomi dei clienti sono un tabù per
noi. Ma questo non vale per
tutti i clienti”
“Allora
lo sai, vero?” – il viso di Dani si illumina.
“Io
li ho sentiti parlottare settimane fa. E lei si è lasciata
scappare il suo nome”
“Qual
è?”
“Arturo!”
“Cognome?”
“Ehi,
ascolta…quello non lo so”
“Ma
sai quanti Arturo esistono sulla faccia della terra?Almeno sai
descriverlo? Non
so, se ti dicessi di farmi un identikit”
“Grasso,
brutto, e vecchio. Basta così?” – Silene
ha pochi aggettivi per definirlo,
tanto da far sorridere i due uomini presenti.
La
situazione è diventata paradossalmente comica.
“Nulla
a che vedere con i tizi che cercavano approcci con me e Nairobi.
Evidentemente i
clienti che hanno gusto sceglievano le migliori” –
si vanta la Olivera.
“Dovrei
chiedere anche a Nairobi, a proposito. Magari conosce qualcosa in
più” –
riflette il trentenne.
“Scusa,
mi stai dicendo che adesso ci interroghi per sapere di Arturo? Sbaglio
o l’indagine
riguardava Lisbona”
“Già, va beh…torniamo al
punto”
“Ecco, finalmente! Arriviamo al punto e salutiamoci. Comincio
ad avere sonno” –
sbuffa, ancora, lei.
E
l’attenzione dell’investigatore del caso torna a
focalizzarsi sul testimone
nuovo.
“Rio,
giusto? È così che ti chiamano le
Mariposas?”
“Esatto,
ma sai… Tokyo trova nomi in codice a tutti. Ne hanno dato
uno anche al tuo
collega”
“CHE?” – esclama, ridendo buffamente, il
figlio del Commissario.
“Dovremmo
darne uno anche a te, sai?” – pensa Silene,
divertita dall’idea e desiderosa di
punzecchiare Ramos.
“Non
se ne parla”
“Uno Stato che ti piace?”
“L’America, però… torniamo
seri…dicevamo…”
“Hai preferenze tra America del Sud, America del
Nord…”
“TOKYO” - la rimprovera Ramos
– “Ho detto di lasciar
perdere”
“No, no. Io ne ho uno che, non so, ma credo possa andare
benone per la tua
faccia” – esclama la donna entusiasta.
“Perché?
Che faccia ho io?”
“Da
idiota” – fa la linguaccia, visto che ormai le
formalità sono venute meno.
“Sono
un ragazzo serio ed educato, mi comporto bene, altrimenti potrei
rispondere a
tono ad una che può essere mia madre …”
“TUA cosa?”
“Ops.
Questo non avresti dovuto dirlo, amico” – ridacchia
Rio, non contenendosi dalla
scena imminente.
“Che
ho detto che non va?”
“Io
sarei tua madre? Razza di imbecille, siamo coetanei”
Preso
un cuscino, Silene è pronta a scaraventarlo addosso
all’ispettore.
“Direi
di darci una calmata!” – interviene Anibal, seppure
divertito.
“Ok,
chiedo venia. Non volevo…tu però non presti
attenzione. Pensi alle città..”
“E tu per farmi tacere mi dai della vecchia?”
“Vecchia,
no. va bene, scusa di nuovo, mi correggo. Potresti
essere…beh…mia sorella. Va meglio
così?”
L’interrogatorio,
iniziato in serietà massima, con nervosismo qua e la di
Tokyo, si conclude
prima del previsto con una ilarità generale. Si consuma una
diatriba simpatica,
fatta di risate e divertimento.
La
Olivera trova un nome di città perfino per Ramos e glielo
comunica quando, dopo
aver esaurito le batterie del suo corpo, esausta e senza fiato,
è abbacchiata
sul divano.
“Tu
sei Denver, ormai è deciso”
“Cazzo,
ma è fighissimo” – esclama Rio.
“Vada
per Denver o come cazzo si chiama la città, basta solo che
mi date un bicchiere
d’acqua”
“Te
lo porto subito” - scatta in piedi Anibal.
“Adesso
che siamo amici, perché le formalità sono cadute
a terra come quei dannati
cuscini, parlo francamente, Tokyo.” – precisa il
trentenne – “Cosa si nasconde
di tanto malvagio nel Mariposas?”
“Purtroppo
non esiste una risposta a tale quesito. Dopotutto è proprio
tale mistero che ha
garantito il fascino del locale per anni e anni”
E
proprio di questa delicata questione si parla in camera di Nairobi.
La
gitana, abbracciata a Bogotà, confessa quanto del suo
passato non è ancora
trapelato.
Rivela
anche di essere stata l’amante dell’ex proprietario
del locale e quanto da lì
in poi accadutole.
“Hai
detto che si chiamava Andres?”
“Sì,
e aveva un nome di città come tutti noi. Berlino,
è così che lo chiamavano”
“E
quindi, questo Berlino ti ha costretta, in qualche modo, a venderti a
un cliente?”
“Già”
- commenta Agata, incupendosi.
“Chi era questo bastardo? Conosci il suo nome?”
“Era
un tipo elegante, benestante, e con una voce agghiacciante”
Il
viso della zingara inquieta perfino Santiago che, in risposta, la
stringe
ancora più forte a sé.
“Mi
lusingò per serate intere. Voleva portarmi a letto da
subito. E quando ottenne
ciò che desiderava, si divertiva a umiliarmi chiamandomi
meticcia…”
“E’
un razzista!”
“Era
un pazzo. Un criminale. Non ha mai rivelato il suo nome. Mi diceva che
amava
dipingere. Aveva perfino un pittore preferito.
Dalì”
“Buffo,
anche mio padre adorava Dalì” – pensa
tra se e se Bogotà, ricordando di un
genitore da sempre inesistente e che era noto per il dettaglio della
pittura grazie
ai racconti di mamma Leticia.
“Non
so nulla di lui, se non che era sposato, come molti altri dei clienti
del Night
Club. Aveva un figlio, questo lo confessò quando mi rise in
faccia perché
soffrivo della lontananza da Axel”
“Che
bastardo”
“Fu
allora che iniziò la mia agonia al Mariposas. Quando il mio
bambino sparì nel
nulla e quando Berlino lasciò, inaspettatamente il locale.
Al posto suo, oggi,
c’è qualcun altro”
“Martin Berrotti”
“No,
qualcuno di peggio. E dopo le ore trascorse nella sua tana, a stretto
contatto
con lui, ho messo assieme i pezzi. Si fa chiamare signor
Dalì. E quell’uomo
indossa una maschera per non essere riconosciuto. Non si mostra a
nessuno. Non può
farlo, evidentemente”
“Chi
cazzo è?”
“Chi
ha voluto farmi sua e chi scacciò Andres e prese il suo
posto sono la stessa
persona. E quelle mani sul mio corpo, le ho riconosciute
subito”
“Ma
costui non si sarebbe mai mostrato a te sapendoti in grado di
ricordarlo”
“Evidentemente
mi faceva meno scaltra”
“Sapresti
descrivere il cliente che ti ha costretta ad avere rapporti intimi con
lui? Intendo
nei tratti del viso, o nella corporatura”
“Sono
passati circa dieci anni, ma la sua immagine è vivida nei
miei ricordi. Lui credeva
che mi sarei dimenticata. E invece un turbamento così
profondo, una privazione
di libertà tanto grande, non si cancella”
“Allora
potremmo avere tra le mani la carta vincente, amore mio”
Presa
per mano la zingara, dopo un lungo abbraccio che vale più di
mille parole,
Lopez la conduce in salotto.
La
ritrovata vicinanza tra i due è ben evidente, seppure il
turbamento stampato
sul viso di Nairobi non è un buon segno.
“Nairo,
tutto ok?” – le chiede Tokyo, andandole incontro.
La
gitana annuisce. Si avvicina al suo orecchio e le sussurra –
“Amica mia, io
rimarrò qui. ho preso la mia decisione. Nessuno mi
poterà lontano da lui. La mia
vita è al suo fianco. Non perderò
l’uomo che voglio più di ogni altra cosa al
mondo per paura di un passato che mi minaccia. Voglio affrontare questo
mostro
e vincere la mia battaglia interiore”
“Sono
fiera di te, sorella mia” – si commuove Silene,
abbracciandola e sentendo sulla
sua stella pelle la tempra e la forza di una donna che non ha mai
smesso di
essere una leonessa e che ha saputo solo attendere il momento giusto
per tirare
fuori i suoi artigli.
“Sono
pronta a testimoniare contro il Signor Dalì”
“Chi?”
– chiede, confuso, Rio.
“Il
boss assoluto del Mariposas. Colui che ha osato farmi violenza dieci
anni fa, e
qualche settimana fa… non ho dubbi”
“Credi sia il cliente 13?”
“Ne
sono sempre più convinta”
“Dobbiamo
fare l’identikit del Signor Dalì quanto
prima” – sottolinea Bogotà,
comunicandolo anche al collega.
“Andiamo
immediatamente al commissariato. Se è come spero, potremmo
sentirci finalmente
libere e il Mariposas finirà all’inferno insieme a
tutto il marciume che lo
abita da fin troppo tempo”
“E
noi avremo le risposte che cerchiamo su Lisbona” –
conclude Daniel, ottimista.