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Autore: Son of Jericho    22/05/2022    0 recensioni
Metto la parola fine ad un capitolo durato troppi anni.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad ogni cosa, prima o poi, bisogna mettere la parola fine. Che sia una nostra decisione o quella di altri, tocca farlo ed è normale così. Va bene, è così che funziona. Funziona bene, funziona male, non sempre sta a noi dirlo.

Ci sono delle cose, però, alle quali vorresti essere tu a mettere il punto, prima che siano loro a farlo. Così pensi di scegliere il male minore.

Un capitolo che non vorresti veder terminare. O perlomeno, vorresti essere tu a decidere quale debba essere l’ultima parola.

Così non è stato per me, e ora mi ritrovo diviso a metà, combattuto. Una parte di me poteva averci pensato e poteva aspettarselo, l’altra non credeva sarebbe mai successo.

Quando ho saputo la notizia sono rimasto senza parole. E mentre tornavo verso casa, alla guida, in silenzio, con lo sguardo fisso sulla strada, non ho potuto fare a meno di tornare indietro con la mente. Sono andato a ripescare i vari ricordi, impolverati, sanguinolenti, come tanti capitoli di un libro.

In effetti ho parlato un sacco su di lei e scritto ancora di più, come fosse la musa di un antico poeta. E’ quasi tutto su questo sito, a fare da pietre miliari.

Il primo testo risale al 2014. Volevo dare un senso e una forma a quello che stavo provando, che altro non era che la fantasia di un allora ragazzino, e mi turbava non avere un appoggio da nessuno.
Non era uscito neanche troppo bene, anzi, penso sia stato uno dei brani peggiori che abbia mai scritto.

Ma l’immagine di lei mi restava davanti agli occhi tutti i giorni, ed era impossibile staccarcisi. Mi comportavo in maniera ridicola, ad emulare il protagonista ingenuo di una commedia americana. Quando ancora pensavo che un banale regalo, per la festa di Natale, oltre ad un sorriso potesse anche farmi apparire per quello che non ero.

In questo lungo tunnel, c’è un ricordo che più spesso torna a tormentarmi, ed è dell’anno successivo.
Ero a Milano, una stanza d’albergo e un letto ancora da disfare. Ero lì per lavoro, ma avevo solo lei in testa. Tanta voglia di gridare quelle sensazioni, e niente con cui scrivere. Feci tutto sul telefono, tutto di getto.
Tornato a casa e rimesso in bella, lo mostrai ad un amico di allora.
La frase che mi disse suonò più o meno così: “Ma che ci fai a lavorare qui? Guarda cos’hai fatto, tu dovresti fare lo scrittore!”
Mi misi a ridere dall’imbarazzo. Ero contento di aver reso almeno qualcuno felice con la mia tristezza.

E poi c’è stato tutto il resto.

Resto che comprende altro tempo ad inseguirla, tra quelle volte passate, seduto in macchina, a fissare il balcone di casa sua. Oppure quando vedevo passare una macchina simile alla sua, e lo sguardo andava a cadere subito sulla targa, sperando fosse lei.

Ho litigato con degli amici per lei, perché pensavo di essere nel giusto. Ho imparato che la fiducia si può guadagnare e perdere un’infinità di volte.

Dei periodi trascorsi lontani da lei ho parlato in lungo e in largo, in tutte le salse, trainato dalla nostalgia e dal timore di non vederla tornare.

Negli anni ho cercato di trovarmi un posto, tra la consapevolezza di non poter essere niente di più di un amico, e l’illusione invece a un certo punto di poter rendere il sogno realtà.
Mi sono fatto quasi prendere a pugni dal suo ragazzo, per lei e per quello straccio d’illusione.

Non posso dire di non aver provato a voltare pagina, a dimenticarla o qualsiasi altra cosa potessi fare. Eppure, in un certo senso non l’ho lasciata andare nemmeno quando al mio fianco c’era un’altra.

Rimarrà per sempre un grande SE, per tutte quelle cose che sarebbero potute andare diversamente se solo mi fossi svegliato.

Siamo stati vicini, anche più del dovuto. Mi piaceva, mi faceva sentire bene. Poi l’ho allontanata io, almeno fino a quando non mi pentivo e cercavo di rimediare. Poi mi ha allontanato lei, perché il suo posto non era con me. E io non ci ho capito più nulla.

Sono bruciato per lei.

 

Tanto tempo perso, 8 anni buttati via. 8 anni, dannazione.

Se non fossi me stesso, se mi raccontassero questa storia e leggessi tutto ciò che ne è venuto fuori, il giudizio su di me non sarebbe affatto clemente.

Potrei continuare ancora, ma è finalmente arrivato il momento di scrivere l’ultimo capitolo. Non sarà il migliore, non sarà il più bello e forse neanche quello scritto meglio. Ma porterà con sé quella maledetta parola fine.

Magari la rivedrò in giro, un giorno, e spero sarà senza più soffrire e senza più rimpianti o rimorsi.

Con oggi si chiude quella porta che, per il mio bene, avrei dovuto sprangare tanto tempo fa, o forse mai neppure aprire.


 

Sei stato il mio più grande errore di valutazione.

Quando mi saluterai, non voltarti indietro, perché io non ci sarò.

 

 

 
   
 
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