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Autore: Nariko_koi    23/05/2022    3 recensioni
Regione dello Hubei, 1939.
Dopo essere stato ferito sul campo di battaglia e congedato, Wang Yao, tenente dell'esercito Nazionalista, si trova costretto a scortare il proprio aguzzìno lontano dal fronte. All'incarico di per sé insolito si aggiunge il fatto che Honda Kiku, l'ostaggio, non è un volto nuovo nella vita di Yao. Dopo aver condiviso un'estate sulle sponde rigogliose del Fiume Azzurro, i due si ritrovano a distanza di anni a camminare fianco a fianco indossando divise di schieramenti tra loro opposti. Yao è sfuggente, impenetrabile e pieno di collera, una collera di cui Kiku, incorruttibile e legato alla propria causa, non comprende fino in fondo la motivazione. Due spiriti fratelli, entrambi brillanti e inquieti, un ricordo che emerge da dietro la devastazione attorno ai passi dei due soldati, due nazioni senza speranze.
Sulla strada per Chongqing, il passato tornerà a chiedere la resa dei conti, e Kiku e Yao saranno costretti ad affrontare i loro demoni, nel tentativo di preservare la loro scarna, sofferta, umanità.
[NiChu/ChuNi] [Accenni ad altre coppie e personaggi]
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Cina/Yao Wang, Germania/Ludwig, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Epilogo
 
È ancora lo stesso sogno. Un corridoio, il lampo di luce di una porta che si apre, il sentiero in discesa della collina. Quando Kiku apre gli occhi la stanza è immersa nella penombra del primo mattino, le lenzuola sono impregnate dell’odore di ciò che è accaduto la notte prima. Kiku chiude gli occhi, inspira quell’aroma piantando il naso in un cuscino. Se qualcuno entrasse in quella stanza, gli basterebbe un attimo per capire cos’è successo tra loro, e questa consapevolezza lo diverte, lo frusta come farebbe un amante sadico. Dieci anni prima quello stesso odore lo aveva nauseato, lo aveva sommerso di sporco, adesso invece porta con sé un senso di pace, di natura soddisfatta. È il principio secondo il quale l’acqua nasce dalla terra e il silenzio e la voce si completano e si armonizzano, è la quiete di tornare alla propria radice1.
Voltandosi incontra la figura in controluce di Yao, di profilo di fronte alla finestra socchiusa. È completamente vestito nell’uniforme verde oliva, guarda fuori dalla finestra con una sigaretta tra le labbra. Quando si accorge che Kiku lo sta guardando, inspira il fumo e porta due dita al mozzicone, scrolla la cenere. «Ti ho svegliato?» chiede, la bocca coperta da una nube di fumo.
Kiku scuote la testa, sorride. Si permette di osservare la sua corporatura snella e longilinea, il taglio spigoloso dell’uniforme accentua le spalle larghe. Con quella nuca rasata e i ciuffi corti ai lati degli occhi sembra impossibile cercare di ricordarlo nei panni della concubina Wang Zhaojun. Yao prende il posacenere, avanza verso di lui con una mano in tasca, poi posa il piattino sul comodino e gli si siede accanto. Kiku si sdraia sulla schiena per guardarlo meglio. Si chiede come possa aver trascorso dieci anni lontano da lui, dopo aver assaporato tutta la sua persona. Probabilmente per tutto quel tempo ha vissuto in attesa di questo momento rilassato. Si puntella sui gomiti per alzarsi in piedi, gli toglie la sigaretta dalle labbra per prendere un tiro, Yao gli carezza un ginocchio attraverso le lenzuola.
«Hai dormito bene?»
Kiku annuisce. «Credo di averti sognato.»
Yao forza un sorriso. «Ah sì?»
«C’era una casa in collina. Ogni volta che faccio questo sogno ricordo pochissimo, però so che aspettavo qualcuno. Aspettavo te.»
Yao lo ascolta con quell’espressione tirata, e solo allora Kiku si accorge di come lui lo stia guardando. Sembra studiarlo con urgenza, come se dovesse imprimersi nella mente quante più cose possibili di lui. Kiku sente che la quiete della mattina sta per spezzarsi.
 «Che c’è?»
Yao si fa serio di colpo. Abbassa lo sguardo, si schiarisce la voce. «Ti ricordi Arthur Kirkland?»
Kiku esita per un secondo, poi annuisce. «È… è successo qualcosa?»
«Lavora all’ambasciata britannica a Chongqing. Ludwig… il prete, con quel furgone volevano andare lì.»
Kiku annuisce una seconda volta con la stessa incertezza. «Va bene, quindi…»
«Gli ho comprato io gli attrezzi perché non sa parlare cinese. Ha detto che mi deve un favore.»
Kiku muove le labbra a vuoto per qualche secondo, alla fine gli esce un filo di voce. «Hai fatto tutta questa premessa solo per dirmi che andiamo a Chongqing?»
Yao lo guarda in silenzio, poi abbassa lo sguardo, gli carezza il ginocchio tra le mani. «C’è posto per uno solo di noi.»
Kiku avverte come uno schiaffo dritto sulla bocca, di quelli che fanno sputare sangue. Yao tira fuori un foglio dalla giacca, continua a parlare a ruota libera. «Qui ci sono tutte le informazioni che ti servono. Ti ho scritto un’altra lettera, appena arrivi all’ambasciata dovrai chiedere asilo…»
Kiku si guarda intorno alla ricerca di un appiglio, si passa una mano sotto al naso, sussurra: «basta, basta, basta…»
«…politico, fai in modo che ti facciano parlare con Arthur, ricordati di mostrargli–
«…basta, basta!»
Kiku ha alzato la voce, Yao ha avuto un sussulto. «Non ci vado, non vado da nessuna parte senza di te.»
Yao chiude gli occhi. «Kiku. Ti prego, è già abbastanza difficile per com’è.»
«Non possiamo… – si guarda attorno, alza le mani. – e se restassimo qui?»
«Qui? Ci troveranno, ci giustizieranno. È questo che vuoi?»
«Tu non sai… non puoi…»
«Kiku. – Yao lo afferra per le spalle, ma Kiku non lo guarda, chiude gli occhi – abbiamo più probabilità di sopravvivere entrambi se ci dividiamo.»
Kiku tenta di respirare, socchiude le palpebre per vedere che Yao gli ha allungato una lettera. «Conservala meglio che puoi, appena vedi Arthur–
Yao non fa in tempo a finire, Kiku afferra la busta e la strappa in pochi gesti rabbiosi, le labbra strette. Yao contrae la mascella, da come schiocca la lingua è palese che si trovi al limite della sopportazione. Fa per alzarsi. «Ne scrivo un’altra.»
«Yao!» Kiku lo afferra per il braccio, lo riporta sul materasso. «Tu hai fatto una scelta, ora lascia che io–
«Ma non capisci, non posso lasciare che ti ammazzi così, tanto per il capriccio di starmi incollato! Tu devi vivere. Altrimenti tutto questo sarà stato inutile.»
Kiku lo ascolta senza parlare, la gola gli brucia. La figura di Yao si annacqua, deglutisce. «No…»
Ha atteso il suo sguardo per dieci anni, ha passato metà della sua vita a cercarlo negli altri. La persona che ha più amato in vita sua lo sta lasciando, forse ha visto in lui dei vuoti impossibili da colmare, forse si sta arrendendo.
Yao sospira, gli carezza una mano col pollice calloso. «Va bene così, amore mio. È giusto così.»
Kiku chiude gli occhi, lascia che le lacrime gli attraversino il viso fino al collo mentre Yao poggia la fronte sulla sua. Deve forzare la voce, ma alla fine riesce a dire: «Non amerò mai nessuno come te.» Non è una promessa, è un’accusa.
 
***
 
Ludwig non è contento di averlo con loro, si capisce dal modo in cui ha liquidato i ringraziamenti di Yao, annuendo con un grugnito. Hanno saldato al rimorchio del furgone una copertura trovata per strada, che un tempo doveva essere appartenuta a un camion militare. Kiku viaggia senza bagagli, Yao ha insistito per comprargli almeno un altro cambio d’abiti, ma lui si è opposto. Teme che Yao possa esaurire tutti i soldi che ha a disposizione solo per garantirgli qualche comodità in più. Feliciano ha stipato i pochi averi delle studentesse in un’unica valigia, ci sono anche i guanti viola di Meihua. Dopo aver fatto salire le ragazze sul rimorchio, scrolla il polso per controllare l’orologio, dice a Kiku: «Abbiamo ancora qualche minuto.» Poi si dirige verso le taniche di benzina a ridosso del muro.
Yao gli si avvicina, gli stende una giacca marrone sulle spalle.
«Ti avevo detto di non comprarmi niente.»
«Me l’ha data Meng tài-tai. Ha paura che potresti prendere freddo.»
Kiku sospira, infila le braccia nelle maniche della giacca. Quando ha finito Yao gli sistema una busta nella tasca interna. «Dentro c’è la lettera che devi dare ad Arthur e trecento yuan
«Sei impazzito, ti avevo detto di tenerti i soldi.»
«Ne ho altri con me, non preoccuparti di questo.»
Kiku alza gli occhi al cielo, scuote la testa. Sta lasciando un militare invalido senza il suo ostaggio a girare per le campagne con la metà dei soldi di quando è partito e nessuna possibilità di recuperare altro denaro. «Va bene, sai una cosa? Non vado da nessuna parte.»
«Ricorda cosa ti ho detto.»
Kiku sospira, contrae la mascella.
«Ti ricordi cosa devi fare a Chongqing?»
«Me l’hai detto cento volte.»
«Ripetiamolo lo stesso.»
Così Yao si lancia nello stesso monologo che quella mattina ha accompagnato ogni loro passo, mentre abbottona la giacca a Kiku e gli sistema il colletto. Kiku non lo ascolta, osserva le sopracciglia piatte, le lentiggini sul naso, il taglietto minuscolo sul labbro inferiore. Ha paura che un giorno tutti quei dettagli svaniranno dalla sua testa, che rimanga solo una figura opaca, un nome privo di volto.
«Mi stai ascoltando?»
Kiku tace, Yao sospira. «Nella busta che ti ho dato c’è anche un foglio con le cose che devi ricordare. Vedi di non perderlo.»
Kiku annuisce, Yao lo imita. Poi lo afferra per la giacca per attirarlo contro il suo petto, gli circonda le braccia con le spalle solide. Kiku affonda il naso nel suo collo, inspira l’odore della sua pelle. Non te ne andare, non te ne andare, non te ne andare. Yao ha una guancia premuta sulla sua tempia, sussurra: «Grazie. Per avermi ridato uno scopo.»
Kiku chiude gli occhi, lo stringe più forte. «Verrò a cercarti, te lo prometto.»
Yao sfrega una mano sulla sua giacca, gli preme le mani sulle spalle per allontanarlo. Gli rivolge un sorriso, come a dire: è ora. Se Kiku rimanesse con lui un secondo di più finirebbe per non salire più sul furgone. Così si dirige verso il rimorchio, ai piedi del quale Mo si regge sul bastone. Kiku si piega sui calcagni, la circonda con le braccia e poi la solleva per aria, avendo cura che sia solida sulle sue gambe prima di lasciare la presa. Mo lo ringrazia, Meihua viene verso di lui saltellando e sbracciandosi. Lo tira per la manica della giacca, dice: «Ti siedi con me?»
Kiku le rivolge un sorriso, la aiuta a raggiungere la sorella. In quel momento, mentre il calore del giorno prima lo afferra allo stomaco e al petto, si dice che forse è questo che la sorte ha in piano per lui. Così come all’interno dei circuiti gli elettroni viaggiano per riequilibrare un divario, così anche lui è arrivato fin lì per colmare un vuoto nella vita di Yao, e adesso che quella mancanza è stata soddisfatta Kiku sente che ha davanti un nuovo proposito, un nuovo vuoto da colmare.
«Kiku!»
È già salito sul furgone quando si volta di scatto. Yao si dimena sulla stampella per raggiungerlo, gli allunga un foglio. Kiku si sporge verso di lui, si accorge che si tratta della fotografia sulla porta Jubao. Alza gli occhi verso il volto accigliato di Yao, approfitta di quel contatto per carezzargli la mano col pollice. Poi il volto di Yao si distende, sorride. Kiku capisce che è il suo modo di augurargli buon viaggio.
Il motore borbotta, le loro mani si separano. La figura di Yao rimpicciolisce sempre di più, sfocata dalla nuvola di polvere e fumo sollevata dal furgone. Kiku osserva il suo viso beato, sa che ha trovato la pace.
Nei miei sogni c’è una casa su una collina. Dove un fiume illumina i tronchi degli alberi di riflessi dorati, e le chiome di un’alta magnolia riparano il sentiero che ci conduce l’un l’altro, nel tempio dove conserverò il tuo ricordo. E quando la tua assenza mi taglierà i polmoni, chiuderò i miei occhi stanchi e tornerò qui, ad attendere il tuo sguardo, e trarrò conforto dalla certezza che qualsiasi cosa sia passata in mezzo alle nostre anime erranti sia stato meglio che rimanere ad osservarti dalla finestra della stanza degli ospiti, e non toccare niente.
 
 
Fine.
 
 
 
Nota: riferimento al Dàodéjīng: «Tornare alla propria radice si chiama “quiete”.»
 
 
 
Ringraziamenti
 
Grazie innanzitutto a D., prima lettrice e supporter di questa “cosa” che ho partorito. Grazie a M., che si diverte a dare una voce ai miei pensieri. Grazie a F., che non perde occasione di ricordarmi le mie capacità, e infine grazie a B e t c h i  e a May Jeevas, che si sono dimostrate le supporter più accanite e costanti. Senza i vostri feedback, forse questa storia sarebbe rimasta unicamente sui miei documenti Word.
  
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