Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: FreDrachen    23/05/2022    1 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 24


Pensavo stesse scherzando quando mi annunciò che mi avrebbe trascinato in fumetteria.

Insomma non era la prima volta che esprimeva la sua volontà di convertirmi in un nerd e una parte di me sperava che scherzasse.

Malgrado i miei pensieri non riuscivo a fare a meno della sua compagnia così per puro masochismo quel giorno accettai di andare nuovamente a casa sua a studiare dopo scuola. Dovevo dire che riuscivo a concentrarmi più che a casa mia, e questa volta speravo di non dover spiegare cose imbarazzanti a Maiko, che mi aveva rivelato di aver preso un quattro all'interrogazione per colpa delle mie spiegazioni troppo dettagliate, ma che continuava a voler bene al suo Onii-san sconcio. Ormai era diventato il mio nuovo soprannome, sigh.

All'uscita mi incrociai con Akira e prendemmo posto in auto.

Ma dopo poco mi accorsi che la strada che stavamo percorrendo non era la solita e la zona di destinazione era dall'altra parte della nostra meta.

«Ehm Aki, casa tua non è da quella parte?» domandai perplesso indicando quella che, secondo il mio senso dell'orientamante, praticamente inesistente, doveva essere la nostra direzione.

«Vorrei un attimo fare una piccola deviazione» spiegò con fare enigmatico.

Ci infilammo in una via secondaria di quella considerata tra le vie più importanti della città e dopo aver trovato, fortunatamente, quasi subito un parcheggio mi invitò a raggiungere un negozio di cui non conoscevo l'esistenza e realizzai che si trattava di una fumetteria.

«Ho dei recuperi da fare assolutamente e già che ci siamo posso provare a trovare qualche manga che potresti cominciare a leggere».

Santo cactus!

«Aki davvero, non ce n'è bisogno. Abbiamo tutto il tempo per...»

«Assolutamente no. È arrivato il tuo momento».

Detto così sembrava quasi che stessi per andare a morte sicura.

Dato che mi pareva fermo sull sua idea mi costrinsi a seguirlo all'interno. Era un locale abbastanza piccolo e scarsamante illuminato dalla luce naturale, per questo motivo regnava una luce soffusa che mi fece quasi lacrimare gli occhi. Aveva dei piccoli scaffali bassi che creavano una sorta di percorso e le pareti erano caratterizzate da librerie che arrivavano fino al soffitto traboccanti di tanti piccoli volumetti. In una notai quei pupazzetti dalla testa grossa e il corpo sproporzionato che tanto piacevano ad Agnese, i funko cosi.

Alla cassa, incastrata nell'angolo di fronte all'entrata, stava una donna sulla quarantina dai capelli neri raccolti in una coda e vestita con una salopette jeansata sopra una maglia a strisce.

«Ciao Akira. Dovresti avere qualcosa in casella» esclamò la donna armeggiando con le dira sulla tastiera del suo pc.

Solo io non stavo capendo un cazzo?

«C'è chi penso che sia?» domandò Akira con gli occhi che gli brillavano.

«Nisekoi 19. Tutto tuo» dichiarò lei pescando il volumetto da un piccolo scaffare al suo fianco.

«Faccio un giro e arrivo» disse lui, quasi sul punto di fiondarsi su quel manga.

Sarei diventato anch'io un fanatico fino a quel punto? Ossignore!

«Vieni Luca-chan» mi invitò e non potei fare alteo che seguirlo. Ebbi un po' di difficoltà a districarmi tra gli scaffali, per fortuna c'eravamo solo noi e non ebbi il problema di dover asfaltare qualcuno per passare, ma alla fine riuscì a raggiungerlo, trovandolo che stava maneggiando, manco fosse il Sacro Graal, un manga con due tizi in copertina.

«Sei venuto per questo?»

«Super lovers è sacro» ribattè lui, forse non capendo il mio scarso entusiasmo. «E si, sono venuto per questo e per Junjo romantica 3» spiegò arraffando l'altro manga in questione.

«Il tuo amico é un vero fudanshi*» mi disse la commessa con un sorriso divertito, dopo essermi comparsa magicamente di fianco, facendomi fare un salto sulla sedia.  Ma da dove cazzo era sbuccata? Dal pavimento?

Annuì inebetito non sapendo che accidenti avesse detto. Ma la smettevano di parlare con termini che non capivo?

«È uscito anche Horimiya 5? Devo prenderlo assolutamente!» se ne uscì improvvisamente Akira, catapultandosi dall'altra parte dello scaffale.

«Anche se devo ammettere che legge tutti i generi» precisò lei tornando alla sua postazione in cassa.

Fissai Akira intento a coccolare le sue nuove conquiste e capì cosa significava essere appassonati di qualcosa. Una scena simile l'avrei fatta per un pallone da calcio autografata dai membri della mia squadra del cuore.

Non mi accorsi che Aki aveva preso un manga dallo scaffale in quando non me lo sventolò in faccia.

«Prova a cominciare da questi» mi propose. E da lì recuperò altri volumetti che mi affidò.

Il primo si intitolava Given e la copertina era di un beige delicato con quattro ragazzi che parevano formare una band musicale, il secondo aveva la copertina simile a quello che avevo maneggiato a suo tempo in camera sua (prima dello shock dovuto al rapporto abbastanza dettagliato tra due ragazzi) in cui spiccava quello che apreva un gigante anatomico e un ragazzo dai capelli scuri che gli si fionda addosso (che fosse un gigante potevo arrivarci da titolo), e per finire un titolo, Tokyo ghoul, che non mi suonava sconosciuto, forse lo aveva nominato Roberto o un altro membro del trio di Nerd.

«Te ne ho preso quasi uno per genere: shonen-ai, che sarebbe, in termini semplici, una versione soft di un rapporto omosessuale da diversificare dallo yaoi in cui sono presenti scene più spinte, shonen, ossia manga di lettura prevalentemente per un pubblico maschile giovane, seinen, che sono letture più impegnative che spaziano in più generi, quello che ho scelto per te è un horror. Per il momento ti ho abbonato gli yuri e gli shojo».

Termini semplici? Se ne era convinto lui. E dire che questa era la seconda volta che me li spiegava.

Annuì per farlo contento, cercando di mascherare la mia difficoltà di comprensione e lo seguì verso la cassa.

Ci fu una breve discussione sul pagamento e alla fine la spuntò lui che si accollò anche la spesa dei miei. In futuro dovevo trovare assolutamente un modo per sdebitarmi.

Conclusa la nostra breve ma intensa deviazione, ci avviammo verso l'auto e successivamente verso la casa di Akira.

Per fortuna quando arrivammo alla meta sua zia era a casa e ci aiutò con la sedia a rotelle e il mio zaino mentre Akira mi portava fra le braccia, gesto a cui ormai mi ero abituato. A differenza dall'inizio cominciavo a trovarlo piacevole. D'istinto poggiai la testa contro il suo petto, e lo sentì subito trattenere il respiro e il cuore accelerare di battito. Ero certo che se avessi avuto il coraggio di alzare lo sguardo l'avrei trovato rosso per l'imbarazzo.

Mi staccai subito, pentendomi di quel gesto con cui l'avevo messo evidentemente a disagio.

Giunti dentro casa, constatando che si era ripreso da quella parentesi imbarazzante, mi adagiò seduto sul divano e andò a recuperare le protesi che mi fece indossare. Come tacito accordo mi faceva esercitare in ogni momento utile, in modo così da abituarmi. Non era cosi semplice come avevo creduto all'inizio, ma ero certo di potercela fare.

Con enorme fatica lo seguì in camera sua, posta in fondo al corridoio. La distanza non era questo granché ma a me sembrava più di quella che aveva la Terra con Plutone.

Alla fine, senza fiato, con i muscoli che imploravano pietà, riuscì nella mia impresa e mi sedetti fiaccamente sulla sedia girevole posta di fronte alla scrivania, dove Akira mi condusse gentilmente, mentre lui si posizionò sul letto, la schiena appoggiata allo schienale.

Con tutta la felicità del mondo recuperai il quanderno e il libro di matematica per fare gli esercizi che quell'arpia della prof ci aveva assegnato da un giorno all'altro, più del solito per colpa di alcuni miei compagni che avevano fatto casino nella sua ora. Per venicarmi li avrei trasformati prima o poi in fertilizzante per le piante del piccolo cortile collegato al laboratorio di microbiologia.

Sospirando cominciai a leggere il primo, passando al secondo, al terzo...solo io non capivo cosa volessero da me e la mia vita?

Con la coda dell'occhio vidi Akira estrarre da un cassetto del comodino un blocco a spirale con le pagine bianche e un astuccio contenente diverse matite e chine. Dopo poco cominciò a tracciare diverse linee sul foglio, ma dalla mia posizione non riuscivo a capire di cosa si trattasse.

Tornai ai miei esercizi, e poco a poco riuscì a risolverne qualcuno, con il conseguente, però, esaurimento inevitabile dei miei poveri neuroni.

Ma più avvertivo il leggero frusciare del foglio e della matita più la mia, già scarsa, naturale concentrazione veniva meno.

Dovevo assolutamente saperlo!

«Che stai facendo?» gli domandai infine, allungando il collo per vedere ma lui fu lesto a voltare il blocco in modo da impedirmi la visuale di quello che stava tracciando sul foglio.

«Non avendo nessun compito che non abbia già fatto mi sto esercitando un po' nel...disegno» si limitò a rispondere con un'alzata di spallucce.

Beato lui che non aveva i prof che lo strapazzavano di verifiche e interrogazioni!

«E perchè non mi vuoi farmi vedere?»

«Non voglio essere la colpa delle tue distrazioni».

«Ormai é fatta. Forza fa vedere».

Lui mi fissò ancora un attimo prima di cedere.

«Però dovrai venire qui a prendertelo» continuò, incerto se soddisfare la mia richiesta o meno.

Maledetto!

Mi alzai a fatica, ancora non mi ero ripreso dallo sforzo di prima, ma riuscì comunque a raggiungerlo. Lui mi fece spazio spostandosi di lato e così riuscì a imitare la sua posizione semieretta.

Mi passò il blocco tenendo però lo sguardo basso come se si vergognasse e questo mi fece salire ancora di più la curiosità.

Sulla pagina trovai tratteggiato il mio profilo. Accidenti, mi aveva fatto un ritratto mentre avevo lo sguardo perso fuori dalla finestra, in chissà che pensieri profondi. Lo stile era manga, cosa che mi sarei aspettato da Akira, e lo trovai...bello. Le ciglia che solleticavano la pelle e che nascondevano gli occhi mezzo socchiusi, la bocca nascosta dalla mano chiusa a pugno. Era così che mi vedeva?

Glielo ripassai in mezzo imbarazzo.

«È davvero...molto bello»dissi infine al che Akira alzò lo sguardo.

«Davvero?»

Gli sorrisi cone per rincuorarlo. «Si e te lo dice uno che il livello massimo di disegno arriva a quell'omino stilizzato con le linee e lo sguardo perso».

Vidi Akira cercare di soffocare una risata ma inutilmente.

«Ma certo, infierisci pure sulla mia abilità nel disegno» ribattei fingendomi offeso, in realtà più che consapevole di essere completamente negato.

Ero contento però di aver fatto ridere Akira, era molto più bello quando sorrideva.

Arrossì visibilmente a quel pensiero e prima che Akira se ne potesse accorgere voltai il capo e tornai alla scrivania, affondando poi lo sguardo sugli esercizi che mi aspettavano.

Non riuscivo più a concentrarmi e il pensiero di Akira dietro e spaparanzato sul letto non mi aiutava.

«Cosa stai facendo?»

Sussultai alla sua voce a pochissima distanza dal mio orecchio, il suo respiro contro la mia pelle, in quel momento più sensibile che mai alla sua vicinanza.

D'istinto mi voltai e mi ritrovai il suo volto a pochissima distanza, neanche cinque centimetri.

Avvertì il battito cardiaco accelerare e il respiro farsi affannoso. Perchè faceva ogni volta questo al mio corpo? E non solo al mio, anche Akira pareva avere il mio stesso problema.

Incrociai i suoi occhi color ossidiana in cui lessi emozioni che non riuscivo a comprendere del tutto.

Dovevo distogliere lo sguardo e allontanarmi ma allora perché non lo facevo? Perchè il mio corpo si ribellava e non dava retta alla ragione?

Annullare la distanza e poggiare le labbra sulle sue sarebbe staro così sempkice e naturale...

Quel pensiero mi fece tornare in me e con uno scatto, mossi il mio corpo in modo tale da aderire alla parte destra della sedia, tutto per allontanarmi anche di poco da Akira per riprendere il controllo di me stesso e, giusto per essere sicuro che non leggesse i miei pensieri spudoratamente scritti a caratteri cubitali sul mio volto, mi girai, constatando che anche Akira sembrava abbastanza a disagio e palesemente in lotta con i suoi sentimenti.

Ero in vero cretino.

«Cosa stai facendo?»

Quella domanda racchiundeva più di una risposta possibile ma solo una mi sembrava giusta in quel momento.

«Matematica, integrali» mormorai.

Lui annuì e recuperata una sedia si posizionó al mio fianco e cominciò a spiegare.

Andò avanti cosi per tutto il pomeriggio, e Akira fu paziente con me anche se si avvertiva qualcosa di stonato tra noi, e la colpa era senza dubbio quello che era successo poco prima.

Tornai a casa e incurante di mia madre che mi chiese qualcosa mi fiondai in camera mia buttandomi sul letto, soffocando il volto sul cuscino.

Mi tornarono in mente le parole che mi aveva rivolto prima che tornassi a casa il giorno del nostro ultimo incontro di tutoraggio.

Sull'uscio mi aveva sorriso inclinando il volto di lato conferendogli un aspetto birbante.

«Non è quello che ti svevo promesso?» mi aveva domandato e capí a cosa alludeva. Il primo giorno era stato chiaro che era intenzionato a vincere cobtro la mia testardaggine come testimoniava il suo cognome.

Ma non era solo quello che era riuscito a fare. Era riuscito a impadronirsi anche del mio cuore che non pensavo fosse in grado di provare veri sentinenti, e quella situazione mi lasciava ogni volta stordito, confuso.

Ma dovevo riuscire a tenermi sotto controllo altrimenti mi sarei potuto trasformare nella rovina di entrambi.

Ma dovevo riuscire a tenermi sotto controllo altrimenti mi sarei potuto trasformare nella rovina di entrambi


Dovevo darci un taglio. In senso letterale.

Mi presi tra le dita una ciocca di capelli ormai tornati al suo colore originario e più lunga del solito.

Urgeva fare un salto dal mio parrucchiere di fiducia, la cui attività era poco distante da casa mia e quindi facilmente raggiungibile anche da solo.

Indossai in fretta gli indumenti per non congelare visto che ormai era metà gennaio e le temperature parevano più rigide di quelle antartiche (ok avevo un poco esagerato ma con il vento gelido che tirava quella percepita poteva benissimo esserlo).

Ero solo a casa per cui a nessuno sarebbe importato se mi fossi fatto un giro. La triste realtà di avere dei genitori a cui non importava nulla di te.

Trovai parecchia gente, la maggior parte che non sapeva visibilmente come camminare.

Insomma, i marciapiedi erano abbastanza stretti, che ti metti a deambulare a metà? Accosta a un angolo no? Ma no, figurati! Piú andavano avanti gli anni più pensavo che la gente stesse diventando individualista e insopportabile. Se la situazione sarebbe peggiorata mi ero prefissato che sarei andato a fare l'eremita, trascinandomi dietro Akira.

Ok.

Stop.

Time out.

Niente pensieri simili. Peccato che il mio cervello non fosse di quest'avvviso.

Quando raggiunsi la mia meta non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.

Per fortuna non c'erano scalini per entrare e per questo mi bastò spingere la porta d'ebtrata prima di catapultarmi nel mondo colorato di Hermes.

Era tutto illuminato e dalle pareti bianche, in modo da rendere il tutto ancora più accecante. A tappezzare le pareti diverse foto di ragazzi e ragazze che sfoggiavano le acconciature più disparate.

Trovai Hermes intento a spazzolare il pavimento per liberarlo dalle ciocche di capelli che aveva tagliato alle vittime delle sue magiche forbici. Vittime felici perchè Hermes aveva un talento ineguagliabile che lui sottovalutava più del dovuto. Aveva venticinque anni ed era magrissino malgrado mi rincuorassse dicendomi che mangiava di gusto (nella mia mente avevo cominciato a soprannominarlo Shaggy, come quello del cartone di Scooby-doo), e caldi occhi nocciola. I capelli erano ciò di più eccentrico potesse possedere, cambiava colore ogni volta e stavolta sfofgiava un bel verde evidenziatore. Sugli altri avrebbe fatto sembrare la persona inquietante, ma a lui donavano. Anche troppo.

Dovette avvertire la mia presenza perchè si volfò nella mia direzione, sfoggiando quasi subito un sorriso.

«Buondì Luca. È da un po' che non passavi».

Mi grattai la guancia destra a disagio.

«Ho avuto dei...problemi».

Il suo volto si abbassò per un attimo sulle mie gambe amputate per poi tornare a fissarmi negli occhi.

«Mi dispiace davvero molto Luca. Dev'essere stato difficile per te».

Annuì alle sue parole, non dettate dalla pietà ma da un sincero dispiacere. Putroppo, o per fortuna, Hermes era dotato di un volto su cui si potevano leggere tutti i pensieri che gli passavano per la testa, e la sua gentilezza e simpatia lo rendecano una compagnia piacevole.

«Cosa posso fare per te?»

«Uno dei tuoi shampoo favolosi e direi che è il momento di rinnovare i colpi di sole, che dici?»

«Aggiungerei anche una leggera spuntatina in fondo alle ciocche» aggiunse lui facendomi cenno ad avvicinarmi alla sedia posta di fronte a un lavandino.

Non cercò di aiutarmi, forse leggendo il linguaggio del mio corpo che lo dissuadeva dal trovarci, e mi sistemai comodamente, inclinando la testa all'indietro in modo da permettere a Hermes di fare il suo magico lavoro.

Farsi lavare i capelli da lui equivaleva a un viaggio direttamente in Paradiso. Le sue dita lunghe e affusolate messaggiavano la cute e i capelli con una tale grazia e delicatezza che ti faceva distendere i nervi.

Chiusi gli occhi lasciandomi andare a quel momento. Piú volte mi ero rilassato talmente tanto da addormentarmi e Hermes era stato costretto a svegliarmi.

«Ti trovo pensoso Luca» affermò, le dita affondate tra le mie ciocche insaponate.

Aprì gli occhi, e mi ritrovai a fissare il suo volto solcato da un sorrisetto.

Percepivo che non si stesse riferendo al mio incidente. Ma allora a cosa...

Avvampai senza ritegno, cercando di eludere il suo sguardo.

«Non so di cosa stia parlando»mi affrettai a ribattere. Anche troppo, perchè le mie parole anziché dissuaderlo allargarono ancora di più il suo sorriso.

«Ti sei per caso innamorato?» domandò, con un sorriso complice al che avvampai ancora di più.

Avevo detto che apprezzavo la sua spiccata sincerità? In quel momento desideravo rimangiarmi quel pensiero.

Io...innamorato di Akira?

Che idea gli era venuta in mente?

Innamorato?

Davvero?

Ma figurati...davvero?

In quel momento come potevo descrivere quello che provavo nei suoi confronti se ero il primo a non capirli?

«Non penso che possa funzionare» farfugliai e di tutta risposta Hermes aggrottò le sopracciglia.

«Intendi per Agnese? Temi di poterla far soffrire?»

«Non stiamo più insieme».

«Ah». Rimase un attimo in silenzio a metabolizzare la notizia, mentre continuava a massaggiarmi la testa con movimenti lenti e circolari.

«Non capisco quale sia il problema allora».

«È un...»  bofonchiai, l'ultima parola la ridussi a un sussurro per il quale Hermes si fece perplesso.

«Come? Non ho capito».

«Si tratta di un ragazzo» rivelai a raffica, chiudendo gli occhi per paura di vedere la reazione di Hermes. Non ero contro le relazioni di questo tipo ma esserne coinvolti, dopo aver passato la propria vita ad aver pensato di aver avuto altri interessi, era tutt'altra cosa.

«Che male ci sarebbe?» domandò Hermes.

A quelle parole riaprì gli occhi di scatto.

«Sono diventato gay! Cioè insomma...non so come spiegartelo».

«Luca, omosessuali si nasce ed è un dato di fatto. Si può solo accettare la realtà».

«Ma se non ci sto capendo nulla! Non sono neanche sicuro di esserlo. Cioè, se vedo Akira provo uno strano sentimento nel basso ventre e mi sembra quasi di essere...sulle montagne russe, non trovo altro paragone più calzante. Ma non succede con tutti i ragazzi. E poi provo ancora interesse per le ragazze».

«Nel mondo LGBT+ non esistono solo gli omosessuali lo sai no?»

«Akira mi ha già accennato questa sigla tempo fa. Mi stai dicendo che non sono completamente gay?»

«Sarebbe un problema se lo fossi?»

Rimasi in silenzio per un artimo prima di rispondere. «Credo che la mia paura sarebbe legata alla mia famiglia. Non posso dirti i miei amici perchè non so se posso davvero considerarli tali».

«Questo ragazzo, Akira hai detto-se posso dirlo ha davvero un bel nome- vale più del giudizio degli altri?»

Rimasi in silenzio a pensare. Akira era stata la prima luce che aveva illuminato la desolazione che aveva cominciato a circondarmi dopo l'incidente, l'unico che aveva avuto fiducia in me a tal punto di starmi a fianco in qualsiasi occasione.
E mi resi conto che una vita senza di lui sarebbe stata una vita a metà.

Quando tornai a casa mi buttai sul letto, pensando alle parole di Hermes e alla piega che aveva preso il discorso


Quando tornai a casa mi buttai sul letto, pensando alle parole di Hermes e alla piega che aveva preso il discorso.

«Se ti può consolare anche io sono interessato a un ragazzo. Questo farebbe di me una persona strana?» mi aveva domandato di fronte al mio mutismo, perso com'ero nei miei pensieri.

Quindi anche Hermes si trovava nella mia situazione? Per un attimo mi ero sentito meno solo.

«Tralasciando i capelli, forse si...potresti essere catalogato come una persona normale».

Lui aveva sfoderato in sorriso sadico.

«Attento a quello che dici perchè casualmente potrei sbagliarmi di flacone e sempre casualmente potresti trovarti con i capelli del mio stesso colore».

L'avevo fissato inorridito, strappandogli una risata a cui mi ero aggregato subito.

«Scherzi a parte Luca, chi decide che una cosa sia normale o meno? Tutti noi nel nostro essere siamo anormali e questo ci rende unici e diversi dagli altri. Per i sentimenti è lo stesso. Chi decide chi si può amare meno se non il proprio cuore?»

A quelle parole non avevo capito come replicare per questo avevo cercato di metabolizzarle e trovare il senso che racchiudevano.

«Che tipo è?» gli avevo domandato curioso e lui aveva alzato lo sguardo, perdendosi nei suoi pensieri.

«Bellissimo ma sofferente. La vita con lui è stata crudele e cerca in tutti i modi di tenermi lontano. Ma non posso abbandonarlo, non quando sono certo che il mio cuore gli appartiene».

«E come fai a essere sicuro che lui possa ricambiare i tuoi sentimenti?»

Lui aveva abbassato lo sguardo verso di me, nel mentre si stava prodigando a impiastricciarmi i capelli della sostanza per i colpi di Sole.

«Prima che gli accadesse qualcosa di terribile ci incrociavamo spesso, ci fissavamo negli occhi e lui sfoderava sempre un sorriso dolcissimo, come se, ogni volta che incrociavo il suo sguardo, avessi portato un po' di felicità nella sua vita. Ora più che mai sento che non posso abbandonarlo alla tristezza e al dolore. Credo che l'amore sia anche questo. L'unica salvezza di un cuore infranto». Prese fiato prima di continuare. «E lui?»

«Chi?»

«Il ragazzo che ti piace».

Pensai ad Akira e le parole fluirono da sole fuori dalla mia bocca. Era davvero arrivato il momento di essere sincero con me stesso.

«Mi ha salvato da me stesso. Dopo l'incidente stavo per entrare in un vortice autodistruttivo che stava per annientarmi. Non desideravo nulla se non essere lasciato da solo, andavo avanti per il puro istinto di sopravvivenza, non per desiderio. E come altrimenti? In un attimo avevo perso ciò che per me era più importante, il mio sogno che dava un senso alla mia vita». Accidenti, quanto mi sentivo melodrammatico. «E poi ho conosciuto lui. Insomma è stata colpa di mia madre e del preside della mia scuola. Doveva farmi da tutor per aiutarmi a recuperare le lezioni che mi ero perso nei primi mesi di scuola. All'inizio lo odiavo, così come odiavo il mondo. Lui sopratutto. Mi sembrava così perfetto, con la sua vita perfetta. Cosa ne poteva sapere lui di quello che provavo? Ma più andavo avanti a conoscerlo più la corazza che avevo scoperto racchiudeva il suo cuore si stava sgretolando, facendomi capire che anche lui aveva conosciuto il dolore. E ciò me l'ha fatto sentire più...vicino. E andando avanti ho imparato a conoscere un ragazzo dolce che dà se stesso per le persone a cui tiene. Non mi ha abbandonato anche quando ero in lotta contro il mondo e inesorabilmente mi ha aiutato a comprendere...»

Sentimenti che mai avevo provato prima d'ora, una lenta energia che stava possebdendo poco a poco il mio corpo, plasmandolo e trasformandolo in nuova essenza.

Hermes aveva annuito, come se capisse i miei pensieri.

«Ma tra noi non potrà mai funzionare» ribadì infine laconico.

«Perché ne sei così certo?»

«Perché dovrebbe corrispondere i miei sentimenti? Lui sta con una ragazza. Perchè dovrebbe stare con uno come me?»

«Credo che l'unico modo che hai per saperlo è metterlo a corrente dei tuoi sentimenti».

«Anche se questo potesse significare...perderlo?»

«Vuoi forse continuare così? Ad agoniare a un qualcosa che per il momento ti è precluso?»

Avevo già detto che se Hermes non fosse esistito avrebbero dovuto inventarlo?

Alzai la testa dal cuscino sospirando. Neanche le ragazzine di dodici anni fissate per i loro idoli non provavano uno scombussolamento ormonale come quello che attraversava il mio corpo in quel momento.

Basta! Dovevo distrarmi in qualche modo.

Recuperai uno dei manga che avevo poggiato sul comodino e mi ritrovai a rigirami tra le dita Given.

Forse non era proprio il momento giusto per leggere quel genere però ero davvero curioso di scoprire per quale motivo piacesse tanto ad Akira.

Cominciai la lettura, ebbi un po' di difficoltà con la lettura al contrario ma con soddisfazione superai questo scoglio già a metà volume.

«L'anno scorso il suo ragazzo si é improvvisamente suicidato**».

Bloccai la lettura e rilessi la frase circa un'ottantina di volte prima di metabolizzare.

Sato era un po' come Akira anche se completamente diversi. A entrambi non piaceva parlare del proprio passato.

Piú andavo avanti con la lettura piú si faceva avanti l'ipotesi che Akira non me l'avesse consigliato senza motivo, preferenza a parte. Doveva esserci, senza dubbio, una qualche sorta di messaggio nascosto.

"Un...messaggio? Ma ti ascolti?"

"É un po' difficile ascoltare i pensieri".

"Non abbiamo già avuto una discussione simile?"

"Forse, ma di certo non é servita granché visto quanto mi hai dato retta".

"Dettagli. Ma davvero sei così complottista? Aki ti ha dato solo un consiglio di lettura".

"Aki non me l'avrebbe consigliato senza motivo".

"Sei paranoico".

"Sono realista".

"Senti fa come ti pare".

Dopo la mia discussione mentale tornai a leggere il manga ma non riuscì a tornare a concentrarmi. Sconfitto lo chiusi e lo appoggiai sulla piletta delle mie prossime letture.

Le parole di Hermes riecheggiavano nella mia mente. Se avessi compiuto quel passo nulla sarebbe stato più come prima. Se le cose non fossero andate come speravo avrei perso tutto ma ormai non potevo negare la realtà.

Hermes aveva capito tutto.

Akira valeva davvero quel salto nel buio?

Non ebbi bisogno di darmi una risposta. Perchè nel profondo lo sapevo già.

L'unico ostacolo che mi si parava di fronte era solo il modo per dichiarargli i miei sentimenti.

Più facile a dirsi che a farsi.

 

* termine giapponese per identificare un ragazzo amante della lettura di boy's love
**tratto dal manga Given 1, Natsuki Kizu (Flashbook)

 

Angolino autrice:

Buonsalve :3

Finalmente Luca ha ammesso i suoi sentimenti (e direi era ora no?🎉😂), merito grazie anche a Hermes (personaggio in questa storia come comparsa, ma che sarà protagonista di una sua storia...in teoria la sua dovrebbe essere una storia a sé stante, ma mi sono detta, perché non farlo comparire anche qui? 😂 considerate la cosa tipo una sorta di crossover 😂🙈)

Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto :3

Riuscirà Luca nel prossimo a dichiararsi? Vedremo 😂😍

Ringrazio chi sta continuando a seguire la storia (vecchi e nuovi lett*)  ^^

Adiòs!
FreDrachen

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: FreDrachen