John Winchester detestava
perdere
tempo, detestava ascoltare risposte tirate per le lunghe e detestava
chi tergiversava.
John Winchester, sostanzialmente, detestava chi
cercava di prenderlo per il culo.
E Beverly Wallace stava cercando
di fare proprio quello.
La donna aveva lo sguardo terrorizzato,
quasi che temesse che qualcosa venisse a galla, ma non si poteva dire
che John Winchester fosse uno sprovveduto. Sapeva
che Beverly Wallace stava mentendo, troppo abituato a scorgere la
verità ovunque, anche quando questa era celata a chiunque
altro, ma
non stava mentendo su ciò che avrebbe voluto davvero sapere
il
cacciatore
Sospirò spazientito, sistemandosi meglio
sul divano consunto di quel salotto che puzzava di polvere e alcool,
un tanfo che, per quanto familiare, in quel momento era capace di
dargli la nausea.
“Signora Wallace, le ho semplicemente
chiesto se suo marito si fosse inimicato qualcuno.”
Il tono
freddo di quella voce solitamente calda e roca fece irrigidire la
donna che rimase in silenzio per qualche istante prima di scuotere il
capo e ricercare un sorriso dolce, quasi malinconico come a voler
ricordare con affetto l'anima di Steve Wallace “Oh
no...no!
Steve andava d'accordo con tutti. Solo Desdemona, la ragazza che
abbiamo in affido da circa un mese aveva la brutta abitudine di
litigare con lui.”
Parlò torturandosi l'indice della mano
sinistra con il dito medio e il pollice della mano destra, volgendo
per una frazione di secondo - che comunque non era sfuggita a John -
lo sguardo verso il piano superiore.
“Sa,
agente, è una
ragazza...complicata. L'abbiamo accolta in casa per fare del bene, ma
lei non ne vuole sapere. È sempre scontrosa e irascibile, se
la
prende con tutti. Lo faceva in particolar modo con mio marito.”
Per quanto Beverly Wallace fosse una menzognera, John non
poté
ignorare quel tarlo che, prepotente, gli si era insinuato nella testa
alle parole del figlio maggiore.
Desdemona era stata vista sul
luogo del delitto e dato il suo rapporto con Steve Wallace, questo
bastava a renderla una sospettata.
“Dove si trova adesso la
ragazza?”
Beverly si strinse nelle spalle “Non lo so.
Rimane raramente a casa quando non ci sono i bambini, sarà
in giro
da qualche parte come suo solito.” disse sprezzante.
Era
evidente che tra le due non scorresse buon sangue, ma John Winchester
lo sentiva nelle vene che tra tutte le bugie uscite dalla bocca di
Beverly Wallace non vi era quella del rapporto conflittuale tra la
ragazza e il padre affidatario.
***
Desdemona
non disse una parola dopo la confessione di Dean. Rimase a guardarlo,
la mascella serrata, gli occhi fissi sul volto del ragazzo, privi di
ogni emozione. Ma quando Dean si voltò a guardarla si rese
conto che
le emozioni le stava solamente celando in maniera spaventosamente
abile. Sapeva che provava qualcosa in quel momento, ma non sarebbe
riuscito a dire cosa. Paura, rabbia, forse perfino ancora quella
gioia perversa che gli era sembrato di percepire poco prima.
“Allora,
ti decidi a dirmi qualcosa o devo chiamare il lupo cattivo?”
Dean
non aveva alcuna intenzione di lasciarsi abbindolare da lei e
Desdemona parve capirlo senza troppa difficoltà.
Si alzò e fece
cenno a Dean di fare altrettanto “Vieni, ti mostro
una cosa.”
disse senza nascondere un sospiro di rassegnazione “Solo...non...non
dirlo a tuo padre, okay?”.
Quello
fu l'unico momento in cui Dean riuscì a vederla per
ciò che era
davvero: una normale sedicenne, spaventata da qualcosa che ancora il
ragazzo non riusciva a capire.
Lui annuì, alzandosi a sua volta e
le fece cenno di fare strada. Pensava si sarebbero allontanati
dall'abitazione e rimase sorpreso - e per qualche attimo confuso -
nel vedere Desdemona arrampicarsi su un albero adiacente la casa ed
entrare così dalla finestra.
Rimase fermo ad osservare la
finestra dove la ragazza era sparita, fin quando non la vide
riaffacciarsi con evidente aria infastidita “Ti
muovi? Ce
la fai ad arrampicarti o hai bisogno di una scala per caso?”.
A
quella provocazione, Dean imprecò a denti stretti
borbottando fra sé
e sé quanto Desdemona riuscisse ad essere insopportabile, ma
era
fermamente deciso a dimostrarle che arrampicarsi su un albero era per
lui un esercizio fin troppo facile.
Pochi attimi dopo balzò dalla
finestra ritrovandosi così nella camera da letto della
ragazza, ma
l'atleticità di Dean non parve sorprenderla. Lei si
limitò a
sorridergli con dolcezza e Dean scosse il capo esasperato,
infastidito dal fatto che Desdemona sembrasse cambiare umore
repentinamente, quasi fosse incoerente con se stessa.
Per quel
motivo decise quasi di ignorarla, limitandosi ad osservare la stanza
con vago interesse.
Alle pareti vi erano appesi poster di alcune
band che lui stesso amava e un vecchio poster dei Ghostbusters.
Soffocò una risata nel vederlo, mascherando il tutto con un
finto
colpo di tosse per poi schiarirsi la gola.
La scrivania - in
realtà un normale vecchio tavolo di legno - era sgombra
eccezion
fatta per una lampada a braccio blu. Accanto ad essa vi era uno
scaffale con qualche libro scolastico e altri libri di narrativa.
L'armadio, invece, era piccolo e perfino sbilenco, di legno trattato
e opaco, scrostato in più punti.
Desdemona non sembrava possedere
molto, se non fosse stato per i poster alle pareti, quella stanza era
più spoglia e povera di quelle dei motel a cui Dean era
abituato.
Avvicinatosi alla scrivania notò su di essa
un'incisione. La accarezzò con le dita, sorridendo appena,
colpito
improvvisamente dal ricordo di quando lui e Sam incisero le loro
iniziali nell'Impala.
“D.H?”
chiese incuriosito.
Desdemona inarcò un sopracciglio e annuì con
un'espressione divertita sul volto “Desdemona
Hawkins.
Non ho mai cambiato il cognome di mio padre. Anche perché
non sono
mai stata effettivamente adottata.”
Difficilmente qualcun altro lo avrebbe notato, forse, ma a Dean
non sfuggì la lieve incrinatura della voce della ragazza.
Si pentì
immediatamente di aver posto quella sciocca domanda, immaginando
quanto Desdemona avesse sofferto nel corso della sua vita.
Probabilmente orfana di entrambi i genitori, Dean cercò di
non
pensarci troppo, intuendo che Desdemona non amasse parlare della sua
vita.
“Allora, cosa dovevi mostrarmi?”
ma ancor prima che Dean finisse di parlare, Desdemona aveva tirato
fuori da sotto il letto una scatola di metallo in parte arrugginita.
Dean, deciso più che mai a non lasciarsi sfuggire un solo
particolare, non ancora totalmente convinto dell'innocenza della
ragazza, si avvicinò a lei, guardando da oltre le sue spalle
cosa
celasse la scatola misteriosa.
Tra vecchie foto, tra le quali Dean
riconobbe il volto di Desdemona da bambina, vi erano alcuni ninnoli
di nessun valore - tranne forse affettivo - ma soprattutto due
fascicoli che subito attirarono la sua attenzione. Desdemona prese
quello più voluminoso e glielo porse di malavoglia, chinando
il capo
per nascondere una smorfia che denotava rabbia e fastidio.
“Ecco,
questi sono tutti i possibili nemici di Steve. Contento?”
Dean non perse tempo e si mise a sfogliarlo, notando che erano
delle fotocopie di alcuni file della polizia. Vecchie denunce,
documenti su alcuni Stato di Fermo per Steve, persino due ordinanze
restrittive.
Era sorpreso e confuso, forse persino turbato a
giudicare dalle sopracciglia aggrottate e dalla bocca schiusa.
“Scusa
ma tu come diamine ne sei entrata in possesso di questa roba?”
chiese con un lieve tono di rimprovero che nascondeva però
un
qualcosa che somigliava molto all'ammirazione.
Desdemona posò il
proprio sguardo ovunque fuorché su Dean. L'espressione
colpevole del
viso sembrò defluire su tutto il resto del corpo portandola
ad
assumere una postura molto diversa da quella che aveva mostrato fino
a quel momento.
La spavalderia sembra aver lasciato spazio appunto
all'insicurezza, proprio come quando gli aveva chiesto di non dire
nulla di tutto quello al padre.
“Ho fatto irruzione
alla stazione di polizia.”
ammise in tono basso e solo allora, anche se con la coda dell'occhio,
guardò il ragazzo che scoppiò in una risata
divertita.
Dean
annuì, piegando gli angoli della bocca in un'espressione
compiaciuta
“Però, complimenti.”
disse in tono scherzoso, ma era evidente dallo sguardo che provasse
sincera ammirazione.
Quello sguardo non poté far altro che
sorprendere Desdemona che però si ritrovò a
sorridere.
Non si
aspettava di essere ammirata per una cosa simile dal figlio di un
agente dell'FBI.
“E
quell'altro?” chiese Dean indicando l'altro
fascicolo più
sottile.
“Oh...quello è il mio.”
La risposta arrivò
con una scrollata di spalle a non voler dare troppo importanza alla
cosa.
Desdemona sapeva benissimo di aver agito nell'illegalità,
ma non era intenzionata a farne una questione grave o troppo
importante.
Dean Winchester era lì perché lei glielo aveva
permesso e non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da un
belloccio qualunque, lo sguardo che lei gli rifilò esprimeva
quel
concetto senza che avesse bisogno di parlare, tuttavia Dean si
allungò verso la scatola e afferrò il fascicolo,
suscitando in
Desdemona un sospiro rassegnato.
“Ma prego, fai come se fossi
a casa tua.” fu il laconico commento, pregno di
sarcasmo affatto
celato.
“Non stai molto simpatica a questa famiglia Murray,
vero? O forse sono loro che non stanno molto simpatici a te. Due
denunce per furto e una per aggressione? Sul serio?”
Dean
la guardò incredulo, ma non vide nel viso della ragazza
ciò che si
sarebbe aspettato di vedere. Sul volto di lei vi era un'espressione
indifferente, non annoiata o divertita come lui aveva pensato.
“Le
hanno ritirate. Perché i furti non sono avvenuti, sono solo
dei
coglioni che perdono le cose. E l'aggressione è solo una
sberla
meritata al loro amato figlioletto. Lo hai più o meno
conosciuto
anche tu, è lo stronzo che ha fatto beccare una punizione a
tuo
fratello.” rispose con un pizzico di irritazione.
Dean
sospirò, sollevando le mani in segno di resa per poi posare
il
fascicolo della ragazza sul letto “Ok, ok! Sto solo
cercando di
capire con chi ho a che fare! Perché hai questa roba?”
E
forse Dean Winchester avrebbe fatto meglio a porla subito quella
domanda.
Sul volto di Desdemona si fece spazio tristezza e
preoccupazione, la maschera della spavalderia parve scivolarle di
dosso lasciando spazio anche a della ormai malcelata
sofferenza.
“Perché ho bisogno di sapere se qualcuno
può
rappresentare una minaccia.”
La voce fu poco più che un
sussurro e Dean deglutì a vuoto, colpito da quella risposta,
dal
tono di voce, dall'espressione rabbuiata del viso di lei. Avrebbe
voluto dirle che gli dispiaceva, ma aveva anche bisogno di sapere.
Non pensava che Desdemona stesse mentendo, nessuno poteva essere
così bravo a recitare. Ma c'era qualcosa di non detto, un
tarlo
fastidioso e insistente che non voleva lasciarlo in pace e che stava
rischiando di farlo impazzire.
“Una minaccia per chi?”
Anche
il suo fu poco più di un sussurro. Nessun tono canzonatorio,
incredulo o minaccioso e Desdemona lo capì ancor prima di
sollevare
lo sguardo su quello del ragazzo.
Lui era in attesa di una
risposta, guardandola con occhi comprensivi e forse perfino
spaventati ma pronti ad andare in suo soccorso.
E quello sguardo
spinse Desdemona a voler parlare, dargli una risposta completa per la
prima volta.
Ancor prima che potesse aprire bocca, però un tonfo
proveniente dall'armadio li fece sobbalzare entrambi.
Desdemona si
precipitò ad aprirlo mentre Dean portò le mani
alla schiena ad
afferrare la sua pistola.
La lasciò lì, dietro la sua maglietta
non appena vide due bambini abbracciati, un maschietto e una
femminuccia.
“Che cosa ci fate qui, perché non siete
dalla
signora Martin?” il tono allarmato non nascose
dietro la paura
quella rabbia che le montò in corpo e che
sprigionò silente
rompendo la matita che aveva in mano in quel momento. A Dean non
sfuggì quel gesto, né lo sguardo di lei carico di
apprensione e
disperazione che quasi si rifletteva negli occhi dei due bambini. Una
miriade di domande di cui, si disse, non ci teneva particolarmente a
sapere le risposte, gli vorticarono nella mente.
Desdemona,
invece, parve non farci caso al proprio gesto, lasciando cadere per
terra la matita ormai spezzata in due. Non era la prima volta che
sprigionava la propria rabbia in quel modo, di norma si sfogava in
maniera ben peggiore, ma di fronte ai due bambini si tratteneva
sempre. Non poteva permettersi che avessero paura anche di lei, in
quel modo non avrebbe saputo come proteggerli.
“Beverly non
ci ha mandato a scuola oggi.”
Fu il maschio a parlare, il più
piccolo, mentre Desdemona porgeva loro una mano per farli uscire
dall'armadio dove vi erano pochi vestiti, tra cui la divisa da
cheerleader.
L'espressione confusa sul volto di Dean si dissipò
quando la ragazzina gli sorrise, presentandosi a lui e porgendogli
persino la mano che lui prontamente strinse, sebbene ancora stranito
da tutta la faccenda.
“Ciao, io sono Jane Elliott, ho dodici
anni. Lui è il mio fratellino Dylan, di sette. Siamo stati
dati in
affido a Beverly e Steve...beh, ora solo a Beverly, ma è Des
che si
prende cura di noi.”
Desdemona sbatté le palpebre più
volte osservando la ragazzina, ma senza reprimere un sorriso
divertito e dolce “Vuoi anche dirgli il tuo gruppo
sanguigno
visto che ci sei?”
Jane sbuffò, andando a sedersi sul
letto e Dylan la imitò, nascondendosi dietro le sue spalle.
“Non
mi hai detto il tuo nome.” disse rivolgendosi a Dean
che dal
canto suo si schiarì la voce, grattandosi la testa confuso.
“Dean.
Dean Winchester.”
Jane sorrise e annuì, osservando il
ragazzo salvo poi spostare lo sguardo verso Desdemona.
“È il
tuo ragazzo?” chiese con un'innocenza che non
sembrava
propriamente tale.
“Cosa? No!” rispose Desdemona
scuotendo il capo ma ridendo appena, lasciando Jane delusa a
giudicare dalla sua espressione.
“È bello.”
Quel
siparietto venne interrotto dalla suoneria del cellulare di Dean e
mentre il ragazzo rispondeva alla chiamata, Desdemona si
avvicinò ai
due bambini, scrutandoli con attenzione, sollevando loro anche la
maglietta e rilassandosi quando vide che non vi erano lividi, ferite
o pestature.
Beverly e Steve Wallace erano ben lontani dall'essere
meritevoli di avere dei bambini in affido.
La stessa Desdemona
presentava un grosso ematoma sulla schiena che Dean non aveva potuto
notare.
“Vi porto io dalla signora Martin, ok? Dobbiamo solo
aspettare che il signore al piano di sotto se ne vada e che Beverly
se ne torni in cucina. Ma dovete fare assoluto silenzio, va bene?”
I
due bambini annuirono e Dean osservò la scena, con
un'espressione
scura in volto avendo intuito fin troppe cose. Rimase in silenzio e
solo qualcosa o qualcuno dall'altro capo del telefono parve farlo
tornare alla realtà “109 di Crawford
Street.”
Riagganciò
e si avvicinò nuovamente a Desdemona e ai bambini “Sta
arrivando anche Sam, ti dispiace?”
Desdemona sospirò,
avvolgendo le braccia attorno al corpo minuto di Dylan “No,
ma
deve arrampicarsi anche lui sull'albero.”
A quelle parole
Jane annuì e guardò Dean con una fiducia tale che
quasi il ragazzo
si sentì a disagio “Sì,
altrimenti Beverly la spinge
nuovamente dalle scale.”
Nella stanza cadde un silenzio
assordante.
Desdemona si era irrigidita, Dean prese ad osservarla
con attenzione, come se ricercasse qualche prova di quelle parole, un
livido, un'abrasione. Ma quella prova risiedeva negli occhi di
Desdemona, diventati cupi e lontani, quasi a sforzarsi di
dimenticare.
Prima che qualcun altro potesse parlare, fu Desdemona
a prendere la parola con fierezza e quella sicurezza che Dean aveva
avuto modo di vedere più di una volta.
“Andate in camera
vostra e chiudetevi a chiave. Nascondetevi anche nell'armadio se
necessario, ma fate silenzio. Io torno tra poco a prendervi, ok?”
E
insieme alla sicurezza, nelle sue parole vi erano incisi dolcezza e
affetto e a dimostrarlo ulteriormente fu il bacio che lasciò
sul
capo di ognuno.
Jane salutò Dean con un sorriso dolce, Dylan
abbandonò la stanza a testa bassa, senza dire una parola.
“Vi
picchiano?”chiese a bruciapelo Dean, una volta che
Desdemona
richiuse la porta della stanza cercando di non fare troppo rumore. Il
tono rauco, rabbioso. Quella stessa rabbia la si poteva leggere anche
nei suoi grandi occhi verdi e nella sua mente si fece spazio l'idea
che anche se Desdemona fosse stata la strega, in fin dei conti non
aveva tutti i torti a togliere di mezzo uno come Steve
Wallace.
Desdemona chinò il capo. Sembrò trattenere delle
lacrime, quando sollevò nuovamente il volto, non vi era
altro che
fierezza nei suoi occhi. Dean notò che in quel momento erano
grigi,
non azzurri come gli erano sembrati alla luce del sole pomeridiano,
il giorno che l'aveva conosciuta.
“Faccio il possibile
affinché i bambini non vengano toccati. Se io non sono a
casa, loro
stanno dalla signora Martin, abita due case più
giù.”
Per
l'ennesima volta il tono usato da Desdemona Hawkins fu indecifrabile,
intriso di mistero come la sue stessa figura, così esile
all'apparenza ma che sembrava sprigionare una forza
straordinaria.
“Des...” ma Dean fu nuovamente
interrotto dallo squillare del suo telefono.
Si affacciò alla
finestra e non appena lo vide, fece a Sam il cenno di salire
arrampicandosi sull'albero di fronte alla finestra della
stanza.
Nemmeno il minore dei Winchester ebbe difficoltà a
scalare l'albero e Desdemona, non appena Sam balzò
all'interno della
camera, scrutò i due fratelli come a volerne capire i
segreti.
Ma
per quanto lei stessa fosse un mistero agli occhi degli altri, Dean e
Sam Winchester erano un assoluto mistero ai suoi.