Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldcatepf98    23/05/2022    0 recensioni
Dopo che Historia decide di rivelare la sua vera identità, Erwin, indagando sulla faccenda, teme delle ritorsioni dal corpo di gendarmeria. Chiede quindi appoggio al comandante Pyxis, ma questo, non potendosi basare su fatti certi, concede al corpo di ricerca uno dei suoi soldati-spia che ha tenuto per sé gelosamente fino a quel momento: Siri, anche detta "il geco".
L'aiuto di Siri sarà fin da subito fondamentale per il corpo di ricerca, già provato dalle perdite dell'ultima spedizione, che avrà bisogno di un aiuto per affrontare il nuovo nemico: gli esseri umani.
Tuttavia Siri è una mercenaria, e non viene vista bene dagli altri soldati del corpo di ricerca, soprattutto dal capitano Levi che si mostra subito diffidente verso la ragazza sfacciata. Presto, però, si renderà conto che Siri non è quella che sembra.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Nota: da questo momento in poi ci saranno spoiler sulla terza stagione e oltre. Nella terza parte espliciti spoiler sul manga. Il capitolo 2 è stato corretto.
 

Capitolo 23 – Imprevedibile ottimista

 

Le persone che ho conosciuto erano tutte uguali. Ubriache di vino, ubriache di donne, ubriache di Dio, della famiglia, del re, dei sogni, dei figli, della forza. Tutte si sono ubriacate di qualcosa per poter tirare avanti nella vita. Erano tutte schiave di qualcos’altro.

 
Levi sospirò, cercando di mostrarsi quanto più contrariato e annoiato potesse, ma segretamente gli faceva piacere l’atmosfera che si era creata, la spensieratezza coinvolgente che le due amiche diffondevano attorno a loro. Mantenne la sua maschera impassibile anche quando Siri lo costrinse ad alzare i bicchieri con lei e Hange per brindare alla sua nuova invenzione e alla ottima riuscita degli esperimenti con Eren. Quando si fece parecchio tardi persino per lui, si scollò di dosso delle soldatesse che, con la scusa di voler ricevere da lui dei suggerimenti per l’abbattimento dei giganti, l’avevano accerchiato tenendolo impantanato in un’interminabile quanto inutile conversazione.
Nel frattempo che Siri era al tavolo coi veterani intenta a giocare a poker, la sua squadra, che il capitano continuava a tenere d’occhio, adesso era diventata decisamente più chiassosa, il motivo era l’ennesimo litigio tra Jean ed Eren. Armin aveva iniziato a cantare con altre soldatesse decisamente più grandi di lui sotto lo sguardo felice di Mikasa che, ogni qualvolta finissero di cantare un pezzo, applaudiva incoraggiando il migliore amico. A Jean non era sfuggita la delizia della ragazza e, dopo aver guardato prima la compagna applaudire con un sorriso e poi Armin grattarsi il capo imbarazzato, si raddrizzò sulla sedia: - Credo mi unirò ad Armin, sapete ragazzi, anche io me la cavo. In molti mi hanno detto che ho una bella voce.
Eren sbuffò: - Sì, certo. Scommetto che l’unica persona che te l’ha detto è stata tua madre, Jean-bo.
Connie diede uno scossone a Sasha che si era addormentata con la bava alla bocca sulla sua spalla: - Svegliati, ne stiamo per vedere delle belle. – la ragazzina si svegliò di soprassalto, scuotendo la testa si concentrò sui due che ora si fulminavano con lo sguardo a vicenda.
- Ma sta un po’ zitto… Almeno io non sono mai caduto di testa nel terreno per delle semplici prove di equilibrio.
Eren si alzò con uno slanciò, facendo ribaltare la sedia per terra. Mikasa si voltò verso di loro, valutando la situazione confusa.
- È stato un sacco di tempo fa! Almeno non mi portano alle scuderie alla fine di una missione!
A questo punto anche Jean si alzò, battendo il palmo della mano sana sul tavolo. Sasha e Connie si scossero a vicenda eccitati.
- Attento a quello che dici perché a quanto pare mi assomigli, visto che travestono sempre me come te, idiota! – Eren stava per afferrare il bavero della camicia di Jean quando questo venne tirato via da Levi, che poi spinse con una manata il ragazzo gigante lontano. Mikasa si gettò su Eren che era caduto di sedere sul pavimento: - Eren!
Il capitano non si lasciò intimorire dallo sguardo minaccioso che la ragazza gli aveva riservato e disse, con ancora il colletto di Jean in mano: - Smettetela. Vi avevo esplicitamente chiesto di non farvi riconoscere. – guardò tutti uno ad uno per poi soffermarsi sul malcapitato che aveva afferrato – Credo abbiate festeggiato abbastanza, l’ora della nanna è passata da un pezzo. Tornate ai dormitori.
Lasciò andare il sottoposto ben più alto di lui e osservò il gruppetto alzarsi e sgattaiolare via dalla taverna in silenzio: adesso che aveva sistemato loro, gli toccava occuparsi di altre due disturbatrici ben più mature. Solo che, mentre una delle due, dopo aver dato un po’ di spettacolo arrampicandosi sul bancone e aver blaterato follie senza senso, russava rumorosa sulla spalla di Moblit bagnandola con la bava che le colava dalla bocca, l’altra era ancora più che sveglia e stava diventando fin troppo molesta mentre spennava i suoi amici a poker. Sicuramente dopo quella partita non sarebbero più stati tali per un po’ di tempo.
Levi si avvicinò alle spalle di Siri che, con un sorriso e il viso rosso per l’alcol, gridò: - Guardate e piangete! – scoprì le sue carte sul tavolo scatenando lamentele diffuse tra i veterani, alcuni si coprirono il viso con le mani. Marlene si sporse sulle sue carte e la guardò contrariata: - Di nuovo scala reale?!
Siri si alzò barcollante, cercando di mantenersi in piedi si sporse verso il centro del tavolo per raccogliere il denaro e i vari oggetti che gli altri si erano giocati; Lauda, altrettanto alticcio, si alzò arrabbiato: - Ma è impossibile! Tu bari! – si sporse oltre la sua spalla, cercando di vedere dietro di lei – Fa vedere la sedia, ti sarai nascosta addosso delle carte, oppure sotto il sedere…
- Ti piacerebbe! – berciò ad alta voce la spia risentita, infilandosi il denaro nelle tasche, Levi notò che per quanto erano piene le banconote strabordavano – Il mio è talento naturale! Posso anche spogliarmi qui, adesso e davanti a tutti, ma non troverai un bel niente! – concluse puntandogli il dito contro con uno sguardo di sfida.
- Va bene, – Levi le afferrò il braccio teso contro Lauda e la tirò leggermente indietro – non esagerare adesso saltimbanco. – sapeva benissimo che il suo non era un modo di dire e che era ben capace di farlo. Tenendole il braccio, la manteneva in piedi mentre perdeva leggermente l’equilibrio da ferma; quindi, sporse l’altra mano libera e prese il bordo di un boccale sul lato del tavolo della spia per vederne il contenuto: era perfettamente vuoto, esattamente come gli altri tre vicini a questo.
- Mi correggo: hai già esagerato. – le prese il suo braccio e lo fece passare sulle spalle – È ora di tornare al quartier generale.
Siri lasciò cedere le ginocchia, tenendosi alle spalle di Levi che le afferrò il fianco per reggerla: - Ma come! Capitano, devo fare assolutamente l’ultima partita, sto vincendo sempre! – lui iniziò ad incamminarsi verso l’uscita.
- No, basta così. Hai dato già abbastanza spettacolo anche senza fare il saltimbanco. Moblit, ti occupi tu di Hange?
L’assistente annuì piano per non svegliare il superiore collassato sulla sua spalla, Levi quindi si voltò e iniziò a camminare trascinandosi al seguito una Siri recalcitrante: - MOBLIT! Ricorda ad Hange che ho vinto la scommessa!
- Tch, ma se tu sei messa male almeno quanto lei.
Non appena uscirono dalla taverna, vennero colpiti dallo sbalzo di temperatura repentino: sotto la luce lunare il clima era sì piacevole, ma decisamente più freddo rispetto all’interno del locale, che la moltitudine di persone rendeva caldo, quasi soffocante.
- Alla tua età, ridursi in questo stato. – le disse piano Levi, mentre la teneva saldamente accanto a sé. Siri, di tutta risposta, venne scossa da un sonoro singhiozzo e poi sghignazzò.
- Cavolo, parli proprio come un anziano! – rise più forte e poi disse, imitando una voce profonda – Alla tua età! – gli passò una mano sul petto mentre rideva di gusto.
- Spiritosa. Non ti reggi nemmeno bene in piedi. E poi tu bari sul serio: con la memoria che ti ritrovi giocare a poker dev’essere davvero uno scherzo per te.
La spia aspirò l’aria sdegnata: - Come osi! – fece schioccare la lingua sul palato – Guarda che contare le carte può funzionare fino ad un certo punto, è tutta una questione di recitazione…
- Quindi usi queste doti per arrotondare? – la ragazza, capendo subito lui stesse facendo riferimento al suo salario, scoppiò a ridere.
- Che c’è? Sei geloso perché guadagno più di te? – si sporse su di lui guardandolo languida – Se vuoi un regalo costoso non devi far altro che chiederlo.
Levi scosse la testa tra il contrariato e l’imbarazzato, alche lei gli stampò un bacio sulla guancia lasciandolo talmente sorpreso, che mollò la presa su di lei. Siri barcollò un po’ in avanti, ma poi si riportò accanto a lui che cercò di riafferrarla, ma lei lo rassicurò dicendogli che ce la faceva. Dopo un po’ che camminavano, Levi la guardò con la coda dell’occhio: - Mi chiedevo solo: se hai guadagnato una buona somma di denaro fino ad ora, perché non fai quella scuola lì. Quella per diventare un medico.
Siri si fermò, rimase a contemplare la strada davanti a sé per qualche secondo e poi andò a poggiarsi di schiena sul muro di un’abitazione lì vicina. Sospirò e poi disse: - Che senso avrebbe? Ora sono così presa da questo lavoro, c’è così tanto da scoprire. Non avrei pace se non scoprissi tutte le cose che voglio. – il capitano si poggiò anche lui, proprio accanto a lei – E poi… Non mi piacciono le cose lasciate a metà.
Alzarono lo sguardo al cielo, osservando la luna sempre più prossima alla fase del novilunio: quel corpo celeste rappresentava un promemoria piuttosto pressante, soprattutto per Levi che non faceva altro che pensare al fatto che in poco tempo sarebbero partiti per, forse, mai più ritornare. Per un momento sentivano solo il rumore di grilli e gufi che coprivano il silenzio piacevole di quella sera così fresca. Nonostante la quantità esagerata di alcol che Siri aveva bevuto quella sera, pensò Levi, era capace di reggerlo decisamente bene se era capace di formulare questo tipo di discorsi. Non l’avrebbe mai detto vista la sua eccessiva magrezza che fino a una settimana prima aveva solo immaginato e poi, ora, constatato: il suo stato lo spaventava un po’, la ragazza però l’aveva rassicurato, spiegandogli che in realtà da quando era entrata nel corpo di ricerca aveva acquisito molto più peso e gli allenamenti col dispositivo l’avevano aiutata parecchio in questo.
Ritenendo complice anche l’aria fresca, Levi la credette perfettamente capace di intraprendere un discorso più impegnativo.
- Ma non è quello che hai sempre desiderato?
Siri si allungò con la schiena strisciando sul muro: - In fin dei conti non sono già un medico? Un attestato non cambierebbe di molto le cose. I desideri poi col tempo possono cambiare, non so… Una delle cose che ho imparato in tutti questi anni è che fare piani o progetti troppo dettagliati non serve a nulla. – sospirò – La vita è così imprevedibile…
E qual è adesso il tuo desiderio? Tenne per sé quella domanda e, dopo aver lanciato una breve occhiata alla mano di lei abbandonata sul fianco, allungò lentamente il braccio nella sua direzione.
- E tu Levi? – Siri non distolse il suo sguardo dalla luna – Qual è la cosa che hai sempre desiderato?
Bloccò l’avanzata della sua mano ormai a pochi centimetri da quella di lei, ci pensò su quella domanda per un po’. Pensare al futuro non era nelle sue corde, realizzò che, a differenza di Hange o Siri ed Erwin che erano mossi dalla spinta di soddisfare la loro sete di sapere, lui viveva alla giornata, gli bastava svegliarsi al mattino e passare del tempo coi suoi amici, vivi e in salute, per stare bene. Trovò quindi la risposta, era così semplice da essere tremendamente banale. Eppure Kenny gliel’aveva detto: persone come Siri o Hange o Erwin, persino Eren con quel suo fortissimo desiderio di libertà, erano persone affamate di vita, che per tirare avanti si erano create degli ideali, qualcosa da inseguire per dare un senso alla loro esistenza. Forse non era un caso che lui si era ritrovato accanto persone del genere, così ubriache di desideri, di vita, che colmassero il suo vuoto, la sua mancanza apparente di un’ambizione più grande. Lui però aveva deciso di seguire quelle persone, non voleva avere la presunzione di essere l’eroe per nessuno, credeva nei loro ideali: non poteva credere che tutto non avesse un senso, non sarebbe stato come suo zio, anche a costo di essere uno schiavo.
Tornò ad allungare la mano e sfiorò le dita di Siri, per poi infilare le sue nel suo palmo fasciato, accarezzandolo: - Per ora… Vorrei solo… – le circondò l’interno della mano e fece scendere le dita lungo le sue, ma proprio mentre stava per intrecciarle e completare la sua frase, la spia emise un singhiozzo rumorosissimo, per poi ruttare, rompendo completamente l’atmosfera.
Levi si voltò verso di lei facendo cascare le spalle verso il basso mentre lei si portò le mani sulla bocca, soffocando una risata.
- Credevo avrei vomitato. – le parole le uscirono ovattate dai palmi, mentre lui scosse la testa e s’incamminò, lasciandola indietro.
- Forse sarebbe stato meglio. – dopo pochi passi si voltò verso di lei, allungando il braccio nella sua direzione, le porse la mano. Siri fece una corsetta barcollante verso di lui e si lasciò cingere in vita.
 
Camminavano tenendo i cavalli dalle briglie da ore, ormai in poco tempo avrebbero raggiunto il Wall Maria: nessuno dei presenti ricordava fosse così distante, almeno quelli che erano abbastanza vecchi e abbastanza vivi da poterlo fare. Levi, a capo del gruppo sulla destra, lanciò un’occhiata alla sua sinistra, indugiando sulle due persone che guidavano l’altro gruppo: Erwin guardava dritto davanti a sé, rigido e concentrato, seguito dalla sua apprensiva dottoressa. Siri aveva tenuto fede alla sua parola e non l’aveva degnato neanche di uno sguardo da quando erano partiti, aveva inoltre accuratamente evitato di incrociarlo. Non era stato nemmeno particolarmente difficile, presa com’era a confabulare col comandante, dopotutto era stato affidato a lei il compito di supervisionarlo e difenderlo anche a costo della vita.
Il capitano fece un respiro profondo, cercando di sopprimere il peso che gli schiacciava il petto ogni interminabile minuto che aveva passato da una settimana a quella parte: non sarebbe riuscito a scalfire l’orgoglio della ragazza, non questa volta, e si maledisse per quanto stupido era stato. Erano adesso a un passo dalla morte, così vicini alla resa dei conti e se mai uno dei due fosse morto… non avrebbero avuto l’occasione di riconciliarsi e andarsene all’altro mondo in pace tra loro.
Ed era tutta colpa sua.
- Capitano. – sobbalzò alle parole del soldato accanto a lui che lo chiamava – Albeggia capitano. Approfittiamo per far abbeverare i cavalli prima di proseguire?
Di tutta risposta annuì distrattamente e, chiudendo e aprendo il coperchio della sua lanterna, fece cenno ad Erwin di fermarsi: il comandante a distanza fece un breve cenno con la testa, Siri, poco dietro di lui, aspettò che il suo superiore di voltasse verso di lei per darle ordini ai quali assentì, per poi diffonderli ai soldati dietro di lei. Non un cenno, non una breve occhiata nella sua direzione mentre lui invece continuava a guardarla, speranzoso.
Il soldato accanto a lui invece lo guardava, e assai a disagio, visto che di solito il suo superiore era ben più risoluto e pragmatico: - Capitano, mi occupo io del suo cavallo? È l’ultima occasione per fare una breve pausa. All’ultima sosta non ne ha approfittato.
Levi finalmente si voltò verso il sottoposto, dedicandogli la sua attenzione: - Sì. Approfitterò per “andare in bagno” e poi andrò dalla mia squadra. È ancora nel terzo settore della formazione?
- Sì signore, sono con la squadra del capitano Zoe. – il capitano gli fece un breve cenno col capo, volse lo sguardo un’ultima volta in direzione di Siri, seduta accanto ad Erwin intenta ad indicargli qualcosa su una cartina, e poi si allontanò nella foresta ancora al buio, per adempiere ai suoi bisogni. Ripensandoci aveva provato ad avvicinarsi a Siri, ma lei non si era mai allontanata dal comandante, anche quando aveva raggiunto la sua squadra si era premurata di non rimanere mai da sola e concedergli quindi di parlarle e, poteva giurarlo visto che non l’aveva inevitabilmente persa di vista neanche per un minuto, non era andata neanche una volta in bagno dall’inizio della spedizione.
Forse ci va quando ci vado io, pensò.
“- Non mi cercare più. Trattami come uno dei soldati a cui impartisci gli ordini perché d’ora in poi sarò solo questo per te.”.
Ogni tanto le risentiva rimbombare nella sua testa, parole fredde, rotte dal pianto e dall’amara consapevolezza che ancora una volta la fiducia di Siri era stata tradita e a farlo era stato lui. La notte prima della partenza in infermeria aveva cercato di porre rimedio a quello sbaglio, aveva cercato di chiederle scusa, ma sapeva avrebbe dovuto dimostrarle coi fatti di essersi davvero pentito.
Come aveva potuto pensare che tradire la sua fiducia, a una settimana dalla partenza, potesse essere la soluzione? Allontanarla in quel modo, aveva pensato che avrebbe potuto giovare ad entrambi, eppure si sentiva peggio di quando aveva fatto quel maledetto sogno che l’aveva portato a prendere la sua decisione. 
Non era mai stato bravo coi sentimenti, esprimere le proprie emozioni, poi, una delle sue fatiche più grandi.
Tornò indietro verso la legione e a grandi passi si diresse verso il gruppo di Hange, per accertarsi che la sua squadra non stesse avendo un attacco di panico, inoltre per Eren, Mikasa ed Armin immaginava dovesse essere parecchio difficile. Infatti, una volta raggiunti, Eren era seduto ai piedi del suo cavallo, appariva abbastanza disorientato e qualcuno, incappucciato come il resto di tutti i soldati, era inginocchiato davanti a lui e, prendendolo per le spalle, gli stava parlando. Fece una breve rassegna dei soldati e convenne che, visto che tutta la sua squadra e quella di Hange era lì vicino a lui, chi stava parlando con il ragazzo non poteva che essere Siri. Quando infatti la figura, di spalle rispetto a lui, si alzò, aiutando Eren a fare altrettanto, e si voltò nella sua direzione, rivelò essere proprio la spia: quest’ultima in quella circostanza non poté non incrociare lo sguardo con quello del capitano, il quale sentì il suo cuore mancare di un battito quando la vide negli occhi per la prima volta dalla notte precedente.
L’espressione di Siri rimase imperturbabile, furono attimi quelli che Levi potette assaporare perché lei si dileguò in men che non si dica.
- Tutto bene Levi? – Hange gli aveva poggiato una mano sulla spalla e lo guardava preoccupata – Scusa, ti stavo chiamando ma sembravi non sentirmi.
- Tutto bene. Sono venuto solo a controllare che i marmocchi non se la stessero facendo troppo sotto. Ho bisogno che rimangano concentrati.
L’amica annuì comprensiva, ma poi lo guardò severa dietro le spesse lenti quadrate: - E noi abbiamo bisogno che lo rimanga anche tu. – lui la guardò con una punta di avversione – Ci sarà sicuramente il momento di confrontarsi quando tutto questo sarà finito, ma cerca di prendere esempio da lei.
Hange sospirò e Levi volse lo sguardo davanti a sé, vergognandosi di aver reagito a quel modo. Aveva allontanato Siri perché era convinto che con la sua emotività si sarebbe autosabotata nella spedizione, eppure ora quello in preda alle proprie paure era lui, quello che stava ricevendo ammonizioni per il suo comportamento era sempre e soltanto lui.
- La tua squadra sta andando anche meglio del previsto, un po’ di emozioni, una piccola crisi per Eren e Armin, ma Siri ha già provveduto a sistemarla. – Hange si grattò la testa con un sorriso sconsolato – In questo senso era la migliore in grado di occuparsene.
- Bene. Allora vado. – lui quindi si allontanò in fretta, raggiungendo il capo della formazione.
Quel breve colloquio con l’amica l’aveva fatto rinsavire, avrebbe preso esempio da Siri, aveva delle grosse responsabilità verso tutti quei soldati, quindi avrebbe mantenuto il sangue freddo per il bene di tutti. Avrebbe ignorato momentaneamente quel peso sul petto per la buona riuscita della spedizione.
Strinse le cinghie del cavallo e raccolse dentro di sé tutta la determinazione di cui disponeva: sentì del nuovo vigore dentro di sé, quel giorno avrebbero chiuso la breccia, avrebbero scoperto il segreto che si cela oltre le mura, quello che sarebbe venuto dopo non aveva importanza.
- Capitano. – si voltò verso quella voce tanto perentoria quanto dolce e familiare – Il comandante Smith fa sapere che il nostro gruppo è pronto a ripartire.
Siri lo guardava rigida e con uno sguardo tagliente, Levi ricambiò altrettanto contenuto, temporeggiò qualche secondo avendo l’occasione di guardare ancora una volta, forse l’ultima, quei grossi occhi nocciola.
Perdonami, sono stato un imbecille.
- Vi do il segnale non appena lo saremo anche noi. – la osservò quindi allontanarsi e scomparire tra i soldati dell’ala sinistra poco dopo.
Montò in sella molto più concentrato di prima. Avrebbero chiuso la breccia. Avrebbero scoperto il segreto delle mura. Sarebbero tornati a casa quanti più soldati possibili.
Ce la faremo.
- Capitano, siamo pronti. – il soldato di prima gli si era accostato a cavallo.
- Dà il segnale. – rispose Levi. Ripartirono, quindi, alla volta di Shiganshina che raggiunsero perfettamente all’alba.
Quando Eren chiuse la breccia esterna quasi non ci voleva credere. Ci erano davvero riusciti.
Tornati da Erwin e il resto del plotone, Siri e il comandante erano separati dal resto dei soldati e ascoltavano attenti Armin: il ragazzino stava esponendo una sua idea e da come la spia guardò Erwin apprensiva, Levi capì al volo che c’era qualcosa che non andava.
Effettivamente né il gigante corazzato né tantomeno il colossale si erano fatti vedere, cosa che invece si aspettavano. All’improvviso il comandante finalmente parlò e diede ad Armin le redini di due squadre, fu allora che Levi si avvicinò guardingo alla coppia.
- Erwin, che significa?
- Il ragazzo ha avuto un’intuizione. – gli rispose il superiore, mentre Siri accanto a lui non distoglieva lo sguardo accigliato dai soldati che, sotto i timidi ordini di Armin, si accingevano a tamburellare le mura alla ricerca dello scomparto segreto dentro il quale pensavano si nascondessero i loro nemici – Ho pensato fosse opportuno lasciarlo fare.
- Comandante… ho un brutto presentimento. Come se fossimo caduti in una trappola. – Siri quindi si voltò incontrando gli occhi cristallini del superiore che la fissò intensamente. Conveniva evidentemente con lei, perché risoluto ordinò a Levi di appostarsi con gli altri soldati sul bordo delle mura, pronti ad agire.
Siri sgranò gli occhi quando vide un componente della squadra Lauda infilzato dal ragazzo che doveva essere il detentore del corazzato, si sporse poi quasi terrorizzata quando vide Levi buttarsi a capofitto verso Reiner, trafiggendolo due volte. La spia fece un passo avanti coi manici del dispositivo già nelle mani, quando un colpo di tosse di Erwin alle sue spalle la fermò.
- Sigrid, mantieni la calma. – lei si voltò a guardarlo – Sei stata bravissima finora, ma adesso ho bisogno più che mai che tu mantenga la risolutezza.
Siri rivolse di nuovo lo sguardo in basso e poi fece un passo indietro, estrasse comunque le lame, pronta a difendere Erwin. La ragazza non aveva mai visto così da vicino un gigante così diverso da uno puro o da quello di Eren, quando vide gli occhi gialli e luminosi del corazzato puntare verso di loro, ne fu affascinata quanto spaventata: notò l’indurimento delle sue dita e chiamò Armin e Hange non appena iniziò la sua scalata delle mura verso di loro.
- Erwin. – senza alcun invito, anche Levi si era avvicinato al gruppo – Adesso che facciamo?
Proprio quando stava per dare gli ordini, alle loro spalle una miriade di lampi luminosi si stagliarono nella radura, confermando il presentimento di Siri. Una lunga fila di giganti capitanata dal gigante bestia li aveva circondati, mettendoli in trappola: la spia rimase a bocca aperta, sconcertata. Poi, carpì un movimento fulmineo e un enorme masso in aria puntare nella loro direzione, in un lampo fu su Erwin facendogli scudo. Ben presto però si rese conto che non erano loro gli obiettivi: l’enorme roccia si schiantò nella breccia interna.
Siamo davvero in trappola adesso. Siri era nel cerchio in cui Armin, Erwin e Hange valutavano la situazione, le loro voci le arrivavano nitide ma non abbastanza da coprire il rumore delle dita del corazzato che si conficcavano nelle mura, avanzando pericolosamente verso di loro. Sentì la testa vorticarle, ricordi, pensieri alla rinfusa e rumori le confondevano la mente, quella familiare sensazione di sentirsi sopraffatta da tutti quegli stimoli, esterni ed interni, che la facevano sentire come se si trovasse in un enorme centrifuga. In tutto quel parlottare dei suoi compagni d’armi, una parola sentiva più chiaramente rispetto alle altre: cavalli. Ripetevano tutti la stessa cosa: proteggere i cavalli, puntano a non farci scappare coi cavalli, abbiamo bisogno di quei stramaledetti cavalli.
Alla fine, esasperata, sbottò facendo zittire il gruppetto: - IO DICO FANCULO I CAVALLI!
Si voltarono tutti e quattro, persino Levi che era rimasto nei paraggi, stupefatti verso di lei, finalmente li aveva messi a tacere.
- Sigrid? – Erwin corrugò le sopracciglia – Cosa vuoi dire?
La ragazza sospirò nervosa. Alzò lo sguardo e si soffermò sugli occhi glaciali di Levi: lui ebbe come un déjà-vu, ma questa volta lesse dell’altro nell’espressione della ragazza. Lei aveva pensato a qualcosa, ed entrambi erano consapevoli del fatto che a lui l’idea non sarebbe piaciuta.
 
Siri teneva il mento sulle mani intrecciate e osservava la scacchiera concentrata. Dentro di sé stava gongolando perché sembrava vicina alla vittoria, la seconda in un mese, due settimane e sei giorni, eppure non voleva assolutamente farsi prendere troppo dall’eccitazione, per cui stava reprimendo come mai prima di allora tutto il suo entusiasmo.
Lanciò un’occhiata al suo imperturbabile avversario e poi, mordendosi il labbro inferiore nervosamente, spostò la torre che stava fissando da un lasso di tempo che era sembrato interminabile per entrambi i giocatori. Erwin chiuse gli occhi e, con un sorriso condiscendente, annuì: - Ti dispiace se dichiaro la mia sconfitta semplicemente arrendendomi? – Siri si raddrizzò sulla sedia esultando il più sommessamente possibile – Oggi dovrei occuparmi di una comunicazione improrogabile.
La spia l’aveva ignorato completamente mentre si alzava e guardava dall’alto la scacchiera, per imprimere al meglio nella sua testa la posizione delle pedine e godersi la sua vittoria.
- A questo proposito… – Erwin si alzò e tolse l’impacco dalla spalla – Ti dispiacerebbe far salire Levi?
Siri ancora sovrappensiero disse distrattamente: - Nessun disturbo… – poi, resasi conto della richiesta, strabuzzò gli occhi e voltò la testa verso il superiore, stringendo più saldamente i bordi del tavolino sotto di lei – Come ha detto, scusi?!
Erwin le rivolse uno sguardo gelido che la fece rabbrividire: - Vi ho visti, dalla finestra, arrivare insieme. Mi sbaglio forse?
Lei deglutì, cercando di ingoiare inutilmente quel groppo in gola: - No, non si sbaglia. – ammise quindi colpevole. Non aveva mai disobbedito ad un superiore, non si era mai trovata in una situazione simile con Pyxis perché in tutti quegli anni non aveva mai tradito la sua fiducia: non era pronta a reagire in una situazione del genere.
- Non credo che proprio tu abbia paura del buio, Sigrid. Mi domando se a questo punto il capitano ti accompagni perché sa più del dovuto. – disse Erwin asciutto, mentre infilava il braccio nella camicia.
La ragazza lasciò andare il tavolino e, quasi con le lacrime agli occhi, disse: - No signore! Non è così!
- E come allora, Sigrid?
Lei, il cuore che le martellava nel petto per l’agitazione, si leccò le labbra in cerca di una scusa plausibile che riuscisse a nascondere la verità a quel macchinatore impeccabile. Poi, come se un fulmine le avesse trapassato la testa, eccola lì. La mezza verità più autentica che potesse dirgli. Chiuse gli occhi, facendo uno sforzo immenso le sue labbra si aprirono e richiusero più volte prima di riuscire a pronunciare: - Ecco… Io e il capitano…
Eccola qua, pensò, la spia migliore di tutte andare in panico totale per aver ceduto alle emozioni e per aver tradito per la prima, e ultima volta, intimò a sé stessa, un suo superiore.
Era molto meglio che il comandante venisse a sapere della sua relazione clandestina piuttosto che lei avesse spiattellato tutto alla persona a cui aveva esplicitamente chiesto di non dire assolutamente nulla.
- Capisco. – Erwin abbottonò anche l’ultimo bottone della sua camicia – Levi effettivamente può essere protettivo nei confronti delle persone a cui tiene. Dovresti chiamarlo lo stesso, ho delle comunicazioni importanti da dargli.
Siri sospirò sconfitta, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia: - Va bene… – riuscì a dire, prima di uscire dal suo studio e scendere le scale piena di vergogna.
Aprì la porta e la lasciò aperta, poi si diresse verso l’albero dietro cui aveva lasciato Levi che, alzatosi da terra, guardava interrogativo prima lei e poi la porta aperta.
- Saltimbanco, perché hai lasciato aperta…
- Vieni. – senza lasciarlo finire, gli fece cenno con la mano e poi si rigirò verso l’edificio, lui, confuso, rispose: - Come sarebbe? Ohi, ma che… – sgranò gli occhi – Erwin lo sa? Puoi anche non dirgli tutto quello che succede al quartier generale.
Lei si girò verso di lui e alzò le braccia nervosa: - A quanto pare non gli si può nascondere proprio niente. Avanti, muoviti.
- E cosa vuole ora da me? Non ho fatto nulla di male, sei la mia sottoposta ma tu non sei una recluta.
Siri agitò le mani in aria frustrata: - Levi, non m’interessa. Vieni e basta per l’amor del cielo. – lui la raggiunse e s’incamminarono verso la porta con larghe falcate – Non credo comunque voglia parlare della tua vita sessuale, visto che sembrava volesse dirti qualcosa di serio. Perlomeno il peso di questa figura di merda sarà diviso equamente.
Mentre attraversavano l’uscio lui le disse risentito: - In che senso qualcosa di serio, saltimbanco?
Siri non ebbe l’occasione di ribattere a quell’insinuazione di Levi, in pieno fraintendimento, che Erwin aveva fatto capolino dalla sommità della rampa di scale: dopo che i due ebbero incrociato il suo sguardo si zittirono, il capitano assunse una delle sue più proverbiali espressioni intimidatorie e scocciate e iniziò a salire le scale facendo ben intendere il suo disappunto, mentre Siri lo seguì a sguardo basso e, come in poche altre volte nella sua vita, in imbarazzo.
Quando entrarono nello studio, la spia indugiò sulla porta: - Comandante, io posso andare?
- Non è necessario. Anzi, vorrei che tu rimanga.
- Così non dovrai ripetere il discorso due volte? – sbottò Levi, mentre Siri chiudeva la porta – Prima che inizi con uno dei tuoi discorsi ben studiati del cazzo, lascia che ti dica una cosa. Se è con me che vuoi iniziare a far rispettare le regole, ti sbagli di grosso.
Siri si bloccò davanti al divano verso cui si stava dirigendo, e su cui era seduto il capitano che adesso guardava inorridita: un conto era fare battute sarcastiche ai superiori e conversare amichevolmente, un altro era mancare così tanto di rispetto, pur sapendo di essere nel torto. Spostò lo sguardo su Erwin col cuore in gola, quando lo vide ridere sommessamente credette di avere un infarto, tant’è che si mantenne alla spalliera del divano.
- Sono contento di vedere che ti fai valere con così tanto ardore per i tuoi sentimenti Levi, ma non è per farti una lavata di capo che ti ho fatto venire qui. – Siri si lasciò scivolare al capo opposto del divano, sedendosi comunque distante da Levi – Si tratta del fluido che ti ha consegnato Kenny: ho preso la mia decisione e prima di comunicarla a tutti gli altri volevo prima dirla a te in privato e parlarne. All’indomani, come saprai, mancherà una settimana alla partenza e ci sarà la riunione con tutti gli altri capitani, oltre che Siri, poi a cena comunicheremo al battaglione la decisione.
Erwin parlò abbastanza a lungo, mentre il suo designato era rimasto in silenzio a seguire il suo discorso annuendo o emettendo monosillabi sporadicamente. Siri per conto suo l’aveva osservato attentamente e anche quando poi erano sulla via del ritorno, rimase in silenzio sia perché intenta a contemplare la sua espressione di sottecchi che anche perché ancora sopraffatta dall’imbarazzo.
- Ohi saltimbanco. – lei si voltò a guardarlo – L’ultima volta che ti ho sentita così silenziosa stavi memorizzando dei documenti illegali, e non mi sembra ce ne siano altri nei paraggi al momento.
Siri scosse la testa: - È solo… È una grande responsabilità.
Lui la guardò, capendo al volo a cosa si riferisse: - Sì.
Il giorno dopo Siri ripensò più volte alla conversazione che seguì, ma non poteva sapere cosa stava passando per la testa dell’altro da qualche giorno a quella parte: - Quindi non pensi assolutamente a quello che potrebbe succedere? Le conseguenze di questa responsabilità? Non fraintendermi, io ti ritengo perfettamente capace di affrontarle, ma… sono preoccupata per te.
Si fermarono davanti al quartier generale e lei afferrò le sue mani.
- Levi… con me non devi fingere di essere indistruttibile. Capisco che è una tua responsabilità e che la prenderai senza esitazioni, però sei umano e in molti qui lo dimenticano, ma non io.
- È così quindi. – le strinse le mani, tenendo piantati gli occhi nei suoi – Ti preoccupi più per me che per te stessa.
- E tu più per gli altri. Non è questo il punto. Io posso pensare a me e avere cura anche degli altri. Vorrei solo che mi dicessi come questo, tutto questo, ti fa sentire.
Lui si accigliò, e se da una parte voleva allontanarla per il suo bene, dall’altra non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare.
- Vorresti potermi aiutare, ma Siri…
La ragazza alzò gli occhi al cielo e lo interruppe, sfilando via le mani dalle sue con uno slancio delle braccia verso il basso: - Ma, ma, ma, c’è sempre qualcosa che non riesci a dire.
- Non sono quel tipo di persona.
- Quindi non senti nulla? – Levi distolse lo sguardo irritato, mosse i piedi come per voler sfuggire da quella conversazione – Non puoi parlare di quello che senti o non vuoi farlo? Secondo me non vuoi, te la prendi tanto con me perché penso troppo agli altri e troppo poco a me stessa, ma tu chi sei per giudicarmi? Fai la faccia di bronzo davanti ad Erwin e dici “oh sì tranquillo, obbedisco senza fare domande, è quello che vu…
- IO… – Siri si bloccò all’istante, Levi le si era avvicinato con saette che gli uscivano dalle orbite – Io non voglio e non posso. Tutto questo pesa sulle mie spalle come non potresti mai immaginare, tutti si aspettano che reagisca in un certo modo, che tenga da parte sempre le mie emozioni e deve essere così. Mi sento responsabile di ciascuna di quelle morti, di ognuno dei miei compagni perché io sono il più forte dell’umanità, e se lo sono e sono coi miei soldati, perché loro muoiono? – la spia lo guardava con gli occhi spalancati mentre lui le vomitava addosso, tutto d’un fiato, come si sentiva – Non dovrebbero morire se io sono con loro, sono il più forte, eppure non sono mai abbastanza forte.
Piombò il silenzio più assoluto, non c’era nulla di appropriato che Siri potesse dirgli in quel momento. Levi sentiva il petto scoppiargli, aveva il respiro accelerato dalla foga. Entrambi distolsero lo sguardo l’uno dall’altra, iniziando a fissare ognuno la propria macchia erbosa pensierosi. Siri fece qualche passo verso di lui e poi lo abbracciò, una mano dietro la sua schiena e l’altra dietro la sua testa.
Tu non devi essere l’eroe per nessuno. La gente muore ogni giorno. – Levi si lasciò stringere tra le braccia di lei, inerme – Gente innocente, a volte per una malattia piuttosto che per mano di un uomo o di un gigante. Lo so come ci si sente impotenti, vedere le persone morire nonostante tutti i tuoi sforzi per salvarle, ma non possiamo farci niente.
Aspettò che le sue parole sedimentassero dentro di sé, poi afferrò le braccia di Siri e la scostò da sé, la vide sorridergli mesta e non riuscì più a trattenersi. Le afferrò la nuca e la baciò con trasporto.
Quella notte, l’ennesima che passava tra le sue braccia, dormì meglio del solito, fino a quando non si ritrovò di nuovo nella sua testa, e anche lei era lì. Erano completamente soli. Si guardò intorno, erano in un campo di grano desolato, Siri era ferma sul posto davanti a lui, la sua divisa nera indosso e guardava senza espressione le sue mani, senza fasce, completamente rosse di sangue che colava dalle sue dita, colorando le spighe gialle.
- Siri. – la chiamò, avvicinandosi a lei le prese le mani, sporcandosi – Che è successo?
Lei alzò lo sguardo vacuo, un’unica lacrima scese dall’occhio destro: - Li ho uccisi. Tutti quanti.
Si sentì stranamente agitato, non era sicuro chi intendesse con “tutti” ma ne aveva una vaga idea.
- Siri, non capisco. Cosa è successo? Spiegamelo.
Lei scosse la testa e tirò a sé le sue mani, passandosele nei capelli li sciolse dalla treccia e contrasse il volto in una smorfia, il sangue dei Beaumont le colava dai capelli sui lati del viso.
- Siri ti prego, calmati. – le prese il viso tra le mani – Dimmi solo quello che è successo, possiamo risolverlo insieme. Io ti sarò accanto.
- Sono un mostro Levi. Tutti, li ho uccisi tutti.
Lei scosse la testa addolorata mentre tratteneva a stento le lacrime, erano così persi nei loro occhi che lui si accorse della freccia che le trapassò il cuore solo quando lei sobbalzò per l’impatto. La vide accasciarsi, fece appena in tempo a sorreggerla e prenderla fra le braccia in modo che non cadesse per terra. Le spighe erano sparite, attorno a loro c’era solo un’immensa radura di erba verde brillante. Levi mise una mano sul petto di lei e le vide la vita abbandonarla, strinse la nuca di Siri a sé, nascondendo nell’incavo del suo braccio i suoi occhi vitrei e senza vita, quando qualcuno gli toccò la spalla.
Voltò di scatto la testa in preda al panico e vide Hange, piegata su di lui sorrideva, come se felice di una nuova scoperta: - Allora è proprio vero che tieni a lei. 
La guardò scioccato col cuore che batteva impazzito per l’agitazione.
- Di nuovo Levi? Chi sarà adesso il prossimo?
Lui cercò di prendere fiato, voleva come spiegarsi, trovare una scusa per quello che era successo, come se fosse stato lui stesso a scoccare la freccia: - Hange, io… – Si rigirò, sentendo le braccia stranamente più leggere, ritrovandole di fatto vuote.
Strinse le mani e guardò dinanzi a sé e li vide: la radura era disseminata di cadaveri, si alzò e iniziò a camminarci vicino, alla ricerca del corpo di Siri. Con suo immenso orrore non erano cadaveri qualunque. Riconobbe tutta la sua vecchia squadra, Farlan, Isabel, Mike, Nanaba… Erano tutti lì, con delle smorfie orribili in viso. Si voltò di nuovo verso Hange, corse a perdifiato verso di lei e le afferrò strettamente il braccio in preda alla rabbia: - Dov’è?! Siri dov’è?!
La lasciò andare con uno spintone, lei quindi si voltò e gli indicò un punto in lontananza. Guardò confuso in quella direzione e lo vide: era Erwin inginocchiato accanto al corpo senza vita di Siri.
- Ha donato il suo cuore, Levi. Sai come funziona. – gli disse Hange nell’orecchio mentre, impietrito, osservava Erwin avvicinare la sua mano verso il petto della spia. Improvvisamente qualcuno dall’altro lato rispetto ad Hange lo scosse: era lui, un altro sé, aveva la divisa completa di mantello, ma era completamente sporco di sangue, sangue di gigante perché dei rivoli di vapore si allontanavano dal suo corpo.
- Che stai facendo? – l’altro sé lo guardava con disprezzo – Va e prendiglielo. Il suo cuore è tuo, ti appartiene. – si voltò di nuovo verso Erwin e poco prima che lo vedesse affondare un coltello nella carne di Siri per estrarle il cuore, si svegliò di soprassalto.
Aveva il viso completamente imperlato di sudore, allungò una mano dove Siri l’aveva lasciato solo ore prima. Prese fiato a fatica e si passò un polso sulla fronte: guardò il posto vuoto accanto a sé e strinse le lenzuola.
Si ridistese, il cuscino emanava il dolce profumo di lavanda dei capelli di Siri, fece un respiro profondo inalandone anche la più piccola esalazione. Mentre fissava il soffitto della sua camera respirando profondamente per calmarsi, prese una decisione.
No, il cuore di Siri appartiene a lei. E neanche Erwin lo avrà.
  
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