Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: LawrenceTwosomeTime    24/05/2022    0 recensioni
Marla potrebbe essere morta, o stare morendo. Marla potrebbe avere un'ultima chance di riprendersi la sua vita. L'unica certezza, per Marla, è che niente è come sembra. In suo aiuto giunge Tara, che di vivere non ne vuole sapere. Un thriller metafisico incentrato su angosce sepolte, sentieri male illuminati e bizzarre amicizie.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Com’era dolce il profumo del vento in quella distesa di niente.
Odorava di spezie, barbabietole da zucchero e pini marittimi.
In lontananza, distingueva le sagome tremolanti di grattacieli grigi dai profili gotici. Miraggi, probabilmente. Cosa li avrebbero costruiti a fare, dei palazzi in mezzo al deserto?
O forse le regole del Grande Nulla erano diverse, tanto per cambiare.
Marla non versava una goccia di sudore – il che, va detto, le risultava ancor più penoso dato che acuiva la sua percezione del calore.
L’unico dettaglio che stonava persino in rapporto a quelle bizzarrie era un suono basso e costante, inintelligibile, che riecheggiava in un'estenuante ripetizione senza mai trovare sfogo. Ricordava un pianto. Non saliva né scendeva di frequenza, e la snervava profondamente.
Era facile smarrire i punti di riferimento, persi tra le curve sinuose delle basse dune; era naturale, quasi allettante, dimenticare il poco che sapeva.
Fu mentre tentava di rievocare le ragioni del suo peregrinare che scorse un puntino scuro ai confini del proprio campo visivo, nella direzione opposta a dove sorgevano i “palazzi”.
Era inscritto in una lunga linea azzurra, come un segno di punteggiatura apposto su un quaderno.
Un piccolo cottage in riva al mare.
Allora non è un deserto si disse Marla. Ѐ una spiaggia.
 
Approssimandosi alla meta in preda a una curiosa ebbrezza, le raffiche di calura che si frangevano su di lei deformando lo spazio e il senso della distanza, la sua scarpa s’imbatté in una curiosa reliquia: un dischetto scintillante che ammiccava nella sabbia, oro su oro. Lo raccolse.
V’era inciso un nuotatore nell’atto di compiere un’ampia bracciata.
Una medaglia?
Ce n’erano altre, moltissime altre, abbandonate tra le dune a comporre una costellazione invisibile. Non era rimasta quasi più sabbia.
Senza quasi accorgersene, s’era ritrovata a incespicare in un oceano di medaglie che tintinnavano al suo passaggio – come volessero richiamare la sua attenzione; imporle la loro presenza.
E di concerto, crebbe anche il suono penetrante che l’aveva frastornata all’arrivo.
Le vide, e loro videro lei.
Emersero con discrezione, minuscole e intangibili.
Crebbero piano, flemmatiche ma implacabili. Ricordavano animali stilizzati, sculture di carta i cui angoli potevano infliggere tagli profondi. Lepri zannute, faine anfibie, glabri cerbiatti; piccoli origami d’incubo.
Germinarono in fisionomie impossibili, accarezzando geometrie che racchiudevano cosmi dimenticati. Come parassiti monumentali, avevano più elementi in comune con gli angeli descritti nell’Antico Testamento che con qualsiasi altra forma di vita presente sulla Terra.
 
Marla corse, preda di un terrore disperato, le Creature dell’Altra Parte lanciate in una stanca, grottesca parata subito dietro di lei. Più che tampinarla, parevano essere al suo seguito: una processione funebre al contrario.
Si ritrovò lungo la linea della costa, il cottage subito davanti a lei. Non aveva senso, ma ciò era del tutto irrilevante. Superò una triglia che boccheggiava sul bagnasciuga.
C’erano altre luci oltre allo sfavillio del sole. Luci lampeggianti, feroci, crudeli. L’accecavano, la pungevano con vorace invadenza. Rumori metallici, inquirenti sconosciuti.
Marla, quando riprenderai a gareggiare?
Marla, pensi che l’infortunio comprometterà il tuo ingresso alle Olimpiadi?
Marla, ritieni di aver scelto un regime di allenamento troppo severo?
Marla, cosa provi in questo momento?
Cosa provava?
Le doleva il piede. Le doleva terribilmente il piede.
Tutte le volte che appoggiava il tallone a terra, i tendini gridavano pietà. Riusciva a malapena a zoppicare, figuriamoci correre; e in acqua le cose non miglioravano affatto.
Prendiamoci una vacanza! Camminare sulla sabbia fa miracoli per le articolazioni. Vedrai che riprenderai la forma in men che non si dica.
Le era suonata come una minaccia. Quella voce così odiosa, così appassionata, non poneva mai domande: si limitava a decretare.
Voleva prendersi una pausa da tutto, in particolar modo dall’acqua, e dove la portava lui? Al mare, naturalmente. In un fottuto cottage con vista mare.
Che aveva detto la mamma? Niente. Cos’avrebbe dovuto dire, dopo vent’anni di mutismo? Da lei non si aspettava nulla.
Avresti dovuto stare più attenta, ti sei giocata un’occasione importante.
Di nuovo la voce imperiosa.
Sei stato tu ad allenarmi! Mi sono ammazzata di fatica per rispettare il tuo programma del cazzo e guarda com'è andata a finire! La colpa è soltanto tua.
La sua voce? Era lei ad aver pronunciato quelle parole?
Ti ho messa sotto torchio perché sono tuo padre. Ѐ naturale che un padre tenti di aiutare i figli a raggiungere i loro obiettivi.
L’aveva detto in tono di scusa? Percepiva un tentativo di giustificarsi, nella sua goffa replica?
Sono i tuoi obiettivi, non i miei! Non te ne frega niente se crepo nel mezzo di una gara, basta che il mio corpo tocchi la linea del traguardo!
Uno schiaffo. Sentiva ancora il peso di quella mano pulsarle contro la guancia.
Si precipitò nella tozza casetta dall’uscio accostato e serrò subito la porta dietro di sé, bloccandola col peso del corpo.
Silenzio. Penombra strisciante e una quiete tombale.
Non si udiva volare una mosca. Anche il cupo canto delle Creature era cessato.
Un bussare discreto la fece sobbalzare.
“Marla?”
La giovane ebbe un sussulto.
“Marla, sono io. Puoi aprirmi?”
“T... Ta… Tara?”
“E chi se no? Fammi un favore e lasciami entrare. Qui fuori non mi piace per niente.”
Marla sospirò e si staccò dalla porta. Ma non si sentiva del tutto sollevata. Esitava.
“E dai Marla, piantala di temporeggiare. In fin dei conti, io ti ho fatta entrare in casa mia!”
“Tu non sei Tara, vero?” disse la giovane.
“No.”
Marla si torse le mani.
“L’avevo sospettato. Farei meglio a lasciarvi dove siete, allora.”
“Hai ragione. Ma ti avverto, Marla: questo mucchietto di ricordi non ti proteggerà per sempre.”
La ragazza si allontanò camminando lentamente all’indietro, senza perdere di vista l’uscio. L’idea di sbirciare dallo spioncino l’aveva attraversata solo per un paio di secondi.
 
Il cottage consisteva di un salotto, un cucinino e due camere da letto.
Dopo aver gettato un’occhiata nervosa agli interni (mobilio antiquato, finiture rustiche, un’impressione rarefatta di shabby chic), Marla si accasciò sul sofà, esausta come non lo era mai stata in vita sua.
Chiuse gli occhi.
 
Ci facciamo una partita a Sky?
Non adesso, Lilia. Sono impegnata.
Con cosa di preciso? Sei ufficialmente in pausa dal nuoto! Non hai più scuse.
Te l’ho ripetuto mille volte, non mi piacciono i videogiochi. Preferisco la vita vera.
Ma Sky è diverso! Serve a connettere le persone.
Oh, e in che modo? Ti compri un’armatura spendendo i soldi di papà e ti unisci a una lega o… una gilda, o comunque si chiamino quei circoli per nerd?
Non proprio. Incontri altri giocatori e li accompagni nel viaggio.
Tutto qui?
Ovviamente no! C’è molto di più. Dovresti crearti un account, così posso mostrartelo.
Spiegami perché non posso prendere un controller e giocarlo con te sulla stessa tv. Mi pesa dover trafficare col telefono e, detto francamente, un multigiocatore che ti costringe a loggarti da postazioni separate è la cosa più stupida che si sia mai sentita.
Ѐ un multigiocatore online! Ascolta: il senso del gioco è vivere l’esperienza da tante prospettive diverse. In questo modo si accorciano le distanze e s’impara ad apprezzare la diversità.
Vedo che ti hanno indottrinata per bene con tutte quelle scemenze woke. Allora sentiamo, signorina: com’è che a scuola non hai ancora stretto amicizia con nessuno?
Gli altri credono che dovrei essere una tipa fica solo perché sono tua sorella. Bè, indovina un po’: non sono per niente una fica. Mi piacciono i giochi strani, odio lo sport e ho un poster di Greta Thunberg in camera.
A quanto ne so, queste cose vanno di moda. Dovresti essere popolarissima.
Forse mi è mancato un modello di riferimento. Papà è sempre impegnato col calendario degli allenamenti, mamma sta tutto il giorno dietro alla casa, e mia sorella – che, detto tra noi, sarebbe anche un soggetto a posto – preferisce tirare fuori la scusa della vita vera per non giocare con me.
Sei una canaglia. Oggi però non mi va. Domani ci provo, te lo prometto.
Sì, certo. Promesse da marinaio.
 
Lilia.
Come aveva potuto dimenticarla?
Riaprì gli occhi. Era distesa su un materassino, bardata in un costume blu a pezzo unico. Nell’aria aleggiava l’odore del cloro.
Il crepuscolo tingeva di sangue una vasta piscina coperta in stile brutalista. Doveva essere piena estate.
Si sollevò dalla brandina e raggiunse il bordo della gigantesca vasca: era vuota. Perfettamente sgombra.
L’incavo nella pavimentazione digradava verso il basso rivelando una pendenza vertiginosa, e poi spariva in una tenebrosa caverna, uno slargo quadrato che conteneva profondità insondabili.
Marla si calò dalla scaletta e, zoppicando sul piede malfermo, si fece strada nell’abisso.
A muoverla non erano l’altruismo o il coraggio, ma una sorta di malsana trepidazione, la fame per l’orrido dell’indolente a digiuno di emozioni: più ricordi recuperava, più ne bramava. Anche se dolorosi, erano frammenti di lei.
Scese e scese e scese, sinché il buio non avvolse ogni cosa.
Curiosamente, riusciva ancora a distinguere il proprio corpo, quasi che l’oscurità fosse un agglomerato indipendente.
Ad ogni passo, una reminiscenza rientrava strisciando nelle propaggini del suo cervello.
S’era intrufolata di nascosto poco dopo l’orario di chiusura, confidando che il guardiano non la scoprisse.
Per quanto papà cercasse con tutte le forze di farle odiare l’acqua, Marla era testarda. Lo era sempre stata. L’acqua era parte di lei, e non voleva rinunciarvi solo perché il vecchio l’aveva costretta a nuotare sino all’esaurimento.
Provava una tale rabbia; e non sapeva nemmeno contro chi o cosa, giacché non era nella sua natura scaricare sugli altri la responsabilità delle proprie decisioni. Nemmeno su papà.
Le sessioni d’apnea erano l’unica cosa che placava un po’ quella rabbia.
Marla si riscosse.
Di fronte a lei, personificato, aleggiava il fantasma che aveva dipinto con l’occhio della mente.
Sospesa nel vuoto, con i corti capelli biondo cenere che danzavano come sottilissimi serpenti, sostava la ragazza di quella sciagurata sera. Aveva la bocca semiaperta in una smorfia volgare, impudica, gli occhi spenti e inespressivi.
L’ultimo ricordo tornò.
Ma era più una sensazione.
Persa là sotto, beata, occhieggiava il riflesso del suo corpo sulla superficie dell’acqua. Le piaceva guardare il proprio riflesso sulla superficie dell’acqua. Poteva fingere che la Marla sopra di lei fosse un’altra persona.
E l’aveva colta un sentimento egoista.
Se non tornassi più su?
Si trattava di una domanda innocente, una domanda che poteva rimanere sospesa in eterno. Proprio come lei.
Un’ondata di piacere sadico l’aveva travolta, un orgasmo sordido e vergognoso.
Mentre inalava avidamente il liquido clorato della piscina, s’immaginava il volto dello sfruttatore, divorato dai sensi di colpa; e la maschera ottusa della donnetta pavida che le aveva fatto da madre, contorta in un pianto silenzioso; e rideva.
L’ultimo pensiero, però, fu colmo di rimpianto.
Non ho creato l’account per giocare con Lilia. E ora chi glielo spiega?
Non importa, sono sicura che riuscirà a terminarlo comunque. In fondo, se ho capito bene… lo scopo del gioco non è… arrivare alla fine…
 
Tremava, inginocchiata nel buio, la mente ricomposta e una cavità immensa nel cuore.
Non era stato un incidente.
La ridondante sceneggiata che aveva imbastito, il temperamento fittizio che si era fabbricata… quella “ragazza” non aveva niente a che vedere con lei.
Lei era gretta, meschina e vigliacca; molto più della madre.
Doveva passare altro tempo con Lilia, aiutarla a farsi delle amiche.
E invece aveva tentato il suicidio. Solo il risentimento le aveva concesso di ignorare la sua smisurata paura della morte.
Poi si era ritrovata lì e aveva giocato alla sorella solidale con Tara. Che pagliacciata.
C’è ancora tempo, le aveva detto. Come se ci credesse veramente.
Poco distante, udiva uno zampettìo viscido aumentare d’intensità. Un lamento basso e gnaulante le invase le orecchie.
Le Creature l’avevano quasi raggiunta.
Rimase immobile perché non le importava o perché era impietrita dal disgusto?
Marla non avrebbe saputo dirlo.
Gli abomini si avventarono su di lei.
 
 
 
“Ti sei rivelata una splendida anomalia, piccola cara. Te lo dice una che non pensava più di rimanere sorpresa dal destino.”
La vecchia signora parlava allo schermo, come d’abitudine, ma il suo era il tono affettato di chi si rivolge a una persona speciale.
Ingollò un sorso di whiskey.
“Tutti quegli sforzi per spezzare Tara, impiantarle il terrore del trapasso e condurla da me sulla scorta di un’effimera speranza – le ho persino reso la sua ex-futura casa, ma niente, non voleva ricordare! –, i miei patetici tentativi di riforgiarla… e poi arrivi tu, principessa, e ti offri alle Creature senza che io debba muovere un dito. O quasi.”
La decrepita pappagorgia gorgogliò in una risata sommessa.
Fece girare la ruota di un telefono a disco e accostò le labbra incartapecorite alla cornetta.
“Mistinguett? Sono io, tesoro. Ho una buona notizia per te: hai cantato la tua ultima canzone. Puoi andare.”
Dall’altro capo giunse un unico, intenso sospiro.
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: LawrenceTwosomeTime