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Autore: eli the_dreamer    24/05/2022    1 recensioni
Anni fa avevo iniziato a scrivere questa storia come long fic. Poi ho cambiato le carte in tavola decidendo di fare una raccolta di one-shot. Tuttavia mi sono resa conto che essendo un'unica storia, la raccolta di one-shot diventa controproducente. Eccomi quindi a postare di nuovo e dall'inizio questa storia che tra i protagonisti non solo vede gli amati fratelli Winchester ma anche qualcuno che da lassù fa il tifo per loro.
Tra personaggi che noi tutti conosciamo e nuovi personaggi inventati da me, questa storia parte dagli albori, ma accompagnerà i bros per tutto il loro viaggio (POSSIBILI SPOILER su tutte le stagioni, ma non in tutti i capitoli. Non tutto seguirà il canone della serie, alcuni elementi saranno veri e propri "WHAT IF?".)
Genere: Angst, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Cerry Pie




Umabel sospirò e osservò a lungo le Porte del Paradiso nello stesso modo in cui le aveva osservate la prima volta che le aveva viste così da vicino, ovvero quando Gabriel se ne era andato.
Ancora una volta le guardò come se volesse che si dissolvessero, poi decise di non perdere più tempo e di varcarle forse per l'ultima volta.
Qualcosa gli diceva che non sarebbe più tornato a casa. Proprio come Gabriel.

La ricerca del tramite, non fu delle migliori. L'ultima volta - nonché la prima - ad avergli detto “sì” era stato un barbone ubriaco e l'Angelo non ci teneva particolarmente a ripetere l'esperienza dato che gli serviva qualcuno che non venisse allontanato a causa del proprio aspetto.
Si era ritrovato a pensare che gli Umani tanto amati da suo Padre, spesso e volentieri, erano proprio crudeli e superficiali.

Quella volta invece trovò il consenso in un giovane e umile avvocato di Tallahassee, un vero e proprio paladino della giustizia che combatteva con vigore per le cause dei meno fortunati.
Poi, ironia della sorte, si recò a Winchester, nell'Ohio, perché le sue ricerche lo avevano portato fino a lì.

Si sedette al bancone della tavola calda.
Era a disagio, motivo per cui la cameriera lo guardò con aria stranita prima di chiedere - con un sorriso di circostanza sulle labbra lucide di gloss - cosa volesse ordinare. L'Angelo si schiarì la voce e allentò il nodo della cravatta dalle improbabili fantasie floreali del suo tramite.
Quello che ha preso lui” disse indicando l'uomo alla sua sinistra. La ragazza sorrise “Arriva subito” disse prima di sparire per qualche istante.
L'uomo piegò le labbra in un sorriso divertito prima di prendere un boccone della sua torta di ciliegie “Hai deciso di dedicarti ai piaceri della vita, Mabe?” disse ridacchiando.
Umabel fece un sorriso tirato alla cameriera che gli porgeva la torta di ciliegie e il succo di mirtilli. Si sistemò la giacca goffamente e si passò una mano sul volto stanco. I suoi occhi avevano un'aria triste “Non sei più tornato” mormorò spezzando con la forchetta la punta della fetta di torta.
L'altro sospirò posando con lentezza la forchetta. Si voltò a guardarlo e umettandosi le labbra abbassò lo sguardo “Mabe...” mormorò prima di essere interrotto da Umabel “Mi hai abbandonato Gabriel” disse in un sussurro, afferrandogli la mano e facendolo sobbalzare appena.
Gabriel non si mosse, rimase immobile con lo sguardo basso, forse divorato dai sensi di colpa.

Aveva abbandonato Umabel, aveva abbandonato tutti i suoi fratelli.
Umabel lasciò scivolare la mano e abbassò lo sguardo a sua volta. Gabriel non era l'unico ad aver abbandonato i suoi fratelli.
Sei qui per caso?” chiese l'Arcangelo prima di ridere della sua stessa domanda. Conosceva bene la risposta: suo fratello non era lì per caso.
Era ovvio che Umabel avesse un piano o almeno parte di esso, non era totalmente sprovveduto ed era sceso sulla Terra - per la seconda volta in tutta la sua lunghissima esistenza - perché era riuscito a trovare Gabriel e questo il più giovane degli Arcangeli lo sapeva piuttosto bene.
Come mi hai trovato?” chiese decidendo che quella potesse essere senza dubbio una domanda migliore, la cui risposta gli sfuggiva.

Umabel, in silenzio, assaggiò la torta di ciliegie. Non sentiva nessun sapore, non sapeva che sapore avesse una torta di ciliegie, né il succo di mirtillo, né nessun'altra cosa. Avrebbe potuto aggiungerlo alla lista “cose da invidiare agli umani”. Ed era una lista davvero lunga.
Umabel, tra le altre cose, invidiava il fatto che gli umani sapessero godersi le piccole cose, come una torta, ma loro, gli angeli...loro non potevano godersi niente.
Non potevano provare niente.

Buttò giù un secondo boccone, poi si voltò, guardandolo negli occhi per la prima volta dopo tanto tempo. Il tramite di Gabriel aveva un volto buffo, ma di aspetto gradevole e Umabel si ritrovò a sorridere. Provò una strana sensazione agli occhi che iniziarono a pizzicargli. Si erano fatti lucidi e in quel momento si sentì davvero umano “Non è stato difficile. Non ti vedo da millenni ma riconosco il tuo senso dell'umorismo, sebbene si sia adattato ai tempi” disse ridendo appena.
Gabriel non represse un sorriso divertito, non avrebbe nemmeno fatto in tempo se lo avesse voluto “Anche se ci ho messo parecchio tempo” continuò Umabel e l'Arcangelo rise appena “Ci hai messo millenni!” lo canzonò e Umabel lo guardò con aria colpevole “Solo qualche anno” ammise. Improvvisamente si sentì in colpa per non averlo cercato subito, per non essergli stato accanto e non averlo aiutato ma quando Gabriel aveva deciso di scappare, Umabel non aveva capito quanto suo fratello avesse bisogno di aiuto. D'altronde Gabriel non lo aveva mai chiesto, se ne era andato e basta.

Con evidente imbarazzo afferrò il proprio bicchiere e bevve un sorso del succo di mirtillo. Percepì il fresco della bevanda, ne sentì la consistenza, ma il sapore continuava a non sentirlo. Guardò il liquido scuro come se dentro potesse trovarci delle risposte e Gabriel sospirò “Ti ci abituerai col tempo. Sempre se rimarrai. In quel caso perché non ti cerchi un tramite più carino?” disse senza mai lasciare da parte il suo umorismo. Umabel abbassò il capo per guardarsi e si toccò il viso come per ricordare che aspetto avesse il suo tramite “In effetti non mi sento a mio agio qui dentro. E vorrei che continuasse a fare il suo lavoro: è un avvocato che aiuta i più bisognosi” spiegò mentre con la forchetta torturava la fetta di torta. Gabriel fece uno strano sorriso “Si chiama Matt Murdock?” domandò ridacchiando. Umabel lo guardò con aria spaesata, aggrottando le sopracciglia “No, si chiama Joshua Robertson” rispose con serietà. L'Arcangelo scoppiò a ridere sotto lo sguardo interrogativo del fratello “Roba da Umani” spiegò il maggiore e Umabel fece un dolce sorriso che si spense alle successive parole del fratello “Sai che non posso aiutarti, vero?” gli disse.
Lo sguardo di Umabel si rabbuiò “Quindi Dean Winchester continuerà a fare la vita del Cacciatore?” domandò. La voce era flebile e ben poco si addiceva alla mole del suo tramite. Ancor meno a quella della sua Grazia che Gabriel era perfettamente in grado di vedere.
Gabriel si strinse nelle spalle “Non lo so e non lo sai nemmeno tu. Veglia si di lui, Mabe. Veglia su tutti i tuoi protetti” disse. Avrebbe tanto voluto dirgli di non commettere il suo stesso errore e di non scappare, ma era troppo codardo anche solo per ammettere che il suo era stato uno sbaglio. Non lo ammetteva nemmeno a se stesso.

Umabel rimase a fissare gli occhi ambrati del fratello in silenzio. Si sentì immensamente solo nel rendersi conto che non avrebbe potuto seguire Gabriel ora che non si sentiva più a casa in Paradiso.
Annuì mestamente e ancora una volta la tristezza lo pervase “Ora devo andare, ma tornerò a trovarti se lo vuoi” disse prendendo una banconota da venti dollari e posandola accuratamente sul bancone. Gabriel sorrise “Ti aspetterò, Mabe” disse e fu una di quelle rare volte in cui non usò il suo sarcasmo. Umabel si alzò e prese un grosso respiro, restio a salutare il fratello ritrovato. Lo guardò, registrò ogni più piccolo particolare del suo nuovo tramite e poi si voltò salvo per fermarsi ancora una volta “Mi sei mancato, Gabe” disse prima di andarsene.
Gabriel rimase a fissare il vuoto lasciato dal fratello per alcuni istanti “Anche tu, Mabe. Anche tu” mormorò tra sé e sé consapevole che Umabel non potesse sentirlo.

Per quel giorno era stato troppo sentimentale, mise da parte l'Arcangelo, tirò fuori la sua non più tanto nuova natura di Trickster amante dei dolci e finì la torta di ciliegie lasciata da suo fratello.

2001

 

La musica era assordante. Amethyst e Alice si agitavano sui sedili dell'auto che sfrecciava a velocità moderata verso Amity, in Arkansas.

A nulla sembravano servire le suppliche di Lucas di abbassare il volume. Era il loro secondo giorno di viaggio e l'abitacolo della Ford Mustang Cobra Jet del '69 - rigorosamente di seconda, forse anche terza, mano - che Blake aveva regalato a sua figlia per il suo diciottesimo compleanno, era stato ininterrottamente riempito da musica rock a tutto volume. Di conseguenze le orecchie di Lucas non avevano avuto un attimo di tregua “Ma almeno mi avete sentito? chiese dopo l'ennesima supplica, affacciandosi tra i due sedili anteriori. Con quella domanda il ragazzo peggiorò la situazione perché le due amiche iniziarono a cantare a squarciagola.
 

 

She's my cherry pie
Cool drink of water such a sweet surprise
Tastes so good make a grown man cry
Sweet cherry pie oh yeah

She's my cherry pie
Put a smile on your face ten miles wide
Looks so good bring a tear to you eye
Sweet cherry pie yeah*


 

Lucas si afferrò ai sedili, lo sguardo spiritato, anzi, terrorizzato dritto verso la strada “Ame, potresti andare più piano?” chiese, rendendosi conto che la voce gli tremava. La bionda rise, continuando a cantare, incurante di tutto, insieme a Alice. Agitò le braccia e Lucas si sentì il cuore in gola “Le mani sul volante!” strillò, rifilando un'occhiataccia alla spericolata autista “Oddio, ti prego, guarda la strada” piagnucolò infine, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Amethyst rise, gettando appena la testa all'indietro, ma obbedì all'amico: mani sul volante, sguardo sulla strada. Alice si premurò invece di abbassare il volume e, ancora scossa dalle risate, si voltò verso l'amico “Sei la voce della nostra coscienza. Il nostro Grillo Parlante. Grazie di esistere” disse allungando una mano per afferrargli una guancia.
Lucas si scostò da quel tocco, apparentemente infastidito e sbuffò “Ricordatemi perché stiamo sprecando il nostro primo week-end libero dalla scuola per andare in una cittadina di settecento abitanti” si lamentò, sprofondando sul sedile della macchina.
Alice fece un largo sorriso “Perché Amethyst vuole posare nuovamente gli occhi sul culo di Dean Winchester” disse in tono eccitato. Si beccò un leggero pugno sul braccio da parte dell'amica, le cui guance si erano colorate appena perché in fin dei conti quella di Alice non era propriamente una bugia.
Lucas ridacchiò appena e stuzzicò Amethyst piantandole poco delicatamente un dito nella guancia destra che lei scostò malamente “Voglio solo riabbracciare dei vecchi amici che non vedo da un po'” puntualizzò stizzita. La presa sul volante si fece più salda, tanto da far sbiancare le nocche, ma né Alice, né Lucas parvero accorgersene “Sì, certo, ma vuoi riabbracciare soprattutto Dean. Ti capisco, sai? È così sexy!” ribatté prontamente con aria sognante.

Lucas tornò a posare le spalle sullo schienale del sedile, incrociò le braccia al petto e sbuffò “Non capisco cosa ci troviate in uno come lui. Non mi sembra poi tanto diverso dai Troy Acosta” disse osservando il paesaggio che fuori dal finestrino scorreva veloce.
Amethyst lanciò un'occhiata allo specchietto retrovisore, reprimendo una risata nel vedere l'espressione imbronciata dell'amico “Può sembrarlo all'apparenza, ma è totalmente diverso da quel coglione. Tu non lo conosci come lo conosco io” disse come a rassicurarlo.

Amethyst pensava davvero quelle parole: Dean Winchester si comportava spesso da idiota, non stava mai con la stessa ragazza per più di una settimana e faceva il duro, ma aveva quello che si poteva definire un cuore d'oro, era coraggioso, divertente e persino intelligente anche se tendeva a non mostrare troppo quel suo lato di sé.

Mezzora dopo arrivarono finalmente a destinazione.
La Mustang era sul punto di rallentare nei pressi di un motel, ma non appena Amethyst vide la figura di suo padre troppo intenta a cercare di guardare nell'abitacolo della macchina, accelerò nuovamente e alzò il volume della musica come se questa potesse effettivamente nasconderla da lui “Cazzo, cazzo, cazzo” disse a denti stretti mentre si faceva sempre più piccola contro il sedile.

Alice la guardò accigliata, si voltò verso il parcheggio del motel dove vide Blake Dalton salire in fretta e furia sul suo pulmino bicolore, poi tornò a guardare l'amica “Ci stai dicendo che tuo padre non sapeva niente di questa piccola innocente gita?” chiese in tono sarcastico, ormai consapevole che quella gita, con tutta probabilità, non aveva proprio niente di innocente.

Lucas si lasciò sfuggire un lamento, portandosi una mano alla fronte in un gesto abbastanza disperato: Blake Dalton gli metteva addosso una paura fottuta, forse a causa della sua mole o forse a causa del suo sguardo perennemente duro o forse, e molto più probabilmente, a causa di entrambi.
Amethyst guardò dallo specchietto retrovisore il pulmino che si avvicinava sempre di più e accostò, fermando finalmente l'auto.
Sospirò, tenne le mani strette sul volante e posò la testa contro di esso, mormorando delle scuse agli amici mentre saliva l'ansia crescerle nel petto.
-Sono una tale cogliona- si ripeté mentalmente più volte. Sapeva che ci sarebbe stato suo padre, sapeva anche che si sarebbe arrabbiato nel trovarsela lì, ma nel momento in cui prese l'infelice decisione di partire per Amity, andare contro suo padre e rischiare la sua ira non le sembrava una prospettiva così terribile se quello voleva dire poter rivedere Dean Winchester.
Voi state zitti” disse ai due amici, mentre scendeva dall'auto.

Non fece in tempo a fare nemmeno un passo che suo padre era già di fronte a lei, furente di rabbia “Volevo solo salutare i ragazzi” si affrettò a dire lei, esibendo il suo miglior sorriso. Blake serrò la mascella e si passò una mano sul viso: era evidente che stesse trattenendo la sua rabbia “Sali sulla tua auto e vai immediatamente al motel” disse in un sibilo prima di fare marcia indietro e salire sul pulmino bianco e blu che gli apparteneva da decenni.

Amethyst fece come ordinato e non appena Lucas cercò di parlare, lei lo zittì subito. Nei pochi chilometri che li separavano dal motel, nell'abitacolo regnò il silenzio più assoluto.


***




Amethyst era seduta sulla scalinata del motel, aveva le ginocchia al petto e il naso posato su una di esse mentre guardava le proprie mani afferrare la punta in gomma - un tempo bianca - delle sue Converse.

Hey, tutto bene?” Non si voltò nel sentire la voce di Lucas alle sue spalle, aspettò semplicemente che il ragazzo si sedesse accanto a lei “Alice è andata a comprare la cena. Patatine fritte incluse” la informò lui mentre prendeva posto.
Amethyst si lasciò sfuggire una risata priva di allegria “Avete sentito l'animata discussione tra me e mio padre” non era una domanda, probabilmente li aveva sentiti chiunque nel raggio di due miglia e la bionda sapeva perfettamente che le patatine fritte servivano a tirarle su il morale.
Lucas si strinse appena nelle spalle e spostò lo sguardo dall'amica verso l'orizzonte: il sole era sparito dietro i palazzi colorando il cielo sgombro di nubi di svariati colori. “Tuo padre non può obbligarti ad iscriverti al college se non vuoi, ma ha reagito così perché ci tiene a te” disse il ragazzo, continuando a guardare davanti a sé.
Amethyst inarcò un sopracciglio e lo guardò come se pensasse che fosse davvero stupido “Grazie, Lucas! Non ci sarei mai arrivata se non fosse stato per te” disse ironica. I due giovani scoppiarono a ridere insieme e non appena Alice tornò dalla tavola calda, cenarono tutti e tre insieme sulle scalinate per volere di Amethyst.

Nella stanza del motel infatti, i Winchester e Blake stavano discutendo sull'ennesimo caso di caccia e Amethyst voleva che i suoi amici rimanessero all'oscuro di tutto, come era sempre stato.

Qualche ora dopo, Lucas e Alice, stravolti, si rintanarono nella camera tripla che avevano affittato mentre Amethyst decise di rimanere ancora un po' all'aperto.
Venne raggiunta da Sam che le propose di fare un giro nella cittadina. La ragazza accettò solo perché il minore dei Winchester le aveva detto che aveva delle novità.

Si sedettero in una panchina del piccolo parco deserto e Sam fece un enorme sorriso che rassicurò Amethyst tanto da farle tirare un sospiro di sollievo “Avanti, non tenermi ancora sulle spine se è così una bella notizia!” esclamò dandogli una lieve spinta.
Sam non attese oltre “Sono stato ammesso a Stanford” disse facendo congelare il sorriso sul volto di Amethyst che rimase in silenzio per alcuni minuti.
Sam la guardava come se la stesse supplicando di dire qualcosa “John e Dean lo sanno?” domandò lei.
Non erano le prime parole che Sam si era aspettato di sentire: si aspettava delle congratulazioni, un abbraccio condito dalla risata allegra tipica di Amethyst.
Ancora no” rispose finalmente lui, con lo sguardo basso.

Non si sentiva in colpa nei confronti della sua famiglia, non voleva sentirsi in colpa perché desiderava una vita normale.
Fece un verso stizzito per il nuovo silenzio dell'amica e si alzò dalla panchina “Tu sei fortunata! Vorrei un padre come Blake” disse allargando le braccia, visibilmente nervoso “Hai la possibilità di vivere lontana da tutto lo schifo che si portano dietro i Cacciatori e invece ti ci butti dentro a capofitto solo per metterti in mostra con Dean!
Gridò quelle parole con rabbia, forse perché una parte di sé provava invidia nei confronti di Amethyst che aveva un padre che teneva alla sua istruzione e che non la trattava come se fosse un soldato.

Amethyst si alzò di scatto dalla panchina e spintonò l'amico “Tu non hai capito proprio un cazzo. Credi sul serio che lo faccia per mettermi in mostra con Dean?” gridò a sua volta “E non dirmi anche tu cosa devo fare della mia vita. Non è affar tuo se non voglio andare al college e solo perché sai perfettamente che tuo padre si arrabbierà per la tua scelta, non devi prendertela con me” disse a denti stretti.
Sam rimase in silenzio ad osservarla, riprese fiato e si portò una mano ai capelli, tirandoli indietro “Non dire niente a Dean” disse in un tono che non ammetteva repliche.
Amethyst strabuzzò gli occhi per quella richiesta che aveva tutta l'aria di essere un ordine e poi rise amaramente “Sono molto tentata di farlo, ma non pugnalo alle spalle quelli che considero una famiglia” quella poteva sembrare una frecciatina e forse, almeno in parte, lo era.
Sam fece per parlare nuovamente ma Amethyst lo fermò con un gesto della mano “Non sono arrabbiata perché tu hai deciso di andartene e di vivere una vita normale. Sono arrabbiata perché ancora non ne hai parlato con tuo padre e tuo fratello. Più aspetti e più per loro sarà doloroso, ma a questo non ci hai pensato, vero Sam?” disse velenosa.
Non aspettò una risposta, tornò semplicemente al motel, da sola.

***




La luce debole della lampada illuminava le pagine del libro in cui, sino a pochi momenti prima, Alice era assorta. La testa della ragazza iniziò a ciondolare lentamente e lei si riscosse non appena il mento toccò il petto. Sbatté le palpebre più volte nel tentativo di mettere a fuoco ciò che la circondava e chiuse il libro posandolo poi sul comodino.

Assonnata diede un'occhiata fuori dalla finestra. Era notte fonda, fuori la strada era illuminata dai lampioni e dalla luce al neon tremolante dell'insegna del motel.
Assottigliò lo sguardo quando scorse nel parcheggio la figura di un grosso cane dal manto nero che sembrava contorcersi. Incuriosita si alzò dal letto e si avvicinò ala finestra per osservare meglio l'animale, ma d'improvviso quello si trasformò sotto i suoi occhi in un essere umano.

Alice urlò e cadde a terra, incespicando nelle sue stesse gambe. Il suo sedere non aveva ancora sbattuto sulla moquette verde scuro della stanza che Amethyst era già balzata in piedi.

Persino durante il sonno, la giovane Dalton rimaneva all'erta. Non era stato difficile per lei svegliarsi all'istante e mettersi subito in guardia, in fin dei conti ci era abituata. Anzi, si era allenata praticamente per tutta la vita, ma suo padre, ovviamente, non ne aveva la minima idea.

Da quel momento in poi successe tutto molto velocemente.
Amethyst, tra le mani, stringeva una pistola e si precipitò subito alla finestra mentre Lucas, svegliato anche lui dall'urlo di Alice, si mise a sedere sul letto “Che è successo?” chiese con voce impastata dal sonno, tenendo gli occhi chiusi.

Alice fissava la figura di Amethyst - in particolar modo la sua pistola, a dire il vero - intenta ad osservare fuori dalla finestra, ma le uniche cose che vide furono le auto dei pochi clienti del motel.
Si voltò quindi verso l'amica “Che cosa hai visto? Perché hai urlato?” chiese in tono concitato, avvicinandosi a lei, ancora in terra.
Alice deglutì a vuoto “Hai una pistola! Perché hai una pistola?” disse con voce tremante - e fu in quel momento che Lucas aprì finalmente gli occhi - ma Amethyst ignorò la sua domanda. “Dimmi che cosa hai visto” disse decisa “Chi è che ha una pistola?” Lucas parlò nello stesso momento, ma Amethyst lo zittì con un gesto della mano, continuando a guardare Alice negli occhi che, finalmente, iniziò a parlare.
U-un cane, ma poi è diventato un uomo. Me lo sono sicuramente immaginato” ridacchiò in maniera nervosa, alzandosi da terra e sfoderando un sorriso all'amica come a chiedere conferma delle ultime parole.
Perché Alice era fermamente convinta di essersi immaginata tutto, non poteva aver visto davvero una cosa simile.

Amethyst non parlò, si umettò le labbra e sospirò, scuotendo il capo. Rimase in silenzio alcuni istanti, poi si avviò alla porta “Voi rimanete qui” ordinò uscendo dalla stanza, ancora scalza e con indosso ciò che aveva usato per dormire.
Hey! Perché hai una pistola?” la voce di Alice le arrivò ormai lontana e non sentì le parole di Lucas “Amethyst ha una pistola?”.

Amethyst bussò nelle camere occupato da suo padre e da John, Dean e Sam “Skinwalker” disse semplicemente non appena tutti i Cacciatori le furono di fronte.
Lucas e Alice si affacciarono dalla loro stanza “Che cos'è uno Skinwalker?” chiesero all'unisono “E perché hai una stramaledetta pistola?” aggiunse Alice, sull'orlo di una crisi isterica.
Amethyst chiuse gli occhi, consapevole che stava per trascinare i suoi migliori amici in un mondo orribile, quello reale che loro avevano visto solo nei film horror.

***




Alice, seduta sul letto, guardava davanti a sé. Non vedeva per davvero Blake Dalton e non sentiva nemmeno ciò che le stava chiedendo insistentemente da almeno cinque minuti.
Che aspetto aveva il cane?” nessuna risposta, la ragazza era sotto shock.
Hey ragazzina!” sbottò l'uomo, schioccandole le dita davanti al viso. Amethyst si mise tra loro, scacciando via il padre e sorridendo all'amica.
Le prese il viso tra le mani con delicatezza “Alice, che cane era quello che hai visto? È importante che tu me lo dica” disse in tono dolce, sotto lo sguardo attento, ma confuso, di Lucas.
Anche lui, come Alice, non si capacitava di ciò che era appena venuto a sapere: i mostri erano reali. Tutti i mostri con cui lui era fissato a causa dei suoi amatissimi film horror erano reali. Anzi, quelli reali erano persino di più.

Alice sbatté le palpebre e mise finalmente a fuoco Amethyst “Era nero. Un pastore belga nero” mormorò.
Amethyst annuì e le sorrise di nuovo “Bravissima. E l'uomo che aspetto aveva?” chiese.
Alice deglutì a vuoto e prese un grosso respiro prima di concedersi il lusso di rispondere, tanto che Blake e John cominciavano a spazientirsi “Era molto alto. E ben piazzato. I capelli erano scuri e aveva un tatuaggio nella schiena, ma non sono riuscita a capire cosa fosse” disse, sorprendendosi di se stessa per tutti quei particolari che non credeva neanche di aver visto.
Amethyst le schioccò un bacio sulla fronte “Sei stata fantastica” le disse regalandole poi un largo sorriso. Alice rispose al sorriso con uno più tirato e insicuro: era sull'orlo della lacrime e Amethyst la guardò come se la stesse implorando di non piangere.

John Winchester caricò la propria pistola con proiettili d'argento e lo stesso fece Blake Dalton prima di voltarsi verso sua figlia con uno sguardo carico di rabbia “Tu rimani qui. E non voglio sentire storie” ma Amethyst era già pronta a ribattere.
Fu Dean a fermarla, posandole una mano sulla spalla con ferrea dolcezza, le porse alcuni proiettili d'argento e sospirò, ricercando il suo sguardo che lei prontamente sollevò su quello del ragazzo “Hey, perché tu e Sam non rimanete qui? Quel bastardo potrebbe sempre tornare da queste parti” e quel sorriso che le rivolse per lei fu annientamento ed estasi al contempo.
Ricambiò il sorriso con uno che sapeva di amara sconfitta, ma sapeva benissimo perché Dean le avesse detto quelle parole. C'erano tanti motivi dietro e Amethyst li sapeva tutti.

Quando i tre cacciatori più grandi uscirono dalla stanza armati delle loro pistole, tra quelle quattro pareti calò un silenzio assordante se non fosse per i bisbigli di Alice e Lucas. Sam, pistola alla mano, guardava fuori dalla finestra all'erta, pronto a scattare nel caso lo Skinwalker si fosse fatto vivo.
Alice e Lucas fissavano invece Amethyst con quello sguardo che lei non avrebbe mai voluto vedere sui loro volti. Vi era paura, sgomento e persino un velato ribrezzo che lei percepì comunque. I due si scambiarono uno sguardo, annuirono e poi si avvicinarono a lei. Alice la guardò con fermezza, Lucas con una nota di tristezza in quegli occhi che erano sempre stati vivaci.

Noi torniamo a casa, c'è un pullman circa un'ora”. Fu Alice a parlare, la voce appena tremante che faceva percepire quella paura che l'aveva avvolta. Paura di quello strameledetto Skinwalker, paura delle bugie, paure della stessa Amethyst.

La giovane cacciatrice guardò l'amica con occhi sgranati, confusa o forse impaurita da ciò che lo sguardo di Alice, così come quello di Lucas, lasciava trapelare “Posso accompagnarvi io domani mattina” disse e la voce le uscì meno sicura di come avrebbe voluto.
Alice fece un cenno di diniego col capo e non aggiunse una parola, si voltò semplicemente verso Lucas, il quale annuì nuovamente prima di fare un cenno di saluto ad Amethyst e a Sam e uscire insieme ad Alice dalla stanza del motel per dirigersi nella stanza che avevano affittato insieme a recuperare i bagagli.
Amethyst rimase sulla soglia della porta ad osservare le figure dei due amici prima di scorgere una figura nera che avanzava veloce verso di loro.
Con uno scatto fulmineo, Amethyst raggiunse i suoi amici, seguita da Sam, e allontanò Alice con una spinta, facendola cadere per terra. Cadde a terra a sua volta, sovrastata dal pastore belga nero che riuscì a graffiarle la spalla, facendola gemere di dolore. Non sentì le grida di Alice, troppo intenta a cercare di recuperare la propria pistola, scivolatale di mano, non sentì nemmeno lo sparo con il quale Sam aveva mancato di poco lo Skinwalker, ma seppur dolorante riuscì a prendere la propria pistola e sparare un colpo al fianco dell'animale che le cadde addosso, nuovamente in forma umana.
Alice gridò di nuovo, Lucas era al suo fianco e Sam aiutò Amethyst a scrollarsi di dosso lo Skinwalker ormai privo di vita.

***




Erano tutti nella stessa stanza. John, Blake e Dean erano tornati dopo che Sam li aveva chiamati dicendo loro che Amethyst era riuscita ad uccidere lo Skinwalker.
Dean le aveva sorriso e l'aveva stretta a sé stando bene attento a non toccarle la ferita alla spalla. Si complimentò con lei, dicendole di essere orgoglioso, ma quel sorriso appena accennato di Amethyst gli fece capire che c'era qualcosa che non andava.
Solo in un secondo momento Dean capì del perché dell'umore nero dell'amica.

Come ho detto, noi torniamo a casa. Il pullman passerà tra poco”. La voce gelida di Alice lasciava poco spazio ad altre interpretazioni che non fossero quella reale. Era arrabbiata, sconvolta, spaventata. Spaventata da ciò che celava il buio, spaventata da quell'amica che conosceva da una vita ma che, alla fine dei conti, non conosceva affatto. Forse non poteva nemmeno definirla amica.
Alice, aspetta...” fu il tentativo di Amethyst di fermarla, trattenendola per un braccio che la mora ritrasse subito.
No, Amethyst! Basta! Hai idea di quello che ho passato stanotte?” e per quanto Amethyst sapesse che quella era una domande retorica, combatté con se stessa per non risponderle.
Perché lei, quello che l'amica aveva passato quella notte, lo viveva da quando era una bambina. Ma Amethyst rimase in silenzio, guardando l'amica con una tristezza negli occhi che di rado, per non dire mai, le apparteneva.
Lucas non disse una parola, guardò Amethyst deglutendo a vuoto, poi cinse le spalle di Alice con un braccio e abbandonarono la stanza, diretti alla stazione dei pullman.

Amethyst, ancora una volta, li guardò allontanarsi, rimanendo sulla soglia della porta. Sobbalzò appena quando Dean le sfiorò il braccio con delicatezza “Vieni, medichiamo questa ferita, che ne dici?” Amethyst annuì, si richiuse la porta alle spalle e si sedette sul letto, accanto a Sam. Il ragazzo aveva il capo chino, era stanco e provato da tutto quello.
In parte immaginava cosa stesse passando Amethyst in quel momento, ma la sua mente era ormai invasa da un unico pensiero: come dire a suo padre e a suo fratello dell'ammissione a Stanford.
Si era chiuso in se stesso e nemmeno si rese conto di quando Blake rimproverò Dean con tono tutt'altro che bonario quando il ragazzo si propose di medicare la ferita di Amethyst “Tieni le mani a posto, ragazzo. Ci penso io” Dean lo guardò perplesso, Amethyst sospirò contrariata, ma nessuno osò aggiungere altro, nemmeno John che lanciò uno sguardo ammonitore al figlio maggiore, prima di posarlo curioso e indagatore su Sam.

I Winchester si spostarono nella camera adiacente, lasciando Blake e Amethyst da soli.
Amethyst li aveva guardati allontanarsi con occhi quasi supplichevoli, aspettandosi una sfuriata del padre che però non avvenne.
Sei stata brava, questa sera. Ma sai che non cambierò mai idea” le disse prima di posarle un bacio sulla fronte.
Amethyst sorrise appena “Sì, ma al college non ci voglio andare comunque. Mi annoierei” mormorò, consapevole forse che sarebbe stata costretta a vivere l'avventura del college da sola. Aveva la sensazione che Alice e Lucas la mettessero da parte, che non avessero più intenzione di vederla.

Nemmeno la mattina dopo Amethyst sembrò trovare il sorriso, turbata da ciò che era successo e anche dal discorso fatto con Sam la sera precedente. Dean l'aveva osservata a lungo, immaginando cosa le passasse per la testa e con quel suo tipico fare scanzonato l'affiancò sorridendole “Hey, scheggia. Torta di ciliegie per colazione?”.
Solo in quel momento Amethyst ritrovò il sorriso, rivolgendone a Dean uno luminoso come era solita fare “Torta di ciliegie” affermò con la gratitudine nello sguardo. Anche nelle piccole cose Dean Winchester sapeva essere il suo eroe.







Note dell'autrice: * è il ritornello della canzone dei Warrant che da il titolo alla storia. E il riferimento continuo alla torta di ciliegie si rifà sempre a quello.

   
 
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