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Autore: Autumn Wind    24/05/2022    5 recensioni
La guerra è finita: Voldemort è stato sconfitto, con l’inaspettata sopravvivenza di Piton e Lupin. Hogwarts rinasce dalle sue ceneri come un’eburnea fenice, mentre Harry, Ron ed Hermione percorrono le strade che hanno sempre pensato appartenere loro, anche se si sono rivelate molto diverse da quanto sperato. Agli occhi di Harry c’è, tuttavia, qualcosa di profondamente sbagliato nell’andare avanti pur avendo perso tutto, pur avendo permesso che così tante persone morissero per lui.
E proprio sulla scia di questi pensieri, alla commemorazione della Battaglia di Hogwarts, il bambino che è sopravvissuto e la strega più brillante della sua età si troveranno, grazie ad un misterioso libro sepolto nella biblioteca della scuola, a riportare inconsapevolmente indietro i perduti ed i dimenticati, sconvolgendo completamente il sentiero sinora già perfettamente tracciato dal destino, separando e congiungendo anime indissolubilmente legate, come quelle della tenace Hermione e dello sfuggente Severus Piton. Perché l’amore spinge tutti noi a compiere azioni a volte folli, a volte irrazionali, ma, nonostante tutto, è la cosa più preziosa che abbiamo …
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Capitolo Ventottesimo
La Regina degli Asfodeli

A cold wind blows, I am shivering
My body aches, as my heart is breaking
Why is life making me hollow?
Why is happiness casting me in the shadows?
In the shadows
“Io non ci posso credere!” strepitò Harry mentre apparivano nell’atrio del Ministero della Magia, deserto a quell’ora di domenica sera. “Anche il giorno del mio matrimonio! Ma dico io, potrò mai stare in pace?”
“Essere il salvatore del mondo magico comporta qualche seccatura, ecco la tua!” ridacchiò Ron, dandogli una pacca sulla spalla mentre Hermione, sempre più agitata, premeva ripetutamente il pulsante dell’ascensore per l’Ufficio dei Misteri. “Herm, così però lo sfondi!” la fermò Harry, sospirando mentre entravano nel trabiccolo e scendevano. “Scusa … è che sono abbastanza preoccupata! E mi dispiace immensamente per te e Ginny! Se solo avessi ascoltato prima i miei sogni …”
“Non è colpa tua, tranquilla.” le sorrise debolmente il giovane, sistemandosi gli occhiali tondi sul naso. “Suppongo sia il mio … che dice la Cooman?”
“Karma.” sospirò Ron. “Adesso ha aggiunto anche quella stramberia alle sue profezie!”
“Beh, forse, ora che è più felice, insegnerà anche in modo più sensato.” considerò Hermione, sentendo su di sé gli sguardi perplessi degli altri due. “Tutti possono cambiare!” ribatté a sua discolpa. “Certo, Ma eri tu che non la sopportavi, Herm …” rise Harry, fiondandosi attraverso l’Ufficio dei Misteri non appena le porte si furono aperte, seguito da due maghi.
Raggiunsero la stanza della morte in un baleno e si bloccarono dinanzi allo scenario semiapocalittico che si stagliava dinanzi ai loro occhi: tutte le pareti erano crepate, così come il pavimento, mentre il velo, al centro, era stato divelto ed al suo posto c’era un buco buio da cui continuavano a fuoruscire pallidi sbuffi di fumo grigio. “Che diamine è successo qua dentro?” esclamò Ron mentre gli altri due si aggiravano, guardinghi, per la stanza. Hermione notò immediatamente il libro del destino gettato in un angolo ed una filetta con dentro del liquido rossastro. “Sangue.” constatò, facendola lievitare dinanzi a sé. “Ma i riti con il sangue sono …” mormorò Ron. “Magia oscura.” sospirò Harry. “Un rito negromantico, per la precisone: sono i negromanti usano il sangue umano e credo proprio che lo sia. Chiederò a Mina per sicurezza. A quanto pare, sono riusciti a liberare Daciana ed a compiere il rituale …” annuì Hermione. “Vado nel mio ufficio a vedere se c’è l’Obscurometro … è un affare vecchio come il bacucco che capta la magia oscura. Non avrei pensato che potesse essermi d’aiuto prima o poi …” ammise Harry, uscendo rapidamente dalla stanza.
Ron ed Hermione, rimasti soli in quel silenzio ed in quella penombra del tutto innaturali, si fissarono per un istante: era un po’ come essere tornati ai tempi di scuola, con lui incredulo e lei con un libro stretto al petto e la fialetta a lievitarle accanto. “Non è colpa tua.” ammise il ragazzo, attirando la sua attenzione. “So che ti starai colpevolizzando, ma non sei stata tu a fare … questo.”
“Lo so. Però forse avrei potuto accorgermene prima.”
“Anche se l’avessi capito, non avresti potuto fare nulla, come non possiamo fare niente adesso. Tranne forse dirti che … beh, mi dispiace.” sospirò il rosso, lasciandola basita. “Ci penso da stamattina, Hermione: mi sono comportato come un cretino con te, da sempre. Al sesto anno, quando ero innamorato di te ed anche tu mi amavi, mi sono messo con Lavanda. Poi, dopo la guerra, volevo così disperatamente vivere per contrastare la morte di Fred che non ti ho né ascoltata né capita … ti ho sempre data per scontata e non lo meriti. Era ovvio che finisse, tra noi: non siamo destinati a stare assieme. Non siamo compatibili …”
“No.” sussurrò appena Hermione. “Probabilmente ci saremmo odiati ed avremmo divorziato, magari mettendo anche in mezzo dei bambini e rovinandoli …”
“Già. Lavanda, sai, non è te, però … ci completiamo in qualche modo: insieme andiamo d’accordo. Per quanto lei sia a volte esagerata, probabilmente è adatta a me. Tutti meritiamo di essere felici, tu più di tutti, Herm e se ti rende felice Piton io non posso che farvi gli auguri! Mi dispiace per le cose che ti ho detto: so che non sono vere. E mi merito anche lo schiaffo.” disse tutto d’un fiato. “Hai ragione.” annuì la strega dopo un po’. Ron sgranò gli occhi. “Su … su cosa?”
“Che meritavi lo schiaffo. Ed anche sul resto.” sorrise. “Comunque, mi devo scusare anch’io: mi sono allontanata da tutti, ultimamente, perché non mi sentivo capita, ma non ho nemmeno provato a farmi capire. Davo per scontato che nessuno di voi potesse considerarmi, avevo paura e mi sentivo sola … sono diventata piuttosto solitaria e chiusa. E non è stato giusto nei confronti tuoi e di Harry, che mi siete sempre stati vicini …”
“E … e Piton?” balbettò Ron, arrossendo. “Voglio dire, tu e lui …”
“Ci amiamo. Ma non è stato facile ammetterlo e concedercelo: ci sono tanti ostacoli e la maggior parte delle persone non …”
“E chissenefrega.” la frenò il rosso, tremendamente serio. “Voglio dire, se siete felici, basta. Io ho agito per gelosia, lo so, ma ho capito che sbagliavo. E, per quanto strano e, sì, lo ammetto, anche un po’ disgustoso, se sei felice …”
Hermione rise. “Ron, non fare quella faccia! E, comunque, abbiamo anche litigato, ieri sera …”
“A causa mia?”
“Un po’ di tutto: lui non è molto espansivo, teme sempre di mostrarsi agli altri, mentre io forse pretendo troppa socialità da lui …”
“Beh, ha anche ragione Piton … Merlino, non avrei mai pensato di dirlo! Ma in fondo, se state bene voi due, degli altri che importa?”
Hermione sorrise e lo abbracciò di slancio, inspirando a fondo il profumo di erba fresca che emanava. “Mi sei mancato.” disse. “Anche tu, Herm …” ricambiò lui, rilassandosi. “Vuol dire che siamo di nuovo amici?”
La strega annuì, separandosi. “E devi assolutamente farmi vedere la piccola Rose!”
“Oh, sicuro … mi assomiglia, sai?”
“Lo credo bene, sei suo padre!” rise.
Harry tornò in quel momento con una strana bussola d’ossidiana che recava delle incisioni runiche. Nella stanza, l’oggetto fece schizzare subito entrambe le lancette verso l’alto. “Qui è pieno di materia oscura, accidenti!” sospirò il prescelto, passandosi la mano tra i capelli nuovamente disordinati. “Da un rito negromantico non ci si può aspettare nient’altro.” spiegò Hermione, tornando, per un secondo, la ragazzina che adorava mostrare le sue conoscenze. “Serve il sangue di un familiare del defunto o del defunto stesso. Di solito vengono utilizzati anche elementi che richiamano l’anima del morto, come sonagli, campanelle, flauti …”
“Sappiamo che è stata Daciana, abbiamo una vaga idea del perché, al come penseremo dopo … quello che dobbiamo capire è chi ha risvegliato.” annuì Harry. “E, soprattutto, come fare a rispedirlo a nanna …” completò, a bassa voce, Ron, nel gelido silenzio generale. “Ad avere accesso al libro del destino erano solo due persone: Shackelbolt e la Umbridge. Poiché Kingsley era con noi, dev’essere stata lei a portare qui Daciana ed a fornirle il materiale per il rituale.” intuì Hermione, la mente che lavorava troppo veloce per star dietro alla lingua. “Per capire chi hanno evocato è sufficiente capire di chi è il sangue ed in questo può aiutarci Mina o Madama Chips. Sul come rispedirli indietro, ci vorrebbe un negromante, ma credo che Silente ne sappia abbastanza da poterci aiutare …”
“Dunque dobbiamo tornare ad Hogwarts!” sospirò Ron. “Cercando di non farci divorare dalle ombre … che meraviglia! Ricordami di non venire al tuo prossimo matrimonio, Harry …”
“Non ce ne sarà bisogno …”
“Ovvio, tu e mia sorella starete assieme per sempre, siete perfetti e …”
“Non mi riferivo a Ginny, quanto al fatto che non possiamo tornare ad Hogwarts.” deglutì Harry. “L’ascensore si è come bloccato, non funziona: siamo intrappolati qui.”
֎֍֎
Hold on, don't turn and walk away
Save me
And I cried these words but nobody came
Le ombre strisciavano, scure e sinuose, inerpicandosi lungo la bolla trasparente che circondava il castello di Hogwarts, illuminato da quante più lanterne possibile in quell’afosa notte di luglio. Nella Sala Grande, spostati i tavoli, gli invitati avevano ripreso a mangiare, ridere e ballare, del tutto ignari, per volontà di Harry stesso, di ciò che stava accadendo fuori. “Meno persone lo sanno e più siamo al sicuro.” aveva detto, seppur sotto le proteste di Moody.
Gli auror facevano ronde regolari lungo tutto il perimetro e gli incantesimi di protezione sembravano reggere bene ai colpi di quelle creature d’ombra, eppure, guardandole dalla Torre di Astronomia, Minerva non riusciva a non averne paura.
“Sono solo ombre.” disse la voce bassa e calma di Severus, destandola. “Solo, davvero?” commentò con un sospiro, osservando, accanto a sé, gli insegnanti di Hogwarts, i Malfoy, Remus, Regulus, Sirius, James, Lily e quella vampira simpatica osservare con apprensione la foresta, proprio come lei. “Fintantoché ci sarà luce, si terranno lontane.” confermò Severus. “Sono creature che inghiottono ogni particella luminosa, quando la incontrano, ma queste non sono abbastanza forti … sono tante, certo, ma estremamente deboli.”
“Forse stanno solo aspettando l’arrivo di quella ‘grossa’!” considerò Lucius. “Sono tattiche di attacco! Mi stupisce che Lei, Moody, non ci abbia pensato …”
“E come si capisce qual è la capobranco?” domandò Lily, deglutendo. “È più scura delle altre e le comanda a piacimento, indicando dove possono o non possono andare e cosa devono fare. Si può paragonare ad un direttore d’orchestra …” spiegò Severus. “Le ombre vengono sconfitte solo dalla luce.” rammentò Lupin. “Dunque dobbiamo averne quanta più possibile … il problema è quando diventeranno tante da riuscire ad inglobarla …”
“E può accadere?” esclamò Lily, apprensiva. “Purtroppo sì.” confermò Remus. “Forse sta già accadendo, pian piano …”
“Voi quattro, sentite Mangiamorte in giro?” tuonò Moody. Regulus scosse il capo. “Neanche l’ombra … non sono qui.”
“Ma allora perché tutte queste dannate … cose che non servono a niente?” sbottò Sirius. “Forse, l’obiettivo è un altro e noi siamo solo un diversivo …” ipotizzò James. “Ma non possiamo saperlo in alcun modo …”
Una vibrazione li fece sobbalzare di scatto, sull’attenti, prima che Piton realizzasse che il rumore altro non era che il fruscio di un patronus: si trattava di una splendida civetta dalle ali ampie ed il piumaggio folto. Si accomodò sul bordo della torre, parlando con la voce di Hermione: “Siamo bloccati nella stanza della morte al Ministero: l’ascensore non va. Qualcuno ha svolto un rito negromantico, strappando il velo e facendo uscire quelle ombre: hanno usato sangue, di un parente dell’anima che si vuole risvegliare, probabilmente ed il libro di Ygdrasill. Non sappiamo come uscire, ma dobbiamo sapere almeno come richiudere il velo in caso di bisogno, chiedete a Silente, per favore!” disse, disperato, il patronus prima di dissolversi.
La torre restò avvolta nel silenzio. “S-sono bloccati lì? Con tutte quelle ombre?” squittì Lily dopo un po’, respirando affannosamente. “Calma, non serve a nulla preoccuparsi: stanno bene, l’hanno detto. Devono solo essere aiutati ad uscire e trovare un’informazione per ogni evenienza, su, cara!” la consolò Sibilla con un sorriso mentre James deglutiva e si appoggiava al muro. “Sangue?” intervenne invece Mina. “Io potrei aiutarvi: posso capire di chi è, se l’ho conosciuto! Magia del sangue … noi vampiri ce l’abbiamo!”
“Cosa, dovremmo mandare gente al Ministero a recuperarli? Non se ne parla, già ci sono loro tre, non …” esclamò Moody. “Io ci vado e senza stare a sentire te ed i tuoi fallimentari piani, Alastor! La porta da cui escono quelle ombre è lì, non qui.” sbottò Severus, stringendo le dita in un pugno serrato. “Concordo: se c’è qualche risposta, la potremo trovare solo al Ministero.” annuì Lupin. “Ma … oh, per Merlino!”
“Andate in pochi, quantomeno.” sospirò Minerva. “Severus, Remus, Sirius, James e Regulus … e Mina.”
“Ed io?” squittì Lily. “Sei troppo scossa, Lily …” la bloccò James. La rossa stava evidentemente per protestare, ma Sibilla la prese delicatamente per le spalle. “No, cara: è meglio se tu ed io, con Narcissa, magari, andiamo da Albus a chiedergli di questo rito negromantico, che dici?” la bloccò, trascinandola via per le spalle prima che potesse scoppiare in lacrime all’idea che avrebbe potuto quel figlio per cui si era sacrificata vent’anni prima.
Sulla soglia della torre, tuttavia, si scontrò con Draco, ansimante e spettinato. “So come hanno fatto!” esclamò.
֎֍֎
“Una civetta? Da quando il tuo patronus è una civetta?” esclamò Ron, sgranando gli occhi. Hermione fece spallucce, continuando a studiare con sguardo critico il velo squarciato. “Sospettavo che fosse cambiato … era da tanto che non ne evocavo uno.” sospirò la ragazza. “Oh. Mi chiedo solo perché una civetta …”
“Simboleggia saggezza, capacità di vedere oltre l’apparenza delle cose … ed un legame con la morte.” ripeté meccanicamente lei, deglutendo. “E direi che tutte e tre corrispondono perfettamente …”
“Oh, basta, basta!” gridò Harry in un angolo. Gli altri due si scambiarono un’occhiata pensosa: oramai da ore il ragazzo camminava su e giù, nervoso ed agitato. “Harry, datti una calmata: non è strepitando che usciremo da qui!” sospirò Ron. “Sì, ma … dannazione, è il mio matrimonio! E quelle cose magari sono da Ginny o dai miei genitori, adesso …” ansimò, agitato, il ragazzo sopravvissuto. “Non credo: che interesse avrebbero? Se sono tornate è perché vogliono qualcosa … bisogna capire cosa e per farlo serve necessariamente identificare chi è stato liberato.” ragionò Hermione con un sospiro sconsolato. Una polverina argentea strisciò sul pavimento, facendoli sussultare prima che, lentamente, assumesse la forma di un patronus: un enorme, splendido, gufo reale dalle ali spiegate. I tre rimasero a guardarlo, ammirati, prima che questi iniziasse a parlare con la voce roca di Piton. “Stiamo venendo a prendervi. Ad Hogwarts le ombre sono deboli e le protezioni resistono. Minerva sta chiedendo a Silente informazioni sul rito negromantico.” asserì, secco, prima di svanire. “U-un gufo?” balbettò Ron, fissando Hermione, la quale era ancor più sconvolta di lui: la cerva era svanita … dopo vent’anni, non c’era più alcuna traccia di quell’iconico patronus che era stato il vassallo di Piton da sempre. E non c’era per lei … i patronus abbinati maschio-femmina erano simbolo di autentico amore, di anime gemelle. Lily e James li avevano così, il cervo e la cerva … ed anche Tonks e Remus, lupo e lupa. Ma allora era possibile che lei e …
Un sinistro cigolio attirò la loro attenzione, facendoli scattare sull’attenti. “Cos’è stato?” sussurrò Harry, estraendo la bacchetta. “Non lo so …” mimò Ron, deglutendo, apprensivo. “Veniva dall’alto …”
“Da … su? Ma non c’è niente là!”
Come a voler dimostrare che si sbagliava di grosso, una risata sinistra riecheggiò nella stanza. “Avete sentito?” esclamò Ron, rabbrividendo. Prima che gli altri potessero rispondergli, tuttavia, un fumo grigiastro, quasi neri, iniziò a scendere dal soffitto in rapide e soffocanti spire sempre più veloci, tanto che dovettero spostarsi per non venirne colpiti mentre si schiantava al suolo e decine e decine di ombre sorgevano dai muri, prendendo a brulicare tutt’attorno a loro.
Hermione quasi gridò quando il fumo prese le forme di una strega che ben conosceva: gli abiti strappati, le cinghie, le unghie laccate, i capelli spiritati e lo sguardo completamente folle. La risata fu il tratto che diede loro conferma dei loro timori. “Bellatrix Lestrange …” mormorò Harry, sconvolto, mentre la strega rediviva di stagliava dinanzi a loro, attorniata dal suo esercito di ombre. “Ci rivediamo, bocconcini!” rise, scoprendo i denti rovinati da Azkaban. “Che cosa vuoi?” l’affrontò Ron. “Che cosa voglio? Io? Razza di sporchi sanguemarcio!” gridò. “Avete condannato il mio signore a non poter tornare mai … tu l’hai fatto!” sbraitò, rivolta ad Harry. “Ma io, ora che sono qui, troverò il modo di riportarlo da me … dopo che avrò distrutto ciò che resta del mondo magico che l’ha disprezzato …”
La sua risata guizzò nell’ambiente, facendoli rabbrividire prima che Bellatrix scagliasse contro di loro le sue ombre. “Lumos! Lumos maxima!” gridò Hermione, subito imitata dagli altri due. Con le bacchette alte ed illuminare, le ombre indietreggiarono. “Ah, è così? Vediamo se sapete continuare ad illuminare anche con questo …” ringhiò Bellatrix, scagliando su di loro un avada kedavra senza alcuna pietà. Harry lo deviò, ansimando. “Ron, tu pensa ad illuminare più che puoi, io ed Herm proviamo a combatterla!” deciso automaticamente il ragazzo, iniziando a deviare gli incantesimi serrati della strega con Hermione mentre Ron, alle loro spalle, creava sempre più luci per tenere lontano le ombre che si attorcigliavano e vorticavano attorno a loro.
“Non so quanto potremo reggere così!” ansimò Harry, schivando l’ennesima cruciatus. “Dobbiamo riuscirci, almeno finché non arrivano rinforzi!” rispose Hermione, riuscendo a colpire un’ombra con uno schiantesimo luminoso sufficiente a farla evaporare. “Credete davvero di potermi battere o anche solo fronteggiare, voi tre?” rise, crudele, Bellatrix, lanciando sui tre dardi infuocati che vennero prontamente parati da Harry. “Non c’è modo di fare qualcosa di utile?”
“Avada Kedavra!” tentò Ron, ma l’incantesimo trapassò Bellatrix, che prese a ridere ancor più sguaiatamente. “È morta, accidenti, Ron, è ovvio che sia immune alle maledizioni!” urlò Hermione, allontanando un’ombra. In quell’esatto istante, la porta di accesso si spalancò all’improvviso. Per un istante, i tre ragazzi furono quasi sollevati, pensando che si trattasse dei rinforzi, ma raggelarono all’istante quando, dall’entrata, emersero le sinistre figure di Daciana Karkaroff, Sybille de la Barre e Dolores Umbridge, incappucciate e rapide. In un istante, furono dietro Bellatrix, che li guardò, vittoriosa. “Allora, bambini? Volete ancora protestare? Vi do una pessima notizia: non potete fare proprio niente!” sbraitò, ridendo. “Oh, ma sta’ zitta!” esclamò Ron, lanciandole uno schiantesimo che venne parato da Daciana. “No!” gridò Harry mentre le tre streghe iniziavano ad unirsi alle ombre nel dar loro addosso a suon di maledizioni. “Accidenti, Ron, non potevi almeno cercare di farle parlare un po’? Avremmo guadagnato due secondi di tempo!” ansimò Hermione, parando una cruciatus, oramai esausta mentre, tutt’attorno a loro, un forte vento si era alzato e spazzava la stanza, dominata da ombre sempre più scure che vorticavano in cerchio. “Paura, eh, piccola Persefone?” rise Daciana, facendo sobbalzare Hermione: perché Persefone? Cosa c’entrava questo con lei?
“Sono proprio curiosa … quanto resisterete? Non penso quanto alla battaglia … specialmente tu, zuccherino: non ti piaceva proprio il pugnale … oh, ma vedo che hai ancora il mio ricordino!” sogghignò, divertita, Bellatrix. Hermione sapeva che stava parlando con lei, ma la ignorò, continuando a combattere senza sosta mentre si guardava attorno, alla disperata ricerca di un appiglio, di un qualcosa che li potesse salvare o, quantomeno, allontanare da quella situazione.
Quel qualcosa arrivò quando, all’improvviso, Dolores Umbridge venne messa a terra da uno schiantesimo che nessuno di loro tre aveva scagliato, facendoli balzare sull’attenti. “Papà, Sirius!” esclamò Harry. Hermione, istintivamente, guardò la porta d’ingresso del Ministero, che era stata divelta dagli incantesimi con cui una piccola squadra di salvataggio era entrata nella stanza. James, Sirius e Regulus avevano già iniziato a darsi battaglia con Sybille e Daciana. “Ragazzi, state bene?” fece appena in tempo a gridare Potter mentre Harry sollevava il pollice e scacciava un’ombra. Remus, nel frattanto, copriva Mina mentre questa prendeva la fialetta sporca di sangue che era rotolata a terra e la annusava in un angolo. “Quanto ti ci vorrà?” le gridò Severus, atterrando Sybille con un gesto spazientito. “Non molto … no, non tanto.” mormorò la vampira, inspirando a fondo l’odore del sangue nella fialetta.
“Attenti!” gridò Sirius mentre il lampadario crollava, mettendo definitivamente fuorigioco la Umbridge con un gridolino strozzato. “Che dobbiamo fare?” ansimò Hermione, guardandosi nervosamente attorno: ovunque nella stanza, la battaglia imperversava e sembrava anche piuttosto chiaro chi l’avrebbe vinta, a giudicare da come le ombre si stavano ingrossando man mano che il tempo passava …
Tesa e spaventata, schivò un altro incantesimo di Bellatrix che rimbalzò sulle pareti mentre Daciana gridava: “È ora!”
La strega tornò immediatamente seria, smettendo di lanciare cruciatus a destra e manca, lasciando l’ingrato compito di tenerli occupati alle sue ombre. “Sai, fiorellino …” ghignò, avvicinandosi languidamente ad Hermione, in piedi accanto al velo. “Per riportare in vita qualcuno che è bloccato nel limbo, un modo, dopotutto, c’è … il problema è che è richiesto un sacrificio di sangue: chi sarà dunque il fortunato?” sogghignò, divertita, lanciandole una maledizione che Hermione deviò, ansimando: la sua voce non faceva che farla rabbrividire e riportarla indietro a Villa Malfoy ed a quando, ridendo, le aveva inciso il braccio …
“Hermione, il libro!” gridò Mina dai bordi. “Cosa?” esclamò lei, deviando un altro incantesimo di Bellatrix. “Il libro: Minerva ha detto, mentre stavamo venendo qui, che Silente le ha riferito che l’unico modo per chiudere il velo è usare il libro, ma non ha detto come!”
Mentre Hermione parve soffermarsi su quelle parole, una cruciatus la colpì di strisciò, ferendola alla gamba e facendola rotolare a terra. “Hermione!” gridò Harry. Piton, che stava ancora scacciando ombre, al solo sentire quel nome, si precipitò verso il velo. “Un sacrificio è un sacrificio … spiacente!” rise Bellatrix, alzando la bacchetta. La luce verde di stava già per propagare, ma venne bruscamente deviata da Piton stesso, che le si parò dinanzi. “Ma guarda un po’ … Piton!” rise sguaiatamente la donna. “Sei ancora qui? Credevo che Nagini ti avesse stecchito come si deve!”
“Smettila di fare le tue solite scenate da pazza, Bellatrix …” sibilò lui. “Pazza? Oh, nient’affatto: io sapevo che eri un traditore … sei sempre così sentimentale con qui sanguemarcio! La Granger chi è, la tua nuova conquista? Beh, del resto, ti sono sempre piaciute le sanguesporco!”
Hermione, ansimando, approfittò della distrazione per individuare il libro in un angolo della sala ed appellarlo rapidamente. Ma cosa diamine doveva fare? Non ne aveva idea e, come se non bastasse, il volume non si voleva nemmeno aprire. “Avanti, accidenti!” gridò, inutilmente, provando tutti gli incantesimi che conosceva, ma nessuno parve funzionare. Disperata, strinse le mani sul libro, ansimando e chiuse gli occhi, cercando di pensare: che altri indizi aveva, oltre che Bellatrix voleva riportare in vita Voldemort ed era un’ombra lei stessa, seppur forte? Niente di niente. Con l’aiuto di Daciana, poi …
“Persefone …” mormorò: l’aveva chiamata così, prima. Ma perché? Persefone, nel mito greco, era la figlia unica e prediletta di Demetra che veniva rapida da Ade, dio degli Inferi, per farne la sua sposa. Alla fine, si risolveva a passare sei mesi in superficie con la madre e sei sottoterra con il marito: i primi, in cui Demetra era felice, corrispondevano a primavera ed estate, i secondi, poiché era triste senza la figlia, ad autunno ed inverno. Ma quel vecchio mito greco cos’aveva a che fare con lei?
“Persefone … Persefone …” si ripeté, cercando di scindere la figura dal mito e di raffrontarla esclusivamente a sé: entrambe avevano nomi di divinità greche. Entrambe erano figlie uniche, amate follemente dalle madri ed abituate a vivere nella luce, nella bellezza del mondo … salvo poi venire strappate alle famiglie, l’una per il matrimonio e l’altra per la magia. E, ad un certo punto delle loro vite, tutte e due si ritrovavano nel buio degli Inferi, controvoglia, costrette a stare con Ade … Ade, un dio pallido, triste, serio, snobbato da tutti per quanto potete, per un destino infelice … come Severus Piton. E, alla fine, dopo aver visto quanto di buono c’era negli Inferi, dopo aver rivalutato il sottosuolo ed aver fatto amicizia con le creature considerate malvage da tutti gli altri, era Persefone stessa a decidere di restare. Era lei a scegliere di portare la luce nelle tenebre ed era sempre lei a decidere che le ombre potevano nascondere molta più bontà della luce stessa …
Ecco perché Persefone: erano identiche, in tutto e per tutto. Sospese a cavallo tra due mondi non per loro scelta, ma alla fine decise a portare il meglio ovunque e capaci di rivalutare ciò che tutti sembravano fuggire … Ade compreso.
Forse, aveva capito, dopotutto … forse, quello che voleva dire Silente era che quel volume non poteva darle tutte le risposte, ma poteva permetterle di crearsele da sé. Bastava solo portare la luce ….
Premette la mano sulla ferita mentre apriva il volume senza l’ausilio di alcun incantesimo, cercando affannosamente la pagina di Bellatrix Black ed ignorando i tuoni degli incantesimi e delle maledizioni.
“Crucio!” strillò la strega, ridendo mentre Piton deviava le sue maledizioni. Hermione cercò con più foga. “Bellatrix, il tempo sta per scadere …” gridò Daciana. “Trovata!” esclamò la Grifondoro, iniziando a scrivere con il lumos in fondo alla pagina, senza lasciare parole al suo passaggio. Sotto di lei, il libro frusciava e fremeva, furioso.
“Troppo tardi, tempo scaduto, fiorellino, preparati a morire!” ridacchiò la Black, scagliando un lampo verde contro Hermione. Piton, tuttavia, fu più rapido di lei, gettandosi addosso alla giovane e scansandola.
Nel mentre l’incantesimo partiva, tuttavia, l’ombra della strega parve arrestarsi sul posto, come pietrificata. Lentamente, il fumo ai suoi piedi iniziò a dissolversi, riducendosi a sbuffi grigi ed a pulviscolo. “No, no, non può essere … noooo!” gridò mentre si dissolveva nell’aria assieme alle altre ombre.
Hermione, ansimando, si rialzò e, con orrore, vide una figura accanto a lei, stesa a terra sotto lo sguardo sconcertato dei presenti. “Severus!” urlò, sentendo un tuffo al cuore e precipitandosi accanto a lui.
L’uomo giaceva in una pozza di sangue che fuoriusciva dalla ferita di Nagini, riapertasi a causa della maledizione senza perdono che l’aveva colpito di striscio. “Severus … Severus mi senti? Severus …” boccheggiò Hermione, coprendo lo squarcio con entrambe le mani, incurante della sua ferita, del vestito o degli occhi degli altri fissi su di loro. “Herm … Hermione …” ansimò questi, boccheggiando. “Hermione dove … come?”
“Non preoccuparti di questo: pensa a vivere. Solo a questo … ti prego, ti prego, vivi! Devi vivere …” mormorò, redendosi conto solo allora che stava piangendo e tremando al tempo stesso. Il cuore le batteva furioso nel petto e non riusciva più neanche a respirare tanta era la paura che l’attanagliava. “Non posso farcela senza di te, non posso. Scusami, scusami … ti prego!”
La mano di Severus si posò sulle sue mentre la strega continuava a piangere ed a stringerlo a sé, guardandolo perdere lentamente conoscenza. “D-devi sapere che … che …”
“Shhh, risparmia le forze!”
“T-ti amo.” sussurrò il mago, oramai allo stremo delle forze, ansimando. Hermione si paralizzò, il fiato mozzato in gola e le lacrime che premevano pericolosamente per uscire mentre il cuore le martellava selvaggio nel petto: quante volte aveva sognato di sentire quelle parole? Quante? E perché ora le stava odiando? Non erano le ultime … non potevano esserlo!
“D-dovevi saperlo …”
“Resta con me, ti prego … resta con me.” continuò a mormorare la giovane nell’indistinta giostra di persone che seguirono dopo.
֎֍֎
Emptiness, it's all around me
I tried to catch my breath
I'm barely surviving
And I can't go on and I come undone
And there's nothing left in me
Il San Mugo, Madama Chips ne era sicura, non era mai stato più pieno di quella calda notte di luglio. Una discreta folla vestita a festa, infatti, sedeva in silenzio, attendendo notizie di qualunque tipo dell’unico paziente che i medimaghi stavano cercando disperatamente di salvare.
Minerva, Regulus ed Harry, in particolare, fissavano la porta chiusa, immobili e quasi svuotati di qualunque emozione. Hermione, invece, sprofondata nella sedia, non faceva altro che piangere sotto lo sguardo distrutto e sorpreso dei presenti. Non emetteva alcun rumore, in realtà, ma dai suoi occhi sgorgavano fiumi di lacrime, una dietro l’altra, a volte così intense che le sembrava di soffocare. “Hermione, su, calmati! Bevi qualcosa …” la consolò Mina, sedendosi accanto a lei. “Non è detto che sia grave, non …”
“Ma è grave!” ansimò lei, boccheggiando. “Altrimenti non saremmo qui! Altrimenti non staremmo aspettando di sapere se è vivo o morto! Altrimenti non mi avrebbe detto che mi amava …”
La vampira la osservò con sguardo compassionevole. “Dovresti darti una ripulita, tesoro …”
“Non ho intenzione di muovermi da qui.” scandì lei. “Non finché non saprò qualcosa … qualunque cosa …”
“Ma … ma dunque … voi … continuavate a vedervi?” mormorò la voce sconvolta di Robert Granger, in piedi di fronte alla figlia ed ancora visibilmente scosso dagli avvenimenti della serata. “Sì, papà, continuavamo a vederci, di nascosto!” sibilò Hermione, guardandolo con astio. “Perché era l’unico modo per stare con te e lui al tempo stesso, visto che a te non andava affatto bene che io fossi grande abbastanza da decidere per me! Non volevo perderti dopo averti ritrovato …”
“Herm …”
“Io lo amo!” esclamò la strega, senza timore. “E sappi che non ho più intenzione di mentire per fare un piacere a nessuno! Se davvero mi vuoi bene, dovrai accettarlo …”
Robert boccheggiò, ma, alla fine, esortato da uno spintone di Jean, scelse di non aggiungere altro. “Hermione, perché non bevi qualcosa di caldo, un tè, magari?” riprovò Mina. “No, non voglio niente, grazie.”
“Ma, tesoro, sei sfinita!”
“L’ultima cosa che abbiamo fatto è stata litigare …” ansimò la Grifondoro. “Lui mi ha detto che ero troppo avventata nel dire a tutti di noi, che volevo avere tutto e non si poteva ed io che lui non ci credeva abbastanza, che non voleva vivere alla luce del sole per paura! Questa è stata l’ultima cosa che gli ho detto di cui si ricorderà, capisci?”
La vampira le mise una mano sulla spalla, sospirando. “Coraggio, vedrai che si sistemerà tutto …”
“Vi eravate lasciati?” considerò James, sorpreso. “Papà …” sospirò Harry. Hermione gli rivolse un’occhiata strana. “Sì.”
“Beh, forse quella litigata vi ha permesso di capire che ci sono delle cose su cui sarete sempre incompatibili! Noi lo dicevamo, no, Lily? E …”
“Oh, ma volete piantarla voi due?” sbottò Mina, levandosi in piedi sotto lo sguardo sconvolto di Remus e Minerva al suo fianco. “Tutta la vita a fare i ragazzini perfetti, con famiglie perfette, popolari, che s’innamorano all’ultimo anno, si sposano, sono stucchevolmente felici e salvano il mondo magico! Ma vi siete mai guardati allo specchio? Tu non altro che un bulletto fastidioso, un figlio di papà incapace di crescere, mentre tu …” sibilò, rivolta a Lily, che fissava il pavimento, mortificata. “Una maestrina vittimista e bacchettona a cui importa solo della popolarità, che usa le persone finché le comodano per poi mollarle alla prima scusa e sceglie la strada più comoda! E sarete anche genitori esemplari, non lo nego, ma non siete perfetti, quindi finitela di giudicare tutti una buona volta!”
James e Lily, sconcertati, non osarono nemmeno ribattere, limitandosi a fissarla, straniti e, forse, imbarazzati.
Mina, invece, risedette pesantemente e passò un braccio attorno alle spalle di Hermione, che, perlomeno, aveva smesso di piangere. Madama Chips uscì in quel momento dall’infermeria, facendo schizzare tutti in piedi. “Lo stanno curando.” spiegò. “Ma la ferita è brutta, ha bisogno di una trasfusione ed ha anche un gruppo sanguigno abbastanza raro …”
“Io sono compatibile!” esclamò Regulus, schizzando in piedi. “Me lo ricordo! Era per questo che ci avevano messo in squadra assieme …”
“Anch’io, allora.” confermò Sirius, stupendo tutti mentre faceva un passo avanti. “Possiamo essere utili?”
“Essenziali, direi: andate pure dentro.” annuì la medimaga mentre i fratelli Black correvano nella sala.
“Non so come reagirà svegliandosi allo scoprire che ha sangue Black nelle vene, ma, perlomeno, sarà vivo!” considerò Remus, annuendo. “Non è tutto.” sospirò la guaritrice. “Prima dell’anestesia ha detto che, se dovesse accadergli qualcosa, vuole che tutto ciò che possiede sia tuo, Hermione …” spiegò. “E con sé, nella giacca, aveva queste cose che credo ti riguardino. Per il resto, dicono di andare tutti a farvi una passeggiata: sarà una lunghissima attesa. Tornate tra qualche ora …”
La Grifondoro, come un automa, prese la busta e la scatolina verde che Madama Chips le stava porgendo. Con mani tremanti ed il cuore in gola, aprì la prima e quasi gridò nel trovarvi dentro la foto e la firma di Lily. Le lasciò cadere a terra mentre si dedicava alla scatolina, sempre più scossa. Non appena il contenuto le si rivelò dinanzi agli occhi, le parve di soffocare. Incastonato nella scatolina, infatti, v’era un piccolo anello d’argento con al centro un’ametista romboidale circondata da minuscoli brillantini. Hermione sapeva esattamente cosa significava quell’anello: l’aveva visto in tutte le foto di Eileen Prince, al suo anulare destri. Era l’anello di famiglia di sua madre … e Severus voleva donarlo a lei.
Un singhiozzo le uscì dalle labbra e non riuscì a trattenerne un altro. Non riuscì a sentire quello che le dicevano Mina e Ginny accanto a sé: riuscì solo a sprofondare il viso sulla spalla della vampira, scoppiando in un pianto inconsolabile.
֎֍֎
I'm all alone, running scared
Losing my way in the dark
I tried to get up, stand on a prayer
But I keep crashing down hard
Mentre Severus combatteva ancora tra la vita e la morte al San Mugo, Hermione, su insistenza di Remus e Mina, aveva acconsentito ad uscire dall’ospedale. Senza neanche pensarci due volte, invece di passeggiare nei giardini notturni, si era lavata, cambiata con abiti normali e smaterializzata.
La casa di Euphemia Rowle, di notte, appariva ancor più minacciosa, con il suo profilo scuro che si ergeva contro il cielo color inchiostro e la pallida luce della luna che baluginava sui rovi e gli alberi secchi. La Grifondoro attraversò il vialetto d’ingresso senza timore, contrariamente alla prima volta: stavolta, in lei, c’era una consapevolezza nuova, un coraggio dettato dal non avere più nulla da perdere. La cosa più preziosa che possedeva, del resto, era forse già quasi morta a causa sua … e l’unica cosa che poteva fare era provare a rimediare. Bellatrix le aveva detto che ogni rito negromantico, l’unica magia che spezza vita e morte, si fa con un sacrificio. Severus le aveva salvato la vita … se lei l’avesse salvata a qualcun altro, forse, il debito sarebbe stato ripagato. Non sapeva se avrebbe funzionato, ma era così disperatamente che valeva la pena tentare.
Bussò ed attese. Quando la vecchia Rowle aprì e la vide, non batté ciglio. “Ancora voi del Ministero? Non dovete molto da fare, se venite a tormentare una vecchia pazza come me!” grugnì, scostandosi per farla entrare.
Hermione entrò nella familiare stanza inquietante, con i mobili polverosi, gli animali impagliati e le abat-jour che gettavano una luce soffusa ed inquietante sulla culla e sull’Augurey, triste e sospettoso nei suoi confronti. “Che vuoi?” sbottò Euphemia, sprezzante. “Sa che il sangue che ha portato a Lestrange è servito per riportare in vita Bellatrix Lestrange? Intendeva liberare Voldemort, ma è stata fermata in tempo. Stavano progettando la cosa da mesi, Lestrange e Rosier, imprigionato in Scandinavia: comunicavano attraverso lettere segrete. In combutta c’erano una purosangue francese, Sybille de la Barre, una negromante, e la Umbridge, tutte rinchiuse ad Azkaban.”
La Rowle fece spallucce, impassibile. “E che dovrebbe fregarmene, scusa?”
“So chi è la bambina, Euphemia.” sibilò Hermione, ostentando una sicurezza che non aveva. La donna non si scompose, limitandosi a congiungere le mani in grembo. “E con questo?” sogghignò. “Non ho mica fatto nulla di male, io!”
“No: sei solo avida, ma non cattiva. E non lo è nemmeno Delphini …” annuì, indicando la bambina bionda e pallida che dormiva. “Nessuno nasce malvagio, è la vita a portarci ad esserlo. Mi auguro che le donerai l’affetto sufficiente a non divenirlo mai …”
“Non la denunci a qualche pezzo grosso del Ministero? O non la fate fuori subito, così vi liberate del pensiero, come fate di solito?”
“No.” sospirò Hermione. “Perché sono convinta che tutti abbiano diritto ad una seconda occasione. E le auguro di averla. Volevo solo riportarle questo …” spiegò, estraendo una scatoletta dalla giacca. “È il pugnale di sua madre … glielo dia, La prego.”
Euphemia la squadrò prima di annuire e prenderlo. “Nessuno vuole prendersela?” commentò, secca. “Nessuno sa chi è: solo io.” precisò, rammentando di quando Mina le aveva detto di chi era quel sangue e lei l’aveva implorata di tacere. “E non lo dovrà mai sapere nessuno … la bambina vivrà e sarà felice e serena. Chieda i soldi al Ministero, posso farLa passare per un’eroina di guerra e fare in modo che abbia una rendita. Non dovrà più dipendere da Lestrange …”
“E chi mi garantisce che me li daranno?”
“Garantisco io.” sottolineò Hermione. “Lo faccia: dia una possibilità alla bambina. Se non per lei, almeno lo faccia per sé: è troppo vecchia per crescerla …”
Euphemia la fissò, sconcertata da tanto irruenza. “Che lingualunga, signora!” sibilò. “Ci penserò, non prometto nulla …”
Si fermò a fissarla per qualche istante, assottigliando lo sguardo. “La regina degli asfodeli … l’erede di Persefone.” mormorò. Hermione inarcò le sopracciglia. “Il mio Augurey lo dice sempre … canta di una regina degli asfodeli che porta luce dove le tenebre regnano sovrane. Sei tu, evidentemente … l’asfodelo rappresenta ciò che non è cenere, rappresenta la vita che vince la morte … lo fai per questo, vero? Vuoi sfidare la Morte?”
“Pensi quello che vuole del perché sono qui, ma sappia che se non farà come le ho detto tutti sapranno di chi è figlia e Lei perderà la sua unica rendita mensile. Rifletta su questo.”
Detto ciò, Hermione si congedò rapidamente, senza fermarsi a guardare lo sguardo sconcertato della Rowle né il volto diafano di Delphini Riddle.
Uscì nel silenzio irreale della sera, correndo fino ad oltrepassare il ponte, fino a non avere più fiato. Si fermò sotto un cipresso, ansimando e si passò una mano sulla fronte: era fatta. Ancora una volta, Persefone aveva portato uno spiraglio luminoso là dove le tenebre sembravano destinate a regnare sovrane in eterno … ma sarebbe bastato?
Mentre rifletteva su quei cupi pensieri, il cervo di Harry la raggiunse, argenteo e veloce come solo un patronus poteva essere. “Herm …” esclamò, commosso. “Herm, si è svegliato!”
֎֍֎
Non appena Hermione si fu smaterializzata al San Mugo, si fiondò per le corse, senza badare agli inservienti ed ai presenti. Oltrepassò la folla fuori dalla stanza di Severus senza guardare nessuno, fermandosi solo dinanzi a Madama Chips. “Dov’è? Come sta? Posso vederlo?” sussurrò. “Calma, calma, ragazza! Certo che puoi, vieni … è molto debole, ma credo che vederti gli farà solo bene.” annuì, scostandosi per farla passare.
Severus giaceva disteso in un letto candido, in una stanza verde acqua, una vistosa fasciatura sul collo candido. Hermione sentì la vita esploderle nel petto al vederlo voltarsi verso di lei. “Severus!” esclamò, correndo verso di lui e stringendolo a sé prima di cercare subito le sue labbra, costringendolo ad un bacio da cui si separarono solo per riprendere a respirare.
“Sei … sei vivo! Stai bene!” sorrise lei, accarezzandogli il viso. L’uomo annuì: sebbene fosse sfinito e le rughe attorno agli occhi fossero accentuate, era vivo. E sembrava felice. “I medici dicono che sarà una ripresa lunga, fino all’autunno! Lumacorno mi dovrà sostituire per il primo trimestre. Tutto sommato, anche se avere il sangue di Black nelle vene non mi aggrada, sto abbastanza bene.” gracchiò. “Shhh, non sforzarti! Nei prossimi mesi e per sempre non dovrai più preoccuparti di nulla, ci sarò sempre io! Mi prenderò cura di te …”
Un lampo di tristezza attraversò lo sguardo di Severus. “Hermione, non puoi essere la mia infermiera, hai una vita e …”
“Prenderò dei permessi, chiederemo una mano a Mina, Remus e Regulus, in qualche modo faremo, ma non sono disposta a perderti ora che sei qui! I miei, i Potter … tutti dovranno accettare che ci amiamo! Avevo così paura che non riuscivo neanche a respirare!” mormorò, soffocando una lacrima. Piton le sorrise debolmente, sfiorandole la mano. “Indossi …” sussurrò. “L’anello?” sorrise Hermione. “Sì, certo che lo indosso: ti amo ed anche tu mi ami. Me l’hai detto, abbiamo i patronus collegati … noi ci apparteniamo ed anche se gli altri ti disprezzano, avranno da ridire e mi reclameranno ogni tanto, alla fine tornerò sempre da te … noi siamo Ade e Persefone.”
“Tu lo sei senz’altro.” annuì lui. La strega aggrottò le sopracciglia. “Cosa …”
“Daciana non parlava a vanvera: le negromanti sanno, leggono dentro le persone, nel loro passato e nel loro futuro. Evidentemente in te ha letto che tu sei l’ultima discendente di Persefone … era una strega anche lei, sai? Dei ed eroi dei miti non erano nient’altro che questo …”
“Ma ...” boccheggiò la ragazza, sorpresa. “Ma allora … le visioni, il legame con la morte …”
“Era la tua vera natura che emergeva, sì.”
“E perché solo adesso? Dopo vent’anni?”
“Non saprei …” sospirò l’uomo, massaggiandosi la gola dolorante. “Forse, perché Persefone ha finalmente ritrovato il suo Ade …” azzardò. Hermione sorrise, stringendogli le dita pallide. “Mi dispiace di aver detto quelle cose … non le pensavo.”
“Neanch’io. Tu sei la cosa migliore che ho, Hermione …”
La Grifondoro annuì, lasciandosi sfuggire la lacrima che da ore oramai combatteva per essere lasciata liberare di fluire lungo i solchi della sua guancia. “Basta parlare del passato, adesso: l’unica cosa che m’importa è cosa saremo. E che, comunque vada, saremo insieme … no?” mormorò. Severus la fissò, immobile, prima di accarezzarle la guancia, seguendo il profilo del suo mento e facendola rabbrividire. “Sempre.” sussurrò. “Ovviamente purché tu mi ascolti la prossima volta che farai degli incubi …”
Hermione lo guardò malamente, offesa, dandogli un buffetto sulla spalla. Severus rise, roco, attirandola a sé. Prima di baciarla, le sussurrò all’orecchio: “Non si picchiano i malati, Granger … cinque punti in meno a Grifondoro!”
This is my side of the story
Only my side of the story
Nobody cares, nobody's there
No one will hear, my side of the story
Angolo Autrice:
Rieccoci!
Manca pochissimo al finale, oramai, solo un capitolo ... che dire, per i ringraziamenti spenderò un papiro alla fine. Per ora ci tengo solo a dire che adoro il mito di Ade e Persefone e da qui l'idea di trasportarlo anche in Harry Potter, in Hermione soprattutto. Spero vi sia piaciuta l'idea e tutti i tasselli abbiano trovato il loro posto! Per il destino di tutti i personaggi, non temete: l'epilogo chiarirà tutto (spero!)
Aggiungo solo che la canzone sparsa qua e là è My Side of the Story, di Hodges ... chi ama Criminal Minds la conosce sicuramente, ma la consiglio a tutti, è bellissima!
Alla prossima e grazie come sempre a chiunque passi di qui!
E.
  
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