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Autore: asgardianstark    24/05/2022    2 recensioni
[Dal testo]
“Non ci siamo mai chiamati per nome, Bokuto-san”.
I nomi propri di persona sono ancora più affascinanti, perché ci permettono di avere un’identità tutta nostra. Solo con il nome diventiamo qualcuno.
Sono una cosa buffa, i nomi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Sono una cosa utile, i nomi.
Aiutano a relazionarci con gli altri, perché chiunque impara fin dall’infanzia che l’oggetto con cui si scrive si chiama penna, o che la tumultuosa distesa blu si chiama oceano. I nomi propri di persona sono ancora più affascinanti, perché ci permettono di avere un’identità tutta nostra. Solo con il nome diventiamo qualcuno.
“Non trovi, Akaashi?”, chiese il maggiore con occhi enormi e bocca sorridente, pronto a ricevere una risposta degna di un oracolo mitologico.
Era un po’ di tempo che rifletteva sul nome: una sequenza di disegni anche molto complicati che letta faceva comparire l’immagine della persona che lo portava.

Sono una cosa buffa, i nomi.

“Certo, Bokuto-san”, rispose il minore con fare sbrigativo eppure dolce. Non voleva apparire prevenuto, ma era sempre molto stupito quando l’altro se ne usciva con discorsi semi filosofici come quello. Era divertito dal modo di ragionare del compagno di squadra, tanto elementare quanto efficace: una frase seguiva l’altra fino a creare un discorso che poteva arrivare a essere anche molto serio.
Da fuori poteva sembrare che fosse lui, Akaashi, quello più risoluto della coppia. Lo era, sicuramente, soprattutto nei momenti in cui Bokuto perdeva completamente la bussola, o quando per pavoneggiarsi iniziava a lanciare felpe e magliette. Eppure, quando non erano in campo, dopo una partita o un allenamento, e Akaashi crollava, era sempre lui a dedicargli del tempo per farlo tornare con i piedi per terra. Le aspettative, specialmente quelle che si metteva addosso da solo, lo facevano sentire in costante bilico, come se dovessero sopraffarlo da un momento all’altro. Era Bokuto allora che con il suo modo di fare semplice strappava sempre un sorriso a Keiji.
“A te piace il tuo nome, Akaashi?”.
“Non ci ho mai riflettuto più di tanto, Bokuto-san. A te piace?”
“Molto! Trovo ti si addica!”.
Akaashi sentì le guance imporporarsi. La gola era diventata stranamente secca.
“Intendevo il tuo nome, Bokuto-san”, cercò di rispondere senza balbettare troppo.
“Ah, sì! Trovo mi si addica”, ripeté l’interpellato con lo stesso entusiasmo.
Akaashi non poté non sorridere. Erano talmente abituati a sentirsi chiamare per cognome che non aveva fatto troppo caso ai loro nomi propri, ma erano davvero cuciti su di loro.

Keiji e Koutaro.

Suonavano bene insieme, erano armonici, come loro due in campo e fuori. Da quando il corvino si era unito al Fukurodani era maturato molto, sia a livello di gioco che personale. Molto andava riconosciuto al compagno. Al pensiero che l’ultimo anno di scuola ci sarebbe stato un altro al posto di Bokuto, l’alzatore provava una fitta di dispiacere, che subito dopo diventava nostalgia, come se fosse già andato via.
“Non ci siamo mai chiamati per nome, Bokuto-san”. Ecco un pensiero inusuale per la mente razionale di Akaashi. Perché avrebbe dovuto importargli di avere il permesso di usare il nome dell’altro, quando per tutto il resto della squadra non si era mai posto il dubbio? Una risposta a quella domanda l’aveva trovata, e si sentiva imbarazzato per questo. Ammetterla avrebbe significato scalfire il velo di calma apatia che lo caratterizzava. Eppure eccola lì: la stessa iniziale. Una singola lettera, una innocua K che lo destabilizzava. Una semplice K che lo faceva sentire un po’ più vicino e simile a quel ragazzo che tanto ammirava.
“Hai ragione, Akaashi!” sentenziò di rimando Bokuto. In verità, aveva immaginato tante volte di poter pronunciare il nome dell’amico, in modo da dare al loro rapporto un significato più profondo, più intimo. Nonostante i soli due anni trascorsi insieme, si sentiva grato e sollevato di aver trovato qualcuno con cui trascorrere il tempo, parlare di futuro, delle proprie preoccupazioni, dell’ultimo modello di scarpe sportive uscito. Era riconoscente di aver incontrato qualcuno che non lo avrebbe lasciato correre da solo. “Iniziano addirittura con la stessa lettera. È molto divertente, non trovi?”, aggiunse, con il sorriso di chi ha fatto una scoperta fondamentale per la società intera.
“Sì, Bokuto, è molto divertente”, replicò il ragazzo, cercando di dissimulare l’espressione tenera e divertita che sentiva nascergli in faccia.

Il motivetto che si diffuse per la scuola segnava la fine della pausa, decretando la fine della chiacchierata tra i due.
“Dobbiamo tornare in classe, Bokuto-san”.
“Ci vediamo dopo per allenamento, d’accordo Keiji?”
Un piacevole e caldo vuoto allo stomaco.
“D’accordo, Koutaro”.





Noticina
Akaashi e Bokuto cacciano il lato più sentimentale che è in me, e li odio per questo :) Non era previsto tutto questo fluff (o almeno, per i miei standard) ma alla fine sono abbastanza soddisfatta della storia.
L'ispirazione è venuta durante un ascolto in loop di K. dei Cigarettes after sex. Buona lettura!
   
 
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