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Autore: sasdavvero    24/05/2022    0 recensioni
Hawks abbozzò un sorriso.
Non uno dei suoi soliti sorrisetti del cazzo, falsi, finti, finti come non mai.
Un sorriso.
E Dabi—
Non voleva più capire.

[possibili spoiler per BNHA]
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'DabiHawks Possession AU'
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NOTA: questa storia è in un AU che non ho ancora pubblicato (lo stesso di Need), è anche su AO3, parte che hanno appena fatto sesso ma non c'è descritto nulla

_________

 

Hawks lo fissava.

Lo fissava.

E Dabi non capiva.

Hawks era ancora steso sopra di lui, ancora ansimante, respiro pesante che gli accarezzava il viso, gli accarezzava le labbra, Dabi iniziava a sentirsi abbastanza confuso.

“Tiri fuori o…?”

“Io—” Hawks si mosse, lentamente, rimase com’era, ma lo tirò fuori. “Sì, scusa.”

Dabi mosse le spalle, a dire Fa nulla, non mi dà fastidio.

E Hawks continuava a fissarlo.

Dabi si chiese distrattamente se non facesse un po’ troppo caldo in quella stanza, se non fosse più solo per l’orgasmo appena arrivato.

Era strano.

“Tutt’okay Hawks?”

Hawks non rispose.

Fece un cenno, Dabi non capiva cosa volesse dire.

Lo continuava a fissare, aveva uno sguardo strano, lo guardava ma non lo guardava, non negli occhi, li vedeva spostarsi da un punto all’altro del suo viso, i suoi occhi, e non capiva cosa stesse guardando.

Cosa stesse cercando.

“Ehm,” non capiva, non capiva, “cosa… sicuro? Sei… strano.”

Hawks abbozzò un sorriso.

Non uno dei suoi soliti sorrisetti del cazzo, falsi, finti, finti come non mai.

Un sorriso.

E Dabi—

Non voleva più capire.

Iniziò a muoversi, e si mise lentamente a sedere, Hawks seguiva i suoi movimenti.

Se prima Hawks lo stava tenendo inchiodato al letto, mani appoggiate ai lati della sua testa, ora le sue mani toccavano il muro dietro di lui, e Dabi era ancora…

Ancora in trappola.

E non capiva se si stesse davvero sentendo in trappola o no.

E aveva paura.

Paura del no.

“Hawks.”

“Mh?”

“Togli le mani.”

Hawks non si mosse.

“Hawks—”

“Perché?”

Dabi non rispose.

Ma vide l’altro spalancare gli occhi, e in un lampo le sue braccia non c’erano più, piegate al suo petto.

Incerto.

Incerto.

Incerto.

“Scusa,” mormorò il biondo, i suoi capelli un po’ lunghi gli coprivano la metà destra del viso, e Dabi non capiva che sguardo avesse.

“Fa nulla,” disse in risposta, “ma che volevi fare?”

Hawks fissava il materasso come se fosse la cosa più interessante del mondo.

Non disse nulla.

Dabi sospirò.

Si avvicinò un poco a lui, allungò una mano a scostare i capelli dal suo viso.

Disagio.

Imbarazzo.

Vergogna.

Dabi sapeva.

E chiese solo:

“Posso avvicinarmi?”

Hawks non si mosse.

Un poco tremava.

Gli diede uno sguardo.

Aveva gli occhi lucidi.

Dabi tentò di metter su il sorriso più vero, più gentile che sapesse fare.

E Hawks—

Hawks lo guardava incerto.

Incerto.

Tremante.

Piangente.

Lacrime silenziose scorrevano sulle sue guance, non faceva il minimo rumore, mentre con un movimento impercettibile gli diceva:

Sì.

Puoi.

E allora Dabi si mosse ancora un poco e Hawks singhiozzava tra le sue braccia, silenzioso, come sempre, come sempre, quando piangeva, quando aveva paura di fare rumore, di farsi sentire.

Paura che qualcuno l’avrebbe sentito.

Qualcuno.

Dabi sapeva bene chi.

“Va tutto bene,” sussurrò Dabi, e sentì l’altro avvinghiarsi di più alle sue spalle, alla sua schiena.

E Dabi non sapeva cosa fare.

Non sapeva cosa fare.

“…Voglio amarti,” sussurrò Hawks.

Voglio ma ho paura di non riuscirci.

Dabi non disse nulla.

“Mi lasceresti amarti?”

Se potessi.

Anche se sono così?

Non disse nulla.

E Hawks inspirava un po’ di più, un po’ più velocemente, un po’ più lacrime bagnavano il suo petto, un po’ di più, un po’ di più.

Ed era così.

Era così.

Doveva essere così.

Per il bene di tutti.

Il loro rapporto era complicato.

Si potrebbe dire che fossero scopamici, scopa-nemici? Scopavano, a volte, quando si vedevano, da anni ormai, ed era così e così poteva continuare.

Ma non poteva essere di più.

Non poteva essere di più per tutta la paura che aveva Hawks e tutta la paura che aveva Dabi, paura di tutto e niente, delle loro emozioni, dei loro difetti, delle loro urla nel cuore della notte a svegliare tutto il vicinato.

Dabi aveva paura di ciò che era.

Un mezzo posseduto. 

Hawks aveva paura di ciò che era.

Un sicario dello Stato.

Due anime con pene diverse in un destino comune ma opposto.

E l’unica goccia che univa quei due vasi traboccanti era quello.

Quello sporadico attimo di piacere.

E doveva rimanere solo quello.

Solo quello.

O i vasi sarebbero crollati e tutto sarebbe andato in frantumi, tutto, un lago pieno di lacrime e pezzi taglienti, mai incastrati, di due interi mai interi.

Ma.

Ma.

C’è sempre un ma.

Quel “ma” lì, no?

Quello.

Ma se…

Se invece potesse funzionare?

Col tempo, magari, mi va bene anche che passino anni, ma se potesse funzionare…

Rischierei?

Dabi non conosceva la risposta a quella domanda.

O forse la conosceva troppo bene.

Ma massaggiava con una mano la spalla di Hawks mentre con l’altra gli prendeva il mento e gli spostava il viso a guardarlo, sentiva le mani dell’altro avvinghiarsi di più a lui, a conficcare quelle lunghe unghie nere nella sua pelle, a tirare i suoi lunghi capelli neri, ancora neri, ancora, dopo tutto, dopo tutto, lo sentiva singhiozzare ancora mentre delicatamente, cauto, attento, baciava sulle sue guance le sue lacrime salate.

“Non illudermi,” sussurrò Hawks, e Dabi gli sorrise.

“Amami,” disse solo, “prova ad amarmi e io proverò ad amare te.”

“Prometti?”

Sorrideva.

“Lo prometto.”

Le sue labbra erano salate e sapevano di ferro, Hawks si mordeva sempre la lingua quando veniva, gocce di sangue che colavano dalle sue labbra, era uno spettacolo, ed erano morbide e Dabi lo baciò con tutta la forza che aveva, labbra a conoscere, a sapere, voleva sapere tutto di lui, denti che sbattono e lingue morse, sentì Hawks sospirare una risata tra le sue labbra e lo baciò solo con più forza.

Con più tutto.

Con più niente.

E Dabi—

Dabi sperava che non fosse finto.

Sperava che quell’ordine di farlo fuori fosse ancora ammucchiato tra le carte sulla scrivania dello studio di Hawks, come era rimasto in quegli anni, sperava che tutto questo non fosse solo un lento ed elaborato piano per arrivare a lui.

Hawks avrebbe potuto ucciderlo con meno, non ci sarebbe stato bisogno di finzioni del genere.

E Dabi non aveva mai visto la finzione in lui quando erano così.

Mai.

Mai.

Mai.

E rimase a pensare, cullato dalla sensazione delle braccia dell’altro attorno alla sua vita e del suo respiro sulla sua nuca, finché, finalmente, non riuscì a dormire.

 

   
 
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