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Autore: JeanGenie    25/05/2022    1 recensioni
Oltre i confini della Forza stessa, qualcosa si muove.
Un pianeta sul confine di ogni mondo conosciuto ha bisogno di ciò che resta della Diade per custodire il ciclo vitale della galassia.
E mentre qualcuno, dalla dimensione di coloro che si sono riuniti alla Forza si trova catapultato in un luogo spettrale, l'ultima Jedi cerca di comprendere cosa stia ostacolando il suo percorso.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anakin Skywalker/Darth Vader, Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Rey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La via per Endelaan'
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La Via per Endelaan
Parte I


Assenze, specchi  e un cielo color porpora.

Our ways are not your ways, and there shall be to you many strange things


Bram Stoker, Dracula

 

Nel nulla, non c’era buio. Nel nulla, non c’era luce. Nel non-luogo che pochi avevano toccato e da cui nessuno era mai tornato, un suono simile a un antico respiro esplose e si dilatò nonostante né spazio né materia potessero trasportarlo e renderlo udibile. Quel respiro esisteva solo per chi poteva ascoltarlo. E chi poteva ascoltarlo tremava.

In quel non-luogo non esistevano occhi che potessero osservare, eppure qualcosa vide il conglomerato di carne putrida e pensieri folli cadere di nuovo. Gangli metallici, organici, malati. Un delirio di onnipotenza. Sconfitto. Annientato. Sublime. 

Se quello sguardo senza occhi fosse appartenuto a una forma di vita munita di labbra e gola, forse, in quel non-luogo sarebbe risuonata una risata. 

Ma il non-luogo e chi lo abitava non erano prevedibili, come il morto in cancrena appena sconfitto.  Il non-luogo era solo caos e chi lo abitava non poteva provare la delizia di un piano andato a buon fine. Perché il caos non faceva piani. Il caos non aveva strategie al di fuori della sua stessa entropia. I piani e le strategie erano la sua stessa negazione.

E qualcos’altro era la sua stessa negazione. Fonte di rabbia, nostalgia, malinconia, odio, amore. Qualcosa che una volta era appartenuto al non-luogo, al nulla sterile, al vuoto assoluto e collassante, ma aveva pulsato di una scintilla curiosa e pericolosa. Una scintilla che era fuggita dal suo abbraccio vacuo, che si era data delle regole e continuava a creare ciò da cui lei stessa era creata.

Gli esseri da lei generati e di cui si nutriva la chiamavano Forza. La temevano, la veneravano e non la comprendevano.

Nell’insignificante mondo che si era costruita, dominava l’abominio chiamato Equilibrio, retto da pianeti cardine, persone cardine, momenti e dimensioni cardine. 

Nel non-luogo non esisteva il tempo. Ogni istante era  tutti gli istanti e nessun istante. Non importava quando la Forza si fosse data una forma o uno scopo. Un frammento di secondo o millenni prima, il computo mortale non significava nulla.

Ma il caos trascinava tutto,  con gioia, disperazione, vuoto e pienezza completa. Doveva e voleva trascinare tutto. Non perché fosse il suo scopo. Non perché avesse un fine. Ma perché non aveva alcuno scopo e alcun fine. Se non lasciare che tutto tornasse ad essere entropia. Nonostante ciò che chiamavano Forza.

 …

Uno dei luoghi cardine si chiamava Endelaan.

Compiva l’orbita intorno alla sua stella rossa in quattrocento giorni e nessuno, al di fuori di chi vi era nato, aveva mai calpestato il suo suolo boscoso o navigato sulle sue acque scure.

Chi respirava l’aria di Endelaan conosceva il suo ruolo nell’Equilibrio che faceva in modo che la galassia continuasse a ruotare intorno al proprio nucleo. Endelaan era una sentinella sul confine,  un punto sperduto nelle Regioni Ignote.

Chi viveva su Endelaan avrebbe saputo riconoscere i segnali della fine.

Non che gli abitanti di Endelaan ci pensassero poi troppo, anche se imparavano i poemi fin dalla prima infanzia. Avevano le loro vite, popolavano le loro città,  recitavano a memoria i racconti e le profezie. Ma nessuno di loro credeva che potesse davvero accadere. Andavano avanti sapendo che nessuno di loro avrebbe assistito al concretizzarsi dei presagi che da troppo tempo annunciavano che Endelaan sarebbe stato scoperto e violato.

Era così da sempre o almeno da quando le memorie scritte e registrate venivano conservate nell’Archivio. Lo scopo di Endelaan, il suo ruolo specifico nel bilanciamento tra la vita e la morte era diventato una leggenda.

Erano in pochi a credere e a temere che il loro pianeta potesse essere scoperto, portando all’annientamento di ogni forma di vita conosciuta.

Ji’oon era uno di loro. Aveva vissuto ogni giorno della sua lunga esistenza in attesa. E ora sapeva che il momento era arrivato. 


***

Non erano semplici incubi. Le immagini che torturavano il suo sonno avevano il respiro denso delle verità sussurrate a una mente spalancata. Ji’oon si svegliava ogni notte ricoperto di sudore freddo, con il  cuore pronto a cedere e la consapevolezza che i sigilli erano infranti e che stava accadendo davvero.

Era così da trenta giorni esatti.

Spalancò gli occhi nella stanza rischiarata solo dai riverberi viola del cielo notturno oltre l’ampia vetrata al lato del suo letto. Impose a se stesso di respirare e di muoversi, poi si liberò goffamente delle lenzuola e infilò i piedi nelle pantofole morbide. Si sollevò sulle gambe fragili e arrancò verso la porta chiusa che conduceva alla stanza della Vista,  cercando di non fare rumore per non mettere in allarme Dee’Ar, il droide domestico che si occupava di lui, l’unico che risiedesse nella sua casa, all’ultimo piano della torre in cui abitavano i Profeti, nonostante le richieste insistenti degli Oligarchi per fornirgli un’assistenza più adeguata.

Ji’oon amava la propria solitudine, i propri segreti e il silenzio che lo accompagnava quando scrutava attraverso il Confine. Una volta al mese presiedeva l’incontro in cui i Profeti si confrontavano e per lui era più che sufficiente. 

La stanza in cui nessuno poteva entrare, neppure il droide di servizio, era occupata da centinaia di scaffali che contenevano pergamene e dischi di memoria e da un solo tavolo ovale liscio e bianco.

Sul suo ripiano era sistemato uno specchio triangolare  dalla superficie insolitamente scura, i cui vertici erano rappresentati da tre piccole sfere nere di pietra levigata. Quella alla sua sinistra era perfettamente liscia. Le altre due presentavano crepe profonde. 

Era così da un anno. E non si trattava solo di un cattivo presagio.

Il Non-luogo premeva sui confini e non stava trovando la resistenza necessaria. E le stesse barriere che proteggevano Endelaan si stavano facendo sottili.

Ji’oon tossì aggrappandosi al tavolo.

Non restava molto tempo. 

Non contavano più le leggende e le profezie.

Contava la cruda realtà dei fatti. 

Doveva radunare la casta. Doveva mandare le veggenti al tempio.

Doveva capire cosa avesse permesso al Non-luogo di violare la loro porta. Prima che fosse troppo tardi.

***


L’aria della sera si stava tingendo di un denso indaco quando il sentiero nascosto dalla vegetazione si interruppe bruscamente davanti alle due donne avvolte in mantelli rossi.

La mano di My’tha era secca e fredda mentre stringeva quella di Ly’rai come quando era piccola e doveva assicurarsi che lei non si allontanasse troppo. Era aggrappata a lei e tremava, come accadeva sempre quando era in preda a una visione violenta del futuro. 

Succedeva sempre più di frequente. I momenti in cui My’tha rimaneva ancorata alla realtà si  erano fatti sempre più brevi e sporadici. Stava diventando troppo vecchia per dipanare con discernimento i fili del destino. Tuttavia Ji’oon si rifiutava di rimpiazzarla. E quella mattina li aveva radunati e aveva dato ordini precisi.

Le dita ossute di My’tha le facevano male ma Ly’rai non protestò. I suoi sensi vigili erano concentrati su altro. Ne  avrebbe parlato  a My’tha non appena la sua mente fosse tornata indietro. Raramente aveva visto Ji’oon più preoccupato. Era certa che non si fosse aperto completamente con loro.

L’aria densa, dal profumo fitto e carnoso,  le riempì le narici. Quella sera  sembrava  che l’intero pianeta volesse comunicare.  Lei cercò i segnali che la Forza le stava mandando, ne scrutò la volontà, poi si ritrasse  in se stessa. Non avrebbe avuto  risposte. Non in quel momento. Ly’rai  ricordò che chiedere spiegazioni non era il compito del suo clan. Il loro dovere  era proteggere. 

Nessuno su Endelaan ricordava più  chi avesse costruito il tempio che dominava la fitta foresta.  Le sue pareti erano giallastre e consunte, le statue che ne sorvegliavano l’ingresso, come giganti sconfitti, non avevano  più volto ed erano  soffocate da rampicanti che assomigliavano a braccia protettive. Ma l’ingresso non presentava ostacoli. Era una bocca nera e spalancata sul buio che, per millenni, era rimasta immutata, pronta ad ingoiare chiunque avesse avuto la superbia di varcarla.

Ly’rai era stata scelta a tre anni per scrutare, passare oltre quel confine spaventoso e osservare ciò che la Forza decideva di concederle. Ma la Forza, la maggior parte delle volte, restava in silenzio. Secondo Ji’oon, quella sera avrebbe parlato.

My’tha sollevò gli occhi verso il cielo che, dal viola sereno di Endelaan, diventava sempre più scuro. Il suo viso sotto il cappuccio rosso del mantello era preoccupato. Ly’rai tentò di trasmetterle la propria tranquillità. Era ancora profondamente convinta che non avessero veri motivi per allarmarsi ma  My’tha era la custode delle profezie. Lei sapeva interpretare i segni. Due anni prima avevano pensato che ogni cosa predetta si sarebbe avverata. Invece nulla era successo. C’era stata una guerra che aveva sconfinato nelle Regioni Ignote ma Endelaan non vi aveva preso parte. Per chi non viveva sul suo suolo florido, Endelaan era una leggenda. Loro avevano osservato e registrato ogni evento, ma, alla fine, quella guerra non era stata altro che il disperato tentativo di una vecchia anima sconfitta di riprendere il potere. 

Se non per un dettaglio. 

La Diade di cui parlavano gli antichi scritti si era manifestata. Era stato rapido e indecifrabile come il battito d’ali di un uccello selvatico. Poi si era  dissolta nel nulla e loro avevano potuto tirare un sospiro di sollievo. Ma ora Ji’oon aveva rivelato loro che due dei tre Cardini si erano infranti. Il terzo era solido, ma non sarebbe bastato a proteggerli. 

Endelaan era rimasto inviolato, avvolto dalle nubi del Lato Oscuro della Forza, protetto, bellissimo e puro. Ma in quei giorni, My’tha aveva detto di avere visto la tragedia avvicinarsi nella forma di un vento cremisi e le parole di Ji’oon ne erano state la conferma.

E, in quel momento, lo ripeté con labbra tremanti e occhi fissi sul nulla. “Stanno arrivando” disse, mentre il suo tremito si faceva  più violento. “Vogliono ciò che resta della Diade. La stanno attirando. Il nostro pianeta verrà violato. E sarà l’inizio della fine.”

O semplicemente l’inizio,  pensò Ly’rai con un lieve senso di colpa. Non riusciva   a credere che potesse accadere. Nessuno, su Endelaan, reputava che potesse succedere davvero. Vivevano in attesa di qualcosa che non sarebbe avvenuto  mai, perché era il loro compito, ma nessuno si era mai avvicinato a loro tanto da mettere in pericolo la loro segretezza. Quello che Ji’oon chiamava il Non-luogo non si era mai manifestato. E nessuno aveva mai trovato la strada per Endelaan.

Tranne quella volta…

Una stretta allo stomaco improvvisa le ricordò che non era il momento migliore per pensare all’Antara Satrap e all’incidente che li aveva messi a rischio generazioni prima. Ji’oon aveva  parlato ed era suo dovere interrogare gli spiriti perché le dicessero quanto fosse grave la situazione. 

Ly’rai liberò  la mano dalla stretta, si concesse un profondo respiro e fece un passo verso la soglia del tempio. Non poteva impedire alle gambe di tremare. Sapeva quanto potesse essere un’esperienza spaventosa. A volta le visioni la tormentavano trasformandosi in incubi per mesi dopo essere tornata all’aria aperta. Creature deformi e violente. Massacri e urla. Dolore e deformità fisiche e mentali. Perché il Lato Oscuro era menzognero e crudele. Ma lei sapeva cogliere frammenti di verità da quelle immagini.

Chiuse gli occhi e procedette seguendo l’istinto. Conosceva benissimo quel breve tragitto, ogni imperfezione del terreno, ogni radice sporgente, i due gradini malfermi e poi l’aria fredda e il buio assoluto dell’antico luogo di culto.

Solo quando i suoi passi le vennero restituiti dall’eco delle pareti di pietra Ly’rai guardò di nuovo. Ancora una volta intorno a lei trovò solo il buio compatto e assoluto. Non perse tempo a girare su se stessa e cercare l’uscita. Sapeva che non sarebbe riuscita a vederla. Si concentrò invece sull’istante che stava vivendo, accogliendo ogni minuscola sensazione che il luogo decidesse di donarle.

E la risposta arrivò con l’impeto di una cascata gelida e pura.

Lui sta arrivando. Da un luogo che non esiste o non è concepibile. Lui sta piegando lo spazio e il tempo. Il suo manto è nero, le sue zanne lucenti, il suo ululato sa di coraggio e dolore. Dimmi di più.

L’immagine sfocata si fece  più nitida davanti ai suoi occhi mostrandole una giovane donna dai capelli scuri che le ricadevano sugli occhi inquieti e bellissimi, in luogo lontano, rovente e desolato. La sconosciuta sorrise, con le labbra tese in quello che assomigliava a uno spasmo e che le diede i brividi. Teneva la mano destra sollevata all’altezza del viso e sul suo indice era posato un insetto della enormi ali azzurre e brillanti. Una risata sottile e forzata uscì dalla gola della donna e Ly’rai provò il desiderio improvviso di fuggire da lì. Non le era mai successo con nessuna delle visioni orribili che aveva avuto. Ma questo era troppo per poterlo sopportare. Era la caduta del loro millennio.

Lei non sapeva. Lei non si rendeva conto. Aveva intrapreso un cammino e sarebbe arrivata fino in fondo. E sarebbe stata la fine. Ly’rai glielo lesse negli occhi. E il terrore si fece soffocante.

Non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere  se l’Anima profetizzata, o meglio, ciò che ne restava, si fosse lasciata ghermire dal caos. Ma non avrebbe permesso  a Endelaan di diventare portatore di morte. 

Arretrò senza staccare gli occhi da quella figura potente e pericolosa, fino a quando non divenne minuscola per poi scomparire del tutto. Solo allora Ly’rai avvertì il tepore della notte sulla schiena e capì  di essere di nuovo all’aperto. Si voltò  per rivolgersi alla figura tremante di My’tha. 

“Torniamo indietro. Riuniamo il clan. Che preparino le armi e approntino i rituali. Nessuno dovrà varcare questa soglia. E nessuno dovrà violare il nostro spazio. Tranne lei. Ciò che resta della Diade… lei deve essere condotta qui, prima che sia troppo tardi. Deve essere messa sotto la nostra protezione.”

 

Note:
Questa storia è nata nel post-The Rise of Skywalker, perché ne avevo bisogno.
È rimasta nella mia testa per un po’ perché non avevo la forza di scriverla. Avevo già regalato tutto a Rey e Ben in “Lindòrea”, avevo abbandonato l’idea di darle un seguito, dopo aver visto l’Episodio IX e per un pezzo non ho avuto più voglia di accostarmi al personaggio di Rey.
Poi ho cominciato a buttare giù storie brevi in cui Ben si muoveva attraverso le varie epoche di Star Wars in un lungo viaggio sulla via del ritorno. Doveva essere accompagnato da Ahsoka, ma ora avrà qualcun altro a fargli compagnia.
Quanto a Rey, ho tentato di ritrovare il personaggio che amavo e di farla muovere nel modo che reputo più giusto.
Questa storia è legata a doppio filo a “Lindòrea” ma NON È un sequel di “Lindòrea”. È la storia di un’altra Rey e un altro Ben. E, a differenza di Lindòrea, sarà un racconto molto più corale.
È solo una fanfiction, quindi mi sono permessa di osare e di giocare con le leggi che regolano la Forza.
Ho rubato Endelaan (e alcuni dettagli che lo riguardano) dai vecchi giochi di ruolo di Star Wars della WotC.
Credo di non aver dimenticato nulla.
Il viaggio sarà lungo. È una storia che sto scrivendo soprattutto per me stessa ma ringrazio chi vorrà accompagnarmi.

   
 
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