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Autore: whitemushroom    29/05/2022    1 recensioni
[Cucumber Quest]
Amare qualcuno senza poterlo toccare mai. Un destino che affligge umani e creature sovrannaturali allo stessoo modo.
Storia partecipante al contest per il dodicesimo anniversario del mitico thexiiiorderforum
Prompt: #"Quando scopri la verità ..."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Cucumber Quest
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: giallo
Prompt: "Quando scopri la verità ..."
Avvertenze: non ho idea di quali siano stati gli impegni che abbiano impedito a GigiDigi non continuare questo capolavoro di grafica e sentimenti. Questa storia è basata sugli appunti incompiuti del capitolo 5.


Smoke on the water
 

Se potessi, farei molte cose.
No.
Il problema non è che non posso.
Il problema è che non voglio.
No.
Non è nemmeno questo il punto.
Stai danzando per me, vero?



Cinquantasette.
Cinquantasette giorni e tre ore.
Cinquantasette giorni e tre ore che il temporale sferza Crystal Kingdom senza sosta, il cielo nero che sembra aver dimenticato la luce del sole.
Tre ore che a breve diventeranno quattro, e poi cinque. Cinquantasette giorni che si trasformeranno in sessanta, settanta e poi cento, infiniti come la coltre di gocce d’acqua che gli impedisce di guardare persino cosa avviene nel cortile.
Non è mai stato un tipo contemplativo, e il magma che gli ribolle nel corpo implora soltanto una buona battaglia.
“Quake … non credi che sia il caso di rientrare?”
Ha perso il conto di quanto tempo sia passato dal giorno in cui ha permesso ad Obsidian di dargli confidenza.
“Se ti fa male il braccio potresti dirlo con più franchezza”.
Ha sempre trovato la maschera di Obsidian di una strana bruttezza, uno di quegli oggetti che ti disgustano senza però sapere il motivo. Forse è perché non gli riesce a vedere gli occhi.
Il che sarebbe un problema triviale, visto che riesce perfettamente ad immaginarsi quelle sopracciglia aggrottarsi e le iridi voltarsi verso l’alto. “Posso reggere questo ombrello per le prossime quattro ore”.
“Tranquillo, non intendo prenderti in parola…”
È nel voltarsi che commette il solito, stupido errore. L’ombrello di Obsidian è grande, ma non abbastanza; una manciata di gocce di pioggia gli cade sulla mano e Quakemaster se la porta di scatto alla bocca, ruggendo per il dolore. Con un movimento fluido l’altro gli viene vicino, coprendolo del tutto con l’ombrello e inzuppandosi la maschera e le orecchie in pochi attimi.
È incredibile come gli abitanti di Dreamside possano camminare sotto la pioggia. Come possano cantare e ridere, come possano darsi la mano anche nel temporale più nero senza che i loro corpi soffrano, brucino, si contorcano come se migliaia di aghi si fossero conficcati dentro la loro pelle.
Non si accorgono di quanto siano fortunati.
Quakemaster siede sul trono di Basaltbury, la capitale del Crystal Kingdom. Gli abitanti tremano quando schiocca le dita, o quando la sua furia incenerisce intere città.
Guardano il movimento del suo sigaro, perché se inclinato verso il basso vuol dire morte, e morte attraverso le fiamme dell’Inferno.
Ma, se potesse, Quakemaster scambierebbe tutto l’oro delle miniere del regno per poter sfiorare l’acqua con la punta delle dita. Fosse anche per un istante solo.

 

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I tuoi passi.
È un po’ che sono diversi.
Anche la pioggia.



L’interno del suo ufficio è sempre riscaldato al punto giusto. Ci mancherebbe altro, pensa tra sé, abbandonandosi sulle sedie in basalto che Obsidian ha fatto costruire apposta per lui. Grazie al cielo il panciotto non si è bagnato, ed il sigaro nascosto nella tasca sembra non vedere l’ora di liberare tutto il suo profumo.
Ma ogni cosa si fa nel modo giusto. Col gesto giusto.
Solo un testardo come Obsidian potrebbe girare con un accendino, lui che ha il privilegio di servire il fuoco fatto Master.
“Quake … perché non mi parli di …”
Lascia un profondo silenzio.
Lo rompe solo il click dell’accendino, ed il sottile sfrigolare del sigaro che si accende.
Perché hanno tutti un buon sapore, ma si è accorto che c’è qualcosa di delicato in quel click che tutto il fuoco del suo corpo non riesce a replicare.
“Di lui?”
Perché in effetti c’è poco da parlare.
Le parole direbbero poco, in effetti, ed il ventre del vulcano non è famoso per i suoi discorsi.
Lui era acqua e vento, un sottile strato di nebbia che scivolava in mezzo a loro quando le riunioni con Nightmare Knight volgevano al termine e tutti tornavano nei loro domini. Lo temeva, Quake, come ancora adesso teme qualunque goccia d’acqua.
E poi danzava, danzava come se niente potesse importargli. Scivolava tra una saetta e l’altra, rideva quando le trombe d’aria si abbattevano sugli umani, ed aveva una voce che rivaleggiava col vento dell’ovest. Quando si stancava volava tra le nuvole.
Veniva nel cortile del suo palazzo prima di qualsiasi missione, mandandolo su tutte le furie; gli inondava le piazze d’acque, creava vapore ovunque, per giorni interi doveva far attenzione a dove metteva i piedi per non ritrovarseli indolenziti. E quell’idiota continuava imperterrito, sotto al suo balcone, danzava sotto la pioggia perché lui era la pioggia.
Lo sapeva che lo faceva incazzare, ma continuava ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.
Ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.
Aveva imparato ad aspettarlo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese.
A vedere il proprio riflesso nella finestra appannata, un riflesso con uno strano sorriso.
Poi, un giorno, a Basaltbury era tornato il sole.
“Si chiamava Mistmaster”.
E a lui, che era fatto di fuoco, quel sole era sembrato la più crudele delle torture. “Si è rivelato un traditore”
L’acqua che cade dal cielo su Basaltbury è ciò che resta del suo corpo quando la furia del Nightmare Knight si è abbattuta su di lui.
 

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Io credo che Obsidian ti sarebbe piaciuto, sai?
Non sono stupido, lo so che gli esseri umani non hanno paura dell’acqua come me, ma non è per quello.
Tende ad esserci sempre, come la pioggia.



Una riunione improvvisa è una riunione improvvisa, poche storie. E quando il boss giunge in visita alla capitale, tutto il resto deve aspettare. Obsidian è sceso nei sotterranei per fermare quello stupido Eroe Leggendario e la sua combriccola di amichetti spiantati, dunque Quakemaster inala una buona boccata di fumo e scende nel cortile, soffermandosi sotto la protezione del pergolato e osservando la figura tetra che lo fissa da sotto l’acqua.
Il Nightmare Knight è come la notte: non ha una forma, ma è. È e non piò non essere, come direbbe Obsidian, ma di fatto i suoi sensi lo percepiscono prima ancora dei suoi occhi. Lo ha visto cambiare dimensione, talvolta persino rivaleggiare con le montagne del regno, ma stavolta la sua sagoma non è molto più alta di lui; la notte e le stelle sono raggruppate in un punto, immobili nella piazza, ma nemmeno il temporale può nascondere la strana luce dei suoi occhi, tutto ciò che, nei limiti del possibile, riesce a farlo sembrare umano. Gli altri Master sostengono che questo dettaglio lo renda più accettabile alle menti degli abitanti del mondo.
Quanti secoli sono che il Nightmare Knight non mette piede a Basaltbury? “Piacere di vederti, boss. Perché non vieni all’asciutto come le persone normali?”
“Perché c’è qualcosa che devo confessarti”
Confessare è una parola che suona molto male nella bocca del loro capo. Quake avanza di un passo, protetto dalla tettoia, ma non basta per riuscire a decifrare cosa passi nella mente dell’incarnazione della Notte in persona, specie quando una raffica di vento sferza proprio davanti ai suoi piedi portando l’ennesimo carico d’acqua. “Si tratta di Mistmaster”.
Il temporale sferza il suo mondo, e il fumo del sigaro si dissolve nell’umidità.
“Non è stato maledetto perché mi ha tradito. Ho dovuto rimuoverlo perché aveva scoperto il mio segreto” mormora. Mormora il Nightmare Knight, la cui voce può risuonare fin nelle profondità dello Space Kingdom. “La verità è che non sono mai stato dalla vostra parte, miei Master. Sin dal momento della Creazione. Ho fermato gli stessi attacchi che voi lanciavate in mio nome. E Mist … lo ha capito”.
Il corpo del suo signore è fatto di ombre e stelle, ma il regno di Quake è fatto di fuoco di fuoco e metallo incandescente.
È fatto di terremoti e miniere nascoste, di migliaia di anni di attesa. Un dominio che per generazioni gli Eroi di Dreamside hanno espugnato, violando le sue trappole e gli oceani di magma, combattendo contro di lui e riuscendo a sconfiggerlo anche quando non sarebbe stato matematicamente possibile. È un mondo dove la furia della terra viene trattenuta da argini di ossidiana nera, che solo l’acqua ed una voce fatta di vento possono scalfire.
“Ma non riesco più a mentirvi. Molte cose … molte cose sono cambiate”.
I suoi occhi si spostano verso il basso, dove la base del suo corpo si perde tra le pozzanghere e l’acqua che rimbalza. “Per migliaia di anni ho mentito a voi, che prima di essere i miei servitori … eravate stati creati per essere miei amici
“AMICI?”
Il vento che urla sul mare riporta indietro l’eco della sua voce. Quasi come se fosse la voce di Mist.
Poi, come succede al cuore della terra, qualcosa dentro di lui esplode. Ha la forma di una risata, ma non quella spiritosa e controllata che lascia uscire quando Obsidian se ne esce con una delle sue osservazioni acute. Gli umani dicono che sia come un terremoto, ma i terremoti, si sa, non piangono perché un’anima non la hanno. “Non tirare fuori questa carta adesso, boss. E adesso che mi hai raccontato la verità … cosa credi che io debba fare? Rispondimi?”
“Qualunque sia la tua scelta …” sussurra, e stavolta la sua voce risale fino a tornare quella della Notte “… sappi che mi dispiace, Quake”.
“Risparmiati queste battute da quattro soldi, capo”.
L’acqua può schiacciare il fuoco, ma il fuoco può bandire la notte. L’intera Basaltbury, l’intero Crystal Kingdom sono sempre stati una parte di lui, nonostante l’infinita tempesta.
Il potere del nucleo della terra è il più antico, pensato per calzare sulla sua essenza di Master come un guanto su una mano.
Punta il sigaro verso gli occhi del suo capo, richiamando le forze che aveva messo a dormire per secoli sotto la crosta terrestre. L’unico pensiero utile, prima che le grida di vendetta di Mistmaster si sovrappongano con i geyser che iniziano ad infiammare il cortile è che Obsidian sta combattendo lontano dal nucleo e dall’epicentro della sua furia.
Piove di nuovo, e stavolta è il suo stesso mondo che grida vendetta.
Piove, e quello è il suo primo passo sotto l’acqua.
Fa male, ma ci sono dolori peggiori.
Al suo secondo passo la terra si spacca in due. Gliene mancano solo cinque, e poi colui che li ha traditi sarà finalmente alla sua portata.
“Non pensare che ci andrò leggero, boss”.

 

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Ho sempre pensato che solo l’acqua potesse uccidermi.
Non è del tutto vero.
Si muore anche di altre cose.
Quella secondo cui dopo il temporale giunge sempre l’arcobaleno è solo l’ennesima stupidaggine degli umani.



Non è mai stato il tipo da unirsi alle feste, specie quando non vi è poi nulla per cui festeggiare. È al secondo fallimento della sua esistenza.
Se lo ricorda, quel giorno. Quel giorno in cui chiesero al cavaliere di uccidere il mostro di magma che terrorizzava il regno.
Glielo chiesero la regina e tutte le dame, quelle che dietro ai ventagli ed al trucco pesante ridevano di quel cavaliere che aveva passato i cinquant’anni, uno stupido relitto a cui la vita aveva smesso di dare e stava iniziando a prendere. Ma il cavaliere lo sapeva lo stesso ed era andato.
Chissà perché.
Il pergolato preferito di Quake non esiste più. Le mattonelle del cortile, quelle di alabastro in cui nei giorni migliori ci si poteva persino specchiare dentro, sono state divelte e scagliate lontano come se la terra stessa si fosse rivoltata dall’interno. La pioggia torrenziale ha cancellato il fumo delle piante incenerite, ma non riesce a far sparire il colore nero delle pareti del palazzo.
Obsidian è corso lì appena ha potuto.
Non ha idea del perché Quake abbia fatto una follia simile; sapeva che il Nightmare Knight si era presentato a sorpresa, ma quello che appare all’ingresso della reggia è l’immagine dell’inferno rivoltato sulla terra, dove il vento ed il temporale strillano di dolore.
La Pietra nel mezzo dello spazio aperto è fredda tra le sue mani. Un freddo così innaturale per colui che ne era animato, l’ultimo frammento di un Master sconfitto.
Avrebbe dovuto sconfiggerlo lui, Quake.
Avrebbe dovuto trafiggerlo anni prima, quando il cavaliere solitario aveva ritrovato il mostro di fuoco ferito ed avrebbe potuto portarlo a corte, per vivere qualche ora di applausi e gloria.
Eppure la vita, quel giorno, aveva deciso di dargli ancora qualcosa.
Il fuoco è condannato ad amare l’acqua senza mai poterla toccare.
Ma anche gli uomini che sorridono al fuoco sono condannati a non poterlo sfiorare mai. Al massimo accendergli un sigaro.
Con un sospiro butta la maschera a terra, respirando l’aria satura di vapore. La Pietra ormai è solo un sasso, ma alla fine è tutto ciò che gli è concesso di tenere tra le braccia.
È la prima e l’ultima volta che Obsidian, il vecchio cavaliere, danza sotto la pioggia.
 

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