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Autore: Mercurionos    30/05/2022    1 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 29 – Il Ritorno di Banan e dei Suoi Amici, Parte 3 – Anno 2, 13 Fruttidoro
 
Uscirono.
Il vento era ancora più forte di quello che sembrava da dentro il N.I.S.B.A.. C’era un gran rumore, qualche gruppetto di cadetti riuniti all’ingresso dell’istituto, e i campi dei club di combattimento ancora occupati da guerrieri tanto pieni di energia quanto di polvere. La comitiva disertrice dei club si avviò per la via maestra, verso la capitale, accompagnata dalla brezza e dal tiepido sole calante. Tagoma fece di tutto per concentrarsi sul discorso intrattenuto con le ragazze, sulle innegabili qualità e l’utilità di uno spremiagrumi quantistico, sul tanto maestoso sfrecciare delle nuvole in cielo e sul lontano bagliore dei palazzi della città, ma ad un certo punto il suo collo decise ineluttabile di voltarsi a destra. Il ragazzo aveva tentato di non farlo, ma la stanchezza gli aveva annebbiato la mente.
 
Guardò quelle tre figure con i capelli neri, ancora intente ad azzuffarsi. Sudati, stanchi, pieni di terra. Continuavano a cadere (almeno due di loro, perlomeno) e a rialzarsi, senza perder vigore, senza demordere, volto tetro e denti stretti, come se la loro vita fosse iniziata lì, sul campo di battaglia, e sempre lì avrebbe dovuto esaurirsi. Il loro avanti e indietro aveva qualcosa di ipnotico, come delle fiamme danzanti in una notte buia, onde sul bagnasciuga rovente.
“Dylia! Esperame!”
Si voltarono tutti e tre. Bueno venne loro incontro di corsa: “Hola, ragazze! Avete già terminado con il club?” Gli annuirono tranquilli. Tagoma finalmente riuscì a distrarsi per davvero. “Andiamo in centro, vieni anche tu?” propose Dylia. Bueno alzò felice un pollice, e si aggregò a loro. Ripresero a camminare.
 
“Todo bien, Frida?”
“Sì, oggi non avevamo molto da fare. Come al solito, d’altronde.”
“Quelli del segundo turno se lamentano siempre del exceso di lavoro, al vostro club. Vero, Tagoma?”
Lui non gli rispose. Sì, talvolta si era lamentato coi compagni dei compiti che venivano delegati al club di amministrazione il giovedì e il venerdì, ma non aveva di certo intenzione di discuterne lì, davanti a Frida.
“Ma loro fanno altro, devono mettere a posto le aule il venerdì.” Spiegò Dylia, felice che non le fosse mai stato ordinato di pulire una classe al termine delle lezioni. O di pulire i bagni. Tagoma nascose una smorfia, ma per fortuna Frida non volle approfondire. E comunque, Masamune si lamentava molto di più.
 
“E di Mirk? Avete sentido?”
Una contrazione scosse le braccia smagrite di Tagoma. Non fece come le compagne, e non si voltò verso Bueno. Continuarono a camminare verso la Capitale.
“No, cosa?”
“È tornata, alla fine?” Chiesero le altre due.
Tagoma accelerò il passo, ma non riuscì a sfuggire al discorso.
“Pensavo que ve lo avessero dicho, non avete nulla a che veder con esto?”
“Cos’è successo?” Dylia cominciò a innervosirsi. Prese Bueno per un braccio, come per strattonarlo.
Tagoma interruppe la passeggiata. Forse avrebbe dovuto rispondere lui, al posto di Bueno. Si voltò, cercando gli sguardi degli altri.
 
Poi, qualcosa piombò giù dal cielo, dritto sulla capoccia dello snackiano. Fece un bel rumore, come un tamburo. Bueno barcollò per un paio di secondi, stordito dall’impatto.
“Oh, merda! Scusatemi!” Qualcuno stava urlando, e le grida venivano dall’alto, quindi alzarono lo sguardo. Un ragazzone alto e prestante dai lineamenti forti e la pelle verde, con il volto di un’anguilla… beh, un’anguilla piuttosto palestrata, balzò giù dal tetto dell’edificio, da sopra la sezione A.
Frida si piazzò davanti agli altri, con volto rabbioso: “Iru! Dannazione, state un po’ attenti!”
Il ragazzo si tirò indietro, intimorito dagli occhi gelidi della ragazza e dalle sue grida. Che palle, proprio questa dovevo beccare, adesso.
“Hai preso in pieno Bueno! Bueno, stai bene?”
Quello ancora traballava, ma tentò di annuire, o di alzare un pollice, la mimica non fu tanto chiara. Iru guardò il compagno di classe ridacchiando, ma subito si ricordò dello sguardo minaccioso di Frida: “Ah, senti, scusami, eh. Non volevamo rompere la flumba, è partita così, a caso.”
“Aspetta, in che senso ‘rompere’? Ne avete rotta un’altra?”
“Cioè, scusami, ma non sono stato io, l’ha tirata Krumbo e…”
“È la quarta, dalla fine delle vacanze!” Frida alzò le mani, puntando minacciosa al collo dell’uomo verde.
“E ma Krumbo tira un sacco forte, però ha mancato il retino e Ronme non è riuscito a…”
Frida si coprì il volto con una mano: “Tu… Lascia perdere. Ma state attenti, perché non abbiamo più fondi per il club di sport. Fino al mese prossimo dovete fare in modo di non distruggerne altre.”
“Ok, ok, tranquilla. E scusami Bueno, eh.”
 
Si librò in aria e si voltò, pronto a tornare alla palestra sul tetto della scuola, ma girò un’ultima volta il capo verso il gruppetto: “Ehi, Tagoma. Brutta storia quella di Mirk, eh?” E se ne andò. Iru svanì sopra il tetto dell’accademia, e gli altri si voltarono nuovamente verso Tagoma. Ma lui non prestò loro attenzione, anzi, guardava altrove già da un paio di minuti, perso in un dettaglio lontano, più interessante di qualsiasi scaramuccia riguardante uno stupido sport.
 
Nero.
Abisso di nulla.
Un vuoto soffocante quanto magnetico, in cui perdersi all’infinito senza possibilità di fuga. Aveva commesso l’errore di distrarsi da quello “stupido discorso”, aveva osato troppo, voltandosi nuovamente verso il terreno del club di combattimento, e lì aveva incontrato il tetro baratro degli occhi di Vegeta. Spenti lumi senz’anima che, per qualche motivo, avevano risposto allo sguardo di un altro. Non fu il tipico duello di occhiate, non ci fu minaccia nei lumi spenti del principe. Soltanto un immenso niente che nulla poteva comunicare. Tagoma nemmeno sapeva cosa chiedere all’abisso, ma insistette a scrutare nel buio, ma non c’era nulla. Vegeta pareva un cadavere intrappolato nella lotta, senza calore, senza espressione. Quando finalmente gli arrivò un pugno sul naso, quello si distrasse, e tornò a combattere, volto apatico, respiro tranquillo. Tagoma era convinto che a Vegeta interessasse soltanto il combattimento, ma il saiyan che in quel momento stava lottando sul terreno dei club sembrava esser lì soltanto per caso.
 
“Tagoma”. Qualcuno lo aveva chiamato. Tre paia di occhi lo fissavano incuriositi. “Tu ne sabes qualcosa de Mirk? – chiese Bueno – Yo ho sentido dire que fu…”
“Sì, so cos’è successo a quella cretina.” Tagoma si girò verso la capitale, e riprese a seguire la strada. Gli altri gli furono subito dietro, ora interessati al discorso quanto stupiti dell’inconsueta schiettezza del ragazzo sempre composto. Si incamminarono con lui in direzione del centro, e ascoltarono in silenzio ogni parola.
 
Vegeta si massaggiò il naso. Pump fu sorpresa di aver colpito il principe, e fermò l’attacco: “Ah! Scusami, Vegeta.”
“Non chiedere scusa al nemico. Perché ti sei fermata?” Voleva sembrare un’accusa, ma alle parole del ragazzo mancava la loro tipica esplosività.
“Perché ti sei distratto, e in mezzo ad un combattimento.” Radish si stiracchiò, producendo un bel rumore con le spalle. Se da una parte Vegeta non comunicava alcuna emozione, dall’altra Radish era l’incarnazione della noia.
“Io non mi sono distratto.”
“E dai Vegeta, se n’è accorto anche Tagoma.”
“Cosa c’entra…” Vegeta non concluse la replica. Distolse lo sguardo dagli occhi calmi e perspicaci di Radish. Scosse la testa più volte, strinse denti e pugni.
“È Mirk il problema, vero? – chiese Pump – Che non è ancora tornata?”
“Quella non è un problema.” Ancora, il principe non alzò lo sguardo da terra. Un filo di rabbia soffiò dalle sue labbra.
“Tu sai cos’è successo, vero?” Radish si avvicinò al ragazzo. Dal suo tono, voleva delle risposte. Pump imitò il gesto del compagno.
Vegeta alzò lo sguardo, ma non fece in tempo a rispondere.
 
SCIAFF!
“Ahio!” Radish portò le mani alla testa.
SCIAFF!
“Ahi!” anche Pump fece lo stesso.
“Perché vi siete interrotti, voi tre?” gli scappellotti di Gipeto, da un lato dolorosi per la forza e la rapidità, dall’altro piacevoli per la morbidezza delle piume e il delicato strofinio sul cranio dei malcapitati studenti, stroncarono sul nascere il discorso. I saiyan si misero sull’attenti, colti in flagrante.
Minaccioso, l’uomo si curvò sui ragazzi: “Oggi non state lavorando come si deve. Posso comprendere la scomodità di dover ancora combattere due contro uno, ma per ora dovrete farci l’abitudine. E non sarebbe nemmeno la prima volta che vi esercitiate in questo modo. Qual è il problema?”
 
Loro non risposero, ma, in silenzio, sia Pump che Radish voltarono il capo verso Vegeta. Quello non si mosse, intento a fissare un punto lontano. Per Gipeto fu una risposta più che sufficiente: “Benissimo… Per oggi, voi avete finito. Andate.”
Radish si morse un labbro. Volle replicare, ma Pump gli diede un tocco di gomito e scosse la testa. Si arresero, e s’incamminarono verso la torre dei dormitori. Vegeta, invece, lui no: bastava distrarsi un attimo e lui era già svanito.
 
Il principe si fece trascinare dall’istinto, dalla propria aura ialina e confusa. Volò verso sud, nell’aria che cominciava a raffreddarsi preannunciando la sera, e raggiunse la città e il suo soffocante brusio. Il viavai di persone lontane, nel pieno delle loro vite, il frastuono delle loro giornate ricolme di impegni e scelte. Un rifugio perfetto, uno spazio indisturbato in cui finalmente poter ragionare, nonostante il principe non sapesse a che cosa di preciso volesse pensare. Poi, metri sotto di lui, qualcuno sfrecciò nell’aria e atterrò in mezzo al fiume di gente. Vegeta interruppe la propria discesa non appena ebbe riconosciuto il contorno della sua figura, l’ultima che avrebbe voluto intravedere, in quel momento. Ora che Gladyolo era arrivato in città, le vie affollate del centro non erano più sicure, violate dalla presenza dell’infiltrato dai capelli biondi. Non voleva concedergli neppure la libertà di pensare, dunque.
 
Note dell’Autore:
Ehilà! Grazie di aver letto anche questo capitolo. Spero che vi sia piaciuto. Negli ultimi tempi faccio fatica a trovare tempo per scrivere, ma non preoccupatevi: so come concludere questo libro. Ci saranno altri due capitoli, il 30 e il 31, parecchio corposi, solo che faccio fatica a mandare avanti la scrittura, visto che ora iniziano gli esami e devo pure finire di scrivere la mia seconda tesi di laurea.
 
A tal proposito, chiedo a Voi: Vi andrebbe bene se saltassi qualche settimana di pubblicazione, per poi pubblicare con frequenza aumentata il prossimo capitolo? Giugno è davvero pieno di impegni, e faccio fatica a tenere ordinata la mia quotidianità. Fatemi sapere con una recensione, così magari mi dite anche se Vi è piaciuto il capitolo! Altrimenti, potete trovarmi su Facebook, o qui, con un messaggio privato.
 
In ogni caso, vi ringrazio tantissimo per aver seguito fin qui la storia, e a settimana prossima! Non perdetevi assolutamente il finale di questo capitolo!
   
 
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