Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Dorabella27    30/05/2022    16 recensioni
Restiamo nel tono tetro che abbiamo iniziato a esplorare con l'ultima OS, anche se sono consapevole di quanto sia più difficile far ridere che non esplorare la tonalità drammatica. Stavolta, però, mi è venuta così. E non vi abituate a questo ritmo, soprattutto! Omnia praeclara rara.
Comunque: torniamo alle origini. Oscar e André avranno mai passato un giorno separati nella loro infanzia? Uno sì, forse, o almeno, lo immagino io.
Alla villa normanna in cui la piccola Oscar trascorre un periodo di vacanza estiva giunge una notizia....
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Generale Jarjayes, Madame Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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IN PACE REQUIESCANT
2 .
Perché le viene in mente proprio adesso, quel ricordo?
Da quali sabbie mobili della coscienza turbata e sconvolta emergono, ora, quelle memorie infantili?
Se ne sta seduta sui gradini di una chiesetta, di una anonima parrocchia nel cuore di Parigi, in un quartiere popolare: dentro, fra i corpi ricomposti dei caduti della giornata, c’è anche André:
André...
Se ne rende conto solo in quel momento: tutti i suoi peggiori incubi infantili si sono avverati; tutti i pensieri più neri, le paure più nascoste, quelle che erano state come dimenticate negli anni dell’età adulta, quando era André, sempre, immancabilmente presente e protettivo, a salvarla da ogni pericolo che lei correva, sconsideratamente, senza risparmio, hanno preso corpo, all’improvviso, in un attimo, in un momento banale, per il gesto banale e irriflesso di un soldato, un soldato qualsiasi, addestrato, come lei, come André.
Ossessivamente, fra un brivido e l’altro, che la scuotono, nonostante la nottata estiva così tiepida, cerca di scacciare dalle narici l’odore del sangue secco che ha sulla divisa (eppure non può non sentirlo), cerca di dimenticare l’odore del corpo, delle carni di André che sentono già l’offesa dell’afa e della morte, quell’odore che non può essere del tutto coperto nemmeno dal sentore pungente dell’olio canforato con cui Rosalie l’ha cosparso prima di ricomporlo nella bara, e che nemmeno i fiori, quei fiori di campo dai colori così semplici e allegri, raccolti chi sa dove, possono coprire: anzi, poco prima, un conato l’aveva assalita quando alle nari le era salito l’odore dolciastro di quelle corolle che stanno lentamente sfiorendo, e marcendo, a coprire un altro odore sottilmente dolciastro e marcescente che le punge il naso e l’anima.
Rosalie, mentre sistemava, - così le aveva detto, pudicamente - insieme con un paio di altre donne, André, l’aveva allontanata dalla stanza, e con quale fermezza: con una autorevolezza e una decisione che non le aveva mai conosciuto, negli anni che la ragazza aveva trascorso a Palazzo Jarjayes, e, insieme, con una premura quasi materna. Erano nella sacrestia di quella chiesetta, e, dopo che una ragazza, andata di corsa a casa dei coniugi Châtelet, ne era ritornata con una camicia bianca, certo di Bernard, per rivestire André, Rosalie aveva sfiorato la spalla di Oscar, immobile presso la porta, e poi, prendendole la mano fra le sue, le aveva detto: “Madamigella Oscar, adesso, per favore, non restate qui: mi occuperò io di André, meglio che posso, ve lo prometto, ma voi .... voi dovete cercare di stare un poco tranquilla, almeno per un momento”.
Oscar aveva ubbidito: aveva sceso meccanicamente i pochi gradini che separavano la sacrestia dalla navata, e si era seduta sulla prima panca, proprio davanti all’altare: nel tabernacolo, la fiammella ardeva, perpetua e beffarda, e non si sentiva un solo suono provenire da dietro la porta di legno pesante che Rosalie aveva chiuso alle spalle della sua antica benefattrice.
A un tratto, la porta si era aperta, e la ragazza che era accorsa prima con la camicia bianca fra le mani aveva fatto pochi passi in direzione di Oscar, porgendole quello che lei aveva prima creduto un banale panno scuro macchiato. Poi, presolo fra le mani, si era resa conto che era la maglia dell’uniforme di André, bucata dal proiettile, e impregnata del suo sangue ormai secco. Ci aveva tuffato il viso, cercando l’odore di André, e aveva iniziato a piangere, in silenzio, sino a quando accanto a lei non si era materializzata Rosalie, che gliel’aveva presa fra le mani, dopo una breve resistenza di Oscar, vinta con una semplice rassicurazione: “Non la getto via, Madamigella, non mi permetterei mai; ma permettete che la tenga io, ora: non vi fa bene in questo momento”.
Poi, si era allontana, e Oscar era rimasta sola.
Non aveva retto a lungo la vista di André composto nella bara: semplicemente, le era inconcepibile.
Sentendosi impazzire, era uscita e si era seduta sui gradini davanti al piccolo portale di legno scuro. Così poteva, insieme, restare vicina ad André e insieme non sentirsi mangiata dal furore contro se stessa e dal dolore lancinante vedendoselo sotto gli occhi: o, almeno, questo era stato il suo pensiero. Ma così non era stato.
Adesso, completamente sola, tende la stoffa dell’uniforme sin sotto il suo naso, per sentire l’odore aspro e dolce insieme del sangue, del suo sangue, versato perché lei non era stata abbastanza attenta, abbastanza veloce, abbastanza capace di proteggerlo: lo stesso odore ferroso e insieme dolce che aveva sentito nel naso e nella gola quando...prima....era chinata su di lui, quando... l’aveva perso.
E insieme, si sente ancora nel naso, e addosso, il suo odore, l’odore della sua pelle e del suo sudore: sentendosi colpevole, stupida, come se stesse compiendo una eresia, una leggerezza imperdonabile, quasi un capriccio da donna frivola  e stupida, che non capisce la gravità della situazione, in quel momento, non riesce a resistere, e scosta leggermente i lembi dell’uniforme, e solleva lo jabot della sua camicia bianca sotto il naso, e sente, o si illude di sentire, l’odore di lui; slaccia lo jabot e il colletto, quasi vergognandosi, e sollevando la stoffa leggera e fine che le copre la parte alta del petto e il punto dove il collo si innesta nella spalla, sente l’odore del proprio sudore, dopo quella giornata infernale in cui nessuno ha avuto requie, e, soprattutto, sente ancora, sulla sua pelle, l’odore di lui, e a stento riesce a realizzare che solo la notte prima, in quello stesso momento, lo stava respirando dal suo collo e dal suo petto, mentre lo stringeva e lo copriva di baci, e lui faceva lo stesso, e ora, invece, tutto quello che di vivo è rimasto di André è il suo odore addosso a lei...e presto anche di questo non resterà niente, di André non resterà niente, di quelle mani che la accarezzavano e la rassicuravano, di quella bocca che la baciava e diceva sempre quello che la tranquillizzava, di quel corpo che era André e cui lei non può smettere di pensare, non resterà più niente: e tutto per colpa sua.
Una vertigine, a pensarci.
 Un pozzo nero in cui le sembra di cadere, sempre con nel naso il ricordo della pelle di André, bagnata di sudore, con un sottile sentore di lavanda, di acqua di Colonia, un leggero odore di buono - lo definiva da bambina - che non si dissipava mai, nemmeno dopo una giornata di lavoro nelle scuderie, nemmeno dopo un assalto turbolento e una fuga affannosa come quelli della sera prima. La sera prima....la notte prima... si sente sciocca, quasi colpevole, perché non si possono pensare certe cose, non è dignitoso, non si può pensare al corpo di lui sul suo e nel suo, non così, non in un momento come quello, non più; eppure, anche se vorrebbe, anche se ci prova, non riesce a togliersi dalla mente l’immagine di André la sera prima, sotto quel cielo illuminato dalle stelle, nell’aria resa magica dalle lucciole, e poi, dopo, l’odore della sua pelle respirato con la testa appoggiata sopra il suo petto, e il sapore della sua saliva nella bocca di lei.
Si sente ancora sulle mani il caldo della sua pelle (e adesso, come sarà?, si chiede, e non osa alzarsi per andargli a sfiorare la fronte e le guance, non ce la fa, sa che le cederebbero le ginocchia prima di trovarselo davanti agli occhi), se lo sente ancora fra le mani, caldo su di lei e dentro di lei, sente ancora la goccia di sudore che, mentre lui le era sopra, le era caduta sul viso sulle labbra, e il suo gusto salato e vivo, che aveva assaporato, mentre André, con un sorriso, le sussurrava, “Scusami”, per poi chinarsi sulla bocca di lei...
Sta impazzendo, è chiaro: se non morirà presto, come intuisce che succederà, impazzirà, ne è certa; e se lo merita.
Poi, vede avvicinarsi una sagoma, che cerca di mettere a fuoco nel buio: è Alain, che viene certo a tentare di portarle un poco di conforto...... e allora cerca di ricomporsi, almeno per un attimo, perché anche André, forse, avrebbe voluto così.
 
Si ringrazia per la fan art Galla88.
 
Come vi dicevo, una storia decisamente cupa.
In questo periodo, va così...Prometto che però mi saprò emendare con il prossimo racconto, che non avrà queste tonalità.
Grazie a voi che siete arrivati sin qui, e a presto.
d.
   
 
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