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Autore: crazy lion    05/06/2022    0 recensioni
Questa raccolta segue gli eventi di Di nuovo bambini. Se ne consiglia la lettura prima di approcciarsi a I tre sogni di Arya.
Arya sa che Ajihad e Murtagh sono morti, ma vorrebbe tanto rivedere lui ed Eragon piccoli. Una notte le appare davanti Savrielle, lo spirito del lago Costamerna di cui nessuno è a conoscenza, che le dice che farà tre sogni in cui i due ritorneranno piccoli e che alla fine sarà felice. Come saranno questi sogni? E la renderanno davvero contenta?
Attenzione: nella prima fanfiction Murtagh non è ancora morto. Non c'è ancora stata la battaglia con gli Urgali.
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà d Christopher Paolini.
Genere: Fantasy, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Nuovo Personaggio, Orik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I TRE SOGNI DI ARYA

 
 
 
 
IL DOLORE DI ARYA
 
Orik, Arya ed Eragon erano stati convocati da Ajihad. Gli Urgali si avvicinavano e dovevano prepararsi alla guerra. Il comandante dei Varden aveva detto che era necessario sigillare tutti i passaggi e i cancelli che conducevano a Tronjheim, per costringere quei mostri a uscire allo scoperto sulla piana che circondava la città, in modo che ci fosse spazio anche per le truppe. Le donne e i bambini erano stati portati nelle valli circostanti. Quando aveva sentito questo, Arya aveva sospirato di sollievo. Almeno Elva era salva. Dopo aver sigillato i passaggi assieme agli uomini e ai nani che collaborarono con loro, Arya decise di andare a trovare Murtagh in prigione. Vi trovò anche Eragon. Sapeva che gli Urgali erano pericolosi e temeva che facessero del male a Eragon.
"Come state?" chiese quando entrò.
"Teso" disse Eragon.
"Non so cosa Ajihad e Rothgar vogliono fare di me mentre voi combattete, quindi vago nell'incertezza."
Arya sorrise a entrambi. Erano passati solo tre giorni da quando si erano ritrasformati in giovani e non erano rimasti più bambini, ma nella sua testa lo erano ancora, perché per loro era stata come una mamma. Cercò di scacciare quel pensiero dalla mente, ma non ci riuscì. Parlò del più e del meno con Murtagh ed Eragon, mentre il petto le doleva. Si sentiva stupida a pensare solo al dolore che provava nel non averli più accanto a sé come bambini, quando là fuori c'erano uomini pronti a morire per vincere la guerra.
"Sono un'egoista" si disse.
E lei non lo era mai stata, o almeno, nessuno gliel'aveva mai detto.
Murtagh sembrava stare bene lì in prigione, aveva un letto comodo e due pasti al giorno, ma Eragon e Arya, quando uscirono, si lanciarono uno sguardo preoccupato.
"Stai bene? A parte Murtagh, intendo" disse Eragon.
"Sì" mentì Arya.
"Sei sicura? Sei incredibilmente pallida. Hai mangiato?"
"Sì. Sto bene, tranquillo."
Era andata nelle cucine dopo aver lavorato nei tunnel e aveva mangiato un piatto di verdure cotte e pane e bevuto un bicchiere di idromele.
"Devo fare una cosa" disse poi e sparì.
Incontrò Orik e gli chiese se Elva fosse già stata portata via con Greta.
"Chi è Elva?” chiese il nano e la guardò confuso.
"La bambina che Eragon ha benedetto."
"Ah, lei. Sì, è già stata portata via, perché?”
"Niente, niente. Curiosità."
Uscì da Tronjheim creando una bolla d'aria che la portasse alla fine del lago Costamerna, poi si mise in cammino. Trovò le valli con estrema facilità. Varie tende erano state predisposte per le donne e i bambini. Le donne stavano accendendo dei fuochi per scaldare il cibo per loro e i figli.
"Sai dove sono Greta ed Elva?" chiese a una donna. "Vorrei vederle."
"Sono in quella tenda rossa là in fondo."
"Grazie."
L'aveva trovata con più facilità di quanto si sarebbe aspettata. Pensava che avrebbe dovuto vagare nelle valli per ore, se non per giorni, e non poteva permetterselo con la guerra alle porte. Voleva solo sincerarsi che Greta e la bambina stessero bene. Quando arrivò davanti alla loro tenda, Greta la aprì – evidentemente aveva sentito dei passi avvicinarsi – e le sorrise.
"Arya!" esclamò.
"Ciao, Greta. Volevo solo sapere come stavate tu e la bambina."
"Bene, ma entra, vieni."
La tenda era grande, avrebbe potuto contenere cinque o sei persone. In un angolo c'era un secchio.
"Il latte" spiegò Greta. "Così posso nutrirla."
Elva dormicchiava in una culla di vimini.
"Posso prenderla in braccio?"
"Ma certo, come l'altra volta."
Arya si avvicinò e prese la bambina con delicatezza. Elva si svegliò, ma non vagì. La guardò con i suoi occhi luminosi, come se si chiedesse chi lei fosse. Ovviamente non poteva ricordare che Arya l'aveva già tenuta in braccio. Stringerla la aiutò a sentire un po' meno dolore, anche se solo per un attimo.
"Devo darle da mangiare" disse Greta.
L'elfa pensò di dire alla vecchia che l'avrebbe aiutata con la bambina, che le avrebbe dato lei il latte, ma sapeva di dover tornare a Tronjheim.
"D'accordo," disse, passando la piccola a Greta, "l'importante è che stiate bene."
"Sì, stiamo bene, tranquilla" la rassicurò Greta. "Sono stanca, è difficile occuparsi di una bambina alla mia età, ma faccio il possibile e poi anche le altre donne mi aiutano."
"Ne sono felice. Ora devo tornare a Tronjheim."
Le due si salutarono e Greta le disse:
"Abbi cura di te."
Arya sorrise.
"E tu di voi."
Tornò nella città e riprese a lavorare nei tunnel.
Una volta finita la cena, che mangiò nelle cucine, andò in camera sua a prendere una tunica pulita, poi si diresse a fare un bagno. L'acqua le lambì le gambe dopo che si fu spogliata e la giovane – in fondo aveva soltanto cento anni, per gli elfi non era vecchia –, si immerse nella vasca. Si insaponò il corpo e si lavò i capelli con acqua e sapone, creando bolle e schiuma. Stare in acqua la rilassò, ma non voleva addormentarsi com'era successo giorni prima. Così, quando si sentì completamente rilassata, uscì, si asciugò, si strizzò i capelli con un panno, fece una magia per asciugarli e si infilò la tunica pulita, consegnando a un servo di passaggio quella sporca. I vertici dei Varden sapeva che era una principessa, ma il resto dei Varden non ne era al corrente. Nemmeno Eragon lo sapeva.
Una volta in camera, una stanza molto grande e spaziosa, si buttò sul letto senza mettersi sotto le coperte. Pregò qualcuno più in alto di lei che le facesse sognare Eragon e Murtagh da bambini, perché le mancavano. Lo disse ad alta voce, che però fu sul punto di spezzarsi quando pronunciò i nomi dei due. Sul comodino aveva una caraffa piena d'acqua. Bevve con avidità. Il liquido era fresco e la aiutò a far sparire il dolore della sua gola riarsa. Batté le mani sulla caraffa ma con delicatezza, per non romperla, e si sciacquò il viso. Dall'altra parte della camera, appeso a una parete, c'era un piccolo specchio. Guardò la sua immagine riflessa. Era pallida, aveva le occhiaie e l'aria di chi non dorme da giorni. In effetti non aveva più riposato bene da quando Eragon e Murtagh si erano trasformati ed erano tornati come prima. Scoppiò in singhiozzi e fu così che si addormentò.
A un certo punto si svegliò di soprassalto. Le pareva di aver sentito un rumore. Davanti al letto c'era una donna magra e slanciata, con i capelli e gli occhi nerissimi. Arya poteva vederla bene perché aveva lasciato accesa una candela sul comodino. La donna indossava una leggera sottoveste, che pareva quasi impalpabile.
"Chi sei?" domandò Arya e si alzò per fronteggiare l'intrusa. "Come hai fatto a entrare? La porta è chiusa a chiave."
Si chiudeva sempre dentro. Non sapeva perché lo facesse, era una cosa che si portava dietro da quando era un'adolescente. I contrasti con la madre, la regina Islanzadi, l'avevano spesso portata a chiudersi in camera propria. Ma come tutti gli adolescenti, anche lei era cresciuta. Non vedeva sua madre da tempo. Le mancava moltissimo e sperava di rivederla presto, quando sarebbe andata a Ellesmera con Eragon.
"Sono Savrielle, lo spirito del lago Costamerna" disse la donna.
Aveva la voce più dolce che Arya avesse mai sentito.
"Sono entrata qui senza aprire nemmeno una porta perché so rendermi invisibile e passare attraverso porte e finestre in quella forma. Pochi Varden sanno che esisto e a essi ho detto di non rivelare la mia presenza nel lago, o chissà cosa ne penserebbero Ajihad, Rothgar e gli altri Varden."
"Perché sei venuta proprio da me?"
"Perché a me importa di te, così come mi importa di tutte le altre persone che ho aiutato. Ti ho sentita piangere e ho percepito il tuo dolore. Ho capito che c'era qualcosa che non andava. E sì, avrei potuto fregarmene e non aiutarti, avrei potuto rimanermene in acqua e non pensare a quell'elfa che piangeva inconsolabile, ma non l'ho fatto perché voglio aiutarti. Dimmi solo come posso farlo."
"Vorrei…" Arya si schiarì la voce, prima di scoppiare di nuovo in singhiozzi. Da giorni avrebbe voluto che qualcuno le dicesse quelle parole. "Vorrei sognare Eragon e Murtagh da bambini. Mi mancano moltissimo."
Le raccontò della loro trasformazione, di come si era presa cura di loro con amore e di quello che aveva provato quando si erano ritrasformati.
"Ti prometto che li sognerai" disse. "Farai tre sogni. Il primo stanotte e sarà un incubo molto breve, gli altri non so dirtelo, ma li rivedrai bambini, te lo prometto. E alla fine sarai felice. Ah, tra il primo sogno e il secondo passerà qualche giorno, ma farai il terzo la notte seguente."
"Puoi davvero fare questo per me?"
"Certo! Con la mia magia."
Arya spalancò gli occhi.
"Ti ringrazio!" esclamò, colma di gratitudine.
Si avvicinò alla donna e le strinse forte le mani. Erano gelate e bagnate, e dai suoi capelli scendevano gocce d'acqua che si depositavano sul pavimento.
"Lo farò volentieri. Ora devo andare."
E senza un saluto sparì.
Arya si chiese se quella che aveva appena avuto era una visione o la verità, ma dalla piccola pozzanghera sul pavimento di pietra si disse che doveva essere stato tutto vero. Aveva i piedi ghiacciati a furia di rimanere in piedi su quel pavimento. Asciugò l'acqua con un panno e poi tornò a letto. Si era già infilata la camicia da notte, ma si mise anche un paio di calze, sperando che i suoi poveri piedi si scongelassero.
 
 
Eragon e Murtagh erano con lei, dall'altra parte del lago. Il più piccolo camminava traballando sul suolo ghiaioso, mentre il maggiore gettava sassolini nell'acqua.
"Vuoi giocare con me, Arya?" le chiese.
"Sì, ma cambiamo gioco, questo lo fai da un po'."
"Va bene."
Arya fece comparire dei pezzi di legno di diversi colori. Notò che Eragon, che si era seduto per terra come loro, nonostante la sua età possedeva la qualità di riuscire a far combaciare i colori. Accostava il pezzo verde a un altro verde e così via. Poi Murtagh costruì una torre, che Eragon buttò giù. Il più grande, che aveva solo tre anni e mezzo, la stessa età di quando si erano trasformati, si mise a piangere.
"Non fare così, tesoro. È piccolo, lui, non capisce che non si devono distruggere le cose degli altri. Ora ne facciamo un'altra, va bene?"
Il bambino annuì.
Ma in quel momento comparvero dieci Urgali. Da dove erano spuntati? Arya andò in panico. Orik non c'era, così come gli altri nani. Con la sua spada, che portava al fianco, si lanciò contro uno di loro, ma stare dietro a tutti era impossibile. Un altro aveva afferrato Murtagh per l'orecchio e l'aveva sollevato, causando al bambino un gemito di dolore. Un altro aveva preso Eragon. Arya corse dietro ai due Urgali. Era molto più veloce di un essere umano e ne colpì uno con la spada, tranciandogli il braccio di netto che cadde a terra. La vista del sangue non la inorridiva più da anni, ormai. Ma l’Urgali, che aveva Eragon in braccio, nonostante l’agghiacciante urlo di dolore continuò la sua corsa. Lui e i suoi compagni sparirono nella boscaglia e lei non li vide più. Le avevano portato via i suoi bambini e, nel sogno, si mise a urlare finché non ebbe più voce. Chiamò Orik, Nasuada, Rothgar, Ajihad… ma nessuno rispose.
 
 
 
NOTA:
nel Medioevo cominciano a esserci i primi specchi, di piccole dimensioni, fatti di vetro e metallo.
   
 
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