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Autore: ciredefa    05/06/2022    1 recensioni
“Ho qualcosa in faccia?”
Tobias tornò alla realtà troppo in fretta per registrare la frase. “Huh?”
“Ho detto, ho qualcosa in faccia?” Malcolm tirò fuori un accendino d’acciaio dalla tasca dei suoi pantaloni, “per Tommy Kench, mi stai fissando da mezz’ora.”
Si riaccese il sigaro e prese una bella boccata di fumo, che uscì grigio e denso dalle sue narici quando espirò.
“Non hai niente in faccia” sottolineò Tobias, “a meno che tu non intenda la tua espressione da pesce lesso. Quella ce l’hai sempre.”
“Ah-ah. ‘fanculo, Tobias.”

{ TFGraves | Old married bickering couple trope | happy pride month! }
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Graves, Twisted Fate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: hello! Visto che la Riot ha finalmente deciso di ufficializzare la mia seconda otp preferita ( la prima è la CaitVi, ovviamente ) di League of Legends, ho deciso di cogliere l'occasione di scrivere qualcosa di estremamente melenso su questi due cretini. Li amo alla follia e li ho sempre amati, si dai tempi dell'evento del Butcher's Bridge. Ora sono ufficialmente sposati, in occasione del pride month. Warning: nel testo sono menzionate indirettamente parti della loro lore, vincete un biscottino se capite quali sono. Buona lettura! E felice pride month a tutti

__________

Bang Bang ( he shot me )

 

La nave salpava lenta e placida quella notte di luna piena.
Tobias la osservava dall’oblò della loro minuscola cabina; splendeva di un giallo intenso nel cielo terso e scuro, privo di qualsiasi nuvola, così lucente che era difficile scorgere le stelle attorno ad essa. L’uomo era disteso su un piccolo letto, fatto di poche assi di legno curve e della paglia chiusa in un lenzuolo di lino come materasso; anche se non riusciva a vederlo direttamente, l’uomo s’immaginava il riflesso della luna sull’acqua illuminare l’orizzonte, limpida come un faro che guida i navigatori verso terre sicure.
Sentiva il mare calmo cullare la nave verso la sua destinazione. Da quando aveva lasciato il porto di Rat Town, un paio di giorni prima, il vento e le onde erano state clementi e avevano assicurato un viaggio tranquillo. Ormai erano in pieno mare aperto, il chiasso e il puzzo di interiora di serpenti marini dei Moli del Sangue un eco lontano.
La loro meta? Forse Ionia, forse Piltover, forse anche Noxus se la benevolenza della signora fortuna fosse venuta improvvisamente meno. A Tobias alla fine non importava più di tanto; non avere una meta è qualcosa che portava nelle vene. Anche se era da tempo che non si riteneva più parte della gente del fiume, il cercare sempre un posto nuovo dove arrivare e da cui ripartire era un’abitudine così radicata nel suo essere che non ha effettivamente mai desiderato il contrario.
Per la gente del fiume era una questione di sopravvivenza, trovare un luogo sicuro dove passare la notte per svegliarsi il domani e sperare di trovarne uno migliore.
Per Tobias invece era molto diverso. Da una parte, sì era sopravvivenza, una costante ricerca per il prossimo lavoro da svolgere che avrebbe appesantito quel po’ di più le sue tasche. Ma era anche il brivido dell’ignoto, delle nuove possibilità che la vita gli avrebbe presentato in una nuova città lontana, dalla lingua incomprensibile e persone dagli aspetti più disparati. E a lui divertiva come un bambino a cogliere quelle possibilità, giocarci con le dita come faceva con le sue amate carte; gli sembrava che tutto il mondo fosse alla portata dei suoi polpastrelli, i fili del destino malleabili come argilla al suo volere.
A volte si era chiesto però se una parte molto profonda di lui avesse bisogno di una casa. A pensare che nella sua lingua natìa non esisteva nemmeno un termine simile; era una parola che aveva imparato quando varcò la soglia di Bilgewater per la prima volta, decenni prima, quando era ancora troppo giovane e ingenuo.
La sentì da un sermone di un vecchio sacerdote buhru, che con una voce cantilenante predicava instancabilmente qualcosa di incomprensibile e noioso, a giudicare dagli sguardi e dai grugniti contrariati dei pescatori lì intorno. Tobias rimase impressionato da quell’uomo, dopotutto era la prima volta che vedeva un buhru in vita sua, e quelle poche parole che riuscì a capire le ricorda tutt’oggi: “casa è dove apparteniamo, dove la dea barbuta ci protegge e ci mette in movimento”.
“Quante cazzate” disse Malcolm ai tempi, scuotendo la testa e sbuffando una risata di scherno.
Lui e Malcolm Graves si conoscevano già da qualche mese. Si erano incontrati in un putrido locale su un’isola poco lontana da Rat Town, e Tobias capì che sarebbero stati inseparabili dal momento in cui i loro sguardi si incontrarono per la prima volta. Quella sera, senza nemmeno conoscere i rispettivi nomi, riuscirono ad ingannare e guadagnare più denaro di quanto ne avessero mai visto in tutta la loro breve vita.
Erano molte le cose che lo colpirono di Malcolm quella famigerata notte. Sicuramente la sfacciataggine di puntare tutto il suo denaro su una pessima mano di carte, bluffando palesemente; sicuramente l’atteggiamento da spaccone per nascondere il fatto che stava rubando dal mazzo per fare una giocata vincente; sicuramente i suoi occhi verdi come il mare che gli comunicavano quali carte aveva in mano per spillare ancora più oro ai quelli che improvvisamente erano diventati i loro avversari. Malcolm Graves e Tobias Felix contro il mondo intero: da quella sera nessuna minaccia era mai sembrata troppo grande da affrontare, nessuna avventura troppo pericolosa da intraprendere.
Erano passati ben più di vent’anni e le cose non erano mai cambiate.
Tobias si girò nel letto per voltarsi verso l’interno della cabina. Seduto per terra a petto nudo, con la schiena appoggiata alla parete di legno, c’era proprio Malcolm: aveva in grembo il suo enorme fucile e lo stava lucidando e sistemando con una cura maniacale, mentre teneva tra le labbra un mezzo sigaro, ormai spento.
Lui era ciò che di più lontano c’era da l’essere un uomo delicato. Le sue dita tozze, tempestate di cicatrici di tagli e bruciature, erano morbide e leggere solo nei confronti di poche cose: una di quelle cose era proprio New Destiny, rimpiazzo nuovo di zecca del suo vecchio fucile, acquistato su commissione direttamente dai uno dei migliori ingegneri di Piltover.
Tobias sospirò e indugiò ulteriormente sulla figura del suo compagno. Rimaneva ben poco del giovane furfante che era una volta: i folti capelli castani che legava in treccine sparse avevano lasciato il posto ad una zazzera ispida e indomabile, che aveva cominciato ad imbiancare insieme alla barba, ad incorniciare perfettamente le rughe che increspavano le sue sempre più corrucciate espressioni. Le spalle e il petto erano più ampie di quando era ragazzo e decisamente più pelose. Il suo torso era costellato di tantissime cicatrici, e Tobias non fu sorpreso quando si rese conto di sapere la natura di tutte.
Uno squarcio chiaro che partiva dalla spalla destra fino a metà del pettorale risaliva ad un colpo fatto su una nave di mercanti noxiani qualche anno prima: un omone tutto armatura e niente cervello aveva cominciato ad agitare il suo spadone a destra e a manca nel mezzo dello scontro a fuoco, accecato dalla granata fumogena di Graves; ci vollero mesi perché si rimarginasse completamente. Attorno ad essa c’erano altri segni, davvero troppi da contare, di ciò che erano colpi di proiettile, e nessuno di questi era mai riuscito a compiere il loro dovere sull’uomo. Le uniche alla cui creazione Tobias non aveva assistito era la ragnatela di marchi di colpi di frusta che gli attraversavano tutta la schiena, gentile concessione del Locker. Il cuore gli si strinse nel petto al pensiero di quei dieci anni perduti per sempre.
Malcolm Graves era un uomo che aveva visto e subito così tanto dolore che in pochi sarebbero sopravvissuti, o perlomeno rimasti sani di mente. Eppure, ecco lì, che si staglia fiero e imperturbato, troppo cocciuto persino per morire.
“Ho qualcosa in faccia?”
Tobias tornò alla realtà troppo in fretta per registrare la frase. “Huh?”
“Ho detto, ho qualcosa in faccia?” Malcolm tirò fuori un accendino d’acciaio dalla tasca dei suoi pantaloni, “per Tommy Kench, mi stai fissando da mezz’ora.”
Si riaccese il sigaro e prese una bella boccata di fumo, che uscì grigio e denso dalle sue narici quando espirò.
“Non hai niente in faccia” sottolineò Tobias, “a meno che tu non intenda la tua espressione da pesce lesso. Quella ce l’hai sempre.”
“Ah-ah. ‘fanculo, Tobias.”
Risero entrambi di gusto. Di solito quando uno cominciava con gli insulti giocosi, l’altro seguiva sempre prontamente, producendo un’escalation che spesso arrivava fino a madri meretrici e parenti prossimi. A volte Tobias esagerava ( ed era sempre lui che esagerava ) e finivano con il litigare davvero e Malcolm metteva su un broncio che, se non immediatamente trattato con una bottiglia del peggior rum di tutte le Isole Serpentine ( il suo preferito ), poteva durare anche per giorni.
Tobias si sistemò meglio nel letto, mettendo il braccio piegato sotto la testa a mo’ di cuscino. “Lascia in pace quel povero fucile, che a furia di lucidare finirai per consumarlo.”
“La bambina ha bisogno di essere coccolata prima di essere messa a letto, lo sai bene” disse, accarezzando le canne del fucile con esagerata dolcezza e rivolgendogli le stesse moine che si fanno nei confronti di un neonato, per poi scoppiare a ridere. Tobias sbuffò sconsolato, ma fu tradito da un lieve sorriso che gli si arricciò sulle labbra.
Tobias Felix non sapeva precisamente quando si innamorò di Malcolm Graves. Sicuramente da molto più tempo di quanto lui volesse ammettere, forse dal primo momento che s’incontrarono, forse poco più tardi. C’era un’energia che gli nasceva nel petto ogni volta che mettevano a segno un colpo insieme, una scarica di adrenalina lungo la schiena ad ogni quasi esperienza premorte da cui ogni volta riuscivano miracolosamente a scappare, una scintilla di gelosia negli occhi ( e quanto si malediva ogni volta che la provava ) ogni volta che Malcolm condivideva il letto con un altro uomo.
Non sapeva quando s’innamorò, ma il momento in cui capì di esserlo era fisso nella sua mente: Malcolm incatenato ad un vecchio cannone di piombo che affondava veloce verso il fondale del porto, condannato a morire affogato; e lui non ci pensò due volte a gettarsi in acqua per salvarlo, lui che non aveva mai nuotato un giorno della sua vita e cadere in acqua era uno dei suoi peggiori incubi. Non trovò il senso delle sue azioni finché non consultò più e più volte il suo mazzo a riguardo: indipendentemente dalla combinazione di figure e colori, ciò che le carte gli dicevano era sempre sulla linea di “sei cotto di lui, amico. Fattene una ragione.”
Tobias dubitava fortemente che Malcolm  l’avesse capito. Da quel punto di vista non era un uomo sveglio, tanto meno romantico o simile, nonostante avesse una schiera di amanti ed ex amanti da far invidia alle più belle prostitute zaunite. Non che lui fosse da meno, ma nessuna delle sue avventure amorose gli aveva messo in mente di restare. Non restava mai.
Tranne che con lui. Il destino aveva un modo tutto suo di essere pragmatico.
“Visto che ci tieni a stare sul pavimento, dormi lì” sentenziò, stanco di chiacchierare, e si girò dandogli le spalle. Sentì da prima delle parolacce mugugnate a denti stretti ( “che cazzo, ho pagato anche io per il letto” ), poi il clangore del metallo del fucile che veniva poggiato a terra, poi ancora dei passi pesanti prima che il peso di Malcolm colpisse il letto, incurvando leggermente le assi di legno. Quel giaciglio era palesemente troppo piccolo per entrambi, ma era l’unico disponibile e, in tutta onestà, avevano dormito in posti peggiori.
Tobias sentì il calore del corpo di Malcolm sulla sua schiena nuda, la sua pelle liscia si scontrò contro la sua ruvida ed aspra.

Maledetto bastardo, pensò, chiedendosi se lo stesse facendo apposta, se sapesse, se finalmente ci fosse arrivato quella testa dura che non era altro: intanto le sue budella si attorcigliavano a causa di un sentimento che il suo cervello rifiutava in tutti i modi di chiamare amore.
Tobias si sollevò su un gomito e girò la testa. Con sua somma sorpresa, il compagno stava già ronfando profondamente a pancia in su e con le braccia conserte sul petto.
Si girò completamente col corpo e si accucciò addosso a lui, appoggiando la guancia sulla sua spalla. Le preoccupazioni che quell’uomo era capace di generare in lui erano troppe per i suoi gusti, ma vederlo già dormire con quel disinteresse nel mondo che lo caratterizzava lo tranquillizzò. Il maestro di carte lasciò che il movimento della nave lo cullasse, godendosi il silenzio della notte, interrotto solo dallo scricchiolio del legno e le voci lontane dei mozzi che lavoravano sul ponte.
Era ormai addormentato quando Malcolm sciolse le sue braccia, e con una di esse cinse le spalle dell’altro in un atto inconscio. Grugnì qualcosa di incomprensibile mentre si rimise comodo, sistemando la sua testa in modo da avere il naso tra i lunghi capelli scuri del compagno. Nel torpore del sonno, Tobias gli si strinse al petto e sorrise.
Per Twisted Fate non c’è mai stato un posto che potesse chiamare casa: né tra le risacche del fiume dove era nato, né Bilgewater, né qualsiasi posto che Runeterra offriva. Casa è dove apparteniamo, e in cuor suo Tobias sapeva benissimo dove apparteneva.
E il resto del mondo poteva anche bruciare.



 

 

 

"He was walkin' around with a loaded shotgun
Ready to fire me a hot one, it went bang, bang, bang
Straight through my heart (straight through my heart)
Although I could have walked away
I stood my ground and let him spray, ooh"

   
 
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