Tamayo
e Prieto pensano e ripensano a quanto detto dalla sedicente
giornalista. Raquel Murillo sarebbe in libertà, scappata
addirittura ad una
cattura, a dei poliziotti e a delle manette.
“Certo
che quella donna era davvero una pazza. Come si può pensare
di farci credere che la compagna del Professore sia riuscita a
fuggire!? È
assurdo” – il primo a toccare ancora
l’argomento è proprio Prieto, una volta
raggiunto il Commissariato.
I
due sono più che certi che quanto udito è una
menzogna,
soprattutto perché non hanno ricevuto comunicazioni dal
Carcere femminile
riguardanti il mancato arrivo in cella della colpevole.
Suarez,
di fianco a loro, prossimo a rincasare dopo ore estenuanti
di lavoro, entusiasta di potersi godere il meritato riposo, fa notare
ai
superiori un particolare, proprio prima di lasciare l’ufficio
– “Se fossero i
Dalì ad aver messo in atto questa mossa?”
Segue
qualche secondo di silenzio, interrotto dalle risate
beffarde di Tamayo, a cui fanno seguito quelle di Prieto.
“Cosa
te lo fa pensare? Quei pagliacci sarebbero degli stupidi a
pensare di poter salvare i compagni; sono incapaci e la storia ce lo
conferma.
Pensa a Rio che si è fatto catturare, o a Tokyo che combina
solo guai…un piano
senza la mente del Professore è
un’utopia” – precisa il più
basso dei due.
“Beh,
mi sembra tutto così strano. Ma sicuramente, signori, avete
ragione. Fossi in voi, però, controllerei di persona. Non si
sa mai. Allora io
vado, abbiamo vinto questo è
l’importante” – li saluta, con un sorriso
disteso,
lasciandoli soli.
“Suarez
ha ragione, andare lì non ci costa nulla. Verifichiamo che
quanto detto da quella folle è un’idiozia,
così almeno andremo alla conferenza
di oggi pomeriggio con più serenità, non pensi
anche tu Prieto?”
“Concordo!
Sbrighiamoci”
Angel
giunge proprio allora. Ha con sé la cimice datagli dalla
Sierra, e nonostante il cuore in gola e le gambe tremanti, vuole
assolutamente
incastrarli come meritano.
“Rubio,
eccoti, appena in tempo. Prepara due caffè. Siamo di
fretta” – gli comanda Tamayo.
Infastidito
dai modi di fare di chi continua a trattarlo da
inferiore, seppure divenuto ispettore come lo erano Alicia Sierra e
Raquel
Murillo, l’uomo trattiene i nervi ed esegue.
Pronto
a registrare il tutto, Angel apre una conversazione
all’apparenza normale.
“Dovete
andare alla conferenza?”
“Oggi
pomeriggio. Al momento abbiamo optato per sostare al Carcere
femminile, vogliamo appurare l’arrivo della
Dalì”
“Ah…
date peso alle parole della giornalista, dunque”
“Assolutamente
no”
“E
come mai avete deciso questo? In fin dei conti non avete
ricevuto comunicazioni… ecco i vostri
caffè” – dice Rubio, porgendogli i
bicchierini di plastica.
Angel
conosce le ragioni per cui nessuno ha messo al corrente i
colonnelli dell’accaduto. Ha avuto la giusta premura, grazie
a dei tizi che ha
pagato profumatamente, di lasciar detto che l’ingresso di
Lisbona era
posticipato per ulteriori interrogatori privati.
Ma
è stata Tatiana a dirgli di fare in modo che Tamayo e Prieto
scoprissero la verità quanto prima. La fuga e la prova
dell’ennesima disfatta
li porterà all’esasperazione, spingendoli a
ricercare i Dalì al completo per
sbatterli in galera. Ed è qui che si passa alla mossa
secondaria: la morte
della Banda.
Una
morte che deve convenire ad ambo le parti.
“Fossi
in voi contatterei telefonicamente il
direttore…adesso…
potendo risolvere nell’immediato la questione”
– consiglia Angel.
È
Prieto a dargli retta, afferrando il telefono, sotto lo sguardo
del collega, pronto a ricevere la conferma
dell’incarcerazione di Raquel.
Ma
quanto scoprono ha dell’irreale.
“Allora?
Cos’è questa faccia? Cazzo, Prieto! Che
succede?” – si
infuria Tamayo, riconoscendo nell’espressione del collega un
misto di shock,
rabbia, e incredulità.
“la
Murillo non è mai arrivata al San Juan”
– impallidito, il
colonnello maggiore non sa trovare spiegazioni all’accaduto.
“CHE
COSAA?” – esclama l’altro, faticando a
reggersi in piedi.
“Questo
significa che la squadra del Professore ha agito per
liberarla e sta muovendo le pedine sullo scacchiere per farci scacco
matto” –
insinua Angel, uscendo così pulito da possibili accuse.
“Maledetti!
Maledetto io che gli ho offerto la fuga su un piatto
d’argento.
Ma hanno smesso di giocare con la mia pazienza. Li voglio
tutti…senza
risparmiarne nessuno…finiranno dietro le sbarre e mi
occuperò personalmente che
non vedano mai più la luce del sole” –
sbattendo il pugno sul tavolo, Tamayo
esce dall’ufficio, accecato dalla rabbia.
Di
fronte agli occhi di Rubio c’è Prieto, decisamente
preoccupato.
“Cosa
direte oggi alla conferenza? Che abbiamo perduto Lisbona?”
“No!
Nessuno saprà niente. Per il mondo intero abbiamo vinto la
guerra. E così sarà”
“Che intenzioni avete? Ci mettiamo alla ricerca dei
Dalì perlustrando ogni zona
della città?”
“Li
voglio morti! Non mi importa sbatterli in galera. Constatata
la loro fortuna, troverebbero una maniera per liberarsi.
Perciò…l’unica
soluzione per evitare il danno, è abbattere le possibili
cause. Eviteremo altre
mosse a loro vantaggio semplicemente cancellandoli dalla faccia della
terra”
“Non
sappiamo neppure dove si trovano”
“Allerta
tutte delle volanti, ovviamente massima discrezione.
Perlustrate ogni area di Madrid, perfino le zone disabitate, le
campagne, le
stazioni, tutto. Cazzo, sono sicuramente rimasti in Spagna. Hanno
salvato
Raquel, non permetterò che salvino anche il loro
capo”
Esce
anche lui dall’ufficio, riunendosi a Tamayo.
Angel
è da solo ormai, il tempo giusto per piazzare quella stessa
cimice nel punto principale della stanza.
Ben
celato da occhi indiscreti, l’uomo lascia il Commissariato,
salendo a bordo della sua auto. Dai parcheggi nota subito i due
colonnelli, che
dibattono animatamente, mai così arrabbiati, prossimi a
raggiungere il Carcere
San Juan.
Rubio
invece compone un numero, sapendolo gestito dalla mente
informatica dei Dalì e quindi difficilmente rintracciabile.
“Sono
io, ho fatto quanto detto”
“Bene, mi raccomando…assicurati che tutto vada
come ti ho spiegato”
“A
cosa può servirvi una semplice spia dentro un
ufficio?”
“Quello
è il posto dove i due si confronteranno. Sarà
utile solo
per le prossime ore. Abbi premura di rimuoverla appena riceverai
l’ok,
altrimenti, semmai la trovassero, potrebbero essere
casini…specialmente per te.
Sospetterebbero di una talpa”
“Ok,
sarà fatto” – nervoso al pensiero di
essere scoperto, Angel
rivolge, subito dopo, una richiesta alquanto spiazzante a Tatiana
– “So che
Raquel è con voi. Posso ascoltare la sua voce?”
“Ehm…che
succede? Pensi ti stia ingannando? Credi che ti abbia
mentito sulla storia della Murillo?”
“No, no, è solo che… mi piacerebbe
saperla sana e salva”
La
stessa Lisbona, seduta a pochi passi dalla Sierra minore, ne
resta sorpresa, sentendo con le proprie orecchie, grazie al vivavoce,
tali
parole.
Annuisce
alla socia facendole intuire di essere favorevole. Così
si alza dalla sedia e prende in mano il cellulare, salutando
l’ex collega –
“Angel”
Il
cuore di Rubio esplode di gioia e la voce emozionata ne è la
prova – “Ra..Ra..Raquel!! Come stai?”
La
prima domanda riguarda il suo stato di salute; l’estrema
premura del neo-ispettore di Polizia intenerisce la Murillo, ancora
affezionata
a colui che stando ai fatti le ha salvato la vita.
“Bene,
adesso. E questo grazie a te. Sono sicura che collaborando,
riusciremo a realizzare i nostri sogni”
“Raquel,
ma perché…non andate via adesso? Sarebbe la
scelta
migliore” – consiglia Angel, ancora restio, nel
profondo, a salvare Sergio.
“Perché
la mia sola ragione di vita è qui, dietro delle sbarre,
costretto a subire chissà cosa”
“Lo
ami sul serio così tanto?”
“Come
non ho mai amato prima” – confessa Lisbona,
emozionandosi.
Alicia
resta di sasso di fronte alle lacrime dell’ex collega. Non
sono lacrime pietose, ma lacrime di forza, di voglia di salvare chi si
ama
follemente. E ciò risveglia il medesimo sentimento in
lei…rivolto però ad un
riscatto contro una vita ingiusta, contro un passato che l’ha
vista mutare
dentro… e così come Lisbona lotta per il suo
Professore, lei dovrà farlo per se
stessa, per sua sorella, e soprattutto per sua figlia.
Una
neonata che ha voluto dare via, che a stento ha visto, di cui
non conosce neppure il viso.
Una
neonata che sta, solo adesso, imparando ad amare.
Nairobi,
Raquel, Stoccolma…sono tutte mamme lontane dai loro
figli. Mamme con una tempra d’acciaio che lottano senza
piegarsi.
E
la Murillo lo fa anche in nome dell’amore che nutre per
Sergio.
“E’
da ammirare una donna così” – commenta
la Sierra, ad alta
voce, ben udita da Tokyo e Nairobi.
“Di
chi parli?” – chiede la prima.
“Di
Lisbona!”
“Già,
tu non faresti lo stesso per salvare la persona più
importante della tua vita?”
“Pensavo
di farlo per Anita, mia sorella. Invece…
egoisticamente…lo stavo facendo per una mia rivincita
personale su un destino
di merda. In fondo, dopo la perdita di Anita, si sono susseguite delle
sciagure, una dietro l’altra”
“Basta
guardare al passato, Alicia. Oggi lottiamo per guadagnarci
un futuro diverso, più radioso” –
aggiunge Agata, talmente luminosa, da
spiazzare la sua migliore amica.
Così
Silene le si avvicina all’orecchio e le sussurra –
“Questo
cambio d’umore si deve a qualcosa in particolare? Anzi, direi
a qualcuno?”
“Ehm…già!
Poi ti racconto” – chiude la gitana, facendole un
occhiolino che per Tokyo vale più di lunghi discorsi.
“Ohhh,
allora l’avete fatto” – ridacchia,
ricevendo un colpetto
sul braccio da parte della Jimenez.
“Shhh”
– la zittisce, sorridendo – “Avremo tempo
per parlarne.
Adesso concentriamoci sulla missione. Voglio andarmene da qui quanto
prima. Ho
un sogno da coronare e ho già perduto troppo tempo”
Nel
mentre, la conversazione con Angel prosegue. L’uomo spiega
alla Banda in ascolto le intenzioni di Prieto.
“Si,
abbiamo sentito tutto tramite la spia. Ci vuole eliminare,
beh… non immagina che favore ci farebbe. Noi ci faremo
trovare pronti. Tu
comportati normalmente. Manda le volanti in giro per Madrid come ti
hanno
ordinato e bada che la tua si rechi nel posto prestabilito”
“Si,
si ricordo il piano, signora Tatiana”
“Grazie
Angel” – interviene di nuovo Raquel, dandogli prova
del
giusto riconoscimento alla sua collaborazione.
“Sono
stato un coglione a sostenere chi mi ha sempre
sottovalutato. Voi confidate in me più di quanto abbiano mai
fatto i miei
colleghi. Non voglio deludervi… anzi, non voglio
deluderti!”
Commossa
e grata, Lisbona congeda il suo ex socio. Oggi è super
ottimista.
“Sei
sicura che possiamo fidarci al cento per cento?” –
le chiede
Palermo qualche istante dopo.
“La
sua telefonata, la sua voce, le sue parole…tutto fa ben
sperare. Vedrete, noi siamo la sua sola possibilità di
riscatto. Non ci tradirà”
Mentre
c’è chi è alle prese con rassicurazioni
e telefonate con
l’alleato, qualcun altro è dedito a faccende
informatiche di estrema
delicatezza.
“Allora?
Come procede l’hackeraggio?” – chiede
Marsiglia a Rio.
“Tutto
liscio. Qualche minuto e controlleremo ogni tipo di sistema
o servizio nazionale”
“E
con i social? Sei riuscito anche lì?” –
domanda Manila.
“E’
stata la parte più semplice” – si vanta
Anibal, sorridente di
aver avuto lui in primis l’idea di quella mossa precisa.
“Spero
che l’idea di Palermo di portare avanti una guerra
informatica possa essere utile” – aggiunge
Stoccolma, avvolta dalle braccia del
suo compagno.
“Controllare
le telecamere di tutta la città, poter accedere a
servizi e informazioni preziose, database segreti…
è una mossa in più per
rendere credibile quanto accadrà da qui a qualche ora.
Fidatevi.”
“Speriamo
bene! Non vorrei che andasse storto qualcosa e finissimo
tutti in galera” – precisa Tokyo.
“Non
dubitarne. Hackerare ogni tipo di sistema ci offre un
vantaggio in più sul nemico”
La
Olivera, seduta di fianco al suo Einstein dei computer, lo
osserva per poi commentare - “Il mio amore è un
fottuto genio” – gli dà un
rapido bacio a stampo distraendolo per un millesimo di secondo dalle
operazioni.
In
tale istante un messaggio anonimo interrompe e blocca un
passaggio fondamentale.
“Cazzo”
– esclama Rio.
“Che
succede?” – si preoccupa il resto dei presenti.
“Leggete
qui… “L’area è sotto il mio
controllo. Altri hacker non
sono accetti. Sparisci o rimuoverò ogni dato dal tuo
dispositivo nel giro di
120 secondi. Inizia il conto alla rovescia…. 120…
119… 118…”
“Che
si fa adesso?” – si agita Denver.
“Cazzo,
cazzo, cazzo!” – si altera Rio, esausto per le ore
trascorse di fronte ad un monitor.
“Ma
porca puttana, come se non bastasse, dobbiamo perdere altro
tempo prezioso” – sbotta Tokyo attirando
l’attenzione della rimanente Banda.
“Cos’hai
da urlare così? Non possiamo fare casino”
– la rimprovera
Palermo.
“Il
rumore sarà l’ultimo dei nostri problemi, caro il
mio Boss” –
precisa Marsiglia, indicandogli lo schermo del pc.
L’argentino
butta l’occhio e legge il breve messaggio.
“Allora?
Qualcosa non va?” – si avvicina Nairobi, mano nella
mano
con il saldatore.
“La
Polizia, con gli anni, post rapina alla Zecca, si sarà fatta
furba. Hanno trovato la maniera più rapida per difendere i
loro sistemi da
possibili hacker” – spiega Manila ai neo arrivati.
“Quindi?
Questo ci impedisce di agire?” – chiede,
preoccupata,
Lisbona.
“L’accesso
e il controllo di quel preciso database serviva per
l’uscita di Sergio dal Carcere. Così rischiamo di
mandare tutto a puttane… e di
vedere sfumato il piano di fuga più fattibile che potevamo
ideare” – spiega
Palermo, teso come una corda di violino.
A
quel punto una soluzione probabilmente unica e disperata
fuoriesce dalla bocca di Tokyo – “E se
contrattassimo con questo Anonimo? Se è
un hacker, girà come noi, contro il sistema e la sua
corruzione, giusto? Beh…
allearsi può essere un vantaggio”
“Giusto,
amore sei un genio” – la bacia Rio, che nel giro
dei
restanti 30 secondi digita qualcosa alla velocità della
luce, come posseduto da
una forza sovraumana che guida le sue dita sulla tastiera e accende
lampadine
nel suo cervello.
E
all’ormai imminente scadere del tempo, l’hacker
risponde.
“Che
dice?” – chiede Palermo, fissando gli occhi sullo
schermo per
capirci qualcosa.
Con
lo sguardo dei Dalì al completo, Sierra incluse, puntato su
di
se, Rio è pronto a svelare il responso di un intervento
immediato e non
organizzato, che potrebbe portarli tanto alla vittoria quanto alla
più nera
sconfitta.